Il video "I cento passi", dei Modena City Ramblers ( https://www.youtube.com/watch?v=KUpcxdg2Iqs ), fa diretto riferimento all'omonimo film di Marco Tullio Giordana (2000). Il video contiene infatti spezzoni del film incentrato sulla figura di Peppino Impastato. Il titolo si riferisce ai "cento passi" che separavano, nella piccola Cinisi, la casa degli Impastato da quella del boss mafioso Tano Badalamenti. Il padre di Peppino era un capo mafioso di zona alle dipendenze di un clan più vasto, e caccia il figlio da casa perché faceva attività politico-culturale antimafiosa. Peppino aveva infatti aperto un giornale e creato una radio da dove, usando una particolare ed efficace ironia, denunciava tutto quello che riusciva a scoprire. Lo presero di notte, e lo fecero saltare in aria con una bomba. Dopo la morte del figlio, la madre ed il fratello se ne andarono di casa e ne proseguirono la lotta. Peppino Impastato fu ucciso lo stesso giorno in cui fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro, il 9 maggio 1978.
Purtroppo è poco diffusa la consapevolezza che la mafia è effetto e prodotto di una questione nazionale italiana irrisolta. In termini di indipendenza, effettiva sovranità e giustizia / liberazione sociale. Perché, in più di 60 anni di governo dal dopoguerra, non si è mai seriamente provato a debellare il sistema mafioso? Ad un “capo mafia” arrestato o ad un “clan” –con le sue propaggini politiche– messo fuori gioco ne è succeduto immancabilmente un altro. Questo Stato, così determinato ad utilizzare il proprio “monopolio della forza” ad esempio negli anni Settanta ed Ottanta per reprimere movimenti ed organizzazioni antagoniste, rivoluzionarie, eccetera, di fronte alla mafia, se non in circostanze estemporanee, ha lasciato vivere. Addirittura, per limitarci al recente, l'ex ministro delle Infrastrutture Lunardi (governo Berlusconi), in un discorso pubblico, è arrivato a dichiarare che «con mafia e camorra bisogna convivere» (la Repubblica, 24 agosto 2001). Come spiegare questa apparente “assenza dello Stato e della legalità”, che poi vede la mafia muoversi agevolmente proprio all’interno di questo Stato e della sua “legalità”?
Forse la storia della mafia dal dopoguerra può offrirci qualche ragguaglio. È noto come il governo USA, prima dello sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943, si sia messo in contatto con la ridimensionata mafia siciliana –ad esempio il boss Calogero Vizzini– attraverso il boss di Cosa Nostra Lucky Luciano, allora in carcere. Il capo degli “Affari Civili” del Governo Militare Alleato dei Territori Occupati (AMGOT), Charles Poletti, nominò a capo delle amministrazioni municipali e provinciali provvisorie svariati personaggi mafiosi. L’occupazione dell’isola determinò una forte recrudescenza della mafia. Tra il 1946 e il 1949 furono deportati in Italia come “indesiderabili” circa 200 boss italoamericani di Cosa Nostra (Lucky Luciano, Frank Coppola, Joe Bonanno, Joe Adonis, Vito Genovese, ecc.). Secondo gli stessi rapporti dell’FBI (cfr Filippo Gaja, L’esercito della lupara, Maquis), la Sicilia divenne, dopo l’arrivo dei gangster, il centro del traffico di droga diretto negli USA. La vecchia mafia dei latifondi, dapprima presente solo in alcune zone della Sicilia occidentale, si diffuse sul territorio e, attraverso il commercio della droga, sotto supervisione di Cosa Nostra USA, è arrivata a disporre di immensi capitali accumulati. Elementi, questi ed altri, che la prima “Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia” (la cui relazione finale fu pubblicata nel 1972) riconosce ufficialmente.
Gli USA, a partire dalla “liberazione” d’Italia, danno vigore al fenomeno mafioso. Riteniamo che Washington lo abbia addirittura promosso per disporre in Italia di una quinta colonna “affidabile”, legata a doppio filo con Cosa Nostra USA e sottoposta alla supervisione dei propri servizi segreti. Ieri come oggi, il dominio USA passa anche attraverso la sempre più accentuata militarizzazione dei territori occupati: ed il controllo mafioso del territorio siciliano non è estraneo a questo indirizzo. Che Washington, nella sua storia passata e recente, abbia sostenuto clan mafiosi, è dimostrato da individualità come il professore USA di storia, all’Università del Winsconsin-Madison, Alfred Mc Coy: cfr. per tutti The Politics of Heroin, CIA complicità in the Global drug trade, 1991 ("La politica dell’eroina: la complicità della CIA nel mercato globale della droga"), un’analisi delle alleanze della CIA con i narcotrafficanti nel sud est asiatico, in Corsica, eccetera.
Nel corso degli anni emergono vicende sulle connessioni tra apparati statali USA e mafia ed il ruolo di supporto di quest’ultima alle strategie USA. Pensiamo ad esempio ad Enrico Mattei, morto per l’esplosione del suo aereo decollato dall’aeroporto di Catania, con varie fonti (vedi trasmissione Mixer sull’argomento) che hanno addotto elementi comprovanti manomissioni da parte di elementi mafiosi. Oppure alla connessione mafia – servizi segreti USA a Comiso per l’espropriazione dei terreni in cui impiantare la base missilistica, come rivelato addirittura da Francesco Cossiga (Il Giornale, 14 febbraio 2002). O ancora alla vicenda di mafiosi come Salvatore Contorno, dagli USA arrivato nel 1989 in Sicilia per iniziare una nuova guerra di mafia contro i corleonesi. Curiosi i rapporti denunciati all'epoca con l'attuale capo della Polizia, Gianni De Gennaro, in tanto stretti rapporti con ambienti USA, da ricevere l’8 dicembre 2006, nel quartier generale dell’FBI a Washington, una medaglia al merito: un riconoscimento conferito per la prima volta nella storia dell’FBI ad un non statunitense (detto per inciso, il direttore dell'FBI, Robert Muller, ha spiegato che De Gennaro è stato insignito anche per avere creato tra la polizia italiana e l’FBI «un rapporto di collaborazione diventato il modello da imitare nelle relazioni tra l’FBI e le forze dell’ordine del resto del mondo»). Oppure agli appalti a Sigonella, in gran parte assegnati a ditte mafiose, come risulta da inchieste della magistratura catanese. E ci sarebbe altro ancora da evidenziare ed indagare. Se dunque non si mette in discussione il dominio USA sul nostro paese, che ha ovviamente riflessi anche sulla struttura di questo Stato, non crediamo sia possibile alcuna definitiva risoluzione del cancro mafioso.
Il video è quindi un pretesto per evidenziare le connessioni (anche in questo campo) tra dipendenza e mafia.