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| Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria | |
| | Autore | Messaggio |
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alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Mer Ott 14 2009, 18:53 | |
| Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria! - nuova retata contro la sinistra patriottica basca - Arrestati dirigenti indipendentisti baschi. Sono Arnaldo Otegi (principale interlocutore dell'ultimo processo di pace), Rafa Díez Usabiaga (dirigente di spicco del sindacato Lab), Rufi Etxeberria (scarcerato per decorrenza dei termini di carcere preventivo solo dieci giorni fa dopo due anni in attesa di un'udienza), Sonia Jacinto, Arkaitz Rodríguez, Amaia Esnal e Txelui Moreno. Fra gli arrestati anche Mañel Serra e Miren Zabaleta. L'operazione, scattata nella tarda serata di martedì 13 ottobre, è stata istruita da Baltasar Garzon. L'accusa è generica: aver tentato di costituire una direzione politica della sinistra abertzale (patriottica, ndr), in tal senso agendo agli ordini di ETA. E' questo l'argomento usuale con il quale, dal 1998, Garzon sta riempiendo le carceri di indipendentisti baschi che non sono imputati di reati 'materiali', ma imprigionati sulla base di questo "teorema": chi è per il socialismo e l'indipendenza parla " come ETA", quindi vuol dire che " è di ETA". Questo "teorema" politico ha determinato, in oltre un decennio, la chiusura di giornali, riviste, radio, associazioni giovanili, osterie, nonché la criminalizzazione di associazioni per la lingua basca, fondazioni di disobbedienza civile, interi consigli di amministrazione di realtà editoriali, associazione di supporto ai prigionieri politici e ai loro familiari, eccetera. Tutti i partiti, che si sono costituiti dopo l'illegalizzazione di Herri Batasuna, hanno fatto la stessa fine, per aver sostenuto proprio quelle rivendicazioni politiche. Tali illegalizzazioni sono state rese possibili, giuridicamente, grazie ad una legge liberticida predisposta ad hoc per l'indipendentismo basco, firmata e votata da "socialisti" (PSOE) e popolari (PP). Il movimento patriottico basco, nonostante ciò, ha continuato ad essere una forza significativa nei Paesi Baschi. Batasuna, pur illegalizzata, aveva predisposto una nuova proposta di pace, quella di Anoeta, che aveva portato a colloqui e negoziati con le autorità di Madrid, poi arenatisi. La dirigenza abertzale aveva più volte ribadito, lo stesso Otegi ancora negli ultimi mesi in diverse interviste, che la proposta di pace rimaneva sul tavolo e tutto lasciava supporre che a breve vi potesse essere un nuovo progetto di soluzione politica da lanciare pubblicamente. Gli arrestati stavano infatti lavorando alla sua messa a punto attraverso riunioni con la base indipendentista in tutto il Paese Basco. Una fase di analisi e di dibattito interno non facile perché si stava ricercando, in profondità e senza tabù, una strategia politica efficace nei termini ed in grado di raggruppare le diverse basi dell'indipendentismo. Secondo indiscrezioni di stampa, si stava mettendo a punto un'iniziativa che avrebbe distinto e differenziato esplicitamente la lotta pubblica di un nuovo soggetto politico e la lotta politico/militare di ETA. Un lavoro congiunto anche con altri partiti e collettivi per accompagnare il tutto con strutture adeguate, senza la rinuncia, per nessuno, della propria identità e principi politici ma difendendo uniti l'obiettivo finale dell'indipendenza. La risposta dello Stato spagnolo non s'è fatta attendere: carcerazioni a tutto spiano. | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Gio Ott 15 2009, 16:57 | |
| Ciao a tutti. Dopo aver commentato in qualche occasione su fb i post di Rivista, ho raccolto l'invito ad iscrivermi al forum, invito specificatamente rivoltomi in seguito al mio commento su questo argomento.
Mi interesso da anni della questione basca, tanto da averne fatto anche l'argomento della mia tesi di laurea. Inoltre ho vissuto per un po' a Madrid, oltre ad aver visitato più volte Euskal Herria, sia per studio che per piacere. Le mie riflessioni nascono perciò da qui, dal mio interesse e dalla conoscenza del fenomeno che sono riuscito ad acquisire nel corso degli anni. Ciò non vuol dire peraltro che con questo le mie opinioni abbiano di per sé una pretesa di maggiore autorevolezza rispetto a quelle di altri. Vogliono solo essere un contributo, uno spunto per una possibile riflessione.
Partendo dagli ultimi avvenimenti si può dire questo: niente di nuovo sotto il sole. Da anni ormai è un atto un attacco giudiziario nei confronti della izquierda abertzale, condotto dalla magistratura spagnola. Il teorema alla base delle accuse è questo: condividi analisi e obiettivi politici di ETA? Bene, allora sei parte di ETA. Il fatto che tu anziché dedicarti alla lotta armata, svolga attività politica, sindacale, sociale, culturale, non conta nulla. In altre parole criminali non sono i metodi di ETA, bensì gli obiettivi politici. Ovvero l'indipendenza di Euskal Herria. In questi anni come si sa sono stati messi fuori legge partiti politici, associazioni giovanili, culturali, di appoggio alle famiglie dei prigionieri, chiusi giornali ecc. ecc. E ora pare che questa nuova ondata di arresti apra le porte alla messa fuori legge di LAB, il sindacato vicino alla sinistra indipendentista. Questo attacco fa il paio con un altra pratica assai diffusa negli ultimi anni: la strumentalizzazione della violenza etarra per criminalizzare il nazionalismo basco nel suo complesso. Anche chi come il PNV o altri partiti moderati la violenza l'ha sempre condannata. A tale scopo sono nate associazioni contro il terrorismo come AVT, Basta Ya, Foro de Ermua, che prendono sistematicamente posizione contro ogni rivendicazione nazionalista, facendo quindi politica (ovviamente filo PP-PSOE). La criminalizzazione del nazionalismo produce poi come conseguenza una criminalizzazione del basco in quanto tale, della lingua basca e altre simili cosette simpatiche. Infine, grazie all'utilizzo dello scivoloso e ambiguo concetto di terrorismo, si fa un esplicito parallelismo tra ETA e altri fenomeni, e per estensione la figura del nazionalista basco (a volte quella del basco tout court) diventa un po' come quella dell'islamico. Difficile non pensare che tutto questo non rientri in una strategia ben precisa portata avanti dai governi spagnoli, indipendentemente dal fatto che al potere vi siano il PP o il PSOE. Ora, è anche difficile negare che il modus operandi di ETA da un po' di anni a questa parte (uccisioni di semplici consiglieri comunali trasformati così in martiri, tregue rotte in maniera poco chiara, unite un'eccessiva disinvoltura nel portare avanti quelle attività illecite necessarie al finanziamento) risulta nei fatti perfettamente funzionale a questa strategia. Le cause sono molteplici: - Si può del tutto ragionevolmente pensare che ETA possa essere infiltrata dai servizi segreti spagnoli. Cosa alquanto probabile, dato che ci riuscirono già negli anni '70 quando l'organizzazione era certamente più solida - Vista la repressione che ciclicamente decapita i vertici dell'organizzazione, l'inesperienza (e spesso la giovane età) di chi tiene le redini - Le dinamiche interne ai gruppi che come ETA si dedicano alla lotta armata. Dinamiche spesso involutive, che portano inevitabilmente all'autoreferenzialità, alla perdita di visione politica, e al progressivo estraniamento dalla realtà. Semplificando molto - me ne rendo conto - ciò accade quando chi spara pretende per questo di decidere, emarginando così coloro i quali sarebbero stati i grado di elaborare una linea politica e di dare un senso anche alle eventuali azioni.
Sulla base di queste considerazioni, per lo stato spagnolo l'esistenza di una ETA allo sbando politicamente e relativamente innocua sul piano militare(nel senso che è impensabile oggi per la banda puntare in alto) sia enormemente più vantaggiosa che una sua sconfitta o una sua rinuncia alla lotta armata. La ragione è molto semplice: ciò consente la criminalizzazione del nazionalismo e quindi una lenta ma progressiva erosione del suo consenso. Solamente quando il nazionalismo sarà innocuo sul piano democratico converrà allo stato dare il colpo di grazia all'organizzazione. Dietro infatti la retorica della democrazia e dei diritti umani, una cosa emerge in tutta la sua evidenza: l'indipendenza di Euskal Herria è inaccettabile per la Spagna, e non a caso la Costituzione del 1978 non lascia spiragli, se non nei confronti di qualche concessione di tipo autonomistico e fiscale. Quindi sostenere che tutti gli obiettivi politici sono legittimi ma nell'ambito della legalità costituzionale e della democrazia è un modo carino per dire che l'indipendentismo è di fatto illegale. Si può sostenerlo in una discussione da salotto, ma guai a fare qualcosa di concreto per promuoverlo. In questo senso quando ETA sosteneva e sostiene che non ci sono differenze tra franchismo e democrazia, anzi "contro il franchismo si combatte meglio" non aveva torto: per ogni stato esistono delle questioni, indipendentemente dal regime al potere, che non sono discutibili e soggette alla volontà popolare. Ciò pone però di fronte a un "che fare?" grosso come una casa. E soprattutto all'opportunità di portare avanti l'attività della lotta armata in un contesto formalmente democratico. Non perché la democrazia garantisca automaticamente la possibilità di raggiungere i propri fini nella legalità (come detto prima una bufala), ma perché finisce col garantire l'ostilità di gran parte della popolazione verso chi pratica la lotta armata, ancor di più se questa è priva di logica.
Un'ultima considerazione. Unitamente al fatto di porsi su un terreno risolutamente socialista e anticapitalista, il nazionalismo indipendentista basco si connota come una forza anti-sistema, forse l'unica in Occidente ad avere numeri tali da essere considerata un movimento di massa. Per questo è secondo me estremamente interessante studiarlo: per capire le motivazioni che gli hanno permesso di nascere e svilupparsi; per capire quali strategie possano essere usate dalle forze sistemiche per reagire alla minaccia; e infine per capire quali siano gli errori da evitare se non si vuole fare in modo di buttare a mare tutto quanto. Esattamente ciò che secondo me sta facendo ETA da un bel po' di anni a questa parte, con la sua politica di morti indiscriminate e senza alcun significato politico. | |
| | | kamo
Numero di messaggi : 271 Data d'iscrizione : 10.05.07
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Sab Ott 17 2009, 01:42 | |
| - gorritxo ha scritto:
- Un'ultima considerazione. Unitamente al fatto di porsi su un terreno risolutamente socialista e anticapitalista, il nazionalismo indipendentista basco si connota come una forza anti-sistema, forse l'unica in Occidente ad avere numeri tali da essere considerata un movimento di massa. Per questo è secondo me estremamente interessante studiarlo: per capire le motivazioni che gli hanno permesso di nascere e svilupparsi; per capire quali strategie possano essere usate dalle forze sistemiche per reagire alla minaccia; e infine per capire quali siano gli errori da evitare se non si vuole fare in modo di buttare a mare tutto quanto. Esattamente ciò che secondo me sta facendo ETA da un bel po' di anni a questa parte, con la sua politica di morti indiscriminate e senza alcun significato politico.
Seguendo la realtà basca a partire dai notiziari di "Indipendenza" e leggendo "Gara" mi sono fatto l'idea che ETA non sia il problema, ma la volontà unitaria di fondo dello Stato spagnolo, nelle sue varianti politiche Popolari e Socialiste, ed in stretta sintonia con apparati giudiziari e militari, di non voler minimamente dare spazio ad un consulto popolare sul futuro dei Paesi Baschi. Mi sembra questo il vero ostacolo alla "soluzione politica" del conflitto. ETA peraltro negli ultimi anni ha dichiarato tregue e favorito, forse ha anche concorso nella sua stesura, concrete proposte politiche che hanno trovato il consenso non solo di quella parte maggioritaria della sinistra patriottica basca solidale con i resistenti armati, ma anche di svariate altre forze politiche basche nazionaliste e indipendentiste moderate, oltre che di un ampio arco sindacale e associativo della società basca. Non ti sembra che gli arresti dei giorni scorsi siano stati strani, visto che, leggendo quanto scrive "Indipendenza", era in cantiere una proposta politica includente altre forze politiche e mirante, sulla questione della "violenza", a non concedere alibi allo Stato spagnolo. Condivido con te il fatto che l'esperienza basca sia estremamente interessante. Porre in relazione "indipendenza" e "socialismo" mi sembra un interessante punto di partenza. | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Sab Ott 17 2009, 15:55 | |
| - kamo ha scritto:
- gorritxo ha scritto:
- Un'ultima considerazione. Unitamente al fatto di porsi su un terreno risolutamente socialista e anticapitalista, il nazionalismo indipendentista basco si connota come una forza anti-sistema, forse l'unica in Occidente ad avere numeri tali da essere considerata un movimento di massa. Per questo è secondo me estremamente interessante studiarlo: per capire le motivazioni che gli hanno permesso di nascere e svilupparsi; per capire quali strategie possano essere usate dalle forze sistemiche per reagire alla minaccia; e infine per capire quali siano gli errori da evitare se non si vuole fare in modo di buttare a mare tutto quanto. Esattamente ciò che secondo me sta facendo ETA da un bel po' di anni a questa parte, con la sua politica di morti indiscriminate e senza alcun significato politico.
Seguendo la realtà basca a partire dai notiziari di "Indipendenza" e leggendo "Gara" mi sono fatto l'idea che ETA non sia il problema, ma la volontà unitaria di fondo dello Stato spagnolo, nelle sue varianti politiche Popolari e Socialiste, ed in stretta sintonia con apparati giudiziari e militari, di non voler minimamente dare spazio ad un consulto popolare sul futuro dei Paesi Baschi. Mi sembra questo il vero ostacolo alla "soluzione politica" del conflitto. ETA peraltro negli ultimi anni ha dichiarato tregue e favorito, forse ha anche concorso nella sua stesura, concrete proposte politiche che hanno trovato il consenso non solo di quella parte maggioritaria della sinistra patriottica basca solidale con i resistenti armati, ma anche di svariate altre forze politiche basche nazionaliste e indipendentiste moderate, oltre che di un ampio arco sindacale e associativo della società basca. Non ti sembra che gli arresti dei giorni scorsi siano stati strani, visto che, leggendo quanto scrive "Indipendenza", era in cantiere una proposta politica includente altre forze politiche e mirante, sulla questione della "violenza", a non concedere alibi allo Stato spagnolo. Condivido con te il fatto che l'esperienza basca sia estremamente interessante. Porre in relazione "indipendenza" e "socialismo" mi sembra un interessante punto di partenza. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che l'ostacolo principale alla soluzione politica del conflitto sia la pregiudiziale unitaria dello stato spagnolo, di fronte alla quale ogni bel discorso sulla democrazia perde di significato. E sono d'accordo sul fatto che dal mondo della izquierda abertzale vi siano arrivati in questi anni numerosi interessanti tentativi di giungere a una soluzione politica del conflitto. Tentativi che sono però abortiti, anche a causa della condotta di ETA in alcuni frangenti. Al contrario di quanto vogliono far credere i media spagnoli, il mondo dell'izquierda abertzale non si riduce a ETA, ma ETA esercita un certo tipo di potere in quell'ambiente. Nel senso che poi qualsiasi iniziativa di tipo politico deve avere l'avallo dell'organizzazione. E allo stato attuale mi sembra che politicamente le menti migliori non siano certo quelle che provengono dall'interno della banda. Questo perché la repressione poliziesca ha continuato a falcidiarne i vertici, con la conseguenza che a tenere le redini del comando ci siano persone sempre più giovani e inesperte, prima di tutto politicamente. Ciò ha fatto sì che la scelta degli obiettivi delle azioni di ETA diventasse sempre più difficile da comprendere e da giustificare sul piano politico, oltre che etico. E ciò ha portato a un evidente calo del prestigio di ETA stessa all'interno della società basca. Per non parlare del fatto che nel resto della Spagna anche le persone che provengono da una sinistra radicale e comunista hanno ormai nei confronti della banda e della sinistra indipendentista basca un'opinione pessima. Ora, certamente la propaganda mediatica fa tanto, ma qualcosa di sbagliato anche dall'altra parte probabilmente è stato fatto. Ripeto, la strategia dello stato spagnolo secondo me è molto chiara, e va avanti dall '97: criminalizzare il nazionalismo basco tutto (la izquierda abertzale direttamente da un punto di vista poliziesco e giudiziario, e gli arresti di questi giorni ne sono l'ennesimo episodio; il nazionalismo moderato su un piano più etico-morale). Per fare questo strumentalizza il discorso sulla violenza e il terrorismo. Se però poi dall'altra parte ETA uccide semplici consiglieri comunali di paesini di poche migliaia di abitanti, se le bombe ormai le mette anche nelle aziende che non pagano l'impuesto revolucionario, se rompe le tregue in maniera poco chiara ecc ecc, credo che nei fatti il suo operato porti solo acqua al mulino di questa strategia. Ad ogni modo, mi è stato chiesto di postare qui sul forum un intervento che avevo postato sulla bacheca di Rivista Indipendenza su fb. Mi era stato chiesto perché la izquierda abertzale non si dissocia da ETA e dalla violenza, e non intraprende una via tutta politica. Questa è stata la mia risposta: Detto papale papale, secondo me ciò sarà possibile quando lo stato spagnolo la smetterà di fornire possibili argomenti a ETA per giustificare la sua esistenza, ma questo è alquanto improbabile. Farlo significherebbe aprire le strade alla possibilità dell'indipendenza e questo è inaccettabile per qualsiasi governo (popolare o socialista non cambia niente), ma lo è soprattutto per la Costituzione del 1978. Essa infatti non prevede in alcun modo la possibilità di una secessione territoriale, nemmeno a fronte di una volontà popolare inequivocabile. Al massimo nelle sue parti più ambigue lascia spazio ad ulteriori concessioni sul piano autonomistico e fiscale. Ergo, l'indipendentismo è di fatto illegale, nel senso che finché rimane confinato a una discussione da salotto o a un comizio elettorale va tutto bene (in Spagna il diritto di parola non è certo in discussione), quando invece si prova ad agire concretamente in quella direzione ci si pone automaticamente al di fuori della legalità. E non perché si viola una legge qualunque (che come tale potrebbe essere cambiata facilmente), ma perché si viola la Costituzione, la legge fondamentale dello stato. Ora, va anche detto che quando vengono redatte, le costituzioni sono poi solitamente sottoposte al vaglio di un referendum, affinché siano ratificate da una massiccia approvazione popolare. E per massiccia approvazione popolare intendo non una maggioranza semplice, ma una maggioranza "bulgara". Proprio perché è la base della convivenza, nella quale si devono riconoscere tutti o quasi. La Costituzione spagnola non si discosterebbe da questo modello se non fosse - guarda caso - per l'eccezione basca. In occasione del referendum costituzionale infatti in Euskadi si registrò un'astensione del 55%, e i voti favorevoli furono del 30% sugli aventi diritto. Una percentuale troppo esigua per poter parlare di una legittimazione popolare. Ricapitolando: per la costituzione spagnola l'indipendenza è illegale (a prescindere dai mezzi con i quali si cerca di conseguirla: democratici o autoritari, violenti o non-violenti), e la costituzione non è stata ratificata dai baschi. Di conseguenza è perfettamente possibile dichiararsi indipendentisti e accettare la legalità spagnola, ma questo, oltre a essere una bella formula, magari anche redditizia dal punto di vista elettorale, non produce nulla di nulla sul lato pratico. Pensa ai tentativi di Ibarretxe (che appartiene all'ala indipendentista del PNV) che fine hanno fatto (Plan Ibarretxe, consulta popular ecc.). Eppure mi sembra che riconoscere il semplice "derecho a decidir " dovrebbe essere in astratto qualcosa di abbastanza scontato dal punto di vista democratico, poi si vede che vuol fare la maggioranza. Qui però si arriva a un nodo fondamentale: per qualsiasi stato, anche il più democratico, esistono delle questioni diciamo così intoccabili. Questioni cioè quasi "pre-politiche", come i confini nazionali, che non si accetta siano sottoposte all'approvazione popolare. È per questo che un contenzioso nazionale come quello basco non può non essere affrontato senza riconoscerne preventivamente la natura conflittuale, e quindi la natura antisistemica dell'indipendentismo. Pensare che la questione possa essere risolta nell'alveo della legalità spagnola è nel migliore dei casi un'ingenuità colossale, nel peggiore una mistificazione consapevole. Detto questo, illegalità non significa automaticamente violenza, bombe e lotta armata. Se il modus operandi di ETA aveva senso durante la dittatura franchista, oggi è inaccettabile. Perché, anche se la democrazia non ti concede la reale possibilità di perseguire l'indipendenza, di sicuro la repressione delle idee non è nemmeno minimamente paragonabile a quella degli anni della dittatura. Senza contare che, con una potenza di fuoco notevolmente ridotta, gli obiettivi sono diventati semplici consiglieri comunali e persone comuni. Il che è veramente odioso, niente a che vedere con Carrero Blanco. Per non parlare della natura ormai simil-mafiosa dell'organizzazione, talmente autoreferenziale da occuparsi più dei modi per sopravvivere (pizzo, attività illegali di vario tipo), che delle finalità che dovrebbero giustificare la propria esistenza. Tuttavia è evidente che a fronte di una frustrazione causata dall'impossibilità di perseguire nei fatti i propri obiettivi politici, a fronte di una massiccia campagna di criminalizzazione (o anche di semplice denigrazione) del nazionalismo basco in quanto tale (la quale produce senza dubbio una sorta di "sindrome da accerchiamento"), è chiaro che questa gente (parlo dell'izquierda abertzale) si trovi di fronte alla scelta se continuare a essere legata a ETA, o diventare come Aralar, EA o l'ala indipendentista del PNV. E dato che la seconda ipotesi, a parte qualche seggio e qualche poltrona, non porta molto altro, si finisca col ricadere nella prima. Sia chiaro, non sto giustificando nulla, provo a spiegarti come mai secondo me la dissociazione tra ETA e izquierda abartzale non è mai avvenuta. Perché questi l'alternativa non la vedono, e dal loro punto di vista non hanno nemmeno tutti i torti. Starebbe allo stato spagnolo fornirgliela, ma non rientra nei suoi obiettivi. Perché da ultimo è fondamentale sottolineare un punto: per lo stato spagnolo l'obiettivo principale è sconfiggere il nazionalismo basco, non ETA. E se a questo scopo, l'esistenza di un terrorismo come quello dell'ETA attuale può tornare utile (e torna utile, dato che produce ovviamente solo ostilità nei confronti del nazionalismo tutto) ha tutto l'interesse nel perpetrare questa situazione. Sarebbe infatti molto più pericoloso eliminare la violenza e lasciare che la questione si risolva democraticamente, perché potrebbe portare a conseguenze sgradite. La strategia della Spagna è per come la vedo io, evidente: lasciare in vita un'ETA agonizzante per poter proseguire nell'opera di criminalizzazione del nazionalismo, fino a quando questo perderà consensi a tal punto da potersi considerare sconfitto politicamente. Magari quel giorno ci si potrà anche permettere di concedere "democraticamente" al popolo basco il "derecho a decidir". Sicuri che allora un eventuale referendum verrebbe perso dai nazionalisti. | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Dom Ott 25 2009, 01:57 | |
| - gorritxo ha scritto:
- Dietro infatti la retorica della democrazia e dei diritti umani, una cosa emerge in tutta la sua evidenza: l'indipendenza di Euskal Herria è inaccettabile per la Spagna, e non a caso la Costituzione del 1978 non lascia spiragli, se non nei confronti di qualche concessione di tipo autonomistico e fiscale. Quindi sostenere che tutti gli obiettivi politici sono legittimi ma nell'ambito della legalità costituzionale e della democrazia è un modo carino per dire che l'indipendentismo è di fatto illegale.
Il punto da cui partire, Gorritxo, secondo me, è proprio il nodo del conflitto, quel referendum d'autodeterminazione sul futuro dei Paesi Baschi richiesto dalla sinistra abertzale (patriottica). Una proposta che ha raccolto l'adesione di altre forze autonomiste e nazionaliste e che ha portato, nel tempo, a diverse piattaforme veicolanti, intorno a questo punto decisivo, proposte di negoziazione. Per inciso ETA, cui non attribuisco affatto la definizione criminogena e criminalizzate di "banda" sia per la consistenza numerica dalla sua fondazione ad oggi (un cinquantennio), sia per le ragioni politiche della sua costituzione ed esistenza, sia per la rilevanza anche nell'immaginario rivendicativo di una significativa parte della società basca, le ha accompagnate politicamente con la sospensione delle azioni armate, ed ogni volta ribadendo sostanzialmente due punti: la cessazione della sua lotta armata nel momento in cui questo diritto venisse effettivamente applicato e l'impegno a priori a rispettare qualsiasi esito scaturisse da questa consultazione. Il punto però sta proprio, Gorritxo, in quel che ricordi: l'irricevibilità di questo messaggio, per ragioni costituzionali e quindi politiche, da parte delle autorità dello Stato spagnolo (e francese). E proprio per ciò che dici, è di tutta evidenza che l'ostacolo principale ad una soluzione politica del conflitto non risiede nell'esistenza e nell'attività politico/militare di ETA ma nel franchismo "democratico" principalmente bipartisan ('socialisti' del PSOE e Partito Popolare). Si possono discutere le azioni o anche un indirizzo politico/militare piuttosto che un altro di ETA, ma porla come "problema" ed attribuirle la responsabilità del conflitto, o anche solo dell'impasse, è parte dell'armamentario ideologico/propagandistico di Madrid che impone la hispanidad (una nazionalità non si impone...) e, come rilevi giustamente tu, fuorvia rispetto al problema di fondo che risiede nella Costituzione e soprattutto nella volontà politica dello Stato spagnolo. A riprova sono gli ultimi arresti che hanno investito, oltre alla dirigenza politica, anche il radicatissimo sindacalismo indipendentista basco, arresti che hanno mirato a colpire il lancio di una nuova proposta, con relativo soggetto politico, che indiscrezioni di stampa davano per " storica", in quanto operante un distinguo tra attività politica del nuovo soggetto e attività politico/militare di ETA. Non so dirti la prospettiva concreta di una tale iniziativa. Qualche giorno fa, a Baiona, una rappresentanza di Batasuna (legale nello Stato francese e illegalizzata nello Stato spagnolo), qualificando l'operazione poliziesca come “ politica e per niente giuridica”, ha dichiarato che l'iniziativa della sinistra indipendentista non si arresta in nessuno caso: “ Né lo Stato né altri faranno cambiare la linea decisa dalla Sinistra Indipendentista e da nessun altro (...) Dopo un lungo periodo di riflessione la Sinistra Indipendentista intraprende una nuova iniziativa per dar vita ad un nuovo ciclo, verso la risoluzione politica del conflitto (...) un percorso democratico basato sul diritto a decidere e sul riconoscimento territoriale che permetterà di superare il conflitto”. Vedremo gli sviluppi, ma resta il nodo "costituzionale" e politico di fondo per cui Madrid non consentirà mai di sua sponte un'indipendenza ai Paesi Baschi. Che fare, allora? Ovviamente è chi, in Euskal Herria, ha il polso della situazione politico/sociale e politico/militare ad avere migliori strumenti di valutazione sulla strada da seguire (l'infallibilità, per chi crede, è attribuita solo a Dio...). Rilevo solo una comparazione analogica. In Irlanda la lotta armata dell'IRA ha costretto il governo britannico ad accettare la trattativa. Bisognerà vedere gli esiti, ma l'impasse era analoga a questa di fase nei Paesi Baschi: l'indipendenza non era ottenibile per concessione governativa, la resistenza nazionalitaria indipendentista non era sbaragliabile per via repressiva o di accomodamenti vari. Il movimento repubblicano da un lato puntò alla conquista maggioritaria nel campo repubblicano, ottenuto nelle strade e nelle urne con un accrescimento progressivo dei consensi. Scelse la via negoziale (perdendo anche pezzi di movimento repubblicano) che da "Scenario for peace" giunse a maturazione con gli Accordi del Venerdì Santo (1998) e il successivo Accordo di Saint Andrews (ottobre 2006). Dall'altro l'inevitabilità di un tavolo negoziale fu sostanziata da un'impennata di attacchi dell'IRA, tra il 1992 ed il 1994, dalle caserme all'aeroporto di Heathrow al cuore della City finanziaria che fu sventrata, mostrando che la guerra sul continente britannico avrebbe potuto raggiungere livelli altissimi e dannosissimi per Londra. Mi chiedo: chi imputa all'ETA di essere responsabile dell'impasse, se non il cuore del problema, le rimprovera forse di non essere un'IRA basca? | |
| | | kamo
Numero di messaggi : 271 Data d'iscrizione : 10.05.07
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Mar Ott 27 2009, 23:10 | |
| Interessanti interventi davvero... | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Mer Ott 28 2009, 15:20 | |
| Leggendo il tuo intervento, alekos, credo sia necessario sgombrare il campo da un equivoco: il fatto che la responsabilità del conflitto sia da attribuire allo stato spagnolo e alla sua intransigenza nel non considerare nemmeno l'ipotesi che i baschi possano esprimersi democraticamente sullo status di Euskal Herria senza vincoli preventivi di tipo costituzionale (costituzione che come detto i baschi non hanno assolutamente legittimato con il loro consenso), questo fatto non è da me assolutamente messo in discussione. Io ho detto un'altra cosa: lo stato spagnolo ha come obiettivo sconfiggere non tanto e non solo ETA, quanto il nazionalismo basco. E da circa un quindicennio (più o meno dall'ascesa al potere di Aznar) la sua strategia consiste nello strumentalizzare la violenza di ETA per criminalizzare qualsiasi rivendicazione nazionale, compreso l'utilizzo dell'euskara (la lingua basca). Nell'ambito della sinistra indipendentista ciò ha comportato arresti e illegalizzazioni sulla base del teorema di cui abbiamo già parlato; nell'ambito del nazionalismo moderato l'accusa di essere sostanzialmente connivente o funzionale all'esistenza di ETA. La finalità è ovviamente quella di far perdere consenso al nazionalismo basco. Ora - questo e solo questo sostengo io - la condotta di ETA è stata nei fatti funzionale a questa strategia. È un dato incontrovertibile infatti che il prestigio dell'organizzazione, un tempo caratterizzante gran parte della società basca e anche parte della sinistra spagnola, è oggi circoscritto alla sola izquierda abertzale. Non solo: all'interno di questa, la scissione di Aralar da Batasuna nel 2000 avvenne proprio per la critica della decisione di ETA di rompere la tregua di allora. Non si tratta di predicare il pacifismo gandhiano, ma di rendersi conto che in un contesto democratico la violenza è più difficilmente accettabile dalla società, per cui se ne si vuole far uso occorre che sia funzionale a una strategia politica chiara, che possa essere facilmente capita, e che possa essere accettata da chi si pretende di rappresentare. La strategia di IRA di cui hai parlato ne è un esempio, nonostante la particolare durezza (ma qui bisognerebbe fare gli opportuni distinguo tra i due contesti). Ammazzare oscuri consiglieri comunali sotto casa (solo perché sono gli unici bersagli oggi alla portata), gli atti di estorsione verso chi non paga l'impuesto revolucionario ecc ecc invece no. Concludendo, la mia critica a ETA non è certo di essere responsabile del conflitto, quanto di essere co-responsabile della progressiva perdita di consenso del nazionalismo basco e della sua criminalizzazione. In altre parole di agevolare nei fatti la strategia dello stato spagnolo, che mira nel lungo periodo a sconfiggere politicamente il nazionalismo basco grazie alla progressiva erosione dell'appoggio popolare di cui gode. Erosione perseguita attraverso la criminalizzazione rispetto alla quale la condotta di ETA si dimostra perfettamente funzionale. | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Gio Ott 29 2009, 13:20 | |
| Apprezzo, Gorritxo, la tua disponibilità dialettica. La realtà basca può apparire lontana, periferica, marginale rispetto a dinamiche geopolitiche su scala mondiale (che pure non trascuriamo e che non vanno trascurate). Sono piani che non si escludono affatto. Alcune ragioni del perché ci sta a cuore Euskal Herria le hai già evidenziate. Le richiamo come invito a non sottovalutare quel 'laboratorio politico e sociale' e ad intervenire in questa discussione - gorritxo ha scritto:
- Unitamente al fatto di porsi su un terreno risolutamente socialista e anticapitalista, il nazionalismo indipendentista basco si connota come una forza anti-sistema, forse l'unica in Occidente ad avere numeri tali da essere considerata un movimento di massa. Per questo è secondo me estremamente interessante studiarlo: per capire le motivazioni che gli hanno permesso di nascere e svilupparsi; per capire quali strategie possano essere usate dalle forze sistemiche per reagire alla minaccia; e infine per capire quali siano gli errori da evitare se non si vuole fare in modo di buttare a mare tutto quanto.
Quantunque ogni realtà politica nazionale abbia sue specificità, ci sono insomma ingredienti decisivi (socialismo, anticapitalismo, indipendentismo, dinamiche e strategie anti-sistemiche, come dici, ed altro ancora) che non hanno frontiera e che hanno molto da insegnare. Sempre. Fatta questa premessa vado a chiosare passaggi del tuo scritto - gorritxo ha scritto:
- Leggendo il tuo intervento, alekos, credo sia necessario sgombrare il campo da un equivoco: il fatto che la responsabilità del conflitto sia da attribuire allo stato spagnolo e alla sua intransigenza nel non considerare nemmeno l'ipotesi che i baschi possano esprimersi democraticamente sullo status di Euskal Herria senza vincoli preventivi di tipo costituzionale (costituzione che come detto i baschi non hanno assolutamente legittimato con il loro consenso), questo fatto non è da me assolutamente messo in discussione.
Fin qui conveniamo. Ed è un punto dirimente, decisivo, da tenere assolutamente presente in vista dell'esito di questo ragionare a più voci… - gorritxo ha scritto:
- Io ho detto un'altra cosa: lo stato spagnolo ha come obiettivo sconfiggere non tanto e non solo ETA, quanto il nazionalismo basco. E da circa un quindicennio (più o meno dall'ascesa al potere di Aznar) la sua strategia consiste nello strumentalizzare la violenza di ETA per criminalizzare qualsiasi rivendicazione nazionale, compreso l'utilizzo dell'euskara (la lingua basca). Nell'ambito della sinistra indipendentista ciò ha comportato arresti e illegalizzazioni sulla base del teorema di cui abbiamo già parlato; nell'ambito del nazionalismo moderato l'accusa di essere sostanzialmente connivente o funzionale all'esistenza di ETA. La finalità è ovviamente quella di far perdere consenso al nazionalismo basco.
Bene. Emerge quindi –descrivi del resto quel che è– che l’esistenza di ETA è utilizzata come un pretesto dal sistema di potere spagnolo (non solo il governo...) nella guerra 'ideologica' interna ed internazionale per giustificare il rifiuto di fondo ad applicare il diritto di autodeterminazione. Come per le verità inconfessabili, non lo si dice. Si criminalizza però chi rivendica quel diritto. Particolarmente chi dà fastidio, cioè la sinistra abertzale (patriottica). Che ETA ci sia o non ci sia, per quel che giustamente rilevi nei tuoi postati sopra, non cambierebbe alcunché sul nodo di fondo del conflitto: la negazione ai baschi dell’esercizio del diritto di autodeterminazione. - gorritxo ha scritto:
- Ora - questo e solo questo sostengo io - la condotta di ETA è stata nei fatti funzionale a questa strategia.
Qui non ti seguo più. Se si conviene che la volontà strategica dello Stato spagnolo è in funzione del non riconoscimento - mai e poi mai- del diritto all’autodeterminazione, dire che la “ condotta di ETA è funzionale a questa strategia” è un'affermazione che non trovo consequenziale. Si accendono i riflettori su un 'falso' problema, in questo avallando il pregiudizio ideologico del "franchismo democratico" spagnolo di chiusura sulla questione basca. Anche nei postati precedenti ricordavi che –ETA o non ETA, violenza o non violenza– lo Stato spagnolo non intende applicare detto diritto ad un popolo che peraltro –lo hai sottolineato tu stesso– non ha mai accettato la cornice ‘spagnola’ e lo ha dimostrato anche bocciando nelle urne la Costituzione spagnola stessa. - gorritxo ha scritto:
- È un dato incontrovertibile infatti che il prestigio dell'organizzazione, un tempo caratterizzante gran parte della società basca e anche parte della sinistra spagnola, è oggi circoscritto alla sola izquierda abertzale.
Avrei un po' da controvertere questo dato. Il " prestigio" di ETA era indubbiamente più diffuso quando combatteva il "franchismo". Molti spagnoli di 'sinistra' facevano il tifo per ETA. Correggimi se sbaglio, ma non mi sembra che, a parte piccole formazioni comuniste spagnole, ci fosse una forza paragonabile per continuità, radicamento ed incisività a ETA nella lotta di resistenza al franchismo. E' ETA che stronca la continuità del regime (‘delfinaggio’ di Carrero Blanco) e determina di fatto, in modo decisivo, le condizioni per una transmutazione 'democratica' quantunque segnata da un riposizionamento significativo dei franchisti (pensa al Partito Popolare e allo stesso Aznar). Con il mutamento (più formale che sostanziale) della cornice politica/costituzionale spagnola, ci fu chi (dentro e fuori Euskal Herria) ritenne che in questo quadro fossero riassorbibili le ragioni politiche del conflitto basco e questo per taluni si concretò con la concessione dell'autonomia. Al riguardo ho sempre trovato politicamente miserabile la tesi di chi rileva che l'indipendenza basca non avrebbe più senso in presenza di un'autonomia ritenuta da qualcuno già ampia, la più ampia in Europa. Si riflette con questa posizione, forse inconsapevolmente, una concezione mercantile, affarista, di una lotta di liberazione, certamente si mostra di non sapere affatto che le aspirazioni indipendentiste della sinistra abertzale non attengono alla contrattualizzazione di competenze e fondi con Madrid (questa è la 'politica' del PNV) ma mirano ad una ben diversa riscrittura dei rapporti sociali e di produzione (prospettiva racchiusa nelle rivendicazioni abertzale di "indipendenza e socialismo"). La concessione di un'autonomia (che in una allettante dinamica di foraggiamento di fondi da Madrid e di spazi/interessi di potere 'autonomi' trovò e trova il gradimento di settori politici e sociali clientelarizzati baschi) unitamente alla mitologia di una sinistra (i 'socialisti' del PSOE) al governo a Madrid determinarono un automatismo ideologico prescrittivo per cui la questione basca era risolta. Al permanere delle istanze della sinistra abertzale, peraltro, i “socialisti” e i popolari del post-franchista Aznar&affini non hanno mancato di mostrare (squadroni paramilitari, “guerra sucia”, illegalizzazioni, sequestro soprattutto di giovani a manifestazioni di piazza con relative torture nei giorni previsti di isolamento quale monito e deterrente al prosieguo dell'attività politica, eccetera) cosa intendessero per "democrazia" in Euskal Herria... Dire che nell’area nazionalista, patriottica, indipendentista basca non tutti siano per la lotta armata, e che l’esistenza di ETA, a torto o a ragione, viene vista come un impedimento, come un pretesto utilizzato dallo Stato spagnolo e che, se non ci fosse, le autorità statali –non si sa come e perché– dovrebbero ‘concedere’ quel che non vogliono mai concedere, questo è un altro discorso. C'è chi lo sostiene. Al riguardo ricordo che comunque, nel momento in cui si sono sostanziate delle piattaforme politiche trasversali alle forze politiche e sociali basche, incentrate sulla rivendicazione democratica del referendum, ETA ha sempre fatto un passo indietro. Non solo sospendendo unilateralmente le sue azioni armate, ma anche dichiarando l'esaurimento della funzione politica dell'organizzazione e la cessazione definitiva della sua attività nel momento stesso in cui Madrid avesse riconosciuto e reso effettivo un referendum con il quale i baschi esprimessero quale assetto (indipendenza o autonomia) per Euskal Herria. Il che è indice, secondo me, non certo di un'attitudine militarista, ma di una consapevolezza della valenza politica della lotta armata. - gorritxo ha scritto:
- Non si tratta di predicare il pacifismo gandhiano, ma di rendersi conto che in un contesto democratico la violenza è più difficilmente accettabile dalla società, per cui se ne si vuole far uso occorre che sia funzionale a una strategia politica chiara, che possa essere facilmente capita, e che possa essere accettata da chi si pretende di rappresentare. La strategia di IRA di cui hai parlato ne è un esempio, nonostante la particolare durezza (...).
Questo è un diverso terreno di ragionamento... - gorritxo ha scritto:
- Concludendo, la mia critica a ETA non è certo di essere responsabile del conflitto, quanto di essere co-responsabile della progressiva perdita di consenso del nazionalismo basco e della sua criminalizzazione. In altre parole di agevolare nei fatti la strategia dello stato spagnolo, che mira nel lungo periodo a sconfiggere politicamente il nazionalismo basco grazie alla progressiva erosione dell'appoggio popolare di cui gode. Erosione perseguita attraverso la criminalizzazione rispetto alla quale la condotta di ETA si dimostra perfettamente funzionale.
Riporto la tua solo per dire che, secondo me, la conclusione (provvisoria) potrebbe/dovrebbe essere un'altra e si collega a quanto sostenevi anche tu poco sopra: partire da una riflessione politica su quale strategia mettere in campo per modificare quel punto iniziale decisivo, cioè l'indisponibilità costituzionale e politica dello Stato spagnolo a riconoscere il diritto di autodeterminazione del popolo basco. Mettere sullo stesso piano Stato spagnolo ed ETA in termini di corresponsabilità della situazione, significa mettere sullo stesso piano oppressore ed oppresso. Peraltro in Euskal Herria quel tipo di riflessione e relativo processo sono già in corso, nonostante gli arresti. Sopra ricordavo che una rappresentanza di Batasuna, composta dai portavoce Xabi Larralde e Jean-Claude Agerr e accompagnati da Aurore Martin, Miguel Torre, Anita Lopepe, Jean-François Lefort e Zigor Goieaskoetxea, è comparsa a Baiona per ratificare un messaggio: che l'iniziativa politica della sinistra indipendentista non si arresta in nessuno caso. “ Né lo Stato né altri faranno cambiare la linea decisa dalla Sinistra Indipendentista e da nessun altro (...) Dopo un lungo periodo di riflessione la Sinistra Indipendentista intraprende una nuova iniziativa per dar vita ad un nuovo ciclo, verso la risoluzione politica del conflitto (...) un percorso democratico basato sul diritto a decidere e sul riconoscimento territoriale che permetterà di superare il conflitto”, hanno detto prima di sottolineare che la maggioranza sociale basca appoggia questa scommessa di apertura di un nuovo ciclo. Resta l'importanza, alla luce di quelle tue parole riportate all'inizio di questo postato, di continuare a ragionare tra noi. A presto | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Sab Ott 31 2009, 11:17 | |
| Censura e disinformazione dei media nazionali ed internazionali su Euskal Herria e sulla repessione in atto: occupata simbolicamente, giovedì 29, dalla rete di solidarietà con il popolo basco “Amici e Amiche di Euskal Herria / Euskal Herriaren Lagunak" di Milano, la sede milanese del quotidiano "La Repubblica". Nel momento in cui, in Italia, si parla tanto di libertà di stampa e di regime, il silenzio di tutti gli organi di informazione sulle torture di cui si macchia costantemente la polizia spagnola, sulle incarcerazioni di massa, sulla dispersione dei prigionieri politici baschi, sull’illegalizzazione di ogni espressione politica autorganizzata della sinistra indipendentista basca, è criminale ed è una forma di oggettiva complicità. E' stato chiesto alla redazione milanese un impegno per dar voce ad un popolo che da decenni subisce una feroce repressione da parte del governo spagnolo e la totale negazione dellla legittimità democratica di Euskal Herria; la delegazione poi è uscita continuando la manifestazione in strada, con striscioni che rivendicavano il diritto all’autodeterminazione del popolo basco e denunciavano la "guerra sporca", in paricolar modo la sparizione da diversi mesi del militante basco Jon Anza. Il comunicato consegnato alla redazione milanese di Repubblica e fotografie: Attraverso questa iniziativa vogliamo denunciare il silenzio dei media italiani e europei, che hanno completamente oscurato, per l'ennesima volta, episodi di gravissima repressione ad opera del governo spagnolo nei Paesi Baschi. Di fronte agli arresti del portavoce della sinistra indipendentista Arnaldo Otegi e di numerosi esponenti del sindacato basco LAB; di fronte alle decine di casi di tortura denunciati; di fronte alla sparizione del militante basco JON ANZA di cui non si hanno più notizie dal 18 aprile 2009; di fronte alle chiusure di giornali, radio, canali televisivi, all'illegalizzazione di partiti, associazioni giovanili, organizzazioni di difesa dei lavoratori, associazioni di detenuti politici e i loro familiari gli organi di stampa italiani non hanno speso alcuna parola. Un'informazione imbavagliata è complice di tutto quello che sta accadendo, in particolar modo della chiusura del governo spagnolo nei confronti di una soluzione democratica del conflitto e di una possibilità di confronto politico leale. Il 14 ottobre la polizia spagnola ha arrestato nella sede del sindacato della sinistra indipendentista LAB di Donostia 10 militanti indipendentisti tra i più conosciuti nei paesi baschi, con l'accusa di far parte della direzione politica di Batasuna. Questa organizzazione, per l'Unità Popolare della Sinistra Indipendentista, è stata illegalizzata dai tribunali di giustizia spagnoli nel 2003, ma, con il sostegno popolare, ha continuato ad essere attiva fin da allora. Questi gravissimi fatti, avvenuti con la firma del giudice dell'Audiencia National spagnola Baltasar Garzon, hanno senza dubbio motivazioni politiche inscindibili dal governo Zapatero. Il governo spagnolo sta perseguendo politiche repressive criminalizzando il Collettivo di Prigionieri dei quali è proibito mostrare le foto pubblicamente e sta appoggiando la guerra sporca del governo spagnolo contro i militanti della sinistra indipendentista basca, che ha portato alla scomparsa da 4 mesi del militante Jon Anza in territorio francese. L'atteggiamento neo-franchista dei governi spagnoli dell'ultimo decennio, che ha portato ad illegalizzare partiti e associazioni culturali e sociali, non è mai stato messo in discussione dagli organi di stampa ufficiali e non è certamente una novità di ora. Con la repressione non è scomparsa nè Batasuna, né il movimento antirepressivo, né le lotte sociali sostenute dalla sinistra indipendentista, né il lavoro enorme di ricostruzione linguistica e culturale. Tutto il contrario. La Sinistra Indipendentista Basca continua dunque a mantenere con forza l'iniziativa politica. Negli ultimi mesi in Euskal Herria sta diventando ogni volta più evidente e pubblica l'intenzione della sinistra indipendentista di investire grandi sforzi in futuro nella formazione di quello che viene chiamato Polo Soberanista. Voler annullare questa operazione politica di largo respiro è all'origine dell'atto di guerra attuato dal Governo spagnolo del PSOE, con la totale connivenza del Partito Popolare spagnolo. L'arresto di questi dieci militanti denunciato, oltre che dalla stessa sinistra indipendentista, anche da tutti i partiti e i sindacati democratici in Euskal Herria, riuscirà, forse, solo a ritardare questo processo politico e questa nuova aggregazione di massa. Senza dubbio, aumenta la quota di dolore e sofferenza che il popolo basco paga per pretendere di ricostruire un futuro euskaldun (basco), femminista, internazionalista, socialista sulla base del suffragio universale. COME RETE MILANESE IN SOLIDARIETÀ AL POPOLO BASCO “EUSKAL HERRIAREN LAGUNAK” CHIAMIAMO A DENUNCIARE QUESTI FATTI, QUESTE AZIONI DEL GOVERNO SPAGNOLO, PER ROMPERE POCO A POCO QUESTO VELO DI SILENZIO E INERZIA CHE I MASS MEDIA HANNO STESO IN EUROPA E NEL MONDO. rete amici e amiche di Euskal Herria Euskal Herriaren Lagunak | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Gio Nov 26 2009, 13:38 | |
| (ANSA) - ROMA, 24 NOV - La polizia spagnola ha arrestato nei Paesi Baschi e in Navarra 36 persone accusate di far parte dell'organizzazione giovanile basca Segi.
L'organizzazione della sinistra indipendentista e' sospettata di essere vicina al gruppo armato Eta:lo riferisce la televisione pubblica Tve1.Segi,dichiarata formazione terroristica dalla giustizia spagnola nel gennaio del 2007,e' accusata fra l'altro di diverse azioni di 'kale borroka' (violenza urbana) contro simboli dello Stato spagnolo nei Paesi Baschi. | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Dom Nov 29 2009, 02:30 | |
| - gorritxo ha scritto:
- (ANSA) - ROMA, 24 NOV - La polizia spagnola ha arrestato nei Paesi Baschi e in Navarra 36 persone accusate di far parte dell'organizzazione giovanile basca Segi.
L'organizzazione della sinistra indipendentista e' sospettata di essere vicina al gruppo armato Eta:lo riferisce la televisione pubblica Tve1.Segi,dichiarata formazione terroristica dalla giustizia spagnola nel gennaio del 2007,e' accusata fra l'altro di diverse azioni di 'kale borroka' (violenza urbana) contro simboli dello Stato spagnolo nei Paesi Baschi. Non comune la loro capacità di resistenza. I continui arresti di dirigenti, in particolare, subito sostituiti da altri, mostra la concezione non leaderistica della sinistra patriottica basca, assicura una continuità nella lotta e rende possibile la capacità che sopra richiamavo. In altre situazioni sarebbe bastato decapitare il vertice per svuotare o rendere marginale il tutto... | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Dom Nov 29 2009, 17:32 | |
| "Il loro unico delittto è stato l'esercizio dei propri diritti civili e politici". Così hanno dichiarato i familiari dei giovani indipendentisti arrestati nella macro-retata del 24 novembre scorso. Un imponente corteo ha sfilato ieri, sabato (28), per le strade di Bilbao (Bilbo) denunciando l'operazione poliziesca e reclamando la loro liberazione. | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Gio Gen 07 2010, 02:15 | |
| "La manifestazione più grande degli ultimi anni nei Paesi Baschi". Così è stata definita la mobilitazione di Bilbao del 5 gennaio scorso, cui hanno partecipato più di 44mila persone. Denunciata la "criminale" politica penitenziaria attuata dagli Stati francesi e spagnoli nei confronti dei prigionieri e delle prigioniere politiche basche. Una politica che non trova spazio per il rispetto dei diritti dei prigionieri politici che vengono costantemente violati (dispersione, isolamento, botte, torture, trasferimenti "arbitrari", divieto delle comunicazioni, ecc.). Inizialmente vietata alcuni giorni fa dall'Audiencia Nacional spagnola, di fronte al mantenimento della volontà di manifestare di diverse forze politiche -Eusko Alkartasuna, Aralar, Alternatiba, Abertzaleen Batasuna e Izquierda Abertzale- un'ora prima dell'inizio la manifestazione, che comunque sarebbe stata svolta, è stata autorizzata da Madrid.
Si è voluto ricordare come gli apparati repressivi vogliano annichilire e zittire la solidarietà nei confronti dei prigionieri politici baschi (746 persone fanno parte del Collettivo dei Prigionieri Politici Baschi). Anche arrivando ad emanare provvedimenti contro l'esposizione di foto di prigionieri politici baschi, come da campagna di criminalizzazione della solidarietà intrapresa dal nuovo governo socialista della comunità autonomica basca, che si concretizza da circa sei mesi con il divieto di esposizione di tali foto e con la rimozione di quelle che sono appese da decenni per le strade, nelle piazze, nei balconi e nei vari locali pubblici dei Paesi Baschi. Ricordiamo tra le voci critiche contro questo ennesimo sopruso che, durante una conferenza dal titolo “Diritti umani e lotta antiterroristica” tenutasi alcuni mesi fa nell'università pubblica di Leioa (Vizcaya), Martin Scheinin, docente universitario di diritto internazionale pubblico finlandese e relatore speciale dell'ONU per i diritti umani e la lotta “antiterrorista”, ha affermato che, a parer suo, l'esposizione di tali foto non costituisce apologia di terrorismo poiché la motivazione che vi è dietro la loro esposizione è una “motivazione più umana piuttosto che un'istigazione alla violenza”. Secondo Scheinin, il reato di “apologia al terrorismo” ha in sé l'assunto secondo cui si istiga una o più persone a commettere un delitto “terrorista”, pertanto è necessario che questo rischio effettivamente ci sia. In altre parole, non risulta che chi riceve il messaggio trasmesso tramite l'esposizione di foto raffiguranti prigionieri e prigioniere politiche, possa commettere realmente un atto “terrorista”. “Dobbiamo supporre che la motivazione è più umana, e che l'obiettivo è creare simpatia più che incitare alla violenza”, disse il relatore dell'ONU.
Al termine della manifestazione di Bilbao, due familiari hanno denunciato le aggressioni e le violazioni a cui sono sottoposti tanto i prigionieri politici quanto i familiari e ribadito la volontà nel proseguire la lotta nonostante le difficoltà che l'incremento della repressione comporta. | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: ETA: PROCESSO DEMOCRATICO, UNICA OPZIONE Mar Gen 19 2010, 11:19 | |
| ETA: PROCESSO DEMOCRATICO, UNICA OPZIONE In un comunicato in lingua basca pubblicato dal quotidiano basco Gara (17 gennaio), ETA (Euskadi Ta Askatasuna, Patria basca e libertà) sottolinea che è arrivato il momento di prendere l’iniziativa e plaude al lavoro della sinistra abertzale (patriottica, indipendentista, ndr) basca. Iniziativa, dibattito, collaborazione, processo democratico, attivazione della società, organizzazione e lotta sono gli assi principali su cui ruotano le riflessioni che ETA articola nel suo comunicato. " Tenendo conto che bisogna rispondere alla repressione" –afferma ETA– " la nostra forza si radica nella lotta politica". " La sinistra abertzale", si legge nel comunicato, " motore della lotta di questo popolo, ha parlato, e ETA fa proprie le sue parole. Non possiamo rimanere fermi a guardare il nemico, è giunta l’ora di prendere l’iniziativa e agire, anche adesso. In questo momento in cui il nemico sferra il suo attacco più duro non possiamo rimanere fermi in una posizione di mera resistenza. Dobbiamo rispondere con quella capacità di iniziativa che vorrebbero soffocare. Sicuramente più che resistere alla repressione, la nostra forza risiede nella lotta politica. Le ragioni del nemico si riducono a niente davanti alla Sinistra abertzale nel dibattito politico". ETA sottolinea nel comunicato che " la sinistra abertzale è l'unica che propone un quadro politico che fa propria l'opzione per cui tutti i progetti politici possano essere sostenuti e possano svilupparsi liberamente". In questo senso, valorizza e plaude all'attitudine e al lavoro della sinistra indipendentista perché, nonostante gli attacchi di cui è oggetto, ha saputo mantenersi risoluta nella lotta ed allo stesso tempo ha avanzato proposte: " Questo è quel che abbiamo visto a Altsasu (Dichiarazione di Altsasu del 14 novembre 2009, condivisa dalla sinistra abertzale, seguita da 7 punti considerati i principi con i quali iniziare un cammino verso una risoluzione del conflitto basco, ndr) , la sinistra abertzale plurale di sempre, differenti origini, generazioni, tendenze e personalità unite nella collaborazione. Questo è stato uno dei segreti della sinistra abertzale, intensa nel dibattito e ferma nelle decisioni, unita". Il comunicato di ETA giunge dopo la dichiarazione della sinistra abertzale, annunciata a Venezia e nei Paesi Baschi il 14 novembre scorso. Da allora nei Paesi Baschi è in atto una consultazione tra la base e la popolazione sui principi del documento. Nella dichiarazione del 14 novembre, definita 'un primo passo per il processo democratico', la sinistra abertzale sosteneva tra le altre cose " che lo strumento fondamentale per la nuova fase politica è il processo democratico e la sua messa in moto, una decisione unilaterale della sinistra abertzale. Per il suo sviluppo si cercheranno accordi bilaterali o multilaterali; con gli attori politici baschi, con la comunità internazionale e con gli Stati per il superamento del conflitto. In definitiva il processo democratico è la scommessa strategica della sinistra abertzale per ottenere il cambiamento politico e sociale". Nel suo comunicato ETA sostiene che il processo democratico diventerà " il centro della lotta da sviluppare in futuro dalla sinistra abertzale", e aggiunge che ciò significherebbe " la democratizzazione di una situazione politico-giuridica di oppressione; il superamento in termini democratici, del conflitto politico; la valorizzazione dei diritti nazionali di Euskal Herria ed i diritti civili e politici dei suoi cittadini; portare Euskal Herria in uno scenario di autodeterminazione in modo graduale, regolato e condiviso; dotare di meccanismi giuridici-politici il nostro popolo per poter passare, cosi da una situazione di oppressione ad una di riconoscimento". Partendo dall’affermazione che " il processo democratico non è la migliore opzione, bensì l’unica", ETA ribadisce che " dobbiamo comprendere che la sua principale garanzia è il nostro popolo. Perché solo con la forza e la spinta del nostro popolo si potrà aprire, costruire e portare fino in fondo questo processo". Dalle esperienze passate si devono trarre –scrive ETA– due lezioni: " se non ci sarà questa attivazione popolare, il processo democratico non avanzerà", ma non sarà possibile nemmeno senza la partecipazione dello Stato spagnolo. " Se il processo democratico" –insiste ETA– " deve svilupparsi con mezzi democratici e senza ingerenze, come crediamo anche noi, anche l’ingerenza e la violenza dello Stato devono cessare". Il comunicato si conclude sottolineando che " la vittoria sta nella lotta e vogliamo invitare il nostro popolo e ogni cittadino a organizzarsi e lottare, a essere protagonista nella liberazione del nostro popolo". http://www.gara.net/paperezkoa/20100117/177657/es/ETA-hace-suyos-planteamientos-expresados-izquierda-abertzale Per approfondimenti, vedi "Euskal Herria/ La proposta politica della sinistra patriottica basca" (in "Indipendenza", n.27, novembre/dicembre 2009, versione cartacea) | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria Mar Feb 16 2010, 15:08 | |
| Il testo integrale della risoluzione finale del dibattito interno alla sinistra patriottica basca
http://www.gara.net/paperezkoa/20100216/183290/es/Zutik-Euskal-Herria | |
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| Titolo: Re: Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria | |
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| | | | Ancora franchismo "democratico" in Euskal Herria | |
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