La libertà di stampa spesso si paga, ma non si compra mai!
E' stupefacente che la rassegna stampa di stamani su Rai Tre sia stata aperta da un giornalista -Massimo Franco del
Corsera- che ha fatto la sua personale agiografia di quello che ridicolmente -tipico di una stampa ridicola e poco libera- viene definito il padre dello Statuto dei lavoratori, che sono i veri e soli padri che l'hanno conquistato, non Gino Giugni che ha, anzi, solo cercato di limitare gli effetti della riconquistata soggettività e autonomia sociale dei lavoratori (tanto che in quell'occasione Lama e il PCI si astennere sul testo socialista-democristiano dello Statuto).
Poi Massimo Franco (sic), alla sua personale agiografia, ha aggiunto quella di un testo che ha letto dall'
Avvenire, del tutto acritico e del tutto agiografico di Gino Giugni, evidentemente di un amico partecipe di quelle camarille e conventicole intellettuali e politiche non solo romane che impestano e creano quella politica ed economia criticate dalle ultime encicliche papali. Politica ed economia prive dei
fini di interesse pubblico aspicati dal Papa, ma sanciti nella Costituzione italiana e che sono stati contraddetti per tutta la vita anche da Gino Giugni. Il quale come abbiamo argomentato -anche sull'ultimo numero di
Indipendenza- a proposito dello Statuto, più che la Costituzione ha servito gli interessi del PSI anche e poi sopratutto di quello craxiano -per non parlare di quelli del "golpismo tecnico" e anticostizionali degli anni '90-, interessi
centralistici del primo centro-sinistra, contrario alle autonomie sociali sancite dalla Costituzione e in particolare all'autonomia sociale dei lavoratori: anche dalle burocrazie sindacali quando queste servono i propri interessi di vertice in combutta con le camarille del potere e i vertici d'impresa, anziché gli interessi sociali dei lavoratori. Lavoratori che Gingo Giugni ha contribuito già dagli anni '70 a cercare di sottomettere al verticismo centralistico e burocratico dei vertici sindacali, imprimendo per conto del governo (non per conto dei lavoratori), una sottile e calcolata impostazione volta a far prevalere il primato della burocrazia sindacale su quello dei lavoratori.
Quando si fanno le manifestazioni per la libertà di stampa sarebbe bene rivendicare anche una libertà che si sostanzia nella capacità critica del giornalismo e dei giornalisti, e non certo nella agiografia amicale delle corporazioni che sono le vere caste che si sovrappongono, dall'alto, alla realtà sociale e all'intero paese e ai soggetti sociali, specie quelli del lavoro e dei lavoratori su cui infatti il giornalismo tace salvo fare un acritico bollettino dei morti sul lavoro.
La libertà spesso si paga, ma non si compra mai!!!
Speriamo che almeno
Liberazione con Dino Greco sappia svolgere una valutazione dura, critica, di un "giurista" dei governi e del primato della governabilità su quello della sociatà e del sociale. Poco speriamo in un
Manifesto che versa nello sbalordimento e confusione creati dai Revelli, Tronti, Asor Rosa e Rossanda stessa che hanno creduto nella fine dello Stato e della storia (specie del '900), che si trovano smentiti dai fatti. Soprattutto i giuristi e giuslavoristi che usa (o lo usano) sono tutti membri e partecipi delle conventicole intellettuali-politiche di cui sopra che corporativisticamente tradiscono il sociale per adeguarsi all'ideologia giuridica dominante, e cercano di silenziare quelli non tradiscono.