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 L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?

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MessaggioTitolo: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Set 22 2009, 22:42

Partiamo dalla notizia: l'ENI starebbe per perdere lo sfruttamento dei giacimenti di Nassiriya (Iraq). E' Milano Finanza (9 settembre) a dare la notizia. Luciano Mondellini segnala che ora, per il gruppo guidato da Scaroni, l'obiettivo nell'area rimane il campo di Zubayr. PeaceReporter la rilancia il 21 settembre ( http://it.peacereporter.net/articolo/17913/Iraq ), mentre un'altra fonte, Osservatorio Iraq, dà la cosa per conclusa. La compagnia petrolifera italiana quindi starebbe per perdere o avrebbe già perso la gara d'appalto per lo sfruttamento dei pozzi petroliferi di Nassiriya. Ad aggiudicarsela la giapponese Nippon Oil, una delegazione della quale è attesa a giorni in Iraq per i dettagli. Per l'ENI si ventila, come ripiego, un'alleanza con la compagnia giapponese. L'estromissione dalla gara cui concorrevano solo in tre (la Nippon Oil, l'ENI e la spagnola Repsol) avviene nonostante l'impegno militare italiano, l'esborso di fondi ed il tributo di sangue in Iraq. Da ricordare, poi, che i giacimenti di Nassiriya erano già stati assegnati all'ENI da Saddam Hussein, che però non aveva fatto in tempo a ratificare gli accordi per lo scoppio della guerra.
 
Una premessa, prima di qualche riflessione e di un interrogativo. La premessa. Non auspichiamo una vocazione 'indipendente' di potenza dell’Italia in senso imperialistico e nemmeno, in subordine, colonialistico. L'auspichiamo in senso indipendentistico, rivoluzionario, inter-nazionalista, di solidarismo attivo con i popoli in lotta per la liberazione e per una trasformazione socialista dei rapporti di società e del modo di produzione. Ben altra cosa, insomma. Questo per chiarire che il passaggio di cui sopra ("nonostante l'impegno militare italiano, l'esborso di fondi ed il tributo di sangue in Iraq") è solo sarcasticamente descrittivo. Se si manifestasse o anche solo si profilasse, in uno scenario futuribile allo stato delle cose impensabile, un imperialismo italiano o velleità subimperialiste o forme larvate di esso, ebbene, noi ci schiereremmo assolutamente contro, per le stesse ragioni nazionalitarie che ci portano a combattere quello dominante –statunitense– con la sua succursale 'europea' in formazione.
 
Adesso qualche riflessione. Questa notizia, se confermata, smentirebbe ancora una volta nei fatti quanti parlano (a sproposito) di "imperialismo italiano". Giacché l'individuazione di interessi economici capitalistici resta uno dei parametri di riferimento decisivi –il più significativo– quale cartina al tornasole dell'esistenza di ogni possibile imperialismo, ci pare che, se confermata la notizia, verrebbe meno l'unica ragione di interesse significativo del capitale 'italiano' in Iraq...per la perdita di una gara d'appalto!
Il presunto imperialismo italiano –nei Balcani come in Afghanistan e a suo tempo in Somalia– si è manifestato mai di propria iniziativa e sempre al seguito o per conto (Albania) dell’alleato-padrone, come supporto politico/militare e militare logistico all’imperialismo statunitense. La tesi dell’operante o anche solo nascente imperialismo italiano è una colossale mistificazione, pericolosa perché indurrebbe a credere che l’Italia, sia pur in una direzione capitalistica, si stia rendendo autonoma dagli USA, falsificando i termini reali del rapporto di subordinazione imperialistica che vincola (anche) l'Italia oltre Atlantico. Fermo restando che una subalternità effettiva non significa assoluzione delle responsabilità politiche del ceto politico 'italiano' di destra, di sinistra, di centro, è di tutta evidenza che un'analisi sballata della realtà, una incomprensione dello stato delle cose, destina all'inefficacia e all'irrilevanza sostanziale ogni strategia di lotta che si vuole trasformativa dell'esistente in una prospettiva di emancipazione sociale.
 
Infine un interrogativo. Non sarà che lo 'schiaffo' dato all'ENI in Iraq sia anche effetto dell'irritazione che a Washington si ha circa la partecipazione dell'ENI al gasdotto South Stream sponsorizzato da Mosca, con relativo danno geopolitico delle finalità statunitensi che sponsorizzano il concorrente gasdotto Nabucco? Una punizione che saprebbe di avvertimento: un qualsiasi 'sgarro' fatto alla superpotenza atlantica, dettato anche solo da ragioni affaristiche particolari, può vanificare anche anni e anni di spinto servilismo come quello delle classi dirigenti italiote di centrosinistra e centrodestra. Mediate, gente, meditate...
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Set 22 2009, 23:56

qualcuno diceva che andavamo a Nassiriya solo per ideali e democrazia...e invece a Nassiriya per petrolio, affari e pornografia!!!
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMer Set 23 2009, 03:28

alekos18 ha scritto:
La tesi dell’operante o anche solo nascente imperialismo italiano è una colossale mistificazione, pericolosa perché indurrebbe a credere che l’Italia, sia pur in una direzione capitalistica, si stia rendendo autonoma dagli USA,
Nessun paese oggi può essere indipendente dagli Stati Uniti, nemmeno il Giappone, la Russia, la Cina.
Però il rapporto può essere alla pari quando la nazione si presenti matura, adulta, monolitica. L'atomica non possono usarla a cuor leggero.
Per presentarsi agli Stati Uniti in modo credibile, bisogna eliminare i leccapiedi al governo e nella classe dirigente, altrimenti ci prendono per i sudditi di Bokassa o di Amin o di Suharto o di Pinochet.
Non è mica facile con questo elettorato.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMer Set 23 2009, 19:10

Alcuni commenti da facebook...

Ale Cauli
grazie compà, condivido (ancora una volta) l'analisi al 100%:-)

Marco Di Branco
e pnsare che Ferrando è stato espulso da Bertinotti per aver detto la pura e semplice verità...

Stefano Diana
Come dice l'articolo - e io concordo al 100% - l'Italia ha partecipato all'impresa in Iraq per ragioni di servilismo agli USA (e ricadute positive sulle famose elite parassitarie rappresentate politicamente dal centrosinistra e da parte della destra, nettamente anti italiane), non per "portare la pace" ma nemmeno per i propri interessi, in quanto l'ENI ha sempre operato in quelle zone, senza bisogno di bombardare nessuno.

Ivan Pipicelli
quello che in molti non sanno è che in Iraq molte ditte italiane ed europee hanno lavorato negli anni passati per costruire grandi opere.. e molte, come la ditta per cui lavorava mio padre, hanno dilazionato i pagamenti (di vari milioni di dollari) negli anni.. risultato che con la guerra tutte queste imprese hanno perso il diritto di essere pagate... Grazie Bush grazie Berlusconi.. per aver distrutto una delle civiltà più antiche al mondo, grazie per aver trucidato donne e bambini innocenti, e grazie per averci fatto perdere anche il lavoro, sì perché dopo la guerra molte delle imprese su citate sono fallite...

Alfonso Messina
A sinistra sono tutti innamorati di Obama, pensano che sia l'uomo destinato a portare la pace e la democrazia nel mondo. Quando si cerca di fare analisi come le vostre, che io condivido in toto, ti guardano strano, non capiscono proprio quello che stai dicendo.

Alessandro Pallini
"Da ricordare, poi, che i giacimenti di Nassiriya erano già stati assegnati all'ENI da Saddam Hussein, che però non aveva fatto in tempo a ratificare gli accordi per lo scoppio della guerra".
Direi che questo passaggio è molto interessante, sia sul PERCHE' della guerra, sia sul perché di quello che accade oggi.


Ultima modifica di Admin il Gio Set 24 2009, 09:20 - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeGio Set 24 2009, 01:46

Concordo.

Ci sarebbe una qualche notizia un po' datata ma alquanto esplicativa di come, in realtà , sia alla fine sempre la potenza imperiale a determinare gli affari delle stesse multinazionali.
Non ricordo dove lessi infatti che l'OPEC stessa dichiarava tali guerre "per la democrazia" un danno all'economia petrolifera poiché gli affari procedevano, globalmente, molto meglio in condizioni pacifiche.
Un po' ricalcando il pensiero di tal Stefano Diana.
Tutto ciò per far comprendere come, in fin dei conti, l'economia non è giammai svincolata dallo stato, ed in questa situazione più o meno ancora monopolare dagli Stati uniti.
Insomma , le multinazionali preferiscono fare i loro zozzi affari a guinzaglio libero...
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeGio Set 24 2009, 19:28

tadiottof ha scritto:
Nessun paese oggi può essere indipendente dagli Stati Uniti, nemmeno il Giappone, la Russia, la Cina
Non sarei così categorico. Il dominio USA non è onnipotente ed eterno. Ci sono, in quest'epoca, Stati che hanno intrapreso proprie strade di affrancamento. Con valutazioni diversificate, anche fortemente critiche, che si possono dare sulla 'direzione' di alcuni di essi. La Russia non è il Venezuela, ad esempio. Che poi si debbano fare i conti (questo forse intendono le tue parole sopra) con invasività, interferenze o anche vere e proprie aggressioni degli Stati Uniti, direi che è parte di una più generale 'normalità' geopolitica. Bisognerà sempre fare i conti con aspirazioni di potenza aggressiva di Stati o Imperi. E' nella Storia.

tadiottof ha scritto:
Però il rapporto può essere alla pari quando la nazione si presenti matura, adulta, monolitica. L'atomica non possono usarla a cuor leggero.
Gli Stati uniti non hanno intenzione e nemmeno l'interesse ad avere "rapporti alla pari" con chicchessia. A partire dal proprio campo, quello atlantico, nel quale puntano ad essere egemoni. Un possibile "rapporto alla pari", per usare le tue parole, si potrebbe determinare con un avversario geopolitico, ma per effetto di scelte precise d'indirizzo avviate da quest'ultimo. Solo che la realtà degli 'equilibri' geopolitici è sempre dinamica ed è fattivamente improbabile che sia "alla pari". Non ricordo precedenti ieri, né esempi oggi. E purtuttavia chi sta 'indietro', non è scontato che sia destinato ad essere sconfitto.

Quanto all'atomica. Forse che su Hiroshima e Nagasaki non è stata "usata a cuor leggero"? Le vite delle persone in certi ambiti interessano molto poco. In tal senso il "cuore" è sempre molto, molto "leggero". Nello specifico, il ricorso all'atomica è stato molto ben soppesato dagli USA, proprio in una logica di avvertimento all'URSS e di avvio di quella che poi avremmo conosciuto come "guerra fredda". Chiudo il passaggio con una notazione: prendiamo l'atomica, come tu suggerisci, quale simbolo di distruzione senza scrupoli, per l'immediatezza di vite umane che stronca e per le conseguenze di distruttività che determina per lungo tempo o forse irreparabilmente. Ci sono denunce sull'uso statunitense di bombe nucleari tattiche in Iraq. Si vedono armi terribili che compaiono per la prima volta, che vengono sperimentate nei teatri di guerra ed i cui terribili effetti né esperti né medici sanno nemmeno a quale arma conosciuta attribuire. Pensa all'Iraq, all'Afghanistan. Pensa a Gaza. Si va molto a "cuor leggero", caro Tadiottof. O, per dirla tutta, il cuore non esiste proprio. Non è cosa concepita e concepibile...

tadiottof ha scritto:
Per presentarsi agli Stati Uniti in modo credibile, bisogna eliminare i leccapiedi al governo e nella classe dirigente, altrimenti ci prendono per i sudditi di Bokassa o di Amin o di Suharto o di Pinochet.
Non è mica facile con questo elettorato.
E' necessario scavare più 'a fondo'. Il punto non è questo elettorato. Come se un altro elettorato possa determinare il contrario, o comunque uno scenario ben diverso! Per un ceto politico che accede all'amministrazione colonizzata di questo paese, la sudditanza non è una scelta. E' la condizione preliminare per l'accesso. Già prima della caduta del fascismo, gli effettivi dominanti di questo paese hanno determinato intrecci con gli interessi dei gruppi grande-imprenditoriali italioti e poi li hanno rinsaldati con le diverse relative filiazioni politiche post-1945 al punto che anche gli scontri interni, aspri, al quadro frazionato dei sub/dominanti 'nostrani', si giocano sempre con una sola regola fondamentale, da tutti osservata e condivisa: non mettere in discussione la dominanza di questo paese, non mettere in discussione le modalità pervasive che dall'occupazione militare di questo paese sul finire della seconda guerra mondiale sono proseguite con un lavorìo, talvolta lento, talvolto più accelerato, a seconda delle congiunture storiche, comunque continuo e a tutto campo. La colonizzazione ha come punta dell'iceberg le attuali decine e decine di basi NATO/USA disseminate da nord a sud, retrovie delle guerre imperialiste statunitensi, e si è via via dispiegata fin negli anfratti culturali, sociali, economici e politici di questo paese. Chi ha provato, anche solo dentro una logica 'capitalistica' autonoma, a mettere in discussione certi vincoli, è saltato in aria con l'aereo su cui viaggiava. Ragion per cui, accettando questa logica, l'avvicendarsi di ceti politici 'differenti', in realtà non cambia e non cambierà mai alcunché, giacché realmente differenti non sono. Allo stato ci dobbiamo misurare con la compiacenza servile di un ceto politico trasversale e trasmissivo di sudditanza, che lo è ovviamente per ragioni d'interessi garantiti in ultima istanza da una rendita di posizione atlantica, da osservare ed ossequiare nella mutevolezza delle direttrici imperiali (la gestione Obama, ad esempio, risponde ad interessi imperiali di fase diversi da quelli con cui si è misurata la gestione della dinastia Bush). La confliggenza interna delle varie frazioni riguarda una concorrenza innanzitutto referenziale, e quindi di sub/potere, di affermazione di interessi di frazione e clientelare.
L'elettorato, alla fine, se vota, vota quel che c'è...

Se è necessario, indispensabile, mutare effettivamente lo stato di cose attuale, è possibile farlo per via elettorale? Stante l'attuale panorama di forze, no! Se s'intreccia un crogiuolo di interessi sociali, e riesce ad essere condizionante come lo può essere un serio e conseguente movimento di liberazione nazionale, forse quel terreno potrebbe riacquistare senso inscrivendosi in una pluralità di campi d'interventi. Certo, lo scenario che si prefigurerebbe nella lotta politica sarebbe di un'asprezza tale per cui scateneranno altro che anni da "strategia della tensione"! Ma ragionevolmente non c'è alternativa all'assunzione di una rivendicazione indipendentista, sovranista, se si vuole un effettivo cambiamento. A meno che l'Impero USA non imploda, e si sciolgano di per sé le catene e si liberino energie. Ma anche in questa prospettiva, giacché ogni vuoto in politica è destinato ad essere riempito, chi sarà attrezzato a riempirlo? Sarebbe molto poco interessante passare da un dominio all'altro...

Concorrere a costruire, a far maturare, le condizioni per la riconquista della sovranità significa muoversi nella prospettiva dell'unico presupposto culturale e politico ad ogni effettivo cambiamento.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeGio Set 24 2009, 23:52

...sarà per questo che l'ENI ha deciso la chiusura di due stabilimenti, Livorno e Porto Torres?

http://www.carta.org/campagne/ambiente/18264

http://www.libero-news.it/adnkronos/view/156269
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MessaggioTitolo: ENI, Afghanistan ecc. ecc.   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeGio Set 24 2009, 23:54

L' approccio mazziniano alla questione è suggestivo. Per quanto ci riguarda però, riesce sempre difficile capire come coniugare una lettura "materialistica" della storia, come movimento degli "interessi" degli uni contro gli "interessi" degli altri, con uno sprone "ideale" all' azione per l' indipendenza italiana e alla missione solidale nei confronti dei popoli che lottano per la libertà (..o per i propri interessi?..mah...). Tutto l' articolo è, in buona sostanza, una lettura "marxisteggiante" delle vicende afghane. Attenzione: è l' unica chiave di lettura che la nostra società secolarizzata è ormai in grado di dare. Non la condividiamo, se non parzialmente. Davvero non crediamo che gli Americani siano solo la macchina imperialista senza cuore e che esistano popoli vergini e puramente spirituali, votati alla lotta per la libertà conculcata dal tiranno. Fa più "Signore degli anelli" che Storia.
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MessaggioTitolo: replica   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeVen Set 25 2009, 05:29

ad Alekos

Le osservazioni ai miei riporti sono ovvietà.
Gli Stati Uniti sono l’unica potenza mondiale: militare ed economica.
Prima c’erano due potenze atomiche che si fronteggiavano.
Oggi c’è una sola potenza atomica che ha il controllo dei mari e dei cieli direttamente o indirettamente con gli alleati.
Negli anni 70 chiesi e ottenni di visitare la centrale meteorologica dell’aeroporto di Istrana con una scolaresca.
I militari che ci accolsero invece ci fecero visitare la base.
Ogni aereo era ricoverato in un hangar singolo di cemento armato con l’apertura protetta da una blindatura a prova di bombardamento.
C’era in volo uno stormo di cinque F104 e un equipaggio a terra di 5 piloti, di rinforzo se ci fosse stato uno sconfinamento o un presunto attacco di aerei slavi. Per questo motivo a terra c’erano 5 jet con i motori accesi.
La guerra fredda costava un sacco di soldi ai due schieramenti, ma il costo era più’ gravoso e insostenibile, alla lunga, per l’URSS.
Prima della guerra dei 6 giorni, Nasser tuonava e minacciava Israele.
Dopo circa un mese di vane ciance, gli Israeliani distrussero i Mig russi senza hangar e con i motori spenti.
I Russi si arrabbiarono molto per questa incapacità dell’allora alleato egiziano.
Obama ha parlato ieri di un accordo contro la proliferazione delle armi nucleari, ma non rinuncerà alle proprie.
Le altre armi nucleari in possesso agli altri paesi sono “force de frappe” di degaulliana memoria.
A proposito di Mazzini suggerisco la lettura delle “Mie memorie” di Giuseppe Garibaldi.
Garibaldi ha sempre vinto: l’unica battaglia vinta dai Francesi nella guerra franco-prussiana, fu a Digione e Garibaldi comandava le loro truppe.
Se Garibaldi fosse stato un politico avrebbe conquistato l’Europa, altro che Napoleone, ma era un “puro”. In Aspromonte si mise davanti alle sue truppe per impedire la sparatoria contro Sabaudi e Francesi (fratelli?) e si prese una pallottola in un piede, che lo fece zoppicare per il resto della vita. A Digione per questo motivo, dirigeva le operazioni militari stando in carrozza su un’altura (leggete le sue memorie) ed era a Digione nonostante la pallottola francese.
Ci sarebbe dell’altro ma e’ sufficiente per capire.
2000snlp
PS
Attenzione in questa epoca storica c'è ancora la dittatura della borghesia, la dittatura del proletariato non c'è mai stata e gli operai "classici" sono attualmente in minoranza.
Gli Americani non potranno non usare le atomiche se fossero lasciati soli dagli alleati; meglio chiamarli "foederati" come al tempo dell'antica Roma.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeVen Set 25 2009, 15:02

Certo concordo che il vero scopo della missione è il petrolio ma senza l'Eni dovremmo sottostare ai prezzi proibitivi di altri Stati (già lo sono i nostri) come ad esempio l'America. L'America ha (in teoria) il diritto di prevaricare uno staterello come l'Italia, essendo una potenza mondiale. Ma presto temo che ci potrebbe essere una nuova potenza, ovvero la Cina.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeSab Set 26 2009, 10:34

se la Cina o l India cominceranno a consumare quanto gli Stati Uniti, o cmq si avvieranno definitivamente (cosa che stanno gia facendo) ad un industrializzazione in senso classico, non ce ne sarà piu per nessuno. Il punto non è questo, secondo me - il post apre la discussione su due aspetti:
uno, il 'colpo di ritorno' di scelte economiche di cui tutta la collettività si è fatta carico (abbiamo pagato uomini e mezzi militari, costi e spese sociali e sanitarie per poi ritrovarci due stabilimenti in dismissione e di certo la cassa integrazione la pagheremo noi e non l ENI)
un altro il problema della 'liberazione' o del socialismo delle scelte che io personalmente interpreto come 'sostenibilità sociale ed ambientale delle scelte economiche'. E chiaro che se avessimo investito tutto quello che c'è costato il sostegno logistico e militare allENI in fonti alternative e in avvio di produzione verde, a quest ora staremmo molto meglio, in termini di salute e cassa.
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MessaggioTitolo: RE   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeSab Set 26 2009, 17:56

Penso sia una grossa perdita per l'eni (ma non ci mporta) quello che importa, a mio avviso è il ritiro IMMEDIATO dei nostri soldati dall'iraq e da tutti gli altri teatri delle missioni <<di pace>> (o guerre preventive??)
ditemi cosa pensate in merito.....

un caro saluto a tutti
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeSab Set 26 2009, 19:00

il danno piu' che dell'eni e' nostro,che sottostaremo nelle grinfie delle potenze.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeDom Set 27 2009, 01:02

La Quinta Stagione ha scritto:
L' approccio mazziniano alla questione è suggestivo. Per quanto ci riguarda però, riesce sempre difficile capire come coniugare una lettura "materialistica" della storia, come movimento degli "interessi" degli uni contro gli "interessi" degli altri, con uno sprone "ideale" all' azione per l' indipendenza italiana e alla missione solidale nei confronti dei popoli che lottano per la libertà (..o per i propri interessi?..mah...). Tutto l' articolo è, in buona sostanza, una lettura "marxisteggiante" delle vicende afghane. Attenzione: è l' unica chiave di lettura che la nostra società secolarizzata è ormai in grado di dare. Non la condividiamo, se non parzialmente. Davvero non crediamo che gli Americani siano solo la macchina imperialista senza cuore e che esistano popoli vergini e puramente spirituali, votati alla lotta per la libertà conculcata dal tiranno. Fa più "Signore degli anelli" che Storia.
Non so dirti cosa pensa "Indipendenza" dell' "approccio mazziniano" che le attribuisci. Quel che leggo delle cose che dice la rivista sui vari strumenti di comunicazione che ha, non assume quella visione oppositiva categorica da Bene/Male, cioè "americani" cattivi e popoli buoni, "vergini e spirituali", come tu sostieni. Sul sito di "Indipendenza" c'è ad esempio uno scritto "Critica all'antiamericanismo". Vengono fatti bei distinguo. Leggo e vedo in generale tutto uno sforzo interpretativo delle composizioni sociali interne. Anche nell'analizzare la composizione dei movimenti di liberazione nazionale. Non vedo proprio, insomma, un'assunzione generalista astratta di "popolo". Certo, quando si tratta di sintetizzare ci saranno pure espressioni di un certo tipo, ma in un insieme tutt'altro che sbrigativo, astratto e manicheo. Questo è quel che vedo io...
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iskra

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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeLun Set 28 2009, 22:17

leandra ha scritto:
se la Cina o l India cominceranno a consumare quanto gli Stati Uniti, o cmq si avvieranno definitivamente (cosa che stanno gia facendo) ad un industrializzazione in senso classico, non ce ne sarà piu per nessuno. Il punto non è questo, secondo me - il post apre la discussione su due aspetti:
uno, il 'colpo di ritorno' di scelte economiche di cui tutta la collettività si è fatta carico (abbiamo pagato uomini e mezzi militari, costi e spese sociali e sanitarie per poi ritrovarci due stabilimenti in dismissione e di certo la cassa integrazione la pagheremo noi e non l ENI)
un altro il problema della 'liberazione' o del socialismo delle scelte che io personalmente interpreto come 'sostenibilità sociale ed ambientale delle scelte economiche'. E chiaro che se avessimo investito tutto quello che c'è costato il sostegno logistico e militare allENI in fonti alternative e in avvio di produzione verde, a quest ora staremmo molto meglio, in termini di salute e cassa.
Sempre peace and love a tutti sunny
Condivido tutto. Anche leggendo le tue parole mi rendo conto degli enormi spazi politici che potrebbero aprirsi con una lotta per l'indipendenza e la sovranità politica di questo paese. In effetti dentro ci sta tutto, a saper ben collegare rivendicazioni e diversi piani.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Set 29 2009, 02:20

Caro/a Iskra, è esattamente quello che voglio dire e riparto dal testo proposto da Indipendenza.

Citazione :
L'auspichiamo in senso indipendentistico, rivoluzionario, inter-nazionalista, di solidarismo attivo con i popoli in lotta per la liberazione e per una trasformazione socialista dei rapporti di società e del modo di produzione
Citazione :
L'individuazione di interessi economici capitalistici resta uno dei parametri di riferimento decisivi –il più significativo– quale cartina al tornasole dell'esistenza di ogni possibile imperialismo, ci pare che, se confermata la notizia, verrebbe meno l'unica ragione di interesse significativo del capitale 'italiano' in Iraq...per la perdita di una gara d'appalto!
La trasformazione necessaria oggi - per la liberazione dell Iraq, dell Afghanistan e di tutti gli scenari in cui a scanso dell art 11 della Costituzione vedono impegnati i nostri militari in missione di guerra- parte dalla nostra liberazione innanzitutto - e si poggia sulle scelte che facciamo in patria: pretendere che le scelte economiche che impegnano la nazione siano condivise e partecipate dalla società civile è un diritto perchè le spese che consentono quelle scelte sono a carico della stessa nazione.
La solidarietà reale che possiamo dare ai popoli oppressi è pretendere dai nostri governanti di chiarire alla nazione nel dettaglio cosa si va a fare, quanto costa e perchè, opponendosi a soluzioni che hanno maggior costo e minor beneficio per tutti in nome del bene comune, nostro e loro.
Se all inizio dell invasione in afganistan - scusate ma ho il difetto di chiamare le cose con il loro nome - il parlamento avesse presentato un chiaro piano dei costi e delle spese in cui ci stavamo imbarcando, non credo che molta gente sana di mente - compagni o no, stati uniti o no - avrebbe detto 'vai, si, andiamo di corsa ad esportare la democrazia!!'.
E chiaro che stiamo parlando della destinazione dei fondi di bilancio nazionali mentre è piu difficile avviare campagne verso aziende a capitale privato, ma è importante agire sul fondo pubblico, richiamare l attenzione dell opinione pubblica su cosa si fa del denaro delle nostre tasse perchè sono le nostre tasse che fanno, di fatto, la nazione. Il parlamento svedese per esempio, a seguito di una mozione popolare, ha tolto a Israele i fondi di compartecipazione per lo sviluppo agricolo perchè di questi fondi erano beneficiari soprattutto i coloni.
Apprezzo molto la discussione di politica pura che ho letto in questi post, che dimostra la preparazione e l attenzione di tutte le persone che sono intervenute qui, ma non mi consola sapere quello che già so e su cui purtroppo abbiamo riflettuto tutti a lungo.
Mi interessa invece sapere come liberarmi di quello che mi affligge qui - la disoccupazione, la cassa integrazione, lo spregio dell ambiente, la crisi abitativa, il tasso di analfabetismo di ritorno, la tristezza dei contenuti 'politici' che ci vengono continuamente proposti - e come liberare loro li - e ci metto tutti: iraqueni, afgani, palestinesi, africani ecc ecc dandogli quell opportunità di esprimersi da soli e con le loro potenzialità che oggi, di fatto, gli abbiamo negato (come è negato a noi, del resto, l opportunità di imparare qualcosa da loro che noi non conosciamo).
Chiedo scusa per la prolissità.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Set 29 2009, 11:23

leandra ha scritto:
Apprezzo molto la discussione di politica pura che ho letto in questi post, che dimostra la preparazione e l attenzione di tutte le persone che sono intervenute qui, ma non mi consola sapere quello che già so e su cui purtroppo abbiamo riflettuto tutti a lungo.
Mi interessa invece sapere come liberarmi di quello che mi affligge qui - la disoccupazione, la cassa integrazione, lo spregio dell ambiente, la crisi abitativa, il tasso di analfabetismo di ritorno, la tristezza dei contenuti 'politici' che ci vengono continuamente proposti - e come liberare loro li - e ci metto tutti: iraqueni, afgani, palestinesi, africani ecc ecc dandogli quell opportunità di esprimersi da soli e con le loro potenzialità che oggi, di fatto, gli abbiamo negato (come è negato a noi, del resto, l opportunità di imparare qualcosa da loro che noi non conosciamo).
La tua 'preoccupazione' è anche la nostra. C'è però un nesso strettissimo tra politica estera ed interna. La prima riflette lo stato della seconda. E viceversa. Vi è cioè una causa comune che spiega un certo tipo di politica estera (subalterna) e situazioni sociali, politiche, scelte economiche, che apparentemente sono leggibili come endogene, che appaiono cioè come frutto di dinamiche interne, specifiche ed esclusive della (lotta interna) politica italiana. In realtà, al di sotto di uno strato superficiale di interessi contrastanti tra frazioni di sub/dominanti, in ciò che è importante e soprattutto decisivo ci si imbatte sempre in quella condizione di dipendenza, in quello status di colonia che caratterizza il nostro paese da decenni, molto più accentuatamente gli ultimi due-tre. Basta scavare dentro problematiche di fondo ed emergono i mille fili di raccordo che richiamano questa causa prima. Gli stessi esempi che porti hanno una filiera di cause concatenate tra loro che rimandano alla dipendenza che soffre questo paese.

Vi è quindi la necessità di innestare la critica al sistema di produzione capitalistico ed al tipo di formazione sociale che attorno a questo sistema si è plasmato, con la rivendicazione principale (perché senza di essa non si concreta alcunché) della sovranità e dell'indipendenza politica. Senza la costruzione di uno spazio culturale e politico così caratterizzato, in questo paese tutto continuerà a cambiare senza che sostanzialmente cambi mai nulla. Mettere in discussione le catene della dipendenza è la strada per quella liberazione di massima cui (anche tu) aspiri. Il come, se vuole essere incisivo, è legato ovviamente all'emersione di un soggetto politico. Il che non è affatto facile per svariate ragioni. Non c'è da aspettarsi alcunché, in tal senso, da nessuna delle forze politiche esistenti, quantunque alcune possano essere ritenute meno distanti da altre perché coinvolgenti persone più prossime alla nostra sensibilità sociale e culturale. Oggi siamo ancora in una fase di sensibilizzazione del problema di fondo di cui sopra, in cui il lavoro politico che svolge "Indipendenza" si inscrive. Ciò significa che c'è una direttrice aperta, che però non è ancora in grado di dare risposte incisive, in termini di organizzazione, al nodo del "come" liberarsi. Resta la preziosità di un lavoro di analisi e di raccordo di saperi necessario per la formazione di una 'massa critica'. Un lavoro che necessita del contributo di chiunque a qualunque livello. Da questo altri passaggi potranno seguire.
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Set 29 2009, 16:05

Citazione :
Mettere in discussione le catene della dipendenza è la strada per quella liberazione di massima cui (anche tu) aspiri. Il come, se vuole essere incisivo, è legato ovviamente all'emersione di un soggetto politico. Il che non è affatto facile per svariate ragioni.
Condivido, soprattutto perchè la 'lontananza' è ormai un concetto superato, ottocentesco...cmq una delle ragioni per cui non nasce un soggetto politico è la sottocultura, a cui i nostri governanti stanno alacremente lavorando con successo. E sempre per restare in tema di rapporto estero-interno e viceversa, scelte nazionali e ricadute esterne, condivisione sociale e solidarietà internazionale (tutte cose che si potrebbero realizzare adottando un approccio critico al potere, senza subire il sultanato in cui viviamo ora), vi posto qui questo articolo molto interessante, perfettamente in linea con il post di Indipendenza e le nostre riflessioni.
La conoscenza rende liberi:

http://www.terranews.it/news/2009/09/ecco-chi-ha-fatto-i-debiti-e-li-paghiamo-noi

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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Set 29 2009, 18:06

leandra ha scritto:

http://www.terranews.it/news/2009/09/ecco-chi-ha-fatto-i-debiti-e-li-paghiamo-noi
Interessante l'articolo da te postato, Leandra. Un ulteriore esempio di "socializzazione delle perdite" a scapito della collettività, questa volta riguardo le "licenze di emissione di gas serra" che dovrebbero essere a carico delle imprese industriali.

Qualcosa però non mi è chiaro. Parlo del meccanismo delle "quote" per le emissioni di gas serra. Che l'Unione Europea non si ponga finalità di "giustizia sociale", per usare un'espressione ad ampio significato, mi sembra emerga anche da questa vicenda. L'Unione Europea in sostanza non decreta che sia "vietato inquinare", bensì adotta il capitalistico principio del "chi inquina paga", tra l'altro limitato alle sole imprese che non rientrano nelle quote.

La Prestigiacomo non mi fa affatto simpatia, nell'articolo emerge tra l'altro la compiacenza di questo governo ad elargire fondi della collettività per intervenire a sostegno delle grandi imprese mentre li si taglia drasticamente alla spesa sociale, ma mi chiedo: e se nel caso specifico avesse ragione? Quando la Prestigiacomo afferma che "il sistema delle emission trading ha dato più quote a chi inquinava di più", afferma forse il vero? E se dietro le strombazzate finalità di tutela dell'ambiente si nascondesse un meccanismo sanzionatorio volto, nel quadro della competizione capitalistica infraeuropea, a favorire le imprese di alcuni Stati a scapito degli altri? Se così fosse, emergerebbe ulteriormente come il meccanismo europeo si riveli penalizzante (seppur a minor grado) persino per certi interessi capitalistici.

Confesso comunque la mia ignoranza in merito. C'è qualcuno su questo forum capace di far ulteriormente luce sulla questione?
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Set 29 2009, 23:53

Citazione :
L'Unione Europea in sostanza non decreta che sia "vietato inquinare", bensì adotta il capitalistico principio del "chi inquina paga", tra l'altro limitato alle sole imprese che non rientrano nelle quote.

Verissimo. Ma dato che il governo nazionale è firmatario di accordi internazionali a cui ha promesso di adeguarsi, è dunque responsabile del controllo e della vigilanza sulle aziende. Il governo risponde alla comunità internazionale (G20 e UE) ed è obbligato a mettere in campo azioni correttive (come ad esempio gli ecoincentivi) che indirizzino l'economia verso emissioni zero. Quindi, questa valanga di soldi, li paghiamo noi.
E' molto difficile scrivere in un semplice post come funziona il killer-loop - non potendo servirmi di grafici ecc, vi posto questo video che rende piu o meno l idea:

https://www.youtube.com/watch?v=9ym5XLeknak

per tornare dunque alla domanda iniziale di Indipendenza:
l'ENI, una lezione imperiale?
il mio è senza dubbio un si, perchè
"Un impero è un insieme articolato di conquiste militari, dominio politico, sfruttamento economico e penetrazione culturale. » (J. Galtung)
...realizzato con i soldi nostri -) e quel che piu mi duole, peggiorando le condizioni di vita nostre e di tutti i popoli che abbiamo invaso..
Per 'smontare' il meccanismo 'imperiale' bisogna partire dalle cose semplici, come ogni volta che si ha a che fare con una macchina complessa: cominciare a svitare i bulloni. E cioè bisogna partire dalla voce 'energia rinnovabile' che da anni vedete scritta nella vostra e nella mia bolletta gas e luce che l'ENI ogni due mesi, con puntualità, ci recapita a casa.

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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMer Set 30 2009, 15:53

Citazione :
E se dietro le strombazzate finalità di tutela dell'ambiente si nascondesse un meccanismo sanzionatorio volto, nel quadro della competizione capitalistica infraeuropea, a favorire le imprese di alcuni Stati a scapito degli altri?
una domanda lecita, e acuta - ma su questo, non so risponderti.
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gian




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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeVen Ott 02 2009, 00:57

Citazione :
Infine un interrogativo. Non sarà che lo 'schiaffo' dato all'ENI in Iraq sia anche effetto dell'irritazione che a Washington si ha circa la partecipazione dell'ENI al gasdotto South Stream sponsorizzato da Mosca, con relativo danno geopolitico delle finalità statunitensi che sponsorizzano il concorrente gasdotto Nabucco? Una punizione che saprebbe di avvertimento: un qualsiasi 'sgarro' fatto alla superpotenza atlantica, dettato anche solo da ragioni affaristiche particolari, può vanificare anche anni e anni di spinto servilismo come quello delle classi dirigenti italiote di centrosinistra e centrodestra.

Anche io condivido il tuo interrogativo, che questa fuoriuscita del controllo dei giacimenti di petrolio di Nassiria è l’effetto dell’irritazione di Washington per la partecipazione dell’ENI al progetto del gasdotto sponsorizzato da Mosca.

Saluti
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gian




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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeVen Ott 02 2009, 22:59

Che dire dei tentativi del fondo USA Knight Vinke, del pressing americano sull’ENI, di imporre lo scorporo delle attività, la raffinazione da una parte e la commercializzazione da un’altra ? Uno spezzatino bello e buono made in USA, che servirà a depotenziare se non a distruggere la nostra più grossa azienda nazionale, in un momento in cui il settore energetico può/potrebbe veicolare precise scelte di politica estera.

Probabilmente agli americani non piace l’attivismo dell’Eni, con la Gazprom russa.

Questi sciacalli che sono a capo del fondo Knight Vinke, giustificano che con questo spezzatino il valore finanziario dell’ Eni raddoppierebbe, e questo valore verrebbe poi spartito tra gli azionisti.

Ma credo che lo scopo del fondo sia quello di frazionare l’attività, monetizzare, e poi sparire con un bel gruzzolo di profitti finanziari.
Come si vede i vecchi avvoltoi continuano con i loro vizi, depredare la nostra economia e le nostre aziende.

L’ENI fa gola ai soliti finanzieri, tipo quelli che decisero le sorti della nostra economia di questi ultimi nostri anni, a bordo del panfilo Britannia, lo yackt della corona inglese, era nel 1992 credo col governo Amato, quelli che decisero su ordine di una strategia anglo-americana di privatizzare le nostre più grosse aziende a partecipazione statale, per poter poi saccheggiare meglio l’economia nazionale nostrana.

E l’amministratore delegato dell’ENI , Scaroni, che fa ? Per ora non prende una posizione netta e chiara a favore degli interessi nazionali, nei molteplici viaggi cui è costretto a fare in giro per il mondo in questi giorni, non credo riuscirà a ribadire che la politica energetica è un affare nazionale sul quale non si accettano nessun tipo di ingerenze ? Credo proprio di no.

Pur dimostrando di aver preferito il progetto South Stream, la nostra classe dirigente credo non voglia far un grosso dispiacere all’alleato d’oltre oceano, ho la sensazione che vorrebbero accontentare un po’ tutti. USA permettendo.

Saluti
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeDom Ott 04 2009, 18:52

gian ha scritto:
E l’amministratore delegato dell’ENI , Scaroni, che fa ? Per ora non prende una posizione netta e chiara a favore degli interessi nazionali, nei molteplici viaggi cui è costretto a fare in giro per il mondo in questi giorni, non credo riuscirà a ribadire che la politica energetica è un affare nazionale sul quale non si accettano nessun tipo di ingerenze ? Credo proprio di no.

Pur dimostrando di aver preferito il progetto South Stream, la nostra classe dirigente credo non voglia far un grosso dispiacere all’alleato d’oltre oceano, ho la sensazione che vorrebbero accontentare un po’ tutti. USA permettendo.
Gian, la "classe dirigente" (fa senso chiamarla così...) di questo paese, il centrodestra, condivide con il suo antagonista formale, il centrosinistra, un'attitudine servile verso gli Stati Uniti. Questa è la realtà dei fatti da non perdere di vista. Il rafforzamento della presenza militare italiana in Afghanistan è l'indicatore estero più significativo. Ma non è il solo. Ci sono tantissimi altri aspetti. Sempre per restare in ambito militare, c'è l'acquisto di 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter (l'F-35) che impegneranno il nostro paese fino al 2026 con una spesa di quasi 17 miliardi di euro tra il 2009 e il 2026, più o meno un miliardo all’anno. Una cifra enorme, esorbitante, per giunta in un periodo di grave crisi economica, in cui non si trovano risorse per gli ammortizzatori sociali per i disoccupati e si tagliano i finanziamenti pubblici alla scuola, all'università, alle politiche sociali, non si trovano i soldi (così vien detto...) per la prevenzione ambientale (da qui le tragedie a L'Aquila e Messina, ad esempio). Un ulteriore esempio della forbice di interessi: nazionali da un lato, dei dominanti esteri (gli USA), con annessi grandi gruppi e oligarchie politiche nostrane in scia di profitti e sub/potere dall'altro. Una cifra che già si sa che lieviterà enormemente, come ammette la stessa Commissione Difesa, la quale rileva che la “completa realizzazione del programma richiede un notevole periodo di tempo nel corso del quale potrebbero verosimilmente verificarsi scostamenti, anche significativi, rispetto alle previsioni effettuate”. Insomma, un programma sovradimensionato nei costi e per giunta, trattandosi di un aereo di attacco (che può trasportare anche ordigni nucleari) in palese contraddizione con la favola delle "missioni di pace" del nostro paese. La dipendenza servile del nostro paese dalle direttrici d'interesse degli Stati Uniti trasuda anche dalle pagine del rapporto 2009 del GAO (Government Accountability Office), il corrispettivo negli USA della nostra Corte dei Conti, che critica fortemente il progetto dell'F-35 e denuncia svariate cose, tra cui le pressioni esercitate dal Pentagono e dalle imprese appaltatrici statunitensi affinché la fase di sviluppo dell’aviogetto venga portata a conclusione prima che le più importanti tecnologie divengano mature. Come a dire: è forte il rischio di scoprire difetti a posteriori, e correggerli sarà complicato e costoso... Due giorni dopo il terremoto in Abruzzo, le Commissioni Difesa di Senato e Camera hanno espresso parere favorevole (con l'astensione dei commissari del Partito Democratico) al piano governativo per l'acquisto dei caccia.

Mi scuso per la divagazione, ma la ritengo estremamente importante per il suo significato geopolitico. L'ENI, nel progetto South Stream, persegue 'autonomi' interessi capitalistici, anche la prospettiva, forse, di poter contenere i costi energetici a beneficio soprattutto delle grandi imprese con casa madre in Italia. Ma questo non significa automaticamente che la scelta politica del governo Berlusconi di sostegno all'ENI esprima una tendenza di sganciamento da Washington. Se così fosse, pur in una direzione 'di destra', capitalistica, dovrebbero esserci ben altri segnali. La Casa Bianca incassa certamente uno sgarbo che ha ricadute geopolitiche di una certa delicatezza. E' di tutta evidenza che Mosca punta sull'Italia non per interessi preminentemente economici (modesti rispetto a quelli che potrebbe ottenere predilegendo una direttrice verso la Cina), ma innanzitutto geopolitici, per incunearsi nello scacchiere europeo. Lo sgarbo dell'ENI a Washington è di natura capitalistica e dettato dalle condizioni critiche in cui versa il sistema delle grandi imprese italiano, anche in conseguenza dei vincoli europei.

Questa vicenda del progetto South Stream ricorda la vicenda di Sigonella al tempo di Craxi. E a Washington non dimenticano. A tempo e luogo sanno tirare fuori i sassolini dalle scarpe. Il servile Berlusconi è avvertito. Del resto non è indipensabile. Altri, come e peggio di lui, sono già in anticamera...
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gian




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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeDom Ott 04 2009, 23:37

Citazione :
Ma questo non significa automaticamente che la scelta politica del governo Berlusconi di sostegno all'ENI esprima una tendenza di sganciamento da Washington.
Condivido che non significa sganciamento… ecc..ecc.. però mi sembrava che il precedente governo, cosiddetto di centro-sinistra, fosse ancora più servile al dettato e più legato agli interessi Usa; sono entrambi di certo, ma uno riesce a nasconderli di più rispetto all’altro, questi legami.

Sulla “classe dirigente” …... concordo con la tua espressione.

Saluti
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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeLun Ott 05 2009, 00:46

sankara ha scritto:
Questa vicenda del progetto South Stream ricorda la vicenda di Sigonella al tempo di Craxi. E a Washington non dimenticano.
non solo a Washington, anche a Gerusalemme. Berlusconi si è vantato più volte di aver finanziato Arafat, e quindi è sulla lista nera.
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iskra

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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeLun Ott 05 2009, 10:36

gian ha scritto:
Citazione :
Ma questo non significa automaticamente che la scelta politica del governo Berlusconi di sostegno all'ENI esprima una tendenza di sganciamento da Washington.
Condivido che non significa sganciamento… ecc..ecc.. però mi sembrava che il precedente governo, cosiddetto di centro-sinistra, fosse ancora più servile al dettato e più legato agli interessi Usa; sono entrambi di certo, ma uno riesce a nasconderli di più rispetto all’altro, questi legami.
Sì, in effetti sembra anche a me che il centrosinistra sia più suddito del centrodestra, ma si tratta di sfumature. Il resto è calma piatta. Un desolante degrado. Mi pare che la strada sia quella della costruzione di un punto di vista indipendente, nel senso posto proprio da "Indipendenza". L'uscita dalla sudditanza verso potenze e potentati esteri mi sembra davvero il primo punto da porre nell'agenda politica. Il lavoro principale è quello di spiegarla questa dipendenza, di farla capire, di farla diventare senso comune... Mi sembra che "Indipendenza" sia sulla strada giusta...
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gian




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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Ott 06 2009, 00:39

Citazione :
L'uscita dalla sudditanza verso potenze e potentati esteri mi sembra davvero il primo punto da porre nell'agenda politica. Il lavoro principale è quello di spiegarla questa dipendenza, di farla capire, di farla diventare senso comune...
Hai individuato il punto, credo principale: come spiegare questa indipendenza, come liberarsi da questo “sudditismo” politico che affligge la "classe politica" -se così la vogliamo chiamare- nostrana verso le potenze straniere, e far diventare senso comune tra la gente questa “liberazione” .

Credo sia un lavoro di lunga durata, una nuova "lunga marcia" da percorrere. Tutt’ora non vedo segnali da cui si può sperare una via di uscita.

Saluti
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iskra

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MessaggioTitolo: Re: L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale?   L'ENI fuori da Nassiriya? Una lezione imperiale? Icon_minitimeMar Ott 06 2009, 09:54

gian ha scritto:
Citazione :
L'uscita dalla sudditanza verso potenze e potentati esteri mi sembra davvero il primo punto da porre nell'agenda politica. Il lavoro principale è quello di spiegarla questa dipendenza, di farla capire, di farla diventare senso comune...
Hai individuato il punto, credo principale: come spiegare questa indipendenza, come liberarsi da questo “sudditismo” politico che affligge la "classe politica" -se così la vogliamo chiamare- nostrana verso le potenze straniere, e far diventare senso comune tra la gente questa “liberazione” .

Credo sia un lavoro di lunga durata, una nuova "lunga marcia" da percorrere. Tutt’ora non vedo segnali da cui si può sperare una via di uscita.

Saluti
Sì, Gian, un lavoro di lunga durata, una nuova "lunga marcia" da percorrere, come tu dici. Certamente difficile.
Anch'io, allo stato, non vedo segnali per una via d'uscita. Nel senso che non vedo nessuna forza che assuma nella sua agenda politica questo punto focale. Mi sembra che ci sia solo "Indipendenza" che lavora al riguardo. Una piccola cosa rispetto alle necessità. Però ne apprezzo moltissimo la capacità di riflessione, l'attitudine all'analisi, le indicazioni che riesce a dare sia a tematiche di una certa importanza, sia ad eventi del momento. Soprattutto avverto lo sforzo di richiamarsi alla "indipendenza", alla "sovranità", in maniera non sbrigativa. Se qualcosa dovrà cambiare di effettivo in questo paese, penso che evolverà lungo la strada di una domanda di "indipendenza" e "sovranità". Non basterà urlare queste parole, perché c'è il rischio che forze 'di destra' possano farle proprie per loro interessi. Da quel che leggo, mi piace che "rivista Indipendenza" non è superficiale e sbrigativa e mostra di voler scavare su diversi aspetti. Questo la rende, secondo me, tutt'altro che una piccola cosa...
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