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| Prove tecniche di guerra fredda bis | |
| | Autore | Messaggio |
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Annalisa
Numero di messaggi : 12 Data d'iscrizione : 19.05.07
| Titolo: Prove tecniche di guerra fredda bis Sab Mag 19 2007, 21:06 | |
| Gli Stati Uniti vogliono installare radar e sistemi di difesa antimissile nella Repubblica Ceca e in Polonia. Sotto casa dei Russi. I quali non ci stanno. Guerra fredda bis? Putin non ci sta ad essere spiato in casa sua e probabilmente ha anche ragione. Di conseguenza intende adottare contromisure adeguate: “Tutti lo farebbero”. Figuriamoci, farebbero anche di peggio! Ma non è questo il punto. Gli Stati Uniti ogni tanto, da quaranta anni a questa parte, rispolverano il primitivo progetto dello scudo spaziale del 1967, denominato allora “Sentinel”, al quale seguirono le più varie e disparate versioni, di cui la più ambiziosa probabilmente fu la “versione stellare” del 1983 di Ronald Reagan . Ora scendono in terra e precisamente in terra europea e ci riprovano, seppur più cautamente e all’apparenza almeno con altre intenzioni. Nel contempo però la Nato si allarga ad Est. E si allargano anche le basi americane in Europa. L’articolo 5 della Nato stabilisce che: Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o Nord America, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica. Da cosa ebbe origine l’idea di un’Alleanza Atlantica? Come ben ebbe a dire Lester Pearson, ministro degli Affari Esteri del Canada durante la cerimonia della firma del trattato, “Il Patto Atlantico è nato dal timore e dalla delusione: dal timore delle manovre aggressive e sovversive del comunismo e delle conseguenze di queste manovre sulla nostra pace, la nostra sicurezza, il nostro benessere; dalla delusione per il pervicace ostruzionismo che sbarra la strada ai nostri sforzi intesi a permettere alle Nazioni Unite di operare effettivamente come un sistema universale di sicurezza”. E tanto è vero ancora oggi. Confondendo inevitabilmente i propositi della Nato con le ambizioni imperialiste degli Stati Uniti, possiamo dire che il nemico è cambiato, i nemici di Bush ora parlano Arabo o Pashtun. Nel suo discorso alla radio, il 18 marzo 1949 Acheson segretario di Stato Americano così osservava rivelando la vera natura della Nato: “Nel mondo di oggi, la sicurezza degli Stati Uniti non può essere definita in termini di frontiere e di linee di demarcazione, e ogni seria minaccia per la pace internazionale e per la sicurezza in ogni parte del mondo interessa direttamente gli Stati Uniti. La nostra politica consiste dunque nell’aiutare i popoli a salvaguardare la propria integrità e la propria indipendenza non soltanto nell’Europa Occidentale o in America ma ovunque si possa risultare efficace l’aiuto che gli Stati Uniti sono in grado di offrire”. E soprattutto oggi, di ricevere. Perchè gli Stati Uniti hanno dato così grande impulso al progetto di scudo antimissile in Europa centrale ed orientale? E questo non va di pari passo con l’allargamento a Est della Nato? L’osservazione della realtà storica dei fatti assume connotati paradossali. Il trattato di Alleanza Atlantica fu stipulato per difendere l’Europa dalla minaccia del comunismo, a esso si contrappose il Patto di Varsavia. Il Patto di Varsavia con la fine della Guerra Fredda, non avendo più ragione di esistere si sciolse il 1 luglio 1991. Non fu così per la Nato che continuò il suo compito di diffusione dell’imperialismo americano in Europa. Accadde quindi che la Comunità Europea perse una grande occasione e purtroppo la perse senza possibilità alcuna di porvi rimedio. Irrimediabilmente, perchè appena 24 ore dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, venne applicata per la prima volta la misura offensiva prevista dall’articolo 5 della Nato. Da quel momento la politica della Nato è volta essenzialmente alla lotta contro il terrorismo di matrice islamica. I nemici vengono indicati genericamente con il termine di “Stati canaglia” ed è contro di essi che l’America trascina l’Europa nelle sue guerre preventive e non. Gli Stati Uniti con il sistema di scudo antimissile e con l’allargamento dell’Alleanza a Est, hanno un occhio vigile sull’Oriente, e tengono a bada l’ex gigante sovietico. E poiché l’ex gigante sovietico scalpita e non ci sta, minacciando di uscire dal trattato Cfe che limita gli armamenti in Europa e che tra l’altro non è mai stato ratificato dai paesi occidentali, la Rice da una parte lo pungola con una battuta di spirito poco diplomatica (“sono ridicole le paure anni 80 dei Russi”) e dall’altra lo imbonisce rassicurandolo che lo scudo ha funzioni “anti Iran e Corea del Nord”. Anzi, il suo capo,. George Bush ha fatto sapere ai russi che : “il sistema è qualcosa a cui voi dovete pensare di partecipare”. E forse lo ha fatto ammonendo l’ex gigante sulla sua posizione riguardo l’Iran e il suo nucleare, la Russia infatti ha sempre appoggiato la decisione dell’Iran di dotarsi di energia nucleare a scopi energetici e insieme alla Cina è sempre stata contraria alle sanzioni dell’Onu. Uno stato che appoggia uno “stato canaglia” non è affidabile e quindi da tenere sotto controllo, avrà pensato Bush. In tutta questa vicenda l’Europa sta dimostrando la sua politica fallimentare su tutti i fronti. Sarebbe bellissimo immaginare un’Europa libera da eserciti e armamenti, unita anche sotto la bandiera della Pace, ma al di là degli idealismi e delle utopie, forse l’unica soluzione per poter uscire dalla Nato è rappresentata ancora da quell’esercito europeo con funzioni difensive e autonomo dalla Nato come da proposta di Francia, Germania, Belgio e Lussemburgo e non il “pilastro europeo della Nato” come vorrebbero i sempre guerrafondai inglesi. E l’Italia, sempre in prima fila nella compiacenza verso gli Stati Uniti, molto diplomaticamente, per mezzo del Ministro per gli Esteri D’Alema fa notare che “il problema dello scudo missilistico non può essere affrontato come una questione bilaterale tra Mosca e Washington, ma bisogna avviare un chiarimento con la trasparenza che consenta di rendere evidente che questo sistema si colloca nel quadro indivisibile delle esigenze di difesa della Nato”. Beato lui che ne coglie la differenza. Annalisa Melandri www.annalisamelandri.it | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Questione nazionale, Europa, Stati Uniti e imperialismo Dom Mag 20 2007, 18:24 | |
| Dalle tue parole emerge come la NATO sia stata costituita per ragioni assolutamente strumentali. L’essersi costituita in nome dell’anticomunismo, ed il suo perdurare anche dopo l'implosione del comunismo storico novecentesco, dimostra senza ombra di dubbio che per le classi dominanti USA le finalità dell’Alleanza Atlantica andavano e vanno ben oltre l’avversario ideologico di turno, inscrivendosi in un disegno assolutamente strategico di controllo degli stessi Paesi inglobati nella NATO e di prevenzione politico/militare dell'emergere di qualche potenza aspirante a concorrere o anche solo insidiare la propria leadership. Certo, (anche) attraverso la NATO, il controllo esercitato da Washington all'interno del campo alleato ha gradazioni diverse: tra Gran Bretagna ed Italia, ad esempio, c’è un differente grado di subordinazione. La prima è un’ex potenza imperiale, decaduta ma con un suo posizionamento ancora significativo in diversi scacchieri del mondo sul piano economico/finanziario e militare. Accettando la leadership USA, Londra ha ottenuto vantaggi, rendite maggiori rispetto agli altri subalterni. L'Italia invece, uscita sconfitta dalla seconda guerra mondiale e non avendo nemmeno una tradizione ed un potere imperiale analogo a quello britannico, ha un indubbio peso minore agli occhi dell'alleato/padrone.
Tenendo presente ciò, ci sono secondo me, tra le tue righe, due nodi (uno rimosso, l'altro assunto e idealizzato acriticamente) su cui è importante riflettere. Quello rimosso è il nodo della dipendenza/indipendenza, quello idealizzato attiene alle aspettative riposte su una fantomatica e mitizzata Europa, anche altra da quella esistente.
L’indipendenza rimane il convitato di pietra. Si tratta di una rimozione che è la madre di tutti i mali politici, economici, finanziari, culturali di questo paese. Il non affrontarlo per risolverlo comporta e comporterà sempre il coinvolgimento diretto ed indiretto in una politica di guerra permanente (e parliamo solo del livello più appariscente e brutale) che gli USA non possono che alimentare per le finalità strategiche di cui sopra. Per questo è sbagliato riporre aspettative di contrasto nella mitizzata Europa, che è un’idea geopolitica senza alcun fondamento culturale, popolare e sociale. Si tratta di un'idea sempre imposta nella Storia dall’alto: al suo interno da chi (uno Stato) mirava ad emergere come fulcro di un processo aggregativo a fini di affermazione imperiale, all'esterno (è il caso statunitense) per semplificare ed esercitare il controllo sui diversi Stati di quel continente geografico chiamato Europa, controllando in modo pervasivo e semplificato il suo vertice e dettando fondamentalmente le stesse dinamiche di funzionamento. L'Europa come grimaldello per scardinare ulteriormente le sovranità dei singoli Stati. Non è un caso che siano gli USA il più acceso sponsor dell'allargamento dell'Unione Europea che vorrebbero arrivasse fino al Caucaso e ad Israele.
Ti rendi conto perché, a mio avviso, la costituzione di un "esercito europeo", che auspichi per uscire dalla NATO, sia un'aspettativa illusoria? Washington vuole un "esercito europeo" dentro la NATO che espleti al suo servizio compiti e interventi. E' su ben altre basi che vanno auspicati e costruiti atti di autonoma ed effettivamente indipendente prospettiva politica. Allo stato dominano politiche servili che mirano, stando in scia degli interessi egemonici di Washington, ad ottenere qualche risultato capitalistico, non imperialistico. In tal senso non farti fuorviare dai discorsi "tedeschi" e "francesi": l’esercito europeo, che settori significativi politico/economici di potere auspicano, non è certo per sottrarsi alla NATO, ma per avvalersi di uno strumento con cui, sempre nel quadro NATO, poter tutelare o affermare meglio certi propri interessi. Possibilità peraltro non gradita a Washington che punta chiaramente a concentrare gli investimenti per la costituzione di un "pilastro europeo della NATO". Bisogna poi aver consapevolezza che uscire dalla NATO significa uscire da un meccanismo di controllo e gestione del dispositivo militare che è assolutamente centralizzato a Washington nei suoi aspetti strategici. Con la NATO gli USA hanno innescato un meccanismo progressivo di esproprio statuale (lasciamo stare qui il concetto "nazionale") di un'autonomia e sovranità militari. Ho avuto modo di leggere interessanti considerazioni tecniche al riguardo su riviste militari. La dipendenza (anche) militare dagli USA, attraverso la NATO, si manifesta nell'impossibilità, in caso di fuoriuscita da detto meccanismo imperialista, di avere una capacità anche solo di difesa del proprio territorio degna di questo nome. Ciò non significa rassegnarsi allo stato di cose esistenti, ovviamente, ma essere consapevoli dei nodi e del nodo per eccellenza di cui sopra: la mancanza di indipendenza e di sovranità, non solo dell'Italia, peraltro, in questa fase inedita -nella Storia- dell'imperialismo. Uscire dalla NATO presuppone un cambio radicale della direzione politica di questo paese. Per farlo è necessario che cambino i rapporti di forza nella società e nelle coscienze. Altrimenti dalla NATO non si esce. E non si esce se non si sciolgono nemmeno quei tanti vincoli di subalternità che si manifestano concretamente nella società. In questo quadro bisogna dar senso a questo sganciamento. Perentorio o graduale che sia, sarà da inscrivere anche in una ridiscussione della politica estera, di quale debba essere la difesa popolare di questa nazione, consapevoli che un'effettiva indipendenza, liberazione, di questo paese non sarà mai una cosa pacificamente accettabile dalle classi egemoniche statunitensi, fintantoché queste riusciranno a perseguire le loro politiche imperialiste. | |
| | | Annalisa
Numero di messaggi : 12 Data d'iscrizione : 19.05.07
| Titolo: Questione nazionale, Europa...... Dom Mag 20 2007, 20:02 | |
| Alekos, ti ringrazio per la risposta, e per le precisazioni, ho come però la sensazione che stiamo dicendo, forse in modo diverso la stessa cosa.La rimozione del concetto di indipendenza deriva dal fatto che a mio avviso è bellissimo pensarlo, ma assolutamente utopistico, la mia idea di esercito europeo, ma ho tenuto a precisare "non pilastro Nato" (un'altra utopia?) è il ripiegare forse al male minore... Sinceramente tu pensi che l'Italia e l'Europa possano liberarsi della Nato? Dici: Uscire dalla NATO presuppone un cambio radicale della direzione politica di questo paese. Benissimo, me lo auguro , ma tu ci credi? La speranza forse sta nel movimento di base, quello che non fa politica nei palazzi, ma che viene continuamente criminalizzato e demonizzato (adesso anche di terrorismo). Avevamo sperato nella vittoria della sinistra alle passate elezioni e cosa è successo? In politica estera c'è stato un cambiamento? Non direi proprio...E pure in parlamento siedono anche coloro i quali avevamo votato (almeno io) sperando in un radicale cambiamento, ma purtroppo siamo ostaggi, sono ostaggi, continuiamo a pensare meglio questo... che... (quello di prima) ma non ci rendiamo conto che purtroppo alla fine stanno diventando tutti uguali. Al centro, tutti insieme appassionatamente!! Purtroppo in Italia non avremo mai un Chavez come presidente... Cordiali saluti. Annalisa Melandri www.annalisamelandri.it | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Questione nazionale, Venezuela e Italia Dom Mag 20 2007, 22:02 | |
| Parto dalla fine. Prima di Chavez, il Venezuela era un paese asservito ad un'oligarchia compradora, tenutaria del potere per conto di Washington. Quel che è avvenuto dopo, con l'avvento politico di Chavez e del movimento bolivariano, sarebbe stato definito non utopistico, ma assolutamente impossibile soltanto qualche anno prima. "Utopia" non significa irrealizzabilità, ma "nessun luogo". Non vuol dire mai, vuol dire che, allo stato delle cose, qualcosa non esiste, non è in nessun luogo. E' un concetto che lascia aperta la porta verso un diverso futuro. L'indipendenza, la riconquista della sovranità nazionale, sono un passaggio obbligato, se si vuole un cambiamento sociale effettivo. Nella storia, e al presente, le lotte che mostrano di avere più fiato e più incidenza sono quelle che si snodano a partire dal collante nazionalitario. In Venezuela, per rimanere all'esempio da te richiamato, non è forse partendo dalla questione nazionale che è nato il movimento bolivariano? Al di là di passaggi e di scelte sempre soggette a discussione, non è forse da un'idea di costruzione dell'indipendenza e di un conseguente processo di trasformazione sociale che l'esempio venezuelano (senz'altro particolare e, come ogni modello, non esportabile in toto) lancia al mondo il messaggio che un orizzonte di vita e di società radicalmente differente è possibile?
Le forze politiche parlamentari italiane dell'attuale sinistra (della destra e del centro non ha senso qui, adesso, parlare...) sono diventate governiste, hanno portato alle estreme conseguenze una vocazione all'integrazione nel sistema capitalistico che portavano nel loro DNA politico/culturale/teorico da tempo. Si è solo edulcorato via via il portato delle istanze riformatrici di un capitalismo che si pensava di rendere un po' più sociale. Una linea politica che ha connaturato il PCI ieri e continua a caratterizzare le forze che ne sono nate dalla sua dissoluzione. La caduta del Muro di Berlino e l'implosione dell'URSS hanno franato su una serie di mistificazioni. La germinazione di partiti comunisti per scissioni progressive mostra che il problema è di mancanza di indirizzo politico, di progetto alternativo di società, al di là del lamento e di frasari che riecheggiano il decadentismo sinistro di fine Novecento. Da tempo ho smesso di nutrire aspettative da queste forze. Non perché le rispettive classi dirigenti abbiano "tradito". In politica il "tradimento" è una categoria che forse può spiegare la parabola di un qualche politico, ma che è assolutamente fuorviante quando viene impiegata per spiegare dinamiche di ampio respiro. C'è un male oscuro, più profondo, nella sinistra, un male nel quale da tempo sono risucchiate anche forze che con più radicalità si ostenta(va)no come "comuniste", senza peritarsi di spiegarne il senso, dopo l'implosione del comunismo storico novecentesco. Questo male oscuro, profondo, è culturale, teorico, politico. Vanifica istanze anti-capitaliste ed anche anti-imperialiste di cambiamento che albergano, forse più di quanto si creda, nella sinistra italiana, e forse non solo in essa. Le lascia, al più, sullo sfondo, come vago richiamo motivazionale che serva a strappare voti in nome del famigerato male minore....
L'Europa per me è un non-senso culturale ed ideale. E' solo una longa manus dell'imperialismo statunitense. Ragionando per assurdo, non essendovi cioè allo stato alcunché che possa far pensare ad un diverso destino di questa cosiddetta Europa, semmai nascesse un'Europa geopoliticamente autonoma ed antagonista agli Stati Uniti, assisteremmo forse alla sostituzione di un imperialismo con un altro. Il forse sta nell'esito dello scontro inter-imperialistico che ne deriverebbe. Ogni blocco geopolitico di potenza ha l'imperialismo nei propri ormoni. Non so se vedrò quest'Italia conquistare la sua indipendenza. So che è la strada da cui non si può prescindere, se si vogliono riscrivere le dinamiche di funzionamento di questa società e mettere in discussione le modalità capitalistiche di produzione, con tutti i suoi annessi e connessi. Secondo me è questo il lavoro politico e culturale sensato da fare, per cui ha senso impegnarsi e battersi per la costituzione e quindi il radicamento di un movimento di liberazione nazionale in questo paese. L'espressione secondo me più autentica per essere inter-nazionalisti, in senso anti-capitalistico ed anti-imperialistico.
Stammi bene | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Indipendenza nazionale. Utopia possibile? Lun Mag 21 2007, 00:12 | |
| "Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada". Spero di non apparire pesante, ma questa frase di Eraclito mi sembra si attagli bene alla vostra discussione. Se ci si vuole impegnare politicamente, meglio farlo per una causa giusta, sensata, come quella dell'indipendenza nazionale e della contestuale liberazione sociale (perché non c'é effettiva indipendenza nazionale se all'interno della stessa si ripropongono meccanismi di dominio e sfruttamento pur attuati da autoctoni).
Una via sicuramente irta di ostacoli, ma che vedo, appunto, l'unica dotata di senso. Anch'io da tempo ho smesso di nutrire aspettative sulla "sinistra" nostrana. Il governo Prodi-Bertinotti del 2006 sta portando avanti, pur in un differente contesto congiunturale, le stesse direttrici politiche del Prodi-Bertinotti del 1996. Tenuto però conto delle forze sinceramente anticapitalistiche ed antiimperialistiche presenti in particolare nella "sinistra radicale", il lavoro da fare, avendo forze e mezzi, sarebbe semmai quello di portare la tematica nazionalitaria all'interno di quelle realtà. Non perché creda in un chissà quale miracoloso rinsavimento di quei ceti dirigenti. Ciò farebbe però emergere contraddizioni. Potrebbero aprirsi interessanti scenari... | |
| | | Guidofi
Numero di messaggi : 10 Data d'iscrizione : 06.05.07
| Titolo: guerra fredda bis Gio Giu 07 2007, 13:06 | |
| Saluti a tutti. Ieri sera ho assistito ad un incontro con Manlio Dinucci e Mario Sanna, il coautore delle inchieste di Rainews24 sullo scudo spaziale. Sono venute fuori molte cose interessanti; alcune di queste non mi sono chiare. Per esempio, nel contesto di una sempre maggiore "corsa allo spazio" delle superpotenze, sembra che abbia un'importanza rilevante il Progetto Galileo; Dinucci ha convenuto con Sanna che l'accordo sui satelliti raggiunto alcuni giorni fa in Parlamento con Israele, riguardi proprio il progetto Galileo, anche se non è stato detto esplicitamente. Sembra che sia oggi, inoltre, il giorno decisivo per confermare il suo rifinanziamento. Sapete spiegarmi meglio di cosa si tratta? Mi sembra di capire che siano in gioco interessi importanti per l'intera Unione Europea. Che cosa c'è in gioco? Un'altra questione inquietante è il tipo di tecnologia impiegata nei radar da installare in Repubblica Ceca; sembra che sia finalizzata a distinguere le testate atomiche vere e quelle false nel "grappolo" sganciato dal missile balistico, proprio uno dei due che Putin ha sperimentato nei giorni scorsi.
Si sa ora ufficialmente che il firmatario dell'accordo quadro del 16 febbraio è il ministro Parisi in persona. Questo è tanto più agghiacciante se si pensa che non si tratta di un accordo unicamente di "relazioni internazionali". Solo l'accordo, infatti, è costato 1 miliardo di euro al nostro paese (!!!), una sorta di "ticket", e prevede presumibilmente accordi di ricerca tecnologica e militare in cui l'Italia è direttamente coinvolta. E' stato quindi taciuto al paese un cambiamento di vitale importanza anche per la vita economica; del resto l'Italia contribuisce ampiamente con i nostri soldi all'ampiamento delle basi statunitensi, giusto? Più in generale, sono emersi due ordini di riflessioni: - la potenza e l'ampiezza dell'apparato satellitare saranno sempre di più il fattore decisivo nei rapporti di forza internazionali. Lo "scudo" sembra servire anche e soprattutto a impedire e intercettare tentativi missilistici come quello cinese, che ha distrutto un proprio satellite pochi giorni fa. Dinucci sosteneva proprio che in un possibile confronto atomico il primo passo sarà proprio l'annientamento del sistema satellitare nemico, essenziale alle comunicazioni e all'intercettazione missilistica. - gli USA non possono non aver previsto la corsa agli armamenti e la tensione da guerra fredda (anche peggio forse) che sarebbero seguiti alle loro schermaglie strategiche. Qual è la loro intenzione? Su questo si può discutere a lungo, ma un dato di fatto è che creando una situazione di terrore e di aut-aut geopolitico internazionale, è possibile trasformare i paesi influenzati-sottomessi come l'Italia in pure marionette e strumenti per i propri scopi, annichilendo ovviamente (già da tempo è così) la sovranità popolare ma anche il ristretto campo decisionale, pur meschino e privato, dei nostri dirigenti, che si trovano di fronte ad alternative secche, senza neppure avere la possibilità di informare il resto del Parlamento. Questo è veramente tremendo: la sensazione di non avere alternative nè tempo per valutare, l'incalzare degli avvenimenti internazionali non controllabili in nessun modo. Non che i nostri politici farebbero altrimenti, intendiamoci. Ma questo è un clima da guerra. | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Re: Prove tecniche di guerra fredda bis Mer Giu 20 2007, 00:50 | |
| Ciao, scusa il ritardo della risposta. Abbiamo chiesto informazioni nel nostro "circondario". Un nostro collaboratore ci ha fornito ulteriori informazioni che confermano le tue riflessioni. Te le rigiro per come ce le ha mandate.
Il progetto Galileo nasce come tentativo europeo di costruire un'alternativa al GPS (Global Positioning System) USA. Si tratta cioè di un sistema di navigazione satellitare globale. Ora, il grande punto interrogativo strategico è: quali implicazioni militari? Le implicazioni militari sono enormi.
Gli USA hanno fatto lobbying in modo molto duro per impedire che, su proposta francese, Galileo acquisisse una dimensione militare esplicita. Tuttavia, c'é da segnalare una partecipazione cinese al progetto europeo che desta molte preoccupazioni al Pentagono. Infatti, sembra che anche solo con le informazioni satellitari previste dall'uso civile e non militare si possa migliorare di molto l'efficacia dei propri missili. Bisogna tenere conto che la Cina mira a conquistare la supremazia strategica nel Mar della Cina Meridionale ed è disposta a spendere pressoché qualunque cifra per arrivare a cio'....
L'anno scorso la Francia è tornata alla carica per includere un potenziale uso militare in Galileo. Parigi e Washington sono in disaccordo su questo, ma ora con Sarkozy la Francia è più ben disposta verso NATO e USA. Ora, il problema del sistema anti-balistico voluto dagli USA in Europa centrale ha a che fare anche con questo, perché sul medio termine la vera battaglia con Russi e Cinesi è per il controllo SPAZIALE della terra: cioè la capacità di una potenza di monitorare, colpire e difendersi a partire dallo spazio (quindi, andranno a farsi benedire gli accordi della Guerra fredda che proibivano la militarizzazione dello spazio cosmico). C'è quindi un filo-rosso che unisce Galileo alla questione dei missili intercontinentali.
Bisognerebbe però andare per gradi e capire in primis quali reali vantaggi militari potrebbe, Galileo, dare a Pechino. Bisogna anche tenere presente che i Russi hanno un loro sistema di sat-nav, che si chiama GLONASS e che nonostante sia mezzo sgangherato è in grado di dare MOLTO fastidio agli USA.... Ultimamente Galileo è entrato in crisi perché le autorità dell'UE hanno dato una sorta di ultimatum alle aziende industrial-militari che lo stanno prendendo in consegna: "costa troppo". Ma sarà mica che dietro ci sia un problema eminentemente politico?
Una cosa mi appare chiara: Russia-Cina-USA è il triangolo strategico fondamentale dei prossimi decenni. Per gli USA è vitale che ogni iniziativa europea possa essere integrata nelle strutture atlantiche, per impedire che Mosca e Pechino sfruttino le conoscenze tecnologiche e il peso diplomatico di Parigi e Berlino. | |
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