Obama e le elezioni in Ucraina e Siria

Schizofrenia e nervosismi euroatlantici

Nell’Ucraina del golpe eterodiretto da Washington, le elezioni del 25 maggio sono state riconosciute legittime da USA e UE. Alla presidenza è arrivato Petro Poroshenko, un affarista legato a Washington. Dati ufficiali gli attribuiscono il 54,7% dei voti, laddove è nebulosa la percentuale esatta dei votanti, che è data inferiore al 60%. In alcune regioni come Donetsk e Lugansk (est del paese) non si è sostanzialmente votato. Serviva un’investitura formale della compagine di affaristi e neonazisti al potere per conto di Washington.

In Siria, alle presidenziali, Bashar al Assad è stato rieletto con 10.319.723 voti (l'88,07%). Considerata la guerra scatenata nel paese dal composito fronte di alqaedici-emirati-euroatlantici a guida USA, abbastanza alta l’affluenza: 73,42% (su 15.8 milioni di aventi diritto, 11.6 milioni hanno votato). I due "sfidanti", Hassan al-Nouri e Maher Hajjar, hanno ottenuto rispettivamente il 4,3 e il 3,2%.
Ebbene, queste elezioni sono state giudicate illegittime. Esito e partecipazione non sono risultati graditi.
Il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha detto in conferenza stampa che nessuno dei 28 paesi membri dell'Alleanza le riconosce. Gli ha fatto eco il “ministro degli esteri” UE, Catherine Ashton: “illegittime”, addirittura “una minaccia che complica la situazione”.
A Damasco, insomma, non è finita (per ora, almeno) come a Kiev.

Obama, intanto, da Varvasia fa sapere che chiederà al Congresso lo stanziamento di un miliardo di dollari per rafforzare la presenza militare USA nell’Europa orientale ed ha richiamato gli alleati/subalterni europei. Il presidente USA, premio nobel per la pace, che continua a soffiare sul fuoco della guerra in Ucraina, ha lamentato i tagli alle spese militari decisi da molti Paesi europei gravati dalla crisi economica. "Questo deve cambiare", ha avvertito.