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| La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento | |
| | Autore | Messaggio |
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Ardito
Numero di messaggi : 12 Data d'iscrizione : 18.03.10
| Titolo: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Lun Mar 22 2010, 20:11 | |
| Mi permetto d'indicare un articolo sulla cina contemporanea:
http://www.lacinarossa.net/?p=335 | |
| | | tadiottof
Numero di messaggi : 621 Data d'iscrizione : 04.08.08
| Titolo: usurpazione del carisma diFidel Lun Mar 22 2010, 20:45 | |
| e' solo un bla bla. 2000snlp | |
| | | panizzi
Numero di messaggi : 17 Data d'iscrizione : 29.07.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Lun Mar 22 2010, 22:06 | |
| in effetti sulla cina si sa poco di veramente attendibile e Costanzo Preve e' uno studioso marxista molto serio e per niente dogmatico e alla ricerca di strade nuove | |
| | | Ardito
Numero di messaggi : 12 Data d'iscrizione : 18.03.10
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Lun Mar 22 2010, 23:29 | |
| se v'interessa approfondire la situazione della cina c'è questa raccolta di documenti molto approfondita ed esaustiva
http://www.ideasherwood.org/capire_la_cina.pdf | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Mer Mar 24 2010, 16:19 | |
| Ho letto con interesse, ardito. Faccio alcune considerazioni, senza la pretesa di essere esaustivo. Anzi, spero in ulteriori interventi, soprattutto da parte di alekos e/o sankara, in modo che possa chiarirsi la posizione di Indipendenza in merito. - Innanzitutto tengo a precisare il mio assoluto rispetto per la Cina e per quanto sta facendo, dichiarandomi assolutamente distante da ogni demonizzazione del paese asiatico. Allo stesso tempo però ritengo non si debba cadere nell'errore speculare, quello dell'agiografia. Questo come approccio generale. - È evidente che la strada scelta dalla Cina è veramente comprensibile solo alla luce della sua cultura e della sua storia. Analogamente al socialismo del XXI secolo di Chavez non è un modello esportabile. Ben venga quindi l'interesse per ciò che avviene altrove, ma credo sia veramente urgente iniziare a pensare concretamente all'Italia. Questo sì dovremmo imparare dai cinesi. - In alcuni ambienti si insiste molto sull'argomento-Cina. Mi sembra che ciò riveli in realtà il bisogno di trovare a tutti i costi la nuova potenza faro del socialismo del futuro, la nuova potenza anti-USA, un nuovo modello da esportare (nel nostro caso importare). Ora, credo che la storia del XX secolo ci abbia insegnato che questa è una strada fallimentare. Il senso della proposta politico-culturale di Indipendenza (ovvero il coniugare liberazione nazionale e liberazione sociale, valorizzazione di storia e cultura nazionali con l'idea di un socialismo non dogmatico) vada esattamente nella direzione opposta. - In altri casi l'interesse per la Cina e la sua visione agiografica risponde spesso a ideologie (eurasiatiste, comunitariste e quant'altro) distanti anni-luce dal nazionalitarismo di Indipendenza. Anzi... più che distanti, opposte! - Entrando nello specifico credo che nessuno possa prevedere con certezza gli sviluppi dei prossimi decenni e che tipo di ruolo ricoprirà la Cina nell'arena internazionale: eliminare a priori l'ipotesi di un possibile imperialismo cinese mi sembra azzardato tanto quanto darlo per scontato. Quanto la Cina fa in Africa va in quella direzione, e solo a costo di pesanti forzature ciò può essere negato. Le stesse forzature che ad esempio fanno andare oltre la legittima condanna del ruolo servile del Dalai Lama e della strumentalizzazione dell'indipendentismo tibetano in Occidente (condanna che personalmente sia chiaro condivido in toto), per arrivare a negare in senso assoluto l'esistenza di una nazionalità tibetana, o a negare in linea di principio ogni legittimità a qualsiasi rivendicazione sulla base della stessa tipologia di motivazioni (Tibet paese teocratico e feudale) che gli americani e i loro servi usano per giustificare l'intervento in Afghanistan. Inoltre il concetto di imperialismo non è per così dire necessariamente connaturato al capitalismo. Quest'ultimo infatti esiste da da due-tre secoli, l'imperialismo sin dall'antichità. Ergo, anche un paese non capitalista può essere imperialista. Anticapitalismo e antimperialismo spesso nei fatti coincidono ma non sono concetti sovrapponibili in termini assoluti. Infine, fermo restando che lo sviluppo economico cinese in questa fase è buono e giusto, fermo restando che chi accusa la Cina di inquinare e di essere responsabile del riscaldamento globale fa finta di non sapere che le responsabilità stanno altrove, mi chiedo: per il futuro l'idea di crescita all'infinito del PIL dovrà o no essere messa in discussione? E il capitalismo è solo un modo di produzione o è anche un sistema culturale? | |
| | | Ardito
Numero di messaggi : 12 Data d'iscrizione : 18.03.10
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Mer Mar 24 2010, 19:57 | |
| - gorritxo ha scritto:
- Ho letto con interesse, ardito.
Faccio alcune considerazioni, senza la pretesa di essere esaustivo. Anzi, spero in ulteriori interventi, soprattutto da parte di alekos e/o sankara, in modo che possa chiarirsi la posizione di Indipendenza in merito. - Innanzitutto tengo a precisare il mio assoluto rispetto per la Cina e per quanto sta facendo, dichiarandomi assolutamente distante da ogni demonizzazione del paese asiatico. Allo stesso tempo però ritengo non si debba cadere nell'errore speculare, quello dell'agiografia. Questo come approccio generale. - È evidente che la strada scelta dalla Cina è veramente comprensibile solo alla luce della sua cultura e della sua storia. Analogamente al socialismo del XXI secolo di Chavez non è un modello esportabile. Ben venga quindi l'interesse per ciò che avviene altrove, ma credo sia veramente urgente iniziare a pensare concretamente all'Italia. Questo sì dovremmo imparare dai cinesi. - In alcuni ambienti si insiste molto sull'argomento-Cina. Mi sembra che ciò riveli in realtà il bisogno di trovare a tutti i costi la nuova potenza faro del socialismo del futuro, la nuova potenza anti-USA, un nuovo modello da esportare (nel nostro caso importare). Ora, credo che la storia del XX secolo ci abbia insegnato che questa è una strada fallimentare. Il senso della proposta politico-culturale di Indipendenza (ovvero il coniugare liberazione nazionale e liberazione sociale, valorizzazione di storia e cultura nazionali con l'idea di un socialismo non dogmatico) vada esattamente nella direzione opposta. - In altri casi l'interesse per la Cina e la sua visione agiografica risponde spesso a ideologie (eurasiatiste, comunitariste e quant'altro) distanti anni-luce dal nazionalitarismo di Indipendenza. Anzi... più che distanti, opposte! - Entrando nello specifico credo che nessuno possa prevedere con certezza gli sviluppi dei prossimi decenni e che tipo di ruolo ricoprirà la Cina nell'arena internazionale: eliminare a priori l'ipotesi di un possibile imperialismo cinese mi sembra azzardato tanto quanto darlo per scontato. Quanto la Cina fa in Africa va in quella direzione, e solo a costo di pesanti forzature ciò può essere negato. Le stesse forzature che ad esempio fanno andare oltre la legittima condanna del ruolo servile del Dalai Lama e della strumentalizzazione dell'indipendentismo tibetano in Occidente (condanna che personalmente sia chiaro condivido in toto), per arrivare a negare in senso assoluto l'esistenza di una nazionalità tibetana, o a negare in linea di principio ogni legittimità a qualsiasi rivendicazione sulla base della stessa tipologia di motivazioni (Tibet paese teocratico e feudale) che gli americani e i loro servi usano per giustificare l'intervento in Afghanistan. Inoltre il concetto di imperialismo non è per così dire necessariamente connaturato al capitalismo. Quest'ultimo infatti esiste da da due-tre secoli, l'imperialismo sin dall'antichità. Ergo, anche un paese non capitalista può essere imperialista. Anticapitalismo e antimperialismo spesso nei fatti coincidono ma non sono concetti sovrapponibili in termini assoluti. Infine, fermo restando che lo sviluppo economico cinese in questa fase è buono e giusto, fermo restando che chi accusa la Cina di inquinare e di essere responsabile del riscaldamento globale fa finta di non sapere che le responsabilità stanno altrove, mi chiedo: per il futuro l'idea di crescita all'infinito del PIL dovrà o no essere messa in discussione? E il capitalismo è solo un modo di produzione o è anche un sistema culturale? A scanso di equivoci chiarisco la mia posizione in merito, io per il nostro Paese auspico una forma di Socialismo fortemente Patriottico, con alcune aperture al mercato; non credo vi siano paesi da cui si possa "importare" questo modello, e l'idea stessa di trapiantare da noi forme di governo elaborate e sviluppate per paesi con cultura, tradizioni, economie e società profondamente diverse dalla nostra non mi appartiene. Nonostante abbia diversi amici e conoscenti eurasiatisti, che collaborano con l'omonima rivista non mi riconosco in quelle posizioni. Venendo alla situazione cinese vorrei fare alcune osservazioni in merito alla posizione da te esposta: Innanzitutto premetto che non ritengo il modello cinese esportabile (almeno non in un paese occidentale), i primi a dire di "non copiare" il modello cinese sono gli stessi cinesi, consapevoli del fatto che un modello di sviluppo sociale, politico ed economico non può essere "trapiantato" in modo meccanico in altri paesi; così come sono gli stessi dirigenti cinesi a rifiutare per il loro paese il ruolo di "paese guida" dei paesi antimperialisti, come invece hanno spesso caldeggiato importanti leader imperialisti come Chavez o Castro. Sono d'accordo con te sul fatto che l'imperialismo non debba essere per forza legato al capitalismo, tuttavia neppure il mercato è intrinsecamente legato al capitalismo, esisteva già da prima, quindi non condivido analisi su un presunto "imperialismo cinese", visto che la cina non dispone di basi militari fuori dal proprio paese, e non credo possa essere considerato imperialismo la presenza economica cinese in africa e sud america, personalmente credo che la cosa vado vista dal punto di vista dei paesi interessanti, uscendo quindi da una visione eurocentrica, e per i paesi del terzo mondo la Cina rappresenta una valida alternativa alla banca mondiale e agli stati uniti; ha quindi un ruolo nettamente progressista secondo me. Per quanto riguarda il Tibet: i tibetani sono una delle 56 etnie facenti parte della nazione cinese, e come tale hanno diversi privilegi rispetto alla maggioranza Han (non hanno limiti per quanto riguarda il numero di figli, hanno quote riservate di posti nelle università, ecc.); inoltre il Tibet fa parte della cina dal XV secolo, ben prima quindi che in europa si formassero molti stati-nazione attuali (come il nostro), gli stessi lama (che come hai ricordato reggevano il paese con un regime teocratico e anacronistico), governavano per conto dell'imperatore cinese, e da questi erano difesi in caso d'invasioni esterne, la loro stessa elezione doveva ricevere l'approvazione degli imperatori cinesi. Con la frammentazione della Cina a seguito del crollo dell'impero dei manciù, i lama ne approfittarono divenendo de facto indipendenti dal governo centrale cinese (indipendenza mai riconosciuta a livello internazionale); tuttavia la vittoria delle forze comunisti nel '49 innescò anche il processo di riunificazione del paese, che coinvolse anche il Tibet, e vide la Cina nuovamente unita (ad eccezione di Taiwan) e indipendente dopo quasi un secolo e mezzo di umiliazioni e ingerenze straniere. Un processo, quello di riunificazione nazionale che ha avuto certamente molte contraddizioni e diversi errori, come tutti i processi simili, compreso il nostro risorgimento; credo che nessuno possa negare la drammaticità della repressione dei moti contadini successivi allo sbarco dei mille nel regno delle Due Sicilie, tuttavia il risorgimento è stato un processo storico complessivamente positivo e progressista. In conclusione quindi io ritengo che l'esperienza cinese, nonostante diverse contraddizioni, sia complessivamente positiva, se non altro per il grandioso processo di emancipazione sociale e nazionale innescato in Cina, e per il ruolo internazionale che la Cina ricopre, fornendo un'utile sponda ai paesi non allineati | |
| | | panizzi
Numero di messaggi : 17 Data d'iscrizione : 29.07.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Mer Mar 24 2010, 21:46 | |
| Interessante anche l'altro materiale fornito da ardito. Penso anch'io che di fronte a una realtà come quella cinese non sia giusta né l'agiografia né la demonizzazione. Certo che in una realtà come la nostra italiana e europea, un certo conforto lo danno l'esistenza di esperienze diverse ma notevoli come quella venezuelana o cinese. Insomma, per rifarsi al dualismo di cui parlano Preve e Sidoli nell'introduzione al loro libro, penso sia giusto salutare esperienze che tendano ad affermare società con valori più comunitaristici e collettivistici che società classiste basate sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, naturalmente senza ricadere nelle iatture degli Stati guida con conseguente ricaduta nei disastri del passato. | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Mer Mar 24 2010, 21:59 | |
| Sono completamente d'accordo con Panizzi e complessivamente in sintonia con lo spirito del postato di Ardito. Ci tengo però chiarire alcuni punti
- Non ritengo che oggi si possa parlare di imperialismo cinese: come hai evidenziato la Cina non ha basi militari in altri paesi. Detto questo, quando ho fatto l'esempio della penetrazione economica in Africa (che non fa certo parte di una naturale area di influenza regionale), l'ho fatto considerandolo come un fattore che potrebbe (e sottolineo il potrebbe) far pensare alla possibilità (e sottolineo possibilità) di sviluppi futuri in tal senso. D'altra parte oggi la Cina è da un punto vista militare distante anni-luce dagli USA e anche dalla Russia, e quindi anche volendo non credo potrebbe permettersi di impegnarsi fuori dai propri confini. Inoltre, la presenza militare è certamente un indicatore fondamentale per poter parlare di imperialismo, ma non l'unico. In altre parole oggi la Cina non è un paese imperialista (e chi lo sostiene non ha capito nulla), sul fatto che possa diventarlo domani io sospenderei il giudizio, dal momento che le indicazioni sono contraddittorie. Ancora una cosa riguardo l'Africa: d'accordo con te che la Cina costituisca un'alternativa a USA, WTO, FMI e Banca Mondiale; bisogna però vedere se per quei paesi ciò costituirà un primo passo per la costruzione di economie nazionali tendenti all'indipendenza o se a una dipendenza se ne sostituirà un'altra. Certo meno peggio, ma non per questo degna di diventare oggetto di apologia.
- Sul Tibet. Ribadisco che non nutro nessuna simpatia politica per il Dalai Lama e i suoi sostenitori. Detto questo la mia posizione riguarda il movimento indipendentista/autonomista tibetano qui ed ora, non l'esistenza o meno di una nazione tibetana in sé e per sé. E spiego perché. Ciò che distingue un'etnia regionale da una nazione è in un'ultima analisi l'esistenza di una dimensione culturale differenziata e la coscienza di tale differenza. Ciò si deve a una pluralità di fattori storici e culturali (nel senso più ampio del termine, che investono cioè la lingua e la religione tra le altre cose), che però non sono sempre gli stessi, non rispondono a una regola universale. L'esistenza di un'indipendenza politica può essere un fattore che concorre al formarsi di una coscienza nazionale, ma non sempre è così: baschi, corsi, palestinesi, curdi, non hanno goduto in passato di uno stato indipendente, eppure appare difficile mettere in discussione il loro status di nazione. A ben vedere la stessa Italia non era stata prima del Risorgimento unita e indipendente sin dai tempi dell'Impero Romano. Seguendo il ragionamento la maggior parte delle nazioni non avrebbe alcuna legittimità, e non solo tra quelle senza stato. Inoltre, sempre nel caso specifico, il Tibet era parte dell'impero cinese, non della nazione cinese. Due concetti - quelli di impero e nazione - radicalmente differenti e da non confondere. Quindi alla domanda se quella tibetana è un'identità nazionale io rispondo sì. Allo stato attuale però la rivendicazione della liberazione nazionale non si accompagna a quella della liberazione sociale, quindi si tratterebbe di un'indipendenza monca. Inoltre, come già detto, le rivendicazioni tibetane sono strumentalizzate dagli USA per i loro interessi imperialistici, il che mi spinge ad assumere una posizione contraria a tali rivendicazioni. Ma non è una contrarietà assoluta, è una contrarietà legata a questa contingenza storica.
- Ho fatto queste precisazioni, pur condividendo grossomodo le conclusioni a cui giungi, Ardito, allo scopo di chiarire meglio qual è il mio approccio (che credo tutto sommato coincidere con quello di Indipendenza). Quando si parla di patria e di nazione per me si intende l'Italia, e l'interesse nazionale è quello dell'Italia, non quello della "potenza di riferimento", né di qualche fantasiosa potenza continentale da Lisbona a Vladivostok. Questo è secondo me un punto dirimente. Ciascuna nazione che si dica indipendente persegue il proprio interesse mediante accordi bilaterali con una pluralità di paesi, spesso vicini, altre volte lontani. L'idea di integrazioni forzate ed esclusive è in palese contrasto con l'idea stessa di sovranità. | |
| | | Ardito
Numero di messaggi : 12 Data d'iscrizione : 18.03.10
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Mer Mar 24 2010, 23:42 | |
| - gorritxo ha scritto:
- Sono completamente d'accordo con Panizzi e complessivamente in sintonia con lo spirito del postato di Ardito. Ci tengo però chiarire alcuni punti
- Non ritengo che oggi si possa parlare di imperialismo cinese: come hai evidenziato la Cina non ha basi militari in altri paesi. Detto questo, quando ho fatto l'esempio della penetrazione economica in Africa (che non fa certo parte di una naturale area di influenza regionale), l'ho fatto considerandolo come un fattore che potrebbe (e sottolineo il potrebbe) far pensare alla possibilità (e sottolineo possibilità) di sviluppi futuri in tal senso. D'altra parte oggi la Cina è da un punto vista militare distante anni-luce dagli USA e anche dalla Russia, e quindi anche volendo non credo potrebbe permettersi di impegnarsi fuori dai propri confini. Inoltre, la presenza militare è certamente un indicatore fondamentale per poter parlare di imperialismo, ma non l'unico. In altre parole oggi la Cina non è un paese imperialista (e chi lo sostiene non ha capito nulla), sul fatto che possa diventarlo domani io sospenderei il giudizio, dal momento che le indicazioni sono contraddittorie. Ancora una cosa riguardo l'Africa: d'accordo con te che la Cina costituisca un'alternativa a USA, WTO, FMI e Banca Mondiale; bisogna però vedere se per quei paesi ciò costituirà un primo passo per la costruzione di economie nazionali tendenti all'indipendenza o se a una dipendenza se ne sostituirà un'altra. Certo meno peggio, ma non per questo degna di diventare oggetto di apologia.
- Sul Tibet. Ribadisco che non nutro nessuna simpatia politica per il Dalai Lama e i suoi sostenitori. Detto questo la mia posizione riguarda il movimento indipendentista/autonomista tibetano qui ed ora, non l'esistenza o meno di una nazione tibetana in sé e per sé. E spiego perché. Ciò che distingue un'etnia regionale da una nazione è in un'ultima analisi l'esistenza di una dimensione culturale differenziata e la coscienza di tale differenza. Ciò si deve a una pluralità di fattori storici e culturali (nel senso più ampio del termine, che investono cioè la lingua e la religione tra le altre cose), che però non sono sempre gli stessi, non rispondono a una regola universale. L'esistenza di un'indipendenza politica può essere un fattore che concorre al formarsi di una coscienza nazionale, ma non sempre è così: baschi, corsi, palestinesi, curdi, non hanno goduto in passato di uno stato indipendente, eppure appare difficile mettere in discussione il loro status di nazione. A ben vedere la stessa Italia non era stata prima del Risorgimento unita e indipendente sin dai tempi dell'Impero Romano. Seguendo il ragionamento la maggior parte delle nazioni non avrebbe alcuna legittimità, e non solo tra quelle senza stato. Inoltre, sempre nel caso specifico, il Tibet era parte dell'impero cinese, non della nazione cinese. Due concetti - quelli di impero e nazione - radicalmente differenti e da non confondere. Quindi alla domanda se quella tibetana è un'identità nazionale io rispondo sì. Allo stato attuale però la rivendicazione della liberazione nazionale non si accompagna a quella della liberazione sociale, quindi si tratterebbe di un'indipendenza monca. Inoltre, come già detto, le rivendicazioni tibetane sono strumentalizzate dagli USA per i loro interessi imperialistici, il che mi spinge ad assumere una posizione contraria a tali rivendicazioni. Ma non è una contrarietà assoluta, è una contrarietà legata a questa contingenza storica.
- Ho fatto queste precisazioni, pur condividendo grossomodo le conclusioni a cui giungi, Ardito, allo scopo di chiarire meglio qual è il mio approccio (che credo tutto sommato coincidere con quello di Indipendenza). Quando si parla di patria e di nazione per me si intende l'Italia, e l'interesse nazionale è quello dell'Italia, non quello della "potenza di riferimento", né di qualche fantasiosa potenza continentale da Lisbona a Vladivostok. Questo è secondo me un punto dirimente. Ciascuna nazione che si dica indipendente persegue il proprio interesse mediante accordi bilaterali con una pluralità di paesi, spesso vicini, altre volte lontani. L'idea di integrazioni forzate ed esclusive è in palese contrasto con l'idea stessa di sovranità. sono d'accordo con il tuo discorso sull'imperialismo, le riforme di apertura di Deng hanno creato molte contraddizioni, fra cui la creazione di una classe borghese/imprenditoriale che "per ora" non ha potere politico (visto che resta esclusa dal partito comunista), credo che il futuro della cina (e quindi conseguentemente della sua politica estera) dipenda molto da come si svilupperanno queste contraddizioni, se la nuova borghesia imprenditoriale otterrà o meno potere politico, se i dirigenti cinesi continueranno a porsi come obbiettivo la creazione di una società socialista ecc. Non ho idea di cosa succederà in futuro, ma per ora mi limito a constatare che "per ora" la cina svolge un ruolo progressista. Per quanto riguarda la cina come entità statale: per fare un paragone sarebbe come se in occidente l'impero romano come entità statale fosse durato (pur con rovesci e cambi di dinastie) sino agli albori del XX secolo, è un concetto difficile da spiegare e da comprendere per noi occidentali. Tuttavia va considerato che quella tibetana è un'etnia riconosciuta come tale dallo stato cinese, la lingua tibetana non è più appannaggio della ristretta classe dominante lamaista, ma può essere letta e scritta da tutti, io credo che la riunificazione del tibet alla cina abbia contribuito al rafforzamento dell'identità dei tibetani stessi, che hanno potuto finalmente fruire della propria lingua e cultura. Per fare un esempio subito dopo l'intervento dell'armata popolare cinese i dirigenti statali in tibet erano in maggioranza cinesi Han, ora sono al 90% tibetani. Sono d'accordo con te per quanto riguarda gli interessi nazionali (ho giurato di difenderli), ma io ritengo che anche la nostra identità nazionale si sia formata integrando fra loro diverse culture e tradizioni, spesso profondamente differenti; la terra in cui sono nato e cresciuto (sono Sardo) ha una propria tradizione fortissima, i miei nonni per fare un esempio hanno imparato l'italiano a scuola, quasi come fosse una lingua straniera, perchè a casa pensavano e parlavano il sardo. Ma credo che si stia andando fuori argomento | |
| | | aposkinhead
Numero di messaggi : 124 Localisation : udine Data d'iscrizione : 22.08.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Gio Mar 25 2010, 01:10 | |
| condivido in toto quanto detto dal compagno Gorritxo, ma saluto altrettanto positivamente i primi interventi di Ardito che evidentemente, pur partendo forse da diverso punto di vista, arriva ad essere in sintonia con il nazionalitarismo, col patriottismo proletario di LIBERAZIONE. Patria libera o morte (come affermava Sandino), né servi Usa , né Urss ne Cina o qualsivoglia stato estero | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Gio Mar 25 2010, 13:48 | |
| Parto da qui: "io ritengo che anche la nostra identità nazionale si sia formata integrando fra loro diverse culture e tradizioni, spesso profondamente differenti" Concordo pienamente, aggiungendo che questo vale per qualsiasi nazione. La differenza tra un'identità regionale e un'identità nazionale sta però nella sua capacità di dar vita a una produzione culturale autonoma, che non si limiti alla dimensione dell'oralità e del folklore. E accanto a questo si differenzia per il fatto meramente soggettivo di percepirsi come nazione e non come etnia regionale. Questi due elementi spesso si auto-alimentano. Ora, nel caso tibetano mi sembra che siamo in presenza di tutte quelle condizioni che possano far parlare di nazionalità, e non di identità regionale. Pensa che stati indipendenti come il Nepal e il Buthan sono considerati parte dell'area culturale tibetana. Esiste una lingua tibetana che non è un insieme di parlate dialettali senza produzione scritta. A Torino, dove abito io, se vai al Museo di Arti Orientali, il Tibet ha una sezione propria, distinta da quella cinese (e ti posso assicurare che le differenze sono evidenti). Infine la stessa variante lamaista del buddismo costituisce un ulteriore elemento di differenziazione culturale. Questo per dire che se ragioni di tipo geopolitico ci portano a simpatizzare per la Cina e a non simpatizzare per i tibetani (che in questa fase hanno oggettivamente il ruolo di agenti dell'imperialismo americano), ciò non deve secondo me farci perdere l'obiettività per giustificare in termini assoluti le nostre posizioni. Posizioni che, in questo caso e per quanto mi riguarda, sono frutto di analisi della fase attuale, e niet'altro. E soprattutto non deve farci dimenticare che quando parliamo di patria e socialismo dobbiamo farlo pensando all'Italia (o alla Sardegna, lì dovete vedervela un po' te e Jacu ), non allo stato-guida, o all'Europa nazione, o all'Eurasia, o all'Impero o ad altre simili amenità. Ma su questo vedo che siamo d'accordo, così come sulle valutazioni complessive in merito all'argomento Cina | |
| | | .....
Numero di messaggi : 236 Data d'iscrizione : 29.05.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Gio Mar 25 2010, 18:41 | |
| L'appiattimento del concetto nazionale a quello culturale è improprio. Lo dice il nome stesso Natione: sangue e suolo di cui la cultura è il modularsi ovvio e risultante.
Il giochetto tipicamente eurasiatista di appoggio di qua e appoggio di là, di quelli ora conviene ora no è gioco da opportunisti. Si schifano tutti insieme.
Ora ciò non significa che non si debba attuare una strategia. Il problema è che lo schifo deve rimanere intatto, coem la condanna teorica. Qui mi sembra invece si scada nel compromesso : simpatizzazioni ( nel campo sentimentale ) e lieve ammirazione di un dato sistema ( nel campo razionale ).
Permettetimi dif ar notare che è nocivo.
Poi permettimi direttamente a te Gorritxo :
l'Italia non è un'amenità anch'essa? Perché solo quei termini sono amenità? Guarda che se te inizi a fare propaganda e la gente te risponde picche e tu je dici: aò ma guarda che la nazione c'è è vera pulsa in noi! e loro ti rispondono sti cazzi tu non ci puoi fare niente, la nazione unita non ci sarà. Questo particolare los cordate sempre, abituati troppo a porvi macchinisticamente, esteriormente alle questioni poste, da abili traghettatori e plasmatori del divenire. Scordate purtroppo che cis tate in mezzo anche vi, un po' di umiltà. Già l'avete lo sò, ma ne dovreste avere di più poiché più alto è il fine maggiori devono essere le qualità , che , sinceramente , non dimostrate.
Per il resto sono in sintonia con ciò che è espresso nei commenti, con l'animo espresso. ORa mi concetro su qeusto articolo. | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Gio Mar 25 2010, 19:13 | |
| - ..... ha scritto:
Poi permettimi direttamente a te Gorritxo : l'Italia non è un'amenità anch'essa? Perché solo quei termini sono amenità?
Vedi, le formazione delle identità è un processo storico e come tale va visto. Che piaccia o non piaccia, le identità nazionali fanno parte integrante della nostra realtà, del modo in cui siamo cresciuti e siamo stati educati e si esprimono in una pluralità di contesti differenti. Questo a prescindere dal fatto che tu o chiunque altro possa dire: "Eh, ma in fondo sta cosa è un'invenzione". In parte lo è anche, ma: in primo luogo si è affermata; in secondo luogo una volta affermatasi difficilmente si può tornare indietro; in terzo luogo la sua affermazione rimanda comunque all'idea di popolo, che in quanto tale ritroviamo in contesti storici e culturali differenti. In altre parole ha una sua persistenza e possiede una forza peculiare che altre identità non hanno. Senza contare che è stata anche l'unico veicolo per processi che tu probabilmente svaluti, ma che in questo spazio virtuale molti tengono in considerazione, ovvero democrazia e socialismo. Tutte caratteristiche queste che altri concetti quali quelli di Impero, Europa, Eurasia, non hanno e non possono avere. Con la differenza che questi oltretutto pretendono di darsi una legittimità a-storica e assoluta, che l'idea di nazione (se correttamente intesa) non ha e non pretende di avere. Ora, una cosa te la dico io, se permetti: dai contenuti di tutti i tuoi interventi pare che tu sia impegnato a "smascherare" (per così dire) la natura artificiosa di tutta una serie di idee e concetti (tra cui quelli di nazione e di socialismo, sia pure inteso in senso non dogmatico), sulla base del fatto che essi non sono coerenti con la Verità. Ora, se questa operazione ha un senso nei confronti di quelle ideologie che pretendono di esserlo, con le posizioni che io personalmente (e credo anche Indipendenza ) esprimo non funziona. E sai perché? Perché il nodo essenziale che ci divide sta proprio qui: tu sei alla ricerca di un sistema politico che sia in qualche modo la traduzione di principi e verità universali; io penso che ciò sia impossibile a priori e che verità e principi universali possono essere al massimo un sostrato comune a sistemi che non potranno mai essere completamente coerenti a essi, e per questo saranno inevitabilmente plurali. | |
| | | .....
Numero di messaggi : 236 Data d'iscrizione : 29.05.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Gio Mar 25 2010, 19:31 | |
| FUORI DA OGNI CONCEZIONE STrATEGICA
a) la premessa primitivista è fallace il ché già compromette il resto.Ossia lo sdoppiamento che valuto reale non partì da quelle premesse. Avremmo avuto da perderne o da guadagnarne a rimanere al tempo dei balobi a sfregà pietra su pietra per il fuoco? Semplicemente ciò è ovviamente falso.
b)l'atteggiamento empiricista è illogico , il ché compromette il resto.
c) il modo detto "comunitario-collettivistico" è auto-contraddittorio ed auo-escludente. O è comunitario o è collettivistico. Il secondo caso rientra nello sfruttamento dell'uomo sull'uomo
d) la rivoluzione IDIOTAMENTE intesa non è in ritardo. Non ci sarà mai. Semplice
e) il fallimento del socialismo reale fà far ritenere la visione del progresso indefinito della lotta al capitale indeterministica solo i polli che reputano tale lotta 1 reale 2 statualitizzabile . se Preve ritiene che questa sua teoria dello sdoppiamento spiega codesta queatione, ancora rimane un pollo.
f) non si capisce se Preve sia a favore dei monopoli statuali ossia del socialismo lasalliano. Moooooooooolto comunistico!
g) non centra nulla ma sti ca..i del giro d'affari.
g1) "la debolezza del settore statale cinese consiste nel suo minor tasso medio di profitto rispetto a quello privato, autoctono o straniero" . IO PRETENDO MI VENGA SPIEGATO IL MOTIVO DI CIO' da Preve o dall'articolista o da voi.
h) la proprietà della terra collettivamente posseduta dai villaggi è UN NON SENSO. VOGLIO SAPERE COME E' REALMENTE POSSEDUTA
i) VOGLIO SAPERE CHE COSA PREVE STA FANTOMATICA LEGGE del 1990 , come è declinata, in che percentuali, chi è il referente , come si gestisce.
l) " il momento fondamentale per il processo di sviluppo delle cooperative rurali" apparte che già quel termine fondamentale pone un'alone di contraddittorietà all'interno edificio delle cooperative poiché cela qualcosa. Inoltre il paradosso non c'è . Chi produce ha e deve gestire, il trend positivo si ha quando si dà a chi produce ossia è il privatismo e guarda caso ecco i risultati.
m) "fu però conferito alle autorità locali, con la possibilità di demandare tale scelta a una struttura governativa." tadadadaaaaaaah
n) LA Cina quindi, possedendo la carta straccia di mezzo mondo è una dei principali sostentatori e garanti del signoraggio. OLE', viva la linea rossa!
o) quei punti tratteggiati altro non è che .... capitalismo di stato! questo sarebbe il socialismo , ci siamo ridotti maluccio... dei rinnegati totali.
p) la privatizzazione di cui si blatera è la spartizione intr-corporativistica. IMBECILLI
q) l'assenza di crisi di sovrapproduzione è un 'i potesi farlocca. Il capitalismo di getto diventa locale?
E' una presa per il culo?????????? Inoltre ciò è spiegabile con l'assenza di libertà. Io ti vieto di cosnumare, come cavolo fai ad avere sovrapproduzioni? Io creo denaro dal nulla, poi te lo do facendoti credere al tuo miglior agio di andare a lavorare fuori da dove vivi e vuiolà ecco NUOVI CONSUMATORI.
r) Abile molto abile la mossa di ergere la linea nera ... capitalismo di sssssstato come linea nerrrrrrrrra. Non abbiamo fatto altro che parlare di linea nera fino ad ora. NOn c'è alcuna differenza tra capitalismo di stato di linea nera e linea rossa cinese tranne la bontà che congetturalmente si dà a-prioristicament ed infondatamente sulla fiducia sentimentalistica.
Il sistema è lo stesso, il nero è più soft ma spezzetta in mano degli oligarchi. Il rosso è hard ed accentra nel partito. IN PERICOLI DIVERSI SI SCEGLIE L'UNA O l'ALTRA MOSSA, ma vivono sempre insieme.
Tnato è ovvio che non si possano comprendere tali mosse se non si sanno quali sono i pericoli per via di una teoria erronea.
s) il lavoro nero è per definizione non stimabile.
t) eccolo il socialismo: l'assistenzialismo !!!!!!! SANTO DIO.
u) "il potere dello stato nelle mani del proletariato?" siete un insulto all'intelligenza umana.
v) che ipocriti. Noi vogliamo la linea rossa ma abbisognamo della nera etc etc... NO è filosoficamente erroeno ed infondato. Una cosa basta a sé stessa se è corretta, il ché significa hce non era corretta. Inoltre erano dello stesso tipo, classismo ergo linea nera.
z) per definizione in una gestione economica collettivizzata c'è sperpero.E' il regno dello sperpero. LEnin Lenin...hai fregato una massa di generazioni!
k) ossia in cina se non c'erano i privati mafiosi interni e i mafiosi esterni col cavolo che avevamo la NEP cinese.
Sto per vomitare.
ç)eliminare la povertà è roba da malati mentali. E' impossibile. Semmai intendeva la miseria...che è diverso
à)Arrighi scorda forse che sono un miliardo e trecento persone sottoposte allo stesos monopolista contro un'Europa divisa in molteplici monopolisti che non arriva a 700 milioni e deve far venire da fuori altra MERCE da spolpare? Sì lo scorda. Come scorda che la moneta cinese non vale una mazza e tutti vanno lì'.
§ ) la sfera politica risulta sempre, almeno in parte, “espressione concentrata dell’economia” .
Ciò che dovrebbe MANIFESTARE orrore manifesta elogio. Sì individui del genere non dovrebbero esprimersi mai. Sono nocivi, pericolosi, ci porterrano alla schiavitù perpetua.
2) profitto pubblico è un'impossibilità economica. SANTO DIO. Quelle aziende pubbliche sono pubbliche? NO che non sono pubbliche, infatti sono partecipate , come mai lo scordi?COME MAI?
6) portare il lavoro è diventato filantropico. Grazie comunisti cinesi, grazie ci avete liberato dall'oppressione!
*) la battuta su disneyland è grottesca. Questo è un idiota
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Devo fare un commento per spiegari. MA debbo anche riprendermi che mi rode il fegato. Ciao | |
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Numero di messaggi : 236 Data d'iscrizione : 29.05.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Gio Mar 25 2010, 19:55 | |
| Innazitutto io posso svalutare qualcosa che abbia valore ( sempre la solita pecunia...siamo proprio immersi nella sussunzione , vabbè ).
La democrazia è un non senso.Non posso svalutarla.Ai tuoi occhi apparirà così, ma è una congettura tutta tua.
Posso semmai svalutare il socialismo poiché se si ritenga questo lasallianamente non merita di venir accompagnato da parole quali liberazione o giustizia. Ugualmente se socialismo implica la falsa filantropia , "il solidarismo" ... molto indicativo che stia sulla rivista lì scritto anch'esso. Il concetto implica coercizione, ed essendo reale merita di venir svalutato poiché malsano.
La democrazia invece non ha senso.
Se ritenere amenità le altre parole da te accennate dipende dal socialismo e dalla democrazia, beh, oltre a non bastare è del tutto illogico poiché -la nazione diverrebbe nulla ( poiché la democrazia è nulla ) - la nazione diverrebbe appendice classistica ( alla maniera dei fasci , il che non ci dà la nazione vera ma quella adulterata e sottomessa/impostata/direzionata
Io non nego la nazione quindi, non nego l'Italia. Nego l'assurgere questi concetti a fondamento indipendentemente dall'assolutezza o no che per me sia in quello che in questo caso sono solo secondarie parti.
NON ho mai attaccato il concetto di nazione finora perché c'è altro cancro da estirpare quale democrazia e socialismo.
SI comunque. Io sono qui solo ed unicamente per sbugiardare. Ma non è importante che io venga recepito così, come non è importante il riuscirci, come non è importante farlo, come non è importante convincere. Passo anche il tempo per dirti.
Vedi tu dici a me quel che sei tu mentre io sono nella posizione in cui credi di essere tu. Io sinceramente vedo l'evolversi e posso dire: ora così, dopo colà alla luce dell'Universale. Tu ti illudi al riguardo, come Indipendenza. Sinceramente a me dispicerebbe morite , ho paura di morire, ma sò quel che sò ed è inevitabile. Ed in fondo è niente , pur avendo il tutto, la nostra vita.
Se parli di demcrazia, socialismo, se dici RI-VOLUZIONE , se per le prime due parole intedo il significato profondo che c'è dietro per quanto io cerchi di portare chiarezza ( poi mi esprimo da cane in modi villani e ciò è altro , faccio più il sabotatore , sì sono un sabotatore in fin dei conti ) , per la terza, per chi atteggia un tale proponimento ho pena e mi fa anche schifo.
La falsa filanropia è peggio di un egoismo menefreghista et criminale.
Visto che non voglio accusare in generale, visto che ho modo di parlare degli individui e con gli individui, e sò dei moti dell'animo...tendo a generalizzare ponendo questa questione ossia:
COSA E' il complicismo?
NOn potendo non essere complici, si cianci, si faccia e si ha la mia ammirazione...ma la ri-voluzione per favore no.
p.s. quando c'è necessità di quel che tu chiami sistema politico ( ergo una branchia della politica ) non ci sarà più aderenza alle Leggi Generali che dipendono dai Principi Univerali
( per semplicità dico che ci si basa sui Principi Universali, ma questi sono chiaramente intangibili ed non fondativi ; il divenire fonda, l'essere è) | |
| | | iskra
Numero di messaggi : 224 Data d'iscrizione : 22.08.09
| Titolo: Re: La Cina contemporanea e l'effetto di sdoppiamento Ven Mar 26 2010, 10:31 | |
| - gorritxo ha scritto:
- Parto da qui: "io ritengo che anche la nostra identità nazionale si sia formata integrando fra loro diverse culture e tradizioni, spesso profondamente differenti" Concordo pienamente, aggiungendo che questo vale per qualsiasi nazione.
La differenza tra un'identità regionale e un'identità nazionale sta però nella sua capacità di dar vita a una produzione culturale autonoma, che non si limiti alla dimensione dell'oralità e del folklore. E accanto a questo si differenzia per il fatto meramente soggettivo di percepirsi come nazione e non come etnia regionale. Questi due elementi spesso si auto-alimentano. Ora, nel caso tibetano mi sembra che siamo in presenza di tutte quelle condizioni che possano far parlare di nazionalità, e non di identità regionale. Pensa che stati indipendenti come il Nepal e il Buthan sono considerati parte dell'area culturale tibetana. Esiste una lingua tibetana che non è un insieme di parlate dialettali senza produzione scritta. A Torino, dove abito io, se vai al Museo di Arti Orientali, il Tibet ha una sezione propria, distinta da quella cinese (e ti posso assicurare che le differenze sono evidenti). Infine la stessa variante lamaista del buddismo costituisce un ulteriore elemento di differenziazione culturale. Questo per dire che se ragioni di tipo geopolitico ci portano a simpatizzare per la Cina e a non simpatizzare per i tibetani (che in questa fase hanno oggettivamente il ruolo di agenti dell'imperialismo americano), ciò non deve secondo me farci perdere l'obiettività per giustificare in termini assoluti le nostre posizioni. Posizioni che, in questo caso e per quanto mi riguarda, sono frutto di analisi della fase attuale, e niet'altro. E soprattutto non deve farci dimenticare che quando parliamo di patria e socialismo dobbiamo farlo pensando all'Italia (o alla Sardegna, lì dovete vedervela un po' te e Jacu ), non allo stato-guida, o all'Europa nazione, o all'Eurasia, o all'Impero o ad altre simili amenità. Ma su questo vedo che siamo d'accordo, così come sulle valutazioni complessive in merito all'argomento Cina Sottoscrivo diecimila volte. Sulla Cina. Ne so poco della sua situazione interna ed ho letto con molto interesse gli articoli segnalati da Ardito. Non mi avventuro a dire se sia un paese socialista o no o qualcosa di ibrido o di nuovo. Noto solo una cosa, politica e tecnica allo stesso tempo. C'è un forte potere centrale, avverto la Cina come uno Stato che conserva le prerogative di sovranità di uno Stato. Questa mi sembra una condizione indispensabile anche se, come giustamente sottolinea "Indipendenza", non sufficiente. Necessaria ma non sufficiente. Quale che sia l'indirizzo che ha o che prenderà la Cina, è per me una riprova di quanto indipendenza e sovranità siano basilari. | |
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