Ci sono almeno tre argomenti, da 'grande narrazione', che vanno per la maggiore nell'area “sovranista”: 1. che per il riscatto politico e sociale dell'Italia sia possibile e bastevole tornare alla Prima Repubblica, che qualcuno arriva addirittura a definire “socialista”; 2. che i rapporti (politici, sociali, economici) di società siano già scritti nella Costituzione italiana del 1948 e che si tratti soltanto di applicarla, come si dice che sia stato fatto nei “trent'anni gloriosi”, cioè in quell'arco temporale che va dal dopoguerra alla prima crisi petrolifera del 1973 (per alcuni), alla metà degli anni Settanta (per altri), al 1978 massimo 1979 ma non oltre (per altri ancora); 3. che il 'nodo' della dipendenza pluridecennale dagli USA sia una questione secondaria, tant'è –si afferma con disinvoltura– che al tempo della Prima Repubblica le basi erano lo stesso presenti sul nostro territorio, ma quella (“gloriosa”) vecchia classe dirigente era riuscita a prescinderne, a sfilarsi sia pur non completamente dalla dipendenza dagli USA, a perseguire una politica autonoma, sovrana, d'interesse nazionale, a portare il Paese –nientepopodimeno– al rango di quinta potenza mondiale.
Intendiamoci, che l'Italia dei “trent'anni gloriosi”, della Prima Repubblica, faccia (per alcuni versi) la sua bella figura a confronto dell'Italia di oggi è storicamente riscontrabile, così come l'Italia di oggi farà la sua bella figura rispetto all'Italia peggiore che, continuando così le cose, sarà 'fotografabile' tra dieci anni.
Ma è sensato procedere in questo modo, prescindendo dalle contestualizzazioni e dalla comprensione degli effettivi accadimenti storici? Mescolando infondatezze, inesattezze e (parziali, quindi) “verità” storiche si rischia di alimentare convincimenti ingannevoli, aspettative illusorie, prospettive senza sbocco.
Ora, sottoporre a critica quelle argomentazioni, trattarne sulla rivista (“Indipendenza”), farne oggetto di confronto nel corso degli incontri formativi interni di “Indipendenza”, di videoconferenze e di iniziative pubbliche, ha il fine di comprendere un po' di cosette: come si sia arrivati a questo punto, cosa non si deve ripetere, quali forze (interne ed estere) e dinamiche in mutate forme ci ritroviamo/ritroveremo a dover affrontare perché indisponibili a vedere un'Italia che si rimettesse in piedi e possibilmente, per giunta, con orientamenti inediti nella storia del nostro Paese, quale progettualità di liberazione articolare, su che basi radicare consensi e costruire organizzazione politica.
Si tratta di uno dei filoni dell'azione culturale e politica di “Indipendenza”. Invitiamo gli interessati a prendere contatto con noi in privato, a confrontarsi, a valutare come sia possibile procedere e costruire un lavoro comune al riguardo.
“Indipendenza”
21 aprile 2017