Storica giornata elettorale in Irlanda del Nord. Dopo un paio di giorni di spoglio, vittoria del Sinn Féin (in un anno dal 25 al 30% dei voti). A guidare il partito repubblicano e nazionalista di sinistra, in sostituzione di Martin McGuiness (ritiratosi per gravi motivi di salute), una donna, Michelle O'Neill, 40 anni, madre di due figli, ex-sindaco ed ex-ministra del governo della regione autonoma britannica, di radicata famiglia repubblicana. Suo padre, Brendan Doris, con un passato di detenuto per appartenza all'IRA Provisional e poi consigliere del Sinn Féin. Un cugino, Tony Doris, ucciso nel 1991 insieme ad altri due membri dell'IRA in un agguato delle SAS (le teste di cuoio britanniche) ed un altro, Gareth Malachy Doris, sempre nell'IRA, colpito e ferito in “servizio attivo” nel marzo 1997 a Coalisland.
Per i partiti unionisti queste elezioni (con una partecipazione alle urne mai così alta, il 64,8%) segnano una sconfitta altrettanto storica con la perdita –per la prima volta– della maggioranza assoluta.
I repubblicani del Sinn Féin per poco non sorpassano il Partito Unionista Democratico (Dup): 27 gli uni, 28 gli altri (con una contrazione, rispetto a maggio 2016, di 10 seggi).
Nell’assemblea regionale di Stormont, a Belfast, il fronte unionista pro-britannico, con l'aggiunta dei partiti minori, raggiunge in tutto 40 seggi, ma non è più maggioritario, quello indipendentista ne ottiene 39 e 11 seggi vanno a un blocco non allineato.
Ora regna molta incertezza. Se entro tre settimane Dup e Sinn Féin non riusciranno a formare un nuovo governo, il che appare molto probabile, dovranno essere indette nuove elezioni e all'orizzonte la prospettiva è che i poteri del governo nordirlandese saranno avocati da Londra. Sarebbe un colpo duro, se non mortale, agli Accordi del Venerdì Santo (1998) con conseguenze ad oggi imprevedibili.
(nella foto: Michelle O'Neill e Gerry Adams, presidente del Sinn Féin)