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| Colombia, resistenza patriottica | |
| | Autore | Messaggio |
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kamo
Numero di messaggi : 271 Data d'iscrizione : 10.05.07
| Titolo: Colombia, resistenza patriottica Dom Apr 27 2008, 13:24 | |
| Ricevo e rilancio CONTRO IL FASCISMO DI URIBE AL FIANCO DELLA RESISTENZA DEL POPOLO COLOMBIANO! Come sempre più persone di tutto il mondo sanno, il popolo colombiano subisce da oltre mezzo secolo uno dei regimi oligarchici e pro-imperialisti più sanguinari ed antidemocratici esistenti sulla faccia della Terra. Un regime che storicamente ha impedito il libero esercizio dell’opposizione politica e sociale, sottratto manu militari le terre ai contadini ed alle popolazioni rurali in generale, perseguitato le espressioni di dissenso e malcontento popolari ed imposto a ferro e fuoco strutture economiche foriere di disuguaglianza e sfruttamento. Dal 7 agosto 2002 la Colombia è governata da un presidente psicopate e paramilitare, notoriamente legato prima al cartello di Pablo Escobar e poi ai più recenti gruppi paramilitari. Alvaro Uribe Vélez, questo mini-führer eletto e rieletto da una minoranza e per una minoranza a colpi di intimidazioni, brogli e narco-dollari, ha fascistizzato come non mai il paese andino-amazzonico attraverso la politica della cosiddetta “Seguridad Democrática”, plasmata sulla falsa riga della Dottrina della Sicurezza Nazionale yankee. Chi mette in discussione la natura fascista dell’esecutivo e del regime colombiani, dovrebbe ricordare che il governo Uribe ha violato e viola tutti i diritti umani, nessuno escluso, che applica diverse forme di censura ai media, tanto più se sono indipendenti e critici, che sponsorizza e promuove politiche fortemente corporative al servizio dell’oligarchia interna e del capitale transnazionale, che ha un’essenza guerrafondaia e securitarista per esprimere la quale taglia drammaticamente la spesa sociale e spinge inesorabilmente il paese verso la guerra civile, e che a dispetto della retorica patriottarda e delle accuse di screditare il paese rivolte a chi lo critica, svende ed assoggetta definitivamente le ricchezze naturali ed i settori strategici all’imperialismo. Nonostante 7 miliardi di dollari di aiuti militari statunitensi (Plan Colombia/Plan Patriota) ed esorbitanti spese di guerra, corrispondenti ad oltre il 6 % del PIL, il regime non è riuscito a schiacciare la resistenza popolare e guerrigliera che cresce, si moltiplica e si sprigiona in lungo e in largo, sulle montagne come in città, nelle fabbriche come nei campi, nelle università come nella selva. Una resistenza che, combinando le più diverse forme di lotta, si erge come muraglia di fronte alle pretese di Washington di fare della Colombia una neo-colonia, e combatte su tutti i terreni la dittatura uribista e l’intervento militare USA, confluendo nel Movimento Continentale Bolivariano che sta scuotendo l’America Latina e che dimostra che un altro mondo, socialista, è tanto necessario quanto urgente. L’eroica resistenza del popolo colombiano, la cui avanguardia ed espressione più avanzata ed integrale sono le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo, FARC-EP, è un degno esempio di lotta antifascista e per la pace con giustizia sociale. La sua importanza, che condensa tenacia e coerenza, generosità e certezza nella vittoria, oltrepassa le frontiere geografiche ed alimenta le lotte e le resistenze dei popoli contro il capitalismo, il terrorismo di Stato e l’imperialismo. Ha bisogno della solidarietà di tutti i popoli, compresa la nostra. I guerriglieri fariani che combattono il regime fascista colombiano spesso sono bollati come “terroristi”, proprio come lo erano i nostri partigiani. Ma come i nostri partigiani, gli insorgenti di Marulanda e Raúl Reyes vinceranno! 25 aprile 2008 ASSOCIAZIONE nazionale NUOVA COLOMBIA www.nuovacolombia.net nuovacolombia@yahoo.it | |
| | | IndividuoLiberato
Numero di messaggi : 28 Data d'iscrizione : 10.10.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Gio Lug 03 2008, 13:35 | |
| Che ne pensate della cosiddetta "liberazione" della Betancour e degli altri "ostaggi" delle Farc? | |
| | | philus
Numero di messaggi : 21 Data d'iscrizione : 05.05.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Gio Lug 03 2008, 19:41 | |
| - IndividuoLiberato ha scritto:
- Che ne pensate della cosiddetta "liberazione" della Betancour e degli altri "ostaggi" delle Farc?
Sicuramente buon per la Betancourt, ma il nocciolo della questione in questo caso è un altro, ovverosia il reale peso attuale delle FARC. A mio parere sono due i punti più o meno importanti da evidenziare per capire bene la questione. 1) Con la morte di Reyes, Marulanda e di tutti gli altri alti membri dell'organizzazione, sicuramente le FARC si sono trovate molto indebolite e, allo stesso tempo, le squadracce di Uribe hanno aumentato l'intensità dei loro attacchi. Anche la liberazione della Betancourt e degli altri ostaggi è un segno di debolezza per la guerriglia: sarebbe stato decisamete meglio che il rilascio avvenisse per mano delle FARC stesse. Invece per come si sono svolti i fatti, la vittoria di Uribe, della CIA e di Sarkozy risulta inoppugnabile. 2) Proviamo ad inserire la situazione colombiana all'interno del complesso mondo del centro e sud America: in Colombia la guerriglia dura da ben più di quaranta anni, con i conseguenti costi umani e sociali che gravano in primo luogo sulle spalle dei guerriglieri e delle classi meno abbienti (in questo caso i contadini). negli altri stati dell' America Latina vi sono dei governi più o meno democratici e financo bolivariani, basta pensare a Chavez e a Morales, giusto per citare i due uomini più noti. A loro modo anche Argentina, Brasile, Cile e Paraguay (con tutti i sacrosanti distinguo del caso) sono governati da movimenti definibili progressisti. Tutto questo i colombiani lo sanno. E' lecito quindi che si chiedano se anche da loro non sarebbe possibile instaurare un governo di quel tipo. Ovviamente, con tutto il rispetto che chi scrive deve alle FARC, dopo una vita passata a combattere e a nascondersi, è assolutamente comprensibile che al loro interno si aprano delle crepe e ci sia chi vorrebbe (o sognerebbe) creare uno stato sul modello venezuelano e mettere così da parte la guerriglia. Anche nelle masse rurali colombiane in molti la pensano così. In questo modo si aprono dei varchi nei quali i paramilitari si insinuano. Così è morto Reyes; così è stata liberata la Betancourt. Per terminare con un voluto paradosso, è come se Chavez e compagnia abbiano loro malgrado nuociuto alla guerriglia, mostrando alle masse colombiane i propri successi politici e sociali. Insomma, la situazione è critica in Colombia, le FARC rischiano il tracollo e di certo Uribe e tutta la gentaglia alle sue spalle cercheranno nei prossimi mesi di tirare loro la spallata definitiva. Una volta che verranno ridotte a pochi gruppetti non organizzati tra di loro gli statunitensi avranno vita facile nell'imporre i loro voleri e la colombia verrà utilizzata come testa di ponte per un futuro e tutt'altro che ipotetico "Plan Venezuela". Mi rendo conto di avere descritto una situazione a dir poco catastrofica, ma credo che tutti voi capiate che non è una cosa campata per aria. Bisogna in tutti i modi difendere le FARC in questo momento di necessità, ma al contempo il popolo colombiano dovrebbe in qualche modo seguire gli esempi che arrivano loro dai paesi vicini e tentare di iniziare a costruire qualcosa dal basso. Bisogna rilanciare una teoria nazionalitaria che in quelle terre ed in questo contesto storico non può che prendere la forma di rivoluzione bolivariana. Una volta persa la battaglia delle armi, tocca agli uomini e alle donne colombiane lottare per uno stato popolare bolivariano colombiano, certi che dai paesi confinanti otteranno tutti gli appoggi dei quali avranno bisogno. Certo, la risposta dei filo americani potrebbe essere durissima, ma al momento altre vie di uscita non ne vedo. | |
| | | IndividuoLiberato
Numero di messaggi : 28 Data d'iscrizione : 10.10.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Ven Lug 04 2008, 15:00 | |
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| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Sab Lug 05 2008, 03:29 | |
| Porto il mio contributo con qualche considerazione.
1. Le circostanze della liberazione della Betancourt, dei tre agenti USA dell'FBI e degli undici militari colombiani prigionieri delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia) sono ancora molto incerte: incursione delle teste di cuoio colombiane, riscatto pagato a "traditori delle FARC" o che altro? Aspetterei di sentire la voce delle FARC per provare a ragionare al riguardo. Andrei cauto, quindi, prima di parlare di "vittoria di Uribe, della CIA e di Sarkozy" come "inoppugnabile". Colpisce, ad esempio, che non sia stato ancora trasmesso alcun video sull'attacco degli incursori militari di Stato e che tutto si sia svolto senza colpo ferire. Non sarebbe questo video la ciliegina sulla torta di quello che il regime colombiano presenta come un grande successo contro la guerriglia? Si potrebbero avanzare altre chiavi di lettura della vicenda (senza per questo escludere che si possa trattare di un successo congiunturale del regime di Bogotà), ma sarebbe qui esercizio inutile. Questa vicenda resta comunque parte di una più ampia comprensione dello stato delle FARC dopo la scomparsa fisica di tre suoi storici dirigenti come Raúl Reyes, Iván Ríos e Manuel Marulanda, scomparsa che rappresenta un passaggio delicato e allo stesso tempo una cartina al tornasole di un auspicabile riscontro di una strutturazione intelligentemente non leaderistica della guerriglia patriottica.
2. FARC / Chavez: via politico/militare o via istituzionale (per la riconquista della sovranità nazionale e quindi per una prospettiva sociale di liberazione)? L'interrogativo circola alla luce delle recenti dichiarazioni di Chavez centrate in particolare sul fatto che sarebbe "fuori luogo" un movimento guerrigliero armato in America latina. Esplicito il suo riferimento alle FARC che pure a gennaio scorso, di fronte all'Assemblea Nazionale venezuelana, lo stesso Chavez aveva riconosciuto come forza politica e belligerante, chiedendo ai governi del mondo di fare altrettanto. Con tutta la stima che nutro per l'indirizzo politico/sociale impresso da Chavez, si tratta di dichiarazioni che mi sembrano pronunciate in un'ottica venezuelana, trascurando la realtà storica e politica di un paese che vede il regime narco-paramilitare colombiano perseguitare, reprimere, censurare e cercare di annichilire ogni forma di opposizione aperta e legale. Ricordo che nel 1985 le FARC avevano dato vita ad un partito politico di opposizione, l’Unione Patriottica, per canalizzare l’opposizione al regime su un piano legale e democratico-elettorale. Ottenne rapidamente un ampio appoggio popolare e divenne la prima forza d’opposizione politica in diversi municipi del Paese. Contemporaneamente iniziò una violenta persecuzione contro le persone e i settori affluiti nel nuovo movimento. Migliaia, in dieci anni, gli assassinati (parlamentari, candidati alla presidenza, consiglieri, attivisti, simpatizzanti). Senza contare quelli che furono obbligati a lasciare il Paese e quelli che ricevettero minacce e subirono altre violazioni. Analoga sorte per centinaia di combattenti di diversi gruppi insorgenti (come EPL, M19, Quintin Lame, ecc.) in seguito ad accordi -tra dirigenze guerrigliere e governo- di smobilitazione armata e legalizzazione politica. Ancor prima l'eliminazione di migliaia di guerriglieri liberali smobilitatisi con l’amnistia di Rojas Pinilla nel 1953. Insomma, quanto di valido si è espresso per date vie in Venezuela non è detto che vada bene in Colombia. Sarebbe inoltre importante, a mio avviso, approfondire la conoscenza della struttura e strategia della guerriglia patriottica farista, visto che la lotta armata si accompagna ad altre forme di lotta (costruzione del potere popolare locale, occupazioni di terre ed università, scioperi, blocchi stradali, ecc.). La percezione indotta dalla grancassa massmediatica dominante di un militarismo esclusivo delle FARC andrebbe meglio investigata alla luce di questi dati, di cui accertare senz'altro consistenza e incidenza, stante che, in una situazione altamente e spietatamente repressiva, queste lotte richiedono anche una difesa armata adeguata. In tal senso, Philus, il tuo "bisogna rilanciare una teoria nazionalitaria che in quelle terre ed in questo contesto storico non può che prendere la forma di rivoluzione bolivariana", mi lascia alquanto perplesso. Le prospettive continentali possono anche apparire seducenti, ma ne diffido sempre ed in ogni dove, e non solo perché, come nel caso colombiano, le avverto calate dall'alto, avulse dalla sua storia politica e sociale, e molto lontane dal sentire diffuso popolare, in gran parte contadino.
3. L'informazione dominante non dice che, da oltre mezzo secolo, vige in Colombia uno dei regimi oligarchici e pro-imperialisti (USA) più sanguinari ed antidemocratici esistenti al mondo. Questo ha sottratto manu militari le terre ai contadini ed alle popolazioni rurali in generale, ha storicamente impedito il libero esercizio dell’opposizione politica e sociale, perseguitato le espressioni di dissenso e malcontento popolari ed imposto ferocemente strutture economiche foriere di disuguaglianza e sfruttamento, per i propri interessi e quelli del capitale transnazionale. L'essenza di questo pluridecennale regime è guerrafondaia e securitarista per esprimere la quale la spesa sociale viene pesantemente tagliata. A dispetto della retorica patriottarda, questo regime svende ed assoggetta settori strategici e ricchezze naturali all’imperialismo statunitense. L'attuale presidente Alvaro Uribe Vélez, al potere dal 7 agosto 2002, notoriamente legato prima al cartello del narcotrafficante Pablo Escobar e poi ai più recenti gruppi paramilitari, ha fascistizzato come non mai il paese attraverso intimidazioni, brogli, narco-dollari e la politica della cosiddetta “Seguridad Democrática”. Nonostante 7 miliardi di dollari di aiuti militari statunitensi (Plan Colombia) ed esorbitanti spese di guerra, corrispondenti ad oltre il 6 % del PIL, il regime non è riuscito a schiacciare la resistenza popolare e guerrigliera che agisce sulle montagne e in città, nelle fabbriche e nei campi, nelle università e nella selva. Quelle cause, che hanno storicamente generato la sollevazione armata di buona parte del popolo colombiano, non solo non sono scomparse, ma si sono addirittura accentuate. Non ometterei di considerare, poi, con uno sguardo d'insieme di fase all'America latina, che le conquiste ottenute con successi elettorali progressisti sono minacciate o scardinate da tentativi golpisti (Venezuela 2002, Bolivia 2008), oltre che da piani e manovre militari interventisti e da martellanti tamburi di guerra (il ripristino della IV Flotta della Marina militare statunitense).
Non pensate che sia importante avviare qualsiasi confronto sullo stato delle cose in Colombia a partire da questi dati di fatto? | |
| | | philus
Numero di messaggi : 21 Data d'iscrizione : 05.05.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Sab Lug 05 2008, 11:28 | |
| Di certo, caro Alekos, i dati da te riportati corrispondono a verità. Io mi ero limitato un po' semplicisticamente a trarre delle conclusioni a partire dai dati in mio possesso. Ora, sempre attendendo il comunicato ufficiale delle FARC e limitandomi a sottolineare che un filmato della liberazione degli ostaggi dovrebbe esistere (io non ho avuto modo di vederlo, ma stamani in radio ne hanno dato notizia), desideravo chiarire un punto che forse nel mio precedente intervento non ho menzionato: il mio supporto alle FARC nell'attuale congiuntura storica è totale ed incondizionato. I dati da te riportati sul regime uribista sono sostanzialmente corretti. Uribe è uno dei più grandi briganti della storia recente sudamericana, non a caso al soldo della CIA. Le nefandezza perpetrate ai danni della popolazione rurale e a favore delle grandi imprese multinazionali a guida statunitense fanno accapponare la pelle. E' per questo che le FARC vanno sostenute con ogni mezzo. Nel mio precedente intervento mi limitavo a paventare un futuro niente affatto roseo, con la guerriglia chiusa tra i paramilitari, i mass media di tutto il mondo che sparano loro addosso e una popolazione rurale spesso stanca e demotivata. Conosco personalmente dei colombiani che, pur sostenendo le FARC, sono davvero al limite della sopportazione. La situazione è diventata insostenibile, i contadini sono stanchi e provati e guardano sempre più con favore al Venezuela. Chavez da parte sua ovviamente agisce "pro domo sua", propagandando la propria politica ma, e le sue ultime esternazioni lo dimostrano, andando contro alle FARC (se più o meno deliberatamente questo non lo so). Quindi Alekos, per quel che concerne la situazione attuale, totale sostegno alla guerriglia, ma in un ipotetico scenario futuro quale quello che ho delineato nel precedente post, non vedo alternative percorribili al di fuori della scelta bolivariana. E' ovvio e scontato che Uribe e i suoi scagnozzi tenteranno di spazzare via ogni residuo tentativo di contrasto della loro politica, come già a suo tempo era successo con l'unione patriottica, però perlomeno la Colombia potrebbe avere l'appoggio dei paesi vicini. Ora come ora mi sembra che sia destinata a vivere in un isolazionismo che difficilmente porterà benefici alle masse meno abbienti. Concordo sul fatto che in un caso simile le prospettive continentali verrebbero in qualche modo subite dal popolo colombiano, ma io voglio spingere il discorso sul piano dei rapporti di forza: a quanto sembra le FARC si sono indebolite ed Uribe è pronto a sferrare attacchi a ripetizione, Venezuela, Bolivia ed Ecuador stanno alla finestra e nel frattempo iniziano a prendere le distanze dai guerriglieri, le dichiarazioni sicuramente propagandistiche della Betancourt (una che doveva essere più morta che viva e che invece è arzilla come non mai) faranno il resto. Quanto pensate che ci voglia affinché la signora venga presa a modello di democrazia dall'occidente, come una sorta di Aung San Suu Ky colombiana? Le FARC vanno difese ad ogni costo ma il loro futuro è tutt'altro che certo. Spero di essermi spiegato caro Alekos: il mio era solo un ragionamento basato (cinicamente forse) su dei rapporti di forza presenti e futuri per potere contrastare efficacemente l'imperialismo. | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Mar Lug 08 2008, 17:24 | |
| In ogni lotta prolungata, tanto più se di liberazione nazionale dal dominio esterno (imperialismo) e da quello interno (capitalismo) come nel caso colombiano, è altamente possibile che ci siano alti e bassi, o, se preferisci, "flussi" e "riflussi". Trattasi di un'ovvia notazione generale. L'indebolimento delle FARC di cui parli, Philus, andrebbe meglio investigato. Lo dico perché davvero non ne sono a conoscenza, e per quanto legga e senta in giro, al di là di dichiarazioni ufficiali degli apparati di potere colombiano che danno le FARC per smantellate a ondate ricorrenti, non trovo traccia di analisi e spiegazioni convincenti in tal senso. La scomparsa di suoi leader, per assassinio e per cause naturali (come per Marulanda), o la stessa vicenda relativa ai prigionieri delle FARC (Betancourt e altri) non li vedo come dei fatti da far tremare le gambe e tali da spingere a parlare di "rischio di tracollo". Dicendo questo non escludo che potrebbero anche risultare passaggi che, cuciti insieme ad altri fatti, finiscano con l'essere parte di problematiche più critiche. Non equivocherei però la lettura di questi fatti, ad esempio rimuovendo la strategia di infiltrazione della guerriglia seguita dal governo colombiano (con annessi milioni di dollari offerti per le teste dei membri del Segretariato delle FARC e di altri dirigenti) che può anche riuscire a dare i suoi frutti. Se questo crea indubbiamente problemi e difficoltà, è evidente però che si debba scavare più a fondo per capire cosa stia accadendo in Colombia. A mio avviso manca, in chi vede le FARC indebolite, in crisi o allo sbando, una disamina più approfondita della loro tenuta sociale. E' questo l'aspetto che considero tra i più importanti e decisivi. Non l'unico, quindi. Peraltro, sotto il profilo militare, e solo per restare agli ultimi mesi (maggio e giugno), risulta che i distaccamenti della guerriglia continuano ad essere attivi in decine di fronti (dalla selva amazzonica al litorale del Pacifico, dalla Sierra Nevada e dall'Arauco alle valli delle tre cordigliere andine) ed hanno inflitto all'Esercito e alla Polizia Militare dure perdite; sono gli stessi comunicati dell'Esercito del regime di Bogotà a registrare ed ammettere l'esistenza di gravi perdite in combattimento.
Comunque, dici che i contadini "guardano sempre più con favore al Venezuela", ed immagino che tu intenda -lo preciso per chi, poco esperto delle vicende sudamericane, non colga il senso delle tue parole- la via elettorale/istituzionale seguita da Chavez. Non so se quanto dici rispecchi il sentire almeno di significativi strati di popolazione contadina. Il punto, però, non è che non esistano, ed anzi le ritengo pressoché scontate, delle simpatie anche forti per il modello politico/sociale venezuelano, ma che tra questo e la fattibilità, in Colombia, di un percorso all'ingrosso similare per la conquista della sovranità nazionale, e quindi per un ben diverso assetto sociale ed economico, ce ne corre. Dico questo per ragioni storico/politiche. La via venezuelana è fattivamente impraticabile in Colombia. Qui vi è una significativa e pluriquarantennale guerriglia largamente diffusa ed in grado di governare in ampie zone (il che non ha un corrispettivo nella storia venezuelana, a parte esperienze guerrigliere negli anni Sessanta di portata peraltro non paragonabile a quella colombiana), che ha impregnato di sé la vita politica e sociale del paese e che non è liquidabile né da una parte né dalla controparte. Una via partitico/istituzionale, inoltre, è già stata percorsa dalle FARC, e purtuttavia la mattanza di regime è continuata acuendosi nel momento in cui i risultati elettorali per l’allora Unione Patriottica sono venuti. Il punto è decisivo. Cosa può far credere che il sistema di potere colombiano attualmente articolato attorno alla figura di Uribe (di cui sono note -anche presso la Drug Enforcement Agency e la CIA, e sin da quando era governatore del Dipartimento di Antioquia- le sue connivenze con narcotrafficanti e paramilitari) si comporterà diversamente dal passato? Per consentire una via legale, elettorale, alla propria messa in discussione, se non esclusione? C'è da aspettarsi piuttosto un deja vu di repressione e mattanze più di quanto già non sia. E cosa potrebbero fare in tal caso il Venezuela o la Bolivia o l'Ecuador? Non so davvero come, incisivamente, potrebbero tradursi "tutti gli appoggi" che prefiguravi sopra. Quello colombiano è un conflitto che allo stato, ragionevolmente, si vince anche con le armi. Altrimenti ci si condanna all'impotenza politica di un paese che è stato ridotto negli anni, dagli Uribe di turno, a semicolonia degli Stati Uniti e che per questo hanno visto, in presenza di una resistenza sempre più organizzata e pervasiva, stili di governo di stampo a dir poco autoritari. Colgo l'opportunità per precisare che, a mio avviso, sarebbe sbagliato un approccio alle diverse situazioni (geo)politiche, a partire dall'indispensabile liberazione nazionale, in termini meccanicistici. Come non condivido la tesi apodittica che le forme di lotta / resistenza armata (anche prolungate) siano parte della storia, cioè non più attuali, così non ne condivido il rovesciamento concettuale, e cioè che quelle siano da perseguire sempre e comunque, e che in loro assenza non possa concretarsi alcuno scenario di indipendenza, sovranità, liberazione. Ritengo sia sempre importante analizzare e comprendere le condizioni oggettive e soggettive che connotano o si determinano in dati contesti.
Vi è inoltre un ulteriore aspetto di ordine generale da considerare. La difesa dello status quo politico in Colombia è decisivo per gli Stati Uniti, che non a caso stanno esercitando un intervento finanziario/militare non indifferente per sostenere anche militarmente un regime le cui forze armate (tra le più numerose dell'America Latina) ammontano a quasi 400mila uomini e donne. Le armi, l'equipaggiamento e la tecnologia che Washington rifornisce hanno dimensioni analoghe a quelle per Israele. Il che la dice lunga sul peso regionale che ha il regime oligarchico di Bogotà per gli Stati Uniti. Di questo Uribe si sente forte e giustamente, dal suo punto di vista, non solo non ha interesse ad intavolare alcun negoziato con le FARC (stante peraltro i tragici precedenti che segnalavo sopra), anche se, nonostante l'investimento di decine di migliaia di milioni di dollari nella militarizzazione dello Stato con l'obiettivo di distruggere le FARC, questo non è stato raggiunto, ma si sente in diritto di agire in una fattiva impunità. La posta in gioco è insomma troppo alta perché Washington consenta che si riproponga, pur con le sue varianti, uno scenario politico di cambiamento in Colombia per via partitico/elettorale come in Venezuela. Ritengo che proprio per i rapporti di forza presenti e futuri che dici di assumere a base del tuo ragionamento, Philus, per un contrasto efficace dell'imperialismo ed anche per il suo naturale completamento nel concretarsi di una società liberata, proprio per questo la scelta delle FARC mi auguro che segua sentieri di intelligente determinazione. Sai, i precedenti negoziati avevano visto anche opportunistici cedimenti delle dirigenze guerrigliere e poco importa, adesso, per il nostro ragionamento, la loro diversità di indirizzo politico/strategico. Dico che le vie per la liberazione possono imboccare strade larghe o strette, viottoli e autostrade, e che si deve essere consapevoli che lotte di lunga durata possono comportare stanchezze e demotivazioni. Anche in considerazione di questo bisogna essere capaci di adeguare le proprie strategie, avere elasticità di intervento, senza perdere, a mio avviso, una piccola lezione base, che proviene dall'esperienza prodotta da tantissime lotte di liberazione, e cioè che le solidarietà ed i sostegni esterni sono sempre graditi se non condizionanti la propria strategia, ma la forza principale resta sempre in casa propria. | |
| | | kamo
Numero di messaggi : 271 Data d'iscrizione : 10.05.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Gio Lug 10 2008, 12:42 | |
| Molto interessanti le cose che scrivete. Volevo porvi due quesiti forse terra terra, ma che sento diffusi quando si parla di FARC e di Colombia. Il primo riguarda i sequestri di persona: è accettabile che un movimento rivoluzionario, di liberazione nazionale, comunista, ecc. debba ricorrere a questa pratica? E, seconda domanda, è vero che FARC e narcotraffico sono la stessa cosa e che il governo Uribe, con il sostegno degli Stati Uniti, sta legittimamente combattendo questa piaga che ha ripercussioni nel mondo per l'esportazione della droga? | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Lun Lug 14 2008, 16:28 | |
| - kamo ha scritto:
- Molto interessanti le cose che scrivete. Volevo porvi due quesiti forse terra terra, ma che sento diffusi quando si parla di FARC e di Colombia. Il primo riguarda i sequestri di persona: è accettabile che un movimento rivoluzionario, di liberazione nazionale, comunista, ecc. debba ricorrere a questa pratica? E, seconda domanda, è vero che FARC e narcotraffico sono la stessa cosa e che il governo Uribe, con il sostegno degli Stati Uniti, sta legittimamente combattendo questa piaga che ha ripercussioni nel mondo per l'esportazione della droga?
Personalmente ritengo i sequestri di persona "odiosi". Purtuttavia c'è secondo me un nodo ineludibile per ogni movimento di liberazione: quello della liberazione dei propri prigionieri, che è parte importante del più generale progetto di costruzione di un nuovo assetto politico, sociale ed economico. E' un dato di fatto, nella storia e nel presente, che il modo più ricorrente per ottenerne la liberazione è attraverso uno scambio. Non solo le FARC, ma anche altri movimenti (penso al libanese Hezbollah) ricorrono a questa pratica che comunque non è generalizzata (il movimento di liberazione basco, ad esempio, non vi ricorre). Per difficoltà logistiche o per contro-indicazioni politiche? Questo attiene alle singole situazioni. In Colombia, i sequestri sono di fatto una risposta ai sequestri, alle sparizioni, ai misfatti dello Stato sui quali vigono silenzi e omertà. Sono comunque del parere che, se è proprio necessario ricorrere a questa pratica, non si dimentichi mai la differenza che intercorre ( deve intercorrere) tra un movimento di liberazione ed il sistema di dominio contro cui si combatte. Nei confronti dei prigionieri politici i sistemi carcerari prevedono trattamenti speciali, pensati per vessare, torturare, annichilire coscienza e identità politica del prigioniero. Ben diverso deve essere il trattamento da avere nei confronti dei prigionieri da parte di un movimento di liberazione, di massimo rispetto, per attenuare fortemente l' odiosità comunque esistente nella condizione di prigionia. Le mai dimostrate (forse perché indimostrabili...) connivenze tra FARC e narcotraffico vanno prese come una menzogna propagandistica della ditta U.S.A.&Uribe&affini. Gli intrecci dei narcos restano piuttosto tutti interni agli apparati di potere colombiano e frazioni politico/imprenditoriali estere. Proprio in questa fase impazza in Colombia lo scandalo della "para-politica", la connessione tra politica, paramilitarismo (di estrema destra) e narcotraffico, scandalo che sta travolgendo non solo l'esecutivo colombiano ma l’intero sistema di alleanze anche estere (in primis gli USA) che da decenni domina il paese. Sotto inchiesta, per le loro connivenze con para-militari e narcos, ci sono politici, parlamentari, uomini di governo, uomini di fiducia ed il parentado stesso del presidente Uribe. In carcere si trovano deputati (una trentina quelli del partito di Uribe), governatori, alti funzionari ufficiali. In generale il 30% dei parlamentari o è detenuto o è sotto inchiesta per narcoparamilitarismo. Coinvolti nomi anche di spicco di quelli che dicevano di combattere il fenomeno del narcotraffico. Si sta cercando di mettere a tacere la cosa che rischia di investire anche la figura di Uribe, da molti considerato un presidente nominale, senza reale potere decisionale (il potere reale sarebbe detenuto da altri che stanno dietro di lui, interessati alla droga e al prosieguo del business della guerra civile, che introita anche il miliardo e rotti che ogni anno arriva da Washington). Nella storia recente della Colombia, anche alte gerarchie militari colombiane sono state sorprese a trasportare a Miami (USA), ad esempio, a bordo di aerei militari, ingenti quantitativi di cocaina. Membri del corpo diplomatico statunitense a Bogotà e consiglieri militari USA sono stati scoperti come organizzatori del traffico di stupefacenti. Da tempo i narcotrafficanti sono di fatto al potere in Colombia, nelle più alte sfere decisionali. Samper, presidente della Colombia a cavallo degli anni Novanta, ha finito la sua carriera da ricercato nel territorio USA come narcotrafficante. I 14 pezzi grossi del paramilitarismo (Diego Fernando Murillo, detto “Don Berna”, Hernán Giraldo, meglio conosciuto come “Pablo Sevillano”, ed altri loschi figuri) estradati in tutta fretta, a maggio scorso, negli Stati Uniti erano diventati un problema per l'imbarazzo che ingenerava la loro loquacità. Il più famoso di questi, Salvatore Mancuso, capo delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia, para-militari di estrema destra), per via di screzi con gli apparati di potere colombiani, stava parlando troppo e già fioccavano le rivelazioni sull’alleanza delle multinazionali bananiere statunitensi con i paramilitari stessi, con il beneplacito delle autorità di Bogotà, ovviamente. C'è una narrativa dell'orrore sui crimini commessi per obbligare i contadini a sloggiare dalle loro terre. Oltre al narcotraffico, infatti, le AUC agiscono in tutta una serie di attività criminali, tra le quali, molto redditizia, è l’appropriazione di terreni agricoli, almeno 6 milioni di ettari, strappati a piccoli produttori locali con il terrore ed i massacri (almeno 3.500, che hanno portato al bilancio, per difetto, di decine di migliaia di vittime). Uribe, in tutta fretta, per evitare che continuassero a parlare e circostanziassero rivelazioni che già stava investendo la narcopolitica, li ha silenziati estrandoli in tutta fretta negli USA, facendo allo stesso tempo un favore ai protettori e padrini di Washington. In Colombia c'è un conflitto armato di natura politica, inconfessabile dall'oligarchia dominante filo-USA, mistificato nelle sue motivazioni di fondo e fuorviato per ragioni progandistiche nei termini di una lotta di contrasto al narcotraffico. In suo nome c'è un elenco di crimini di fronte ai quali quel vuoto simulacro che passa per "comunità internazionale" (cortina fumogena dietro cui si cela l'imperialismo USA) tace sistematicamente. Uribe stesso è diretta espressione di ambienti paramilitari e narcos. Lo si dà per certo da quando era governatore di Antioquia, ma c'è chi retrodata a quando era sindaco di Medellín, nel 1982. La guerriglia ha sempre rivendicato la legittimità dell' "imposta rivoluzionaria", ossia la tassazione di tutte le altre attività economiche, nei territori che controlla, incluse quindi anche quelle connesse alle coltivazioni illecite. Il punto può essere discutibile, ma resta comunque cosa ben diversa dall’organizzare il narcotraffico. Più volte, peraltro, le FARC si sono dichiarate pronte a sostenere, e ad elaborare in prima persona se necessario, piani per la sostituzione delle coltivazioni di coca e di oppio garantendo ai contadini la commercializzazione dei prodotti alternativi. Ma il punto resta sempre lo stesso: le cause che hanno storicamente generato la sollevazione armata di gran parte del popolo colombiano, sollevazione che si esprime da decenni nelle battaglie dell’esercito guerrigliero fariano, non sono ancora state rimosse. Le FARC rivendicano esplicitamente, attraverso la lotta per l'indipendenza e la liberazione patriottica, democrazia politica e giustizia sociale. Si tratta di una lotta che non può lasciare indifferenti. Alla prossima, Kamo. | |
| | | IndividuoLiberato
Numero di messaggi : 28 Data d'iscrizione : 10.10.07
| Titolo: FARC-EP: SULLA FUGA DEI 15 PRIGIONIERI DI GUERRA Lun Lug 14 2008, 17:57 | |
| FARC-EP: SULLA FUGA DEI 15 PRIGIONIERI DI GUERRA 1. La fuga dei 15 prigionieri di guerra, avvenuta lo scorso 2 luglio, è stata conseguenza diretta dello spregevole comportamento di César ed Enrique, che hanno tradito il loro impegno rivoluzionario e la fiducia che era stata riposta in entrambi. 2. Indipendentemente da un episodio come quello successo, che può darsi in qualunque conflitto politico e militare in cui si presentano vittorie e sconfitte, manteniamo vigente la nostra politica di materializzare accordi umanitari che portino all’interscambio e che proteggano inoltre la popolazione civile dagli effetti del conflitto. Persistendo nella liberazione militare come unica via, il governo dovrà accettare tutte le conseguenze della propria temeraria ed avventuriera decisione. 3. La lotta per liberare i nostri e gli altri combattenti politici incarcerati sarà sempre all’ordine del giorno nell’insieme delle unità fariane, e specialmente nella loro dirigenza. Portiamo tutti loro nella mente e nel cuore. 4. In nessuna parte del mondo e in nessun momento della storia è stato facile il cammino per conquistare trasformazioni rivoluzionarie, anzi, e perciò il nostro impegno si accresce di fronte ad ogni nuova sfida o difficoltà. 5. La pace di cui ha bisogno la Colombia dev’essere il risultato di accordi di cui beneficino le maggioranze, e non sarà la pace dei sepolcri basata sulla corruzione, il terrore dello Stato, la fellonia ed il tradimento. Le cause per le quali lottano le FARC-EP continuano ad essere vive. Il presente è di lotta, ma il futuro è nostro. Segretariato dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EPMontagne della Colombia, 5 luglio del 2008 | |
| | | kamo
Numero di messaggi : 271 Data d'iscrizione : 10.05.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Lun Lug 14 2008, 19:19 | |
| Mi sembra che le FARC non si nascondano dietro un dito con questo comunicato e trovo, Alekos, che ci siano scritte cose che richiamano quanto scrivevi... | |
| | | IndividuoLiberato
Numero di messaggi : 28 Data d'iscrizione : 10.10.07
| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica Mar Lug 15 2008, 00:51 | |
| - kamo ha scritto:
- Mi sembra che le FARC non si nascondano dietro un dito con questo comunicato e trovo, Alekos, che ci siano scritte cose che richiamano quanto scrivevi...
Esatto | |
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| Titolo: Re: Colombia, resistenza patriottica | |
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| | | | Colombia, resistenza patriottica | |
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