Alitalia taglia dal 1° ottobre i collegamenti tra Nord e Sud, nonostante si tratti di voli per lo più “ad elevato coefficiente di riempimento": queste le prime conseguenze dell’acquisizione, un mese fa, del 49% della compagnia aerea nazionale da parte di Etihad Airways, la compagnia degli Emirati Arabi Uniti.
Continua, insomma, lo smantellamento dei settori strategici del Paese e relative privatizzazioni. La Commissione Europea, negli anni, ha intensificato le pressioni sull’Italia non solo per chiedere la privatizzazione (anche) di Alitalia, ma pure per imporre il divieto di rinnovo della flotta e la riduzione della rete con destinazioni internazionali. Un’assurdità per un Paese a forte vocazione turistica come l’Italia, resa possibile dal combinato scellerato pluridecennale di dirigenze aziendali e di governi corrotti e servili.
Superfluo dire che pressoché sicuramente la soppressione dei collegamenti avrà anche pesanti ripercussioni sul fronte occupazionale, sia per i dipendenti diretti di Alitalia che per i lavoratori delle società di movimentazione.
Il sindacato USB segnala come a Torino Caselle si lancino già appelli “per appaltare le rotte a compagnie aeree come RyanAir o Volotea, entrambe caratterizzate dall'applicazione di miseri contratti stranieri ai propri dipendenti e dalla violazione di norme fiscali e contributive del nostro Paese. Tali appelli chiariscono bene quale sia l'approccio in questa situazione: l'unica preoccupazione è quella del servizio mentre nessuno si chiede chi lo fa, a quali condizioni e con quali impatti per il lavoro e l'intera società”.
Anche sul caso Alitalia possiamo adattare per il nostro Paese, parafrasandole, le parole dell’irlandese James Connolly pronunciate circa un secolo fa: la causa dei lavoratori è la causa dell'Irlanda, la causa dell'Irlanda è la causa dei lavoratori.