Sindacati e centrosinistra a destra di Berlusconi
–un'alternativa all'ordine del giorno (di fase)–
In Grecia è lotta senza quartiere. Di massa e nelle strade. Si hanno chiare cause e soggetti in senso lato politici all'origine della "crisi": Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale – Banca Centrale Europea (BCE–FMI), banche d'affari USA in stretto intreccio con il potere (geo)politico a Washington, classe subdominante sedicente "socialista". In Italia analoghe cause, analoghi problemi. Lì stanno prostrando un paese come esempio per gli altri dell'Unione Europea che fossero reticenti e restii ai diktat euroatlantici. In men che non si dica, potrebbero fare lo stesso per l'Italia.
Ma al senso comune politico che domina nelle strade e nelle piazze greche in rivolta, corrisponde qui un senso comune da teatro dell'assurdo che da molto tempo produce una manipolazione assoluta della realtà delle cose, per cui la causa di prim'ordine di tutti i nostri mali è Berlusconi (che è piuttosto anglosassonamente uno "swap", un
derivato) alle cui responsabilità politiche, fatte di politiche neoliberiste, si vuole rispondere da centrosinistra e sindacati affini con politiche ancora più neoliberiste. Insomma, a destra delle destre!
Il PD (a gara con il Terzo Polo dei Casini, dei Fini, dei Rutelli...) non perde occasione per proporsi ormai sfacciatamente come esecutore più succube e prone ai voleri dei padroni di questa nazione. Che vanno ben oltre i Marcegaglia, i Montezemolo, i Marchionne. Ultima, ed emblematica, la richiesta in aula, alla Camera, del segretario PD, Pier Luigi Bersani, di dimissioni dell'amministrazione Berlusconi quale segnale «
per una tregua con gli investitori ed i mercati», per avere «
un po' di tempo» per rispondere il più velocemente possibile alle loro pretese.
L'antiberlusconismo sta non da oggi delineando uno scenario peggiore del già pessimo berlusconismo. E parla come il commissario UE all'economia, Olli Rehn, che oggi ha detto che l'Italia deve accelerare le riforme per il consolidamento dei conti con impatto sul bilancio già l'anno prossimo. Oltre alle privatizzazioni e ai tagli, si insiste ancora per ulteriori interventi sul «
mercato del lavoro» e sullo «
stato sociale». Rehn li ha indicati tra i prioritari nell'ottica di riforme strutturali. Trichet (BCE) ha aggiunto che l'Italia deve accelerare, anticipare, i tempi della manovra da lacrimogeni e sangue già varata. L'
atlantico "president of Italy", George Napolitano, attivissimo –con elmetto NATO in testa– nella guerra d'aggressione alla Libia e ovunque il padrone di Washington disponga, lo è anche –coerentemente– quando si tratta di assicurare l'applicazione delle direttrici politico/mercatiste di comando
atlantiche. E a ruota i Bersani, i Di Pietro, i Casini, i Fini ed il resto della servitù anti-nazionale di complemento.
Il paradosso è che il fottisterio sociale, per figure e forze servili nostrane, ha sempre necessità di appellarsi alla nazione che ne subisce gli effetti. Un modo per esorcizzare la grande paura di una sollevazione generale che possa venire e allo stesso tempo portare l'Italia alle condizioni da massacro sociale alla greca, in un contesto però che si vorrebbe –e per ora si sta sostanzialmente ottenendo– di generale acquiescenza e rassegnazione. E allora eccoli sfrontatamente compunti nell'appellarsi alla «
coesione nazionale» prostrandosi –con i loro privilegi– alle «
leggi di mercato». Un'impostura che durerà fintantoché non emerga una forza che gli interessi della nazione li vada ad affermare effettivamente e che spazzi via politicamente questo putridume.
All'insegna di tale impostura il documento comune presentato ieri a palazzo Chigi dalle "parti sociali", cioè dai ceti dirigenti ben pagati che si vogliono rappresentativi di dette "parti sociali". Assunto come asse il solito ciborio euroatlantico di FMI-BCE (e cioè privatizzazioni, tagli, liberalizzazioni, prelievi fiscali ulteriori, "modernizzazione" del mercato del lavoro...), salvo un distinguo della CGIL sulle privatizzazioni, giusto per ragioni di immagine. Del resto, l'andazzo in Cgil è chiaro da molto tempo e lo dovrebbe essere ancor più dopo la firma del "patto di cartello" con Confindustria. Un patto scellerato maturato sull'onda delle sempre più vessatorie pretese monetariste e neoliberiste dell'Unione Europea, e della stangata economica "europea" varata da Tremonti a metà luglio, pretesa esplicitamente dall'asse euroatlantico BCE–FMI sotto ricatto dello spauracchio greco («
non fare la fine della Grecia») e «
rafforzata» in conseguenza degli attacchi speculativi nel nostro paese nei giorni immediatamente precedenti il varo.
All'ordine del giorno (di fase) l'alternativa sempre più evidente è: mettere in discussione il funzionamento dell'Unione Europea o, piuttosto, la sua stessa esistenza e, per quel che ci riguarda, la nostra permanenza? La durezza dei fatti obbligherà comunque ad una risposta.
Indipendenza
5 agosto 2011