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 Crisi libica

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Hoffa

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MessaggioTitolo: Crisi libica   Crisi libica Icon_minitimeSab Mar 12 2011, 17:02

Vi posto il punto di vista differente circa le rivoluzioni in Africa Settentrionale che riguardano l'Egitto, la Libia e la Tunisia.

Crisi libica. Cerchiamo di vederci chiaro
Alberto B. Mariantoni


In qualsiasi crisi internazionale, il dramma principale con il “nostro” americanizzato Occidente – ogni giorno di più mercantilista, faccendiere, trafficante, concupiscente, manutengolo, prosseneta, truffatore, ciarlatano, doppiogiochista, falso moralista, mutevole e capriccioso dispensatore di indulgenze o di anatemi (a tassametro… e tariffa variabile ed arbitraria!), nonché costantemente fedigrafo, fellone e maramaldo – è che, per “grazia ricevuta” (non si sa bene da chi…) – e pur essendo, ogni volta ed in qualsiasi genere di conflitto, diretto contendente o semplice parte in causa – ha invariabilmente tendenza ad auto-escludersi da qualsivoglia trasgressione o responsabilità e ad ergersi simultaneamente e pregiudizialmente a neutro e salutare tutore dell’ordine, giudice imparziale, indispensabile soccorritore “umanitario” e boia di servizio.

In altre parole, l’Occidente – per se stesso, ed agli occhi delle nostre atomizzate ed ottenebrate popolazioni – è sempre e comunque il “buono”, e gli altri, invece, costantemente i “cattivi”!

Ultimo exploit di questo genere, le bellicose prese di posizione di alcuni Paesi dell’Occidente, nei confronti del regime del Colonnello Gheddafi, ed in relazione alla situazione di “guerra civile” che, dal 17 Febbraio scorso, sta vivendo la Libia o, se si preferisce, la gheddafiana Al Jamahiriyah[1] al `Arabiyah al Libiyah ash
Sha`biyah al Ishtirakiyah (Giamahiriya araba, libica, popolare, socialista).

Questa “Nazione” – con i suoi 1.755.550 chilometri quadrati di superficie (quasi 4 volte la Francia, anche se per tre quarti desertico) ed i suoi 5 o 6 milioni di abitanti (in maggioranza di etnia berbera, con importanti presenze arabe ed arabizzate, ed almeno il 22-25% di stranieri[2]) che sono tradizionalmente ripartiti e disseminati in cinque regioni principali (la Tripolitania, la Cirenaica, la Sirte, il Fezzan e l’oasi di Kufra) e culturalmente/politicamente lottizzati all’interno di una contraddittoria e discontinua miriade di tribù[3], solitamente reciprocamente avversarie o antagoniste – non può essere, in nessun caso, paragonata alla Tunisia o all’Egitto.

Cerchiamo di vederci più chiaro

La Libia, infatti – con una produzione di all’incirca 1,7 o 2 milioni di barili di petrolio al giorno (secondo produttore dell’Africa, dopo la Nigeria) ed un PIL di all’incirca 87 miliardi di dollari (14.200 usd per abitante) l’anno – è uno dei Paesi chiave dello scacchiere Mediterraneo. Soprattutto, per quanto riguarda l’Italia e le sue molteplici e multiformi implicazioni economiche con quello Stato. In particolare, l’ordinario interscambio commerciale che tende ad oscillare tra i 12 ed i 20 miliardi di dollari l’anno, ed una quota di mercato del 17,4% nelle importazioni Italiane (principalmente, petrolio e gas che sono rispettivamente calcolabili e quantificabili ad all’incirca il 24% ed il 15% del nostro fabbisogno nazionale). Importazioni che pongono la nostra Penisola al primo posto, tra i diversi Paesi del mondo (addirittura il 60-70% di più del volume di import che è vantato dall’ormai potentissima ed influentissima Cina), all’interno dell’antico Mare nostrum. Questo, senza contare gli importanti e, in questo momento, indispensabili e vitali coinvolgimenti finaziari libici, con i maggiori gruppi economici italiani, come ENI, Finmeccanica, Ansaldo, Impregilo, Unicredit, Assicurazioni Generali, Telecom, la Juventus, etc., per non citare che i più considerevoli.

Va da sé, quindi, che la rivolta civile e militare di una parte della popolazione libica, contro l’attuale regime del Colonnello Gheddafi – a differenza delle taroccate e supermediatizzate “rivoluzioni” di Tunisia e d’Egitto (dove nulla, fino ad oggi, per quanto riguarda i rispettivi Regimi al potere, mi sembra che sia sostanzialmente cambiato!)[4] – non può essere assolutamente imputata alla mancanza di pane o di farina, né alla disoccupazione galoppante, né al basso reddito dei cittadini, né all’insufficiente protezione sociale, né alla carenza di infrastrutture, né alla penuria di civili abitazioni. Ma è piuttosto attribuibile – oltre che alla quasi inesistenza di libertà di parola e di stampa, nonché di democrazia (nel senso che vengono intese in Occidente) – ai tortuosi, complicati e costantemente instabili rapporti di forza e di interesse spicciolo che, da sempre – nonostante gli innumerevoli, reiterati e vani tentativi del regime libico di unificare o amalgamare giamahiricamente l’insieme dei suoi abitanti – continuano ad intercorrere tra le differenti e competitrici organizzazioni tribali del Paese. Una situazione che – volendolo… o qualora un qualsiasi interesse politico/economico esterno alla Libia, lo ritenesse opportuno o conveniente – può senz’altro favorire e rendere molto più facili e realizzabili eventuali e più generalizzati tentativi di corruzione e di manipolazione ad hoc di una larga fetta dell’opinione pubblica libica (quella, ad esempio, che – da un certo numero di anni – è praticamente esclusa dalle leve effettive del potere), nei confronti di quei gruppi tribali che, intingendoci il loro “maritozzo”, tendono ovviamente ad identificarsi con le strutture della Giamahiriya di Gheddafi o a sentirsi direttamente o indirettamente alleati o associati di questi ultimi.

Detto ciò, con questa mia lunga (ma, credo, indispensabile) introduzione, non voglio assolutamente difendere l’indifendibile Colonnello di Tripoli, né tanto meno pretendere che il suo regime sia il nec plus ultra di una qualsiasi dinamiica, emancipata ed evoluta società.

Che Gheddafi sia quello che sia o sia sempre stato – cioè, quel balzano, eccentrico e lunatico personaggio utopista/visionario che tutti conosciamo – ed il suo regime, quell’arzigogolata forma di ordinaria e nepotistica autocrazia che ci è dato di constatare, non mi sembra che possa suscitare una qualsiasi discussione.

L’autocrate in questione ed il suo regime, infatti, sono quelli che sono sempre stati (anche se con tratti, sfaccettature ed apparenze convenzionali diverse, iridescenti e successive). E questo, invariabilmente, dal 1 Settembre 1969: data del Colpo di Stato realizzato dall’allora Capitano Muammar Al-Gheddafi e dagli altri 11 “Ufficiali nasseriani”[5], contro il loro contemporaneo e molto accomodante (con i Britannici e gli Statunitensi) primo ed ultimo Re/fantoccio della Libia, Idris I che, altri non era, che il religiosissimo e modesto “santone” Sayed Muhammad Idris bin Muhammad al-Mahdi as-Senussi (1889-1983).

Per quanto riguarda l’Italia, il Colonnello e la sua particolare autocrazia – nonostante l’iniqua e forzata esplulsione di più di 22.000 nostri connazionali, improvvisamente decretata dal suo nuovo regime (tragedia umana che non suscitò, allora, da parte della nostra Farnesina, nemmeno un banale telegramma di proteste formali!) – sono ben conosciuti nel nostro Paese. E questo, sin dall’epoca democristiana e/o del primo centro-sinistra. Momenti storici in cui, i vari Governi di Roma – pur rifiutando ogni contatto pubblico con l’allora definito “beduino della Sirte”, e su costante pressione politica e diplomatica di Washington – non si vergognavano affatto di fornire graziosamente alla Libia, interi reggimenti di carri armati e di trasporti blindati di truppe (ufficialmente in surplus o in disuso…) dell’esercito italiano ed, addirittura, a fare recapitare, via la OTO-Melara di La Spezia, perfino sofisticatissimi missili OTOMAT-1 e OTOMAT-2, nonché costosissimi e performanti aerei d’addestramento (e relativo personale tecnico) della SIAI-Marchetti, per il tirocinio o la pratica corrente dei suoi aspiranti pilotii. Il tutto, ovviamente, senza prendere in considerazione la volontaria e quotidiana collaborazione della nostra Intelligence militare che più di una volta – con le sue costanti, bene informate e risolutive “soffiate” (ad esempio, nel 1987 e nel 1993) – ha reiteratamente permesso, all’ineffabile Colonnello di Tripoli, di salvare regolarmente il “trono” e, in diverse occasioni, finanche la pelle, facendogli metodicamente conoscere, con ampio anticipo e dovizia di dettagli e di particolari, non soltanto le date ed i luoghi delle diverse e segrete riunioni dei diversi congiurati ma, perfino i nomi, i cognomi e gli indirizzi di coloro che, tra i suoi “amici” o tradizionali rivali, stavano tramando, nell’ombra, possibili attentati contro la sua persona o veri e propri colpi di Stato contro il suo regime.

Diciamo, insomma, per sintetizzare, che, per quanto riguarda l’Italia, la relazione con la Libia è sempre stata dettata da una continua e costante volontà di realpolitik. Una “politica realistica”, in fin dei conti, che è stata invariabilmente seguita e perpetuata nel tempo dall’insieme dei Governi italiani degli ultimi 40 anni: da quello di Spadolini a quello di Craxi, da quello di Amato a quello di D’Alema, da quello di Dini a quello di Prodi e, dulcis in fundo, anche dai due successivi governi Berlusconi.

L’incorregibile Occidente

Things standing thus (così stando le cose), mi domando e dico: è ammissibile ed accettabile che i medesimi Paesi dell’Occidente che, per 42 anni, hanno ininterrottamente permesso a Gheddafi ed al suo Regime, di rimanere al potere in Libia – ed i cui diversi Primi ministri e differenti Ministri degli esteri, fino a ieri, facevano letteralmente a gomitate, per cercare di farsi ricevere, in “pompa magna, dal Colonnello, sotto la sua fiammante tenda (la tradizionale “guitun” dei beduini del deserto), nella speranza di potergli rifilare qualche stock di armamenti o per potere semplicemente ottenere, da lui, qualche favorevole e “scontato” contratto di greggio – facciano finta, oggi, di non conoscerlo, addirittura come se il Colonnello in questione ed il suo Regime fossero improvvisamente balzati fuori dal cappello di un mago? Per giunta, affrettandosi pubblicamente a “stracciarsi le vesti”, per il suo inammissibile comportamento (…«fa sparare sul suo stesso popolo in rivolta»!); a deferirlo al Tribunale internazionale[6] dell’Aja, per “crimini contro l’umanità”; a congelargli l’insieme dei suoi averi finanziari presso le banche occidentali (quando, invece, ce li versava, andava benissimo!); ad invocare il “diritto di ingerenza”, per scopi “umanitari”, attraverso l’invio di navi da guerra, per poterlo intimidire e convincere a dimissionare e partire in esilio.

Io, onestamente, credo che non sia affatto ammissibile, né accettabile!

Non perché, secondo la Carta delle Nazioni Unite, tutti gli Stati membri dell’ONU (meno, ovviamente, Stati Uniti, Gran Bretgna, Francia, Russia e Cina, in quanto – essendo membri permanenti del Consiglio di sicurezza e possedendo il “diritto di veto” che gli altri Stati non hanno – sono “più uguali” degli altri!) sono parimenti indipendenti e sovrani, e come tali – Libia[7] compresa – dovrebbero, come minimo, essere analogamente rispettati, per quanto riguardano i loro affari interni. Ma semplicemente, per proverbiale e banale buonsenso!

C’è diritto e “diritto”…

Per cercare di capire, però, ciò che sto cercando di trasmettere all’ignaro, spesso smemorato e costantemente manipolato e forviato lettore del nostro tempo, proviamo ad immaginare questa semplice ipotesi.

Immaginiamo, per assurdo, che una qualunque barca a remi della flotta militare libica – in concomitanza con le infuriate e distruttive rivolte delle diseredate popolazioni afro-americane delle città di Atlanta, Denver, Las Vegas, Los Angeles, San Francisco, New York, etc., negli anni ‘60[8], ’70, ’80 o ‘90, in ogni occasione, largamente represse nel sangue dalla Polizia, dalla Guardia Nazionale e dall’Esercito degli Stati Uniti – avesse deciso, magari soltanto per curiosare o proporsi di distribuire qualche pacco dono ai necessitanti, di tentare di avvicinarsi alle coste del Massachusetts, della Pensilvania, della Florida o della Luisiana, come avrebbe reagito il Governo di Washington? E come avrebbero reagito, dal canto loro, i Governi di Londra e di Parigi, se la medesima barca a remi di cui sopra – in simultaneità e tempismo con le violente e pericolose sommosse, negli anni ’80, delle popolazioni di colore di alcune “outskirts” (periferie) delle città britanniche o con quelle molto più rabbiose e radicali delle “banlieues” francesi degli anni ‘90 e 2000 – avesse deciso di avvicinarsi alle coste dei suddetti Paesi?

Tutti scandalizzati ed oltraggiati, invece, in Occidente, dalle aggressive dichiarazioni del Leader libico (…«se mi attaccate, ci sarà un bagno di sangue»!), quando – a seguito dei disordini e degli scontri fratricidi che si stanno svolgendo in Libia dal 17 Febbraio scorso – la portaerei statunitense Uss Enterprise, la portaelicotteri Uss Kearsarge (con a bordo all’incirca 800 marines), la Uss Ponce (strapiena di munizioni e di mezzi da sbarco) e la Uss Andrid (con nella stiva numerosi blindati), la portaelicotteri francese Mistral e le fregate britanniche HMS Westminster (imbarcante alcuni elicotteri MK 8 Lynx e diversi lancia-missili) e HMS York (idem come sopra), decidono arbitrariamente di posizionarsi di fronte alle coste libiche, eventualmente… per imporre manu militari un’eventuale “no fly-zone” (divieto di decollo e/o di sorvolo) su territorio di quello Stato e/o per portare soccorso “umanitario” o, al limite, manforte militare agli insorti anti-Gheddafi.

Qualcuno potrebbe ribattermi: cosa ci sarebbe di anormale, nel comportamento dei suddetti Paesi occidentali? E soprattutto degli Stati Uniti d’America che, come tutti sanno – da provetti, ultra-sperimentati e permanenti “liberatori” del mondo – non potrebbero fare altro, per ragioni “umanitarie” (sic!), che intromettersi negli affari interni della Libia che, come sappiamo, non solo non rispetta né ha mai rispettato i “Diritti dell’Uomo” ma, si permette addirittura il lusso di far sparare addosso ai suoi propri cittadini in rivolta!

Questo genere di argomenti – anche se il lettore, molto probabilmente, lo avrà senz’altro dimenticato o, verosimilmente, non lo avrà nemmeno mai saputo – est simplement du déjà vu…

Io personalmente, ad esempio (per ricordare solamente le ingerenze militari USA più flagranti e conosciute, negli ultimi 30 anni), li ho già visti utilizzare dai “buoni” di Washington, in innumerevoli e differenziate occasioni. In modo particolare: a Grenada, il 25 Ottobre 1983, contro l’allora Governo legittimo di quell’Isola caraibica; in Nicaragua, tra il 1984 ed il 1990 – via la CIA ed i Contras o Milicias Populares Anti-Sandinistas (MIPLAS) o Fuerza Democrática Nicaragüense (FDN) – contro l’allora regolarmente eletto Governo sandinista del Paese; a Panama, il 23 Dicembre 1989, contro il loro ex-agente segreto Manuel Noriega, il suo governo ed il suo esercito; in Iraq, tra il 2 Agosto 1990 (l’invasione irachena del Kuwait) e l’Operazione Tempesta nel deserto[9] (17 Gennaio – 28 Febbraio 1991) contro l’allora regime di Saddam Hussein; in Somalia, nel 1992, con la Missione USA/NATO, “restore hope”; in Serbia, nel 1999 – via l’aviazione US-Air-Force e NATO (quella italiana compresa) ed i separatisti albanesi dell’UÇK (Ushtria Çlirimtare e Kosovës) e dell’ “Esercito di liberazione del Kosovo” (KLA) – contro l’allora Governo del Presidente Milosevic/Milošević; in Afghanistan – a partire dall’11 Settembre 2001 (il “provvidenziale”?… e, fino ad oggi, mai chiarito attacco aereo al Pentagono ed alle Torri Gemelle del World Trade Center di New York)[10] – contro il Governo dei Talebani, alleato di al-Qaeda; situazione che, a sua volta, provocò, il 7 Ottobre 2001, l’invasione USA e NATO di quel Paese, che ancora perdura…; in Iraq, di nuovo[11], a partire dal 20 Marzo 2003, con l’invasione e l’occupazione militare USA/Britannica & C. di quel Paese, che è tuttora sempre in corso.

Insomma, come in un ripetitivo, monotono e soporifero copione teatrale – ed anche se nessuno sembra stranamente accorgersene o notarlo – i Paesi occidentali, come al solito, sono sempre i “buoni”, ed i “cattivi”, sempre e comunque gli “altri”!

Il più pulito ha la rogna

Ma allora, mi si potrebbe rimbeccare: il diritto, i principi e la morale internazionale che sono, ogni volta, invocati dagli Stati o dai Governi occidentali, per giustificare i loro ciclici e sistematici interventi militari, a cosa corrisponderebbero?

E’ presto detto… A mio giudizio, alla classica e proverbiale “foglia di fico” dietro la quale, ogni volta, i suddetti Stati e Governi – contando sull’invariabile “memoria corta” dell’uomo della strada – cercano constantemente di nascondere gli innumerevoli e puzzolenti “scheletri” che continuano copiosamente ad abbondare all’interno dei loro guarniti ed orripilanti “gardaroba”!

I “buoni” di Washington

Prendiamo, per cominciare, i “moralisti” statunitensi… Vale a dire, quegli “splendidi” e super-mediatizzati personaggi, ufficialmente al di sopra di ogni sospetto, che dalla Casa Bianca si auto-concedono, ogni giorno, la costante e sfacciata libertà di assegnare “punti” a destra ed a manca. Ed, in soprappiù, si permettono perfino di impartire ordini e coercitive direttive a questo o a quel Paese, a proposito di ciò che si dovrebbe fare, oppure non fare, a casa degli altri.

Ebbene, nel loro caso, sarebbe ugualmente interessante sapere, come mai, la stampa embedded del mondo – che tende costantemente a fornire loro, un quotidiano e prezioso alibi di pubblica “dirittura” e “morigeratezza” – preferisca contemporaneamente dissimulare, agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, tutta quella serie di infamanti e nauseabondi retaggi che sono ordinariamente custoditi, all’interno dei tradizionali “guardaroba” dei suddetti “gentlemen”. Come quelli, ad esempio:

- dei feroci e criminali sterminatori di più di 85 Nazioni indiane/pellerossa (all’incirca 6/7 milioni di aborigeni scomparsi nel nulla), dell’America del Nord;

- dei vomitevoli e ripugnanti propagatori – assieme agli Spagnoli, i Portoghesi, gli Olandesi e gli Inglesi – della moderna “tratta degli schiavi” (5/6 milioni di Neri rapiti e forzatamente importati dalle coste dell’Africa, con più di 3 milioni di morti nel corso dei viaggi di trasferimento in America);

- dei disgustosi gnomi e degli insaziabili sciacalli che, nel 1929, in occasione dell’allora crash borsistico di Wall-Street, non esitarono affatto a mettere sul lastrico ed a distruggere l’esistenza di infinite moltitudini di artigiani, piccoli commercianti e contadini, lasciando disinvoltamente che all’incirca 10 milioni di loro, morissero letteralmente di fame o di stenti, essendo stati deliberatamente destinati ad essere gratuitamente sacrificati sull’altare del loro intoccabile liberismo e degli egoistici e famelici interessi dei soliti speculatori finanziari internazionali;

- dei ributtanti e disgustosi inventori ed applicatori della “segregazione razziale” (che negli USA ha invariabilmente continuato ad assere rigososamente applicata, fino a tutti gli anni ’60);

- degli stomachevoli promotori ed inflessibili curatori di centinaia di “campi di concentramento” per la quasi totalità dei loro stessi cittadini di origine italiana, tedesca e giapponese (tra i 3 ed i 4 milioni di persone di ogni età, pensiero e condizione che – ancor prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale – furono arbitrariamente arrestate, deportate nelle zone più desolate ed impervie del Paese e rinchiusi dietro ai fili spinati “democratici”, con morie generalizzate avvicinanti il 25-30% degli internati, dal 1941 a tutto il 1949-50, ed in certi casi fino al 1951-52, per il solo “crimine” di avere un’origine etnica e culturale diversa da quella anglo-sassone!); questo, senza contare i campi di concentramento[12] che gli USA hanno ultimamente allestito, nel loro attuale presente, per un prossimo eventuale futuro;

- degli spietati e terroristici annientatori atomici di Hiroshima (140 mila morti)[13] e di Nagasaki (70 mila morti) e degli oltre 3.500.000 civili spazzati via dai loro terrificanti ed impietosi raid aerei sui diversi Paesi europei dell’Asse;

- dei volgari criminali di guerra che fecero morire di fame e di stenti, a guerra finita, in Francia, più di all’incirca 800.000 prigionieri tedeschi (vedere, in proposito: James Bacque, “Morts pour raisons diverses”, ed. Sand, Parigi, 1990);

- degli incivili ed inumani stupratori – tra il 1942 ed il 1945 – di almeno 17.000 donne inglesi, francesi e tedesche (in proposito, vedere : J. Robert Lilly, “Stupri di guerra”, Mursia, Milano, 2005);

- degli arroganti e gangsteristici aggressori militari di almeno 62 Stati[14] indipendenti nel mondo, dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi;

- dei cinici ed arroganti artefici di più di 110 anni di imperialismo[15] indiscriminato;

- degli spavaldi e delinquenziali utilizzatori dell’insieme delle armi di distruzione di massa (nucleari, biologiche, chimiche) che esistono a tutt’oggi sul mercato, ivi compresi gli obici ed i missili perforanti forgiati con il mortale ed inquinante (per millenni) uranio “impoverito” (sic!);

- degli imperterriti ed implacabili carnefici (per il “bene” delle loro vittime, ovviamente!) di almeno 2 milioni di Coreani del Nord; di 3 milioni di Vietnamiti e di Cambogiani (ivi compreso, con la diossiona o “agent orange”…); di almeno 250 mila militari Iracheni (durante la prima Guerra del Golfo, nel 1991) e più di 400 mila soldati e miliziani di Saddam Hussein nel corso della Seconda (2003-2004), senza contare lo spiacevole ed increscioso “danno collaterale” di più di 96.000 civili iracheni (quindi, assolutamente non combattenti) fatti sparire nel nulla, né quello di 500 mila bambini e neonati iracheni, lasciati cinicamente morire, dalla mancanza di medicine o dalla mal nutrizione, nel corso del vergognoso ed inammissibile embargo USA/UK/ONU contro quel Paese (1991-2003); il tutto, per un “banale” e macabro totale di all’incirca 1.421.993 morti[16] iracheni, tra il 2003 ed i nostri giorni; di almeno 2 milioni e mezzo di Afghani (tra combattenti e civili, includendo il deliberato crimine di guerra USA di 8.000 prigionieri di guerra Talibani, di etnia Pashtun, a Dasht-E Leili, il 21 novembre 2001, e – tra le tante altre – l’ultima strage di 9 bambini[17], tra i 9 ed i 15 anni, il 3 Marzo scorso); questo, senza prendere in conto le migliaia di Serbi, di Somali, di Sudanesi, di Filippini, di Cubani, di Nicaraguensi, di Costaricani, di Panamensi, di Haitiani, di Colombiani, di Messicani, di Domenicani, etc., caduti sotto le loro bombe “liberatrici”;

- dei barbari ed efferati ideatori e curatori delle vergognose Carceri segrete della CIA[18], nonché degli allucinanti e raccapriccianti lager “fuori legislazione nazionale” di Guantanamo, Abu-Ghraib, Mazar-i-Sharif, Diego Garcia e dell’insieme degli altri lucubri ed agghiaccianti luoghi di detenzione e di brutale e selvaggia tortura[19] che gli USA continuano a nascondere o dissimulare all’interno di diversi Paesi del mondo;

- dei furfanteschi e schizofrenici autori e beneficiari del “Military Commission Act” del 2006 (tuttora in vigore), con il quale il Governo di Washington – in dispregio e beffa alla sua medesima Costituzione e alle diverse legislazioni nazionali del resto dei Paesi del mondo – può benissimo “perseguire o imprigionare sine die, qualsiasi persona designata ‘nemica” (in altre parole, chiunque, nel mondo, può essere arbitrariamente rapito o sequestrato, nonché deportato, imprigionato e detenuto dai Servizi segreti statunitensi, come “nemico combattente illegale”, non sulla base di un qualsiasi straccio di prova legale ma, solo ed esclusivamente poiché il Governo degli USA lo ha soggettivamente ed arbitrariamente deciso!);

- degli sfacciati e vergognosi occupatori e sfruttatori di una serie di colonie de facto che gli USA (che hanno sempre preteso di non averle mai possedute!) continuano ad occupare e mantenere nel mondo, come Guam, le Marianne del Nord, le isole Marshall, la Micronesia, Palau, Porto Rico, le isole Samoa Orientali e le isole Vergini americane (Saint-Thomas, Sainte-Croix e Saint-John), nonché l’isola di Diego Garcia (nell’Oceano Indiano) e le isole Hawaii; senza parlare delle 720 Basi militari che detengono nel mondo (di cui più di 100, tra basi ed installazioni logistiche e militari USA/NATO, soltanto in Italia!) e dei numerosi Paesi “amici” o “vassalli” su cui i medesimi Stati Uniti esercitano una precisa e coercitiva influenza politica, economica, culturale e militare, come l’Egitto, l’Arabia Saudita, il Kuwait, la Corea del Sud, Taiwan, l’Italia, la Germania, la Grecia, la Spagna, la Turchia, il Marocco, la Tunisia, la Giordania e diversi paesi dell’Africa Centrale e dell’America latina.

Con un tale voluminoso, “esaltante” e non esaustivo Curriculum, gli Stati Uniti d’America possono davvero essere oggettivamente considerati i naturali rappresentanti ed i privilegiati patrocinanti del diritto, dei principi e della morale?

Vediamo gli Inglesi

Non parliamo dei loro degni e confrontabili “compari” di sempre: i Britannici… “Buon sangue” (anglosassone) non mente!

Ebbene, per toglierci la curiosità, cerchiamo ugualmente di indagare a proposito dell’ordinario retaggio storico che questi “aristocratissimi”, “moralissimi” e “flemmaticissimi” Dandys… tendono abitualmente a dissimulare o mascherare, nei loro reconditi e pestilenziali “armadi”,

Chissà, dunque, se qualcuno, nell’Occidente di oggi, ancora si ricorda o è mai venuto a conoscenza dell’iter, ad esempio:

- dei brutali e ferini sterminatori di all’incirca 500 tribù aborigene dell’Australia e della quasi totalità degli autoctoni della Nuova Zelanda (in tutto, almeno 4/5 milioni di persone), senza dimenticare le tribù indiane/pellerossa del Canada (non meno di 1 milione);

- dei più efferati e bestiali colonizzatori (assieme ai Francesi) e sfruttatori del Terzo mondo, con 34.621.642 chilometri quadrati di territorio occupato e 449.213.000 autoctoni sottomessi ed oppressi; colonie, naturalmente, mantenute fino a tutto il 1948-1950 ed in moltissimi casi fino al 1967/68, senza contare quelle che ancora oggi posseggono… come l’Irlanda del Nord; le isole di Jersey, Guernesey, Aurigny e Sercq sulla costa francese; l’isola di Anguilla; l’arcipelago delle Bermude dirimpetto alle coste USA, sull’Atlantico-Nord; le isole Falkland sulla costa argentina; le isole Cayman; Gibilterra in territorio spagnolo; nonché l’isola di Man, l’isola di Montserrat, le isole Chagos, le isole Pitcairn, le isole di Sant’Elena, Tristan De Cunha e Ascension, le isole Sandwich, le isole Turks e Caicos, le isole Vergini – come Tortola, Anegada, Virgin Gorda, etc.;

- degli incalliti despoti ed instancabili aguzzini – per secoli – delle popolazioni Scozzesi, Irlandesi e Gallesi;

- dei furbeschi ed interessati inventori della pirateria moderna ed, a quel titolo, instancabili ed impuniti predatori delle ricchezze delle allora potenze marittime europee (con i loro principali pirati, naturalmente, onorati e nobilitati, in seguito, dalla Corona britannica!);

- dei vomitevoli realizzatori delle prime deportazioni forzate di massa delle loro stesse popolazioni, presso le colonie d’oltre Oceano, per “risolvere” liberisticamente i problemi sociali interni del loro Paese;

- dei cinici e delinquenziali fomentatori di ben due Guerre dell’oppio[20] in Cina (nel XIX secolo), con milioni di morti e distruzioni incalcolabili;

- degli ideatori e gestori, tra il 1899 ed il 1902, dei primi Campi di concentramento della storia, contro i Boeri, in Sud Africa (vedere: Andrzej Kaminski, “I campi di concentramento dal 1896 a oggi” – Storia, funzioni, tipologia – Torino, Bollati Boringhieri, 1997);

- dei primi “altruistici” e “disinteressati” gasatori di Curdi (all’incirca 22 mila morti), già agli inizi degli anni ’20, nel Nord-Est dell’Iraq;

- degli spietati assassini delle indifese e martirizzate popolazioni di Dresda (oltre 50/60 mila morti) e di Amburgo (42 mila morti);

- dei biechi ed orripillanti iniziatori ed applicatori dell’Apartheid e della segregazione razziale, fino a tutti gli anni ’90;

- dei “civilissimi” e “lungimiranti” inventori dei Bantustan;

- degli annosi, tirannici e criminali sopraffattori e sfruttatori delle popolazioni del Sud Africa, della Rodhesia, della Zambia, della Namibia, della Tanzania, del Botswana, dell’India, dell’Afghanistan, dell’Egitto, del Sudan, del Kenia, della Nigeria, del Ghana, dell’Uganda, dell’Iraq, del Bahrein, del Kuwait, dello Yemen, del Qatar, di Cipro, della Palestina, etc. (luoghi, dove ancora oggi, “grazie” ai loro intrighi di un tempo ed alla loro “benvegliante” presenza storica, ancora si stenta a restaurare una qualsiasi forma di pace!).

Orbene, anche questi “galantuomini” avrebbero la “faccia di bronzo” di ergersi a censori e moralisti della sanguinosa repressione politica e militare del regime di Gheddafi nei confronti dei suoi oppositori? Magari, come nel caso precedente, reclamamdosi ugualmente del diritto, dei principi e della morale?

Diamo uno sguardo ai nostri “cugini” d’Oltralpe

E che dire, visto che ci siamo, dei “democraticissimi”, “civilissimi” e “tollerantissimi” Francesi? Ovverosia, gli attuali discendenti e connazionali:

- dei “gloriosi” sterminatori della quasi totalità delle popolazioni della Vandea;

- degli squallidi ed implacabili decimatori di una larga parte dei loro schiavi neri di Haiti;

- degli “illustri” ed “ardimentosi” massacratori e torturatori delle popolazioni siriane e libanesi, nonché di quelle del Ciad e della Costa d’Avorio, della Guaiana e della Martinica, della Mauritania e del Malì, del Marocco, dell’Algeria e della Tunisia, nonché della Cambogia, della Cocincina, del Madacascar, delle Comorre e della Nuova Caledonia.;

- degli ignobili ed infami mandanti ed organizzatori delle operazioni di stupro e di sodomia – con le loro “gentilissime” ed “amabilissime” truppe marocchine (i tristemente celebri “Goumiers”) del Generale Alphonse Juin – di all’incirca 3.500 donne (di età compresa tra gli 8 e gli 85 anni) e di 800 uomini della Ciociaria, nel 1944 (vedere in proposito: Luciano Garibaldi, “L’assalto alle ciociare”, in periodico “Noi”, 1994);

- dei feroci e disumani responsabili delle carneficine, delle torture e degli scempi praticati in Algeria (più di 1 milione di morti, tra l’8 Maggio del 1945, giorno della fine della Seconda guerra mondiale in Europa, ed il 1962, data dell’indipendenza di questo paese!), in Indocina, nel Laos e nella Cambogia (per un totale di più di 2 milioni di morti), per non abbandonare e restituire, ai loro legittimi proprietari, quei territori;

- degli spietati e crudeli programmatori e coordinatori – insieme agli Inglesi – delle più importanti e selvagge deportazioni forzate delle loro popolazioni, presso le loro colonie d’oltre mare, per “risolvere” radicalmente il problema sociale all’interno del loro Paese;

- dei più feroci e malvagi colonizzatori (dopo gli Inglesi, naturalmente!) del Terzo mondo, con 11.854.765 chilometri quadrati di territorio occupato e 67.280.500 autoctoni soggiogati, calpestati ed angariati; possedimenti, naturalmente, mantenuti fino a tutto il 1948-1953 ed, in moltissimi casi, fino al 1962, senza contare quelle che tuttora posseggono nel mondo… come la Guadalupe, la Martinique, la Guyana Francese, la Réunion, la Nuova Caledonia, la Polinesia francese, Wallis-et-Futuna, le Terre australi e antartiche Fr. o Kerguelen, la Mayotte, Saint-Pierre-et-Miquelon, Saint-Paul; una serie di possedimenti che, ancora oggi, vengono ufficialmente e pudicamente definiti “Territoires d’Outre Mer”…

Anche questi Tristes Sires, come i precedenti, sarebbero gli altri “nobili” e “spassionati” personaggi che – ancora una volta… in nome del diritto, dei principi e della morale – risentirebbero il sacrosanto dovere, non solo di dare lezione di “Educazione civica” e di “Diritti dell’Uomo” alla JALPS libica ma addirittura, di fare la “voce grossa” nei confronti del berbero-arabizzato della Sirte? Lasciamo perdere…

Il Muammar Gheddafi, i suoi figli e cugini, nonché le poche tribù ed i miliziani giamahirici che ancora gli restano fedeli, per i loro sanguinari tentativi di riconquista della Libia, possono pure essere considerati dei delinquenti e degli assassini (e non è escluso che, nel loro piccolo, lo siano davvero), ma possiamo oggettivamente compararli con gli autori dei generalizzati ed incomparabili crimini di cui l’Occidente dovrebbe semplicemente vergognarsi?

Un attacco all’Italia?

Ed allora, incomincia davvero a sorgermi un serissimo e fondato dubbio. Quello, per l’appunto, che sia proprio questo bastardo e delinquenziale Occidente – Stati Uniti e Gran Bretagna in testa! – a manovrare furfantescamente, da dietro le quinte, sia la cosiddetta “rivolta” araba che l’attuale “insurrezione” anti-Gheddafi in Libia.

Come chiunque può benissimo verificarlo, infatti, dopo le brevi, circoscritte (e fino a prova del contrario) addomesticate “rivoluzioni” in Tunisia ed in Egitto, e le loro velocissime ed omertose “normalizzazioni”[21] – immediatamente suffragate e canonizzate dalle visite-lampo di una serie di personaggi notoriamente legati al cosmopolitismo finanziario internazionale, come i ministri francesi, Christine La Garde (Economia e Finanze) e Laurent Wauquiez (Affari europei), a Tunisi (22 Febbraio 2011); il Primo ministro britannico David Cameron, in Egitto (21 Febbraio 2011); e la responsabile della diplomazia europea, l’anglosassone Catherine Ashton, a Cairo (22 Febbraio 2011) ed a Tel-Aviv (23 Febbraio 2011) – si incomincia ad intravedere l’effettivo significato e senso dell’improvvisa e “spontanea” ondata di disordini che, dal mese di Dicembre scorso, continua ad investire alcuni Paesi del Mondo arabo. E, guarda caso, ad escluderne ed a risparmiarne sorprendentemente altri… – come l’Arabia saudita ed il Kuwait – che, nonostante si continui insistentemente a pretendere definirli “Paesi arabi moderati” (sic!) – chissà… forse a causa delle consistenti e lucrose royalties che questi ultimi hanno l’abitudine (o l’obbligo?) di riversare sottobanco alle Compagnie petrolifere americane – sono sicuramente molto più medievali, retrivi e tirannici di quelli che ci vengono quotidianamente additati dai Media mainstream dell’Occidente.

Conclusione?

Ho molto esitato, negli ultimi giorni, ad ipotizzare uno scenario di tipo complottista. Ma – dopo l’eliminazione ad hoc dei “fusibili” Ben Ali (in Tunisia) e Mubaraq, in Egitto (due stretti ed affiatati partner (22) dell’ultimo Gheddafi… diventato ormai sinceramente filo-occidentale) (23) e la distribuzione a iosa (chissà da chi?), ai rivoltosi libici, delle complicate e difficilmente realizzabili (in casa o con artigianali mezzi di fortuna…) bandiere monarchiche, nuove di zecca – incomincio seriamente a sospettare che – da parte degli Stati Uniti (e di qualche loro immancabile ed indefettibile alleato, come la Gran Bretagna e, forse, anche della Francia) – ci sia la precisa e viziosa volontà di destabilizzare l’insieme degli Stati del bacino mediterraneo, per tre motivi principali:

1. potere continuare a dominare i Paesi arabi – fino ad ora da loro direttamente o indirettamente controllati attraverso dei costosi, instabili ed impresentabili tiranni pupazzi/maggiordomi – con altre più accettabili, più docili, meno esose e/o più manipolabili figure politiche e forme di Stato o di Governo, a loro più stabilmente e saldamente infeudate;

2. provocare degli immensi ed irrisolvibili problemi all’Italia e ad alcuni Paesi dell’Unione europea (ad esempio: la futura difficoltà, per noi Italiani, a poterci direttamente ed autonomamente approvvigionare in energia, presso i nostri abituali fornitori senza passare da Washington, e l’inevitabile moltiplicazione esponenziale dell’emigrazione di massa, dal Maghreb e dall’Egitto, in direzione delle sponde Nord del Mediterraneo), per impedire, da un lato, che il Governo di Roma possa continuare a diffondere il “cattivo esempio” della sua indipendenza energetica ad altri Paesi dell’Unione; dall’altro, per poter scongiurare che l’Europa-Nazione possa davvero vedere la luce e, in un prossimo futuro, diventare un’importante potenza politica, economica, culturale e militare, concorrente degli USA;

3. continuare a poter giustificare la presenza militare e logistica delle centinaia di basi USA e NATO in Europa e nel Mediterraneo, sia per seguitare a coltivare l’idea – tra le pavide, svigorite e prostrate popolazioni del nostro Continente – che il gigante Europa, per fronteggiare il “nemico” arabo-musulmano, abbia assolutamente bisogno di farsi proteggere dal nano statunitense; sia per raccogliere e concentrare l’attenzione dei più fedeli Stati vassalli Europei, sul solo ed esclusivo “pericolo” Iran; sia per permettere ad Israele di potere tranquillamente proseguire indisturbato la sua colonizzazione della Cisgiordania occupata e di continuare a dominare militarmente i diversi Stati arabi della sua regione, senza dovere essere politicamente o moralmente obbligata, nei confronti dell’opinione pubblica mondiale, di accettare la realizzazione di uno Stato palestinese indipendente e sovrano, alle sue frontiere.

Cosa dovrebbe fare l’Italia, nell’immediato, per tentare di non farsi passivamente “affondare” dall’attuale strategia statunitense ed, eventualmente, cercare di dare “scacco matto” a quei piani destabilizzatori?

Se l’Italia fosse governata da Uomini politici degni di questo nome, il problema non si porrebbe affatto.

Il nostro Paese, ad esempio, dovrebbe, per cercare di tutelarsi pregiudiziamente, decretare la sua auto-sospensione (anche se momentanea) dall’Unione Europa e dall’ONU; stringere un patto politico, economico e militare con la Russia; rompere le relazioni diplomatiche con Washington e dare l’immediato ed irrevocabile benservito (48 ore di tempo, per fare i “bagagli” e sloggiare!) alle sue più di 100 basi ed installazioni logistiche e militari che sono acquartierate nel nostro Paese, da ben 66 anni; proporre un partenariato politico, economico e militare ai diversi Stati dell’area mediterranea, Paesi arabi limitrofi compresi. Ed, in fine, incitare caldamente l’insieme delle popolazioni rivierasche del comune Mare Mediterraneo a rifiutare categoricamente la presenza, l’ancoraggio ed il libero scorrazzamento delle flotte militari degli Stati che non sono geograficamente confinanti con questo bacino marittimo.

L’Italia, purtroppo, però, come sappiamo, dalla fine della Seconda guerra mondiale, è “governata”, per conto terzi, da una serie di castrate ed inibite combriccole di eunuchi in livrea e guanti gialli che – all’interno della maggioranza, come tra i ranghi dell’opposizione – preferiscono esclusivamente continuare ad annoverarsi tra i membri del tradizionale “partito amerikano” (bipartisan) e – nonostante le già citate evidenze – a prostrarsi remissivamente ai piedi dei loro stomachevoli Padroni statunitensi, per meglio cercare di accattivarsi la loro simpatia o cordialità, e ricevere, più docilmente e servilmente possibile, le loro rituali “pacchette” sulle spalle, in pagamento (e mancia…) della loro sempre solerte e diligente esecuzione (a comando, s’intende!), dei loro più insopportabili, obbrobriosi ed imperativi/coercitivi diktat.

Pertanto, salvo improvvisi o inopinati “miracoli” o “prodigi” – e pur sperando sinceramente di starmi sicuramente a sbagliare… – inutile attendere tempi migliori, per l’Italia, nei prossimi mesi ed anni. E questo, qualunque sia o possa essere l’esito delle attuali “rivolte” arabe o dei prossimi sconvolgimenti e putiferi che continueranno senz’altro ad interessare e travagliare i diversi Paesi delle sponde opposte dell’area mediterranea.

Alberto B. Mariantoni ©


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[1] Un neologismo arabo che è composto dalla parola ‘Jamâhir’ (masse che manifestano o scendono in piazza) e dal suffisso ‘iya’ (che ne indica l’appartenenza o la relazione). Questo neologismo si può interpretativamente tradurre, con: “La cosa” (Res) o “il sistema” o “il potere delle masse” (in movimento).

[2] Per lo più, Egiziani, Tunisini, Algerini, Marocchini, Mauritani, Sudanesi, Ciadiani, Maliani, Nigerini, Camerunesi, Turchi, Pachistani, Sud-Coreani, Filippini, Nepalesi, Russi, Serbi, Ungheresi, Cinesi, Maltesi, con delle nutrite presenze di Tedeschi, Italiani, Francesi, Britannici, Statunitensi, Canadesi, Brasiliani, etc. Stranieri che in questi giorni abbiamo fisicamente visto ammassarsi ai posti frontiera di Ras Jedir (Tunisia) e di As Sollum (Egitto).

[3] Tripolitania: la tribù degli Orfella o Warfalla (la più numerosa) e quelle degli Awlad Busayf, degli Al-Zintan, degli Al-Rijban o Rojaban e degli Al-Riaina (del distretto di Bani Walid, a circa 125 chilometri al Sud di Tripoli); Cirenaica: le tribù degli Al-Awagir, degli Al-Abaydat, degli Al-Barassa, dei Drasa, degli Al-Fawakhir, degli Al-Zuwayya e degli Al-Majabra (quasi tutte legate alla Confraternita musulmana degli Al-Senussi); Sirte: le tribù degli Al-Qaddadefa (la modesta tribù del Colonnello Gheddafi), degli Al-Magarha (l’importante tribù a cui appartiene l’ex numero due del regime libico, il Comandante Abdelsalam Giallud, da tempo uscito dalla scena politica), degli Al-Magharba, degli Al-Riyyah, degli Al-Haraba, degli Al-Zuwaid, degli Al-Guwaid e degli Al-Farjan; Fezzan: le tribù degli Al-Hutman, degli Al-Hassauna, con forti presenze di minoranze di nomadi Tubù o Toubou e Tuareg; Kufra: propagini importanti della tribù cirenaica degli Al-Zuwayya, frammiste a presenze di nomadi Tubù o Toubou.

[4] http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Il_fusibile_Ben_Ali.pdf – http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Ma_quale_rivoluzione_di_Egitto.pdf – http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Tutti_contenti_e_coglionati.pdf

[5] in particolare: i Capitani, Abdelsalam Giallud, Mukhtar Abdallah al-Qirwi, Mohammed Najim o Nagim, Awad Hamza, Abdel Moneim al-Huni, Mustafa al-Kharrubi, al-Khueldi al-Hamidi, Bachir Hawadi, Abu Baqr Yunes Jaber o Giaber, ed i Tenenti Omar al-Mehaichi e Mohammed al-Maqrif.

[6] Tribunale abilitato a giudicare, condannare e punire qualsiasi responsabile di qualunque Paese del mondo, meno, ovviamente, quelli di Israele e degli Stati Uniti!

[7] Paese membro delle Nazioni Unite dal 14 Dicembre 1955.

[8] http://rebellyon.info/Emeutes-noires-aux-USA-a-partir-de.html – http://mejliss.com/1558294/memoire-emeutes-noires-aux-usa-partir-de-juillet-1964

[9] Per maggiori informazioni, vedere: A. B. Mariantoni, F. Oberson, Gli occhi bendati sul Golfo, Ed. Jaca Book, Milano, 1991. Consultabile on line: http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Occhi_bendati.pdf

[10] https://www.youtube.com/watch?v=8SD3gytoOf8

[11] Il Regime di Saddam Hussein – in questo caso – essendo stato falsamente accusato di possedere ‘armi di distruzione di massa’ e di intrattenere ‘legami con Al-Qaeda’ ed ‘il terrorismo internazionale’.

[12] https://www.youtube.com/watch?v=0f0×8cxj-0c – https://www.youtube.com/watch?v=IuxK59QPgkY&feature=related

[13] https://www.youtube.com/watch?v=i4×7G_AOL8k&feature=related

[14] https://www.youtube.com/watch?v=yVCYGjXb7u8

[15] https://www.dailymotion.com/video/xffmgw_us-imperialism-1900-2010_news

[16] http://www.justforeignpolicy.org/iraq

[17] http://www.ilpost.it/2011/03/02/nato-nove-bambini-uccisi-afghanistan/

[18] Per maggiori dettagli, vedere: Giulietto Chiesa, Francesco De Carlo, Giovanni Melogli, Le carceri segrete della CIA in Europa, Edizioni Piemme, Milano, 2007.

[19] https://www.youtube.com/watch?v=nXqylaDj2kY&feature=related

[20] In nome del “libero mercato”, siccome alcune imprese britanniche producevano l’oppio in India, convinsero il Governo di Londra a scatenare quelle guerre contro la Cina, con il pretesto che l’allora Governo di Pechino, impediva ai suoi compatrioti di drogarsi e, quindi, di acquistare da loro quel prodotto stupefacente!

[21] http://crisis.blogosfere.it/2011/02/ma-non-aveva-trionfato-la-democrazia.html – http://it.euronews.net/2011/02/26/tunisi-infiammata-dalle-proteste/ Artificiose ed ingannevoli “rivoluzioni” che sono state personalmente confermate all’On. Dario Franceschini (PD), a Roma, da alcuni rappresentanti dell’opposizione tunisina, giunti espressamente in Italia, il 23 Febbraio 2011. Una testimonianza che è stata fatta quasi interamente passare sotto silenzio dai principali mezzi di informazione del nostro Paese.






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MessaggioTitolo: Tunisia, Egitto. Contenti e coglionati…   Crisi libica Icon_minitimeSab Mar 12 2011, 17:04

Alberto B. Mariantoni

Rivoluzioni… in Tunisia ed in Egitto? Per il momento, sono sicuro di no. Domani, invece, sono largamente tentato di non escluderlo affatto!

Ma vediamo perché…

A dire degli specialisti della massa cerebrale, sarebbe scientificamente provato che il nostro cervello – confrontato con un visibile, tangibile, allettante e succulento piatto di pasta fumante, abbondantemente condito con pomodoro, basilico e fragrante parmigiano; oppure, sollecitato da una minuziosa, lusinghevole ed invitante descrizione simbolica o metaforica dello stesso pasto – tenderebbe ordinariamente a reagire nella medesima maniera. Al punto tale che sottoposto a scansione clinica, sarebbe perfino possibile individuare ed osservare tra i meandri della materia grigia – previa inoculazione, nel circuito sanguigno, di un particolare ed inoffensivo liquido di contrasto – l’illuminazione elettrico-reattiva di equivalenti neuroni di riferimento.

Questo vorrebbe dire che l’essere umano, a causa dei suoi naturali ed ineluttabili limiti fisiologici, non sarebbe praticamente in grado, all’interno della sua psiche, di potere immediatamente focalizzare, distinguere e differenziare il “dire” dal “fare”, l’ “essere” dall’ “apparire”, l’effettiva “realtà” da una qualsiasi “rappresentazione illustrativa o narrativa”.

Non è escluso, dunque, che gli attuali responsabili dei diversi Stati e Governi occidentali – strettamente coadiuvati e sostenuti nel loro indecoroso ruolo di perfetti maggiordomi al servizio di poteri occulti, dalla maggior parte dei media cartacei ed audio-visivi – essendo perfettamente a conoscenza della suddetta particolarità umana, stiano sfruttando a fondo i singolari meccanismi di quella peculiare specificità. E questo, sia per continuare impunemente a promettere ciò che non sono mai in grado di mantenere, sia per manipolare o imbonire ad hoc le coscienze delle popolazioni, sia per perpetuare sine die ed in nome e per conto della finanza internazionale, il peggiore dei regimi che la storia abbia mai conosciuto: quello, per intenderci, Liberal-Capitalista-Globalista. Un sistema, quest’ultimo, apparentemente politico e sostanzialmente illegittimo ed usurpatore che tende pubblicamente ad esplicitarsi e formalmente ad auto-rappresentarsi agli occhi dei suoi amministrati, attraverso un furbesco ed ingannevole modello istituzionale che possiamo senz’altro definire di ‘Democrazia formale’, ‘illusoria’, ‘nominale’, ‘totalitaria’ e ‘dispotica’.

Formale, in quanto i suoi cittadini/sudditi – se si esclude l’effimero gesto che è loro concesso di potere andare, di tanto in tanto, a votare per l’uno o l’altro dei “furbi” delle differenti fazioni in campo – sono sistematicamente esclusi o marginalizzati dalla vita pubblica dei loro Paesi e studiatamente mantenuti all’oscuro delle reali problematiche che travagliano la società.

Illusoria, in quanto il “modello” istituzionale in questione – in piena e flagrante contraddizione in termini con la realtà – pretende che chi non è in grado di governare o di auto-governarsi, possa perfettamente valutare ed eleggere coloro che sono destinati a governarlo.

Nominale, in quanto, il Sistema in questione ha semplicemente preferito sostituire – al significato ed al senso sostanziali del termine Democrazia (il “governo del popolo, dal popolo, per il popolo”, secondo la definizione fornita da Demostene) – la vacuità e l’inconsistenza formale della declamazione verbale della semplice e sola “parola”. Cercando di ovviare a quel vuoto sostanziale, con un’altra serie di parole astratte a consonanza compiacente e garbata, come la “libertà”, “l’uguaglianza”, la “fratellanza”, la “solidarietà”, la “giustizia”, lo “Stato di diritto”, i “diritti dell’Uomo”, “l’umanitarismo”, la “tolleranza”, la “moderatezza”, la “partecipazione”, etc.

Totalitaria, in quanto chi, all’interno o all’esterno del suddetto modello di “Democrazia”, non accetta di riconoscere l’indiscutibile legittimità delle sue istituzioni, è immediatamente considerato la ‘personificazione del male’ ed il ‘nemico assoluto’ della società; e di conseguenza, chi non si sottomette alle ‘forche caudine’ dei suoi soggettivi ed arbitrari criteri di valutazione e di giudizio o delle sue ordinarie regole elettorali (che, naturalmente, sono forgiate ad hoc per permettere l’invariabile perpetuazione del medesimo Sistema), è automaticamente e politicamente ‘fuori gioco’.

Dispotica, in quanto, il Sistema in questione – dopo avere studiatamente occultato ed interessatamente fatto dimenticare alla maggioranza dei cittadini/sudditi gli antichi e sempre validi concetti di Isonomia (l’uguaglianza dei cittadini nei confronti della legge), Isotimia (l’uguale diritto che i cittadini avevano di accedere a qualsiasi funzione dello Stato) ed Isegoria (la libertà d’espressione di cui godevano tutti i cittadini) – non esita affatto a criminalizzare e tiranneggiare tutti coloro che non sono d’accordo con la sua prassi quotidiana, nonché a favorire ed a privilegiare sfacciatamente coloro che accettano incondizionatamente di schierarsi dalla parte della sua ‘verità ufficiale’. Al punto tale che questi ultimi – parafrasando George Orwell – “sono, sempre e comunque, più uguali degli altri”.

Risultato: il Sistema liberal-capitalista-globalista che pretende addirittura “esportare”, con la forza delle armi, a Nazioni terze il suo “modello” istituzionale – grazie alla televisione ed alla meticolosa ed efficace cassa di risonanza che gli è quotidianamente offerta dal resto dei media mainstream – è riuscito ad imporre, volens nolens, un vero e proprio ‘pensiero unico’ (nel senso di sola visione, permessa o autorizzata, dell’uomo, della società e del mondo, a discapito di tutte le altre) ed un linguaggio ‘politically correct’ (nel senso di ciò che si può o non si può dire, affermare o sostenere pubblicamente, pena la messa al bando, l’isolamento, la sanzione amministrativa e giuridica, nonché la morte civile dell’incauto trasgressore) alla quasi totalità dei Paesi del mondo.

Il medesimo Sistema, inoltre – dall’alto della sua pretesa e mai dimostrata ‘superiorità morale’ (che altro non è, in definitiva, che una triviale e disonesta “morale” partigiana: nel senso di unica “morale” ammessa, permessa ed autorizzata che è addirittura applicata a danno e pregiudizio di qualsiasi forma di autentica ed armoniosa ‘morale societaria’ e/o ‘politica’) – è ugualmente riuscito ad istituire ed a far valere, a suo proprio vantaggio, un concetto di giustizia a ‘geometria variabile’, valida per tutte le occasioni e situazioni, che si arroga simultaneamente il diritto, soggettivo ed arbitrario, di potere costantemente ed impunemente giocare, su ogni “tavolo” ed in qualsiasi genere di conflitto, il comodo e perverso ruolo di ‘semplice parte in causa’, di ‘giudice imparziale’, di ‘assolutore morale’ e di ‘carnefice di servizio’.

Come l’abusato e costantemente beffeggiato lettore del nostro tempo l’avrà senz’altro intuito, se mi sono permesso di fargli questa lunga e dettagliata introduzione, è stato semplicemente per potergli direttamente fornire una serie di ‘chiavi di lettura’ che, nella vita di tutti i giorni, possono senz’altro aiutarlo a discernere ed a misurare il grado di manipolazione a cui egli stesso, purtroppo, è incessantemente sottoposto, ogni giorno, dal suddetto Sistema.

L’esempio più lampante ed istruttivo, lo troviamo nelle recenti notizie dell’attualità internazionale: vale a dire nelle due cosiddette “rivoluzioni” che si sarebbero svolte, nelle scorse settimane ed in diretta televisiva, sia in Tunisia che in Egitto.

Ora, che in Tunisia ed in Egitto ci siano state delle palesi e cruente rivolte di una parte di quelle popolazioni contro i rispettivi regimi (quello del Presidente Ben Ali e quello del Presidente Mubarak) che, per decenni (21 anni il primo e 30 anni il secondo), sono stati apertamente e scandalosamente appoggiati e sostenuti dalla maggior parte dei Paesi del Blocco occidentale (USA-EU-Israel), non credo possa suscitare una qualsiasi rimessa in discussione.

Che all’interno, invece, dei suddetti Paesi, ci siano state, per il momento, delle effettive e tangibili rivoluzioni popolari che abbiano aperto la strada alla prossima instaurazione di una vera e propria Democrazia (diversa, dunque, da quella che poc’anzi ho preso la libertà di analizzare e mettere a nudo), il lettore mi scuserà, ma – conoscendo da vicino la natura ed il funzionamento interno di quegli Stati ed essendo al corrente degli osceni ed inconfessabili interessi che spingono costantemente la quasi totalità dei Paesi occidentali a puntellare e rinforzare quel genere di regimi – continuo testardamente ad avere i miei più fondati e documentabili dubbi!

In Tunisia, infatti, a parte l’ufficiale e teatrale eliminazione del “fusibile” Ben Ali, non mi sembra che sia cambiato qualcosa…

Al contrario, il regime inizialmente instaurato dal Presidente Burguiba nel lontano 1956-1957 e successivamente gestito e perfezionato dal Presidente Ben Ali, continua imperturbabilmente a rimanere ben saldo sulle sue strutture di sempre (quadri politici e governativi, servizi segreti, polizia ed esercito) ed a detenere, fino a prova del contrario – anche se con la pubblica e verbale promessa al popolo, di future e “libere” elezioni… – l’insieme dei poteri dello Stato.

Lo stesso dicasi dell’Egitto, dove – dopo l’eliminazione ufficiale del “fusibile” Mubarak e la formale promessa, agli insorti di Piazza al-Tahrir, di future e “libere” elezioni… – tutto resta come prima. Se non peggio di prima… Con il solito staff politico e dirigenziale, il solito esercito, i soliti servizi segreti e la solita polizia che – oltre ad essersi preventivamente premurati di sciogliere il vecchio Parlamento e di sospendere, per sei mesi, l’applicazione delle garanzie costituzionali – continuano seraficamente a controllare, con l’usuale beneplacito politico e diplomatico dell’Occidente, la quasi totalità dei gangli vitali (militari, politici, economici, culturali, amministrativi, giuridici e civili) del Paese.

Eppure, grazie alle enfatiche, mirate e forvianti manipolazioni operate dalla quasi totalità dei mezzi di informazione embedded del mondo, tutto sembra davvero cambiato.

Come per incanto, infatti, il regime tunisino e quello egiziano sembrano diventati improvvisamente “liberali”, “tolleranti”, “aperti al dialogo”, “pronti a qualsiasi concessione”. E gli stessi Paesi (Stati Uniti ed Unione europea in testa!) che fino a ieri ne avevano avallato e rafforzato (a colpi di miliardi di dollari o di euro…) l’esistenza, nonché sostenuto ed incoraggiato, con il loro ufficiale o ufficioso compiacimento, le più generalizzate e vomitevoli pratiche repressive, tendono, oggi, a sbracciarsi platealmente ed a fare a gara tra di loro, agli occhi del mondo ed in diretta televisiva, per dichiararsi da “sempre”… propugnatori e promotori del “nuovo” corso politico nei suddetti Stati. Il tutto, naturalmente, in nome dell’abituale e magica parola, “Democrazia”, abbondantemente farcita, come di consueto, con le solite ed allettanti altre belle parole di contorno che conosciamo: “libertà”, “uguaglianza”, “fratellanza”, “solidarietà”, “giustizia”, “Stato di diritto”, “diritti dell’Uomo”, “umanitarismo”, “tolleranza”, “moderatezza”, “partecipazione”, etc.

Il “popolo bue”, purtroppo, anche questa volta, ed è triste doverlo constatare – avendo probabilmente dimenticato o mai conosciuto le sagge e premonitrici riflessioni di Étienne de La Boétie (1530-1563), nel suo ‘Discours sur la servitude volontaire’ – si è fatto nuovamente ed ingenuamente convincere dagli abituali e prezzolati “venditori di fumo” di una certa stampa internazionale che i feroci e rapaci tiranni dei loro Paesi erano soltanto due: Ben Ali (in Tunisia) e Mubarak (in Egitto), coadiuvati, al massimo, da qualche loro stretto parente, amico o conoscente… E, per l’ennesima volta, il “popolo bue”, ha “abboccato all’amo” della solita disinformazione.

Per ora, dunque, in Tunisia ed in Egitto, a mia conoscenza, non risulta che sia avvenuto qualcosa di nuovo. Anzi, come per il passato: niente libertà (horreya), niente democrazia (dimuqratya), niente giustizia sociale (‘adala igtimaya), nessuna fine della corruzione (al-fasad), nessuna fine della disoccupazione (al-batala).

Insomma, per il momento, tutti contenti e coglionati…

E questo, fino al giorno in cui… l’uomo della strada – sia all’interno del sempre beffato, tradito e martirizzato Mondo arabo che della nostra angariata ed asservita Europa – riuscirà davvero a prendere coscienza della sua poco invidiabile condizione di volgare ed umiliato pupazzo nelle mani dei più grandi delinquenti che la Storia abbia fino ad oggi potuto sperimentare. Ed a liberarsi, con le proprie forze, sia dai suoi più infidi, radicati ed intralcianti riflessi condizionati che dalla sua annosa, avvilente e degradante schiavitù.

Allora sì, che – nei diversi Paesi delle sponde opposte del Mediterraneo e senza nessuna “diretta” televisiva… – avremo sicuramente l’occasione o l’opportunità di vederne delle belle!
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MessaggioTitolo: Egitto. Ma quale “rivoluzione d’Egitto”?   Crisi libica Icon_minitimeSab Mar 12 2011, 17:05

Alberto B. Mariantoni

Dopo quasi una vita trascorsa nel Vicino e Medio Oriente (Maghreb e Machreq), può darsi pure che io stia invecchiando. E magari, con l’inesorabile trascorrere del tempo, stia ugualmente rincoglionendo, arrivando addirittura a smarrire, senza volerlo e senza saperlo, non soltanto il significato ed il senso del reale ma, perfino, la semplice professionalità dell’ordinaria osservazione, della banale indagine, dell’elementare analisi e della più rudimentale valutazione degli avvenimenti della cronaca… Ma santo Iuppiter! Per quanto riguarda la cosiddetta “rivolta popolare” contro le attuali strutture della Repubblica araba d’Egitto (in arabo: Gumhuriyya o Jumhuriyya Miṣr al-Arabiyya), credo che, questa volta, i soliti noti stiano davvero esagerando…

Come nel recente caso della presunta e, fino ad ora, non ancora verificata “rivoluzione dei gelsomini” in Tunisia, ho la ferma e fondata impressione che, anche in Egitto, i soliti furbacchioni di US-Israel – con il tradizionale e servile supporto politico e diplomatico dei loro sempre obbedienti e striscianti Valvassini europei – stiano giornalisticamente cercando – non solo di venderci “lucciole per lanterne”… ma addirittura – di farci passare, tutti, per degli emeriti scemi o dei semplici e sprovveduti mentecatti!

Non so come poterlo esprimere altrimenti, ma io, ad esempio, avendo già avuto, nel corso della mia lunga carriera, la casuale ed imprevista opportunità di vivere, in prima persona e sul luogo degli avvenimenti, l’inaspettata, travolgente e generalizzata esplosione della Rivoluzione iraniana (1978-1979) – con milioni e milioni di cittadini che, per mesi, sfidando intrepidamente il sistematico e criminale impiego delle armi automatiche da parte della polizia e dell’esercito, continuavano comunque ad affluire sulle strade e le piazze delle principali città del Paese, per chiedere, a furor di popolo, la partenza dell’allora Shah d’Iran Reza Pahlavi, il ritorno dall’esilio dell’Ayatollah Khomeini e l’instaurazione, in quel Paese, di una Repubblica islamica – mi resta tremendamente difficile riuscire ad immaginare (o anche sperare…) che ciò a cui abbiamo assistito le scorse settimane in Tunisia e quanto, in questi giorni, stiamo ancora osservando in Egitto, possa essere minimamente paragonato – per il momento… – ad una qualsiasi forma di spontanea e sentita rivoluzione popolare.

Per potere escludere a priori questo genere di eventualità, infatti – e nonostante le numerose e senz’altro innocenti vittime (in Egitto, per ora, si parla di più di 100 morti e di all’incirca duemila feriti, poliziotti compresi) di cui resta profondamente triste e doloroso doverne fare un bilancio – è sufficiente paragonare le qualche migliaia di dimostranti (al massimo, all’incirca 10 o 15 mila manifestanti – su un totale di all’incirca 15/16 milioni di abitanti che conta ordinariamente al-Madīnat al-Qāhira – la “città soggiogatrice” – o al-Qâhira o Cairo e non… “il” Cairo, per cortesia!) – concentrati alternativamente all’interno di qualche specifico e limitato settore del centro della capitale, come Al-Tahrir Square, Kornish el-Nil, Kobri 6th October, Gohar al-Kaed, Al Sheikh Rihan e/o Abdeen Square) ad altri autentici e documentati accadimenti della storia di questo Paese. Ad esempio – senza parlare delle famose “rivolte del pane” del 1977, del 1980 e del 1990 – le oceaniche ed impressionanti maree di popolo (si parlò, allora, di più di 3 o 4 milioni di persone) che ebbero spontaneamente a radunarsi per le strade e le piazze della capitale egiziana, in occasione dei funerali del Presidente Gamāl ʿAbd el-Nāsser (1970), o di quelli della celebre e popolarissima cantante, musicista ed attrice egiziana Oum Kalthoum, nel 1975.

Per tentare, però, di capire ciò che sto cercando di trasmettere all’ignaro ed abusato uomo della strada italiano o europeo, proviamo a porci qualche domanda…

Dove sono, oggi, per le strade e le piazze di Alessandria, Cairo, Suez, Ismailia e Porto Said, i militanti e gli aderenti dei principali partiti, da sempre all’opposizione del regime di Hosni Moubarak (Muhammad Hosnī Sayyid Selaaem Mubārak), il generale-presidente, gia soprannominato, al tempo di Sadat, la “Vache qui rit”? Tanto per citarne qualcuno: il Partito Unionista per il Progresso Nazionale o National Progressive Unionist Party (Hizb al Tagammo’ al Watani al Taqadommi al Wahdwawi’), il Partito Nasserista Arabo Democratico o Arab Democratic Nasserist Party (Hizb al-Arabi al-Democrati al-Nasseri), il Nuovo Partito della ‘Delegazione’ o New Wafd Party (Hizb al-Wafd-al-Gadid o al-Wafd al-Jadid), l’Associazione dei Fratelli musulmani o Society of the Muslim Brotherhood (Jama’at al-ikhwan al-muslimin), il Partito del Fronte Democratico o Democratic Front Party (Hizb al-Gabha al-Democrati), il Partito Socialista arabo egiziano(Hizb Misr al-arabi al-ishtaraki), il o Egyptian Arab Socialist Party Partito Nazional-Liberale egiziano o Liberal Egyptian Party (Hizb al-Masri al-Liberali), il Partito Liberale o Liberal Party (Hizb al-Ahrar), il Movimento egiziano per il cambiamento o Egyptian Movement for Change (al-Haraka al-Masreyya men agl al-Taghyeer), il Partito Socialista Laburista o Socialist Labour Party (Hizb Al-Omal), il Partito del Giovane Egitto o Young Egypt Party (Hizb Misr El-Fatah), il Partito della ‘Comunità dei credenti’ o Umma Party (Hizb al-Umma), etc.

Oppure, dovremmo credere che i “veri” ed “autentici” oppositori ufficiali del Regime di Hosni Moubarak siano soltanto coloro che continuano ad essere scandalosamente promossi e sbandierati dalla quasi totalità delle televisioni di tutto il mondo? Vale a dire, gli adepti “laico-centristi” del Partito di Domani o Tomorrow Party (Hizb al-Ghad) del Sig. Ayman Nour (che sì e no può contare su qualche migliaio di aderenti in tutto l’Egitto)… O magari, gli amici, i parenti ed i compari del Dr. Mohamed Mustafa El-Baradei, l’ex Direttore generale (1997-2009) dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica di Vienna (AIEA) e Premio Nobel per la Pace nel 2005? Un “personaggio” quest’ultimo che, fino ad ora – oltre al fatto di essere rimasto totalmente assente dal suo Paese da circa 30 anni e di poter costantemente ed inalterabilmente vantare il ruolo di fedele ed ossequioso maggiordomo delle diverse Amministrazioni statunitensi – è passato alla storia per la sua politica dei “due pesi e delle due misure”: severo, emmerdeur ed intransigente con le congetturate e mai scoperte “istallazioni nucleari irachene” del regime di Saddam Hussein, nonché con quelle, fino a prova del contrario, civili e pacifiche dell’Iran di Mahmoud Ahmadinejad; cieco, servile ed estremamente accomodante, invece, nel 2004, con quelle di Dimona, in Israele, i cui responsabili politici, per non entrare in merito alle sue eventuali richieste di ispezione del sito nucleare, non lo fecero nemmeno accedere alla dogana dell’aeroporto Ben Gurion di Tel-Avil (Namal HaTe’ūfa Ben Gūryōn) e lui, buono buono, come se nulla fosse avvenuto, si fece silenziosamente e remissivamente riaccompagnare alla scaletta del medesimo aeromobile con il quale era giunto. Come “oppositore di servizio”, insomma, non c’è che dire… Possiede indubbiamente tutte le “carte” in regola!

In tutti i casi, per ritornare alla suddetta e congetturata “rivoluzione” egiziana, non vi sembra, magari, un po’ strano che – fino ad oggi – sulle strade e le piazze di Alessandria, Cairo, Suez, Ismailia e Porto Said non si sia udito nemmeno un oppositore lanciare un solo slogan ostile agli USA o ad Israele, ma si sia soltanto sentito ritmare, tra un “abbasso Moubarak” ed un “vattene Rais-dittatore”, esclusivamente bread, freedom, dignity (in inglese) e, qualche volta, in arabo, aish, horreya, karama insannayia (pane, libertà, dignità)?

Ma dico, di fronte al suddetto genere di “oppositori” che fine avrebbero fatto, in Egitto, gli all’incirca 15 milioni di affiliati al Partito Nazionale Democratico o National Democratic Party (Hizb al-Watani al-Democrati) dell’attuale Presidente Hosni Moubarak?

Per di più, come mai fino ad oggi – oltre le città succitate – non vengono assolutamente segnalati scontri o disordini, ad esempio, (tra Alessandria e Cairo), a Damanhur, Desouk, Tanta, Mit, Yazid, El-Matareya, El-Qantara, El-Sharqiya, Banha, Zifta, Leontopolis, Al-Minshat al-Jadidah, Kafr Saqr, Faqous, Hiya, Zagazig, Kafr el-Dawwar, Biltan, Hissa, Mit Kinana, MitSuhayl, Mit Gabir, Al Jawsaq, Inshas el-Rami, Zawanti, Al-Qalyubiyah, Abu Ghalib, Shatanuf, Umm Dinar, Dhat al Kawn, Mansuriya, Ausim, Shubra El-Kheima, Kafr Hamra, Khana? Oppure, (al Sud di Cairo), a Kafr Tuhrmis, 6th October City, Maadi, Shabramant, Tura, Umm Khunan, Hawamdiya, Saqqara, Barshen, Helwan, Maraziq, Bardshein, Tabbin, Dahshur, Miniya, Barmasht, Ikhsas, Atf, Hai, Aiyat, Fahmiyim, Lisht, Saff, Abu Far, Maharraqa, Widy, Gerza, Kuddaya, Atfih, Maidum, Abd el-Gilil, Al-Fayyum, El-Maimun, Beni Suef? O ancora, (un po’ più a Sud), ad al-Ghadaqah (o Hurghada), Asyut, Bûr Safajah, Al-Kharijiah, Luxor, Aswan, etc.?

Ed, in fine, quali sarebbero gli “uomini nuovi” del “nuovissimo corso” dell’attuale regime di Hosni Moubarak, sfacciatamente voluto da Washington già dal 30 Dicembre 2008 (come rivelato da Wikileaks)? Il Primo ministro, Maresciallo dell’Aria, Ahmed Mohamed Shafik, già Ministro dell’Aviazione civile nei precedenti governi? Il nuovo vice-Presidente, il Tenente-Generale Omar Suleiman (detto Sliman), dal 1993 ininterrottamente Responsabile del famigerato Gihaz al-Mukhabarat al-Amma, il temutissimo ed onnipresente Servizio segreto militare egiziano e degli altri servizi del Paese, come l’Idarat al-Mukhabarat al-Harbyya wa al-Istitla ed il Gihaz Mabahith Amn al-Dawla?

Ma fatemi il piacere…

Io, ovviamente, per il momento, non so cosa ci sia “dietro” tutta la sceneggiata ufficiale che si sta svolgendo, in questi giorni, in Egitto.

Una cosa, però, la ritengo certa… L’Egitto, con i suoi all’incirca 83 milioni di abitanti ed il 40% della popolazione che vive largamente al di sotto dei limiti sopportabili di povertà (si parla di meno di 2.000 dollari l’anno, pro-capite), è una vera e propria “bomba ad orologeria”.

I furbacchioni di US-Israel – per definizione campioni dell’americanissimo gioco del bigliardo, “Pool Palla-8” – hanno avuto la “splendida” idea di tirare la “prima palla” nel mucchio o, se si preferisce, nel tuttora opaco e dormiente coacervo delle infinite, ingiuste e mai accettate o digerite rinunce e frustrazioni di questo popolo.

Per il momento… quindi – come sottolineavo all’inizio – in Egitto, nessuna forma di spontanea e sentita rivoluzione popolare. Ma domani, chissà?

Il vero “vaso di Pandora” del mondo arabo-musulmano, infatti, leggermente manipolato e studiatamente dischiuso in questi giorni dai suddetti “aspiranti stregoni”, potrebbe pure inaspettatamente, irresistibilmente ed irreversibilmente scoperchiarsi davvero!
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MessaggioTitolo: Tunisia. Il “fusibile” Ben Ali e i furbacchioni   Crisi libica Icon_minitimeSab Mar 12 2011, 17:07

IL “FUSIBILE” BEN ALI
E I FURBACCHIONI OCCIDENTALI
Alberto B. Mariantoni

Purtroppo per noi, i manipolatori dell’informazione conoscono bene il loro mestiere.

Essi sanno perfettamente, infatti, che con “l’arte del dire”… al “popolo bue” – via i consueti imbonitori embedded della maggior parte dei canali televisi o dei media cartacei – si può facilmente raccontare qualunque cosa e riuscire tranquillamente a fargli credere qualsiasi “favola”. Anche quella, ad esempio, della già avvenuta “rivoluzione dei gelsomini”, in Tunisia, e la prossima instaurazione, in quel Paese, di un vero e proprio regime liberale, democratico, parlamentare e sicuramente rispettoso (questa volta…) della famosa Carta universale dei Diritti dell’Uomo.

E, come al solito, il “popolo bue” abbocca all’amo o continua a farsi prendere nella nassa della disinformazione!

Come sappiamo, la tecnica di dominio neo-coloniale è sempre la stessa… La “marmitta” popolare di qualche Paese che interessa l’Occidente affarista e mercante, tende a “bollire” un po’ troppo? “Il fine giustifica i mezzi” (Machiavelli)… E’ sufficiente alzare leggermente il coperchio… Fare copiosamente evaporare il tutto… Ed il gioco è fatto!

Non dimentichiamo, infatti, che – nella vicinissima (71 chilometri da Pantelleria e 110 dalla Sicilia) Repubblica tunisina (al-Jumhūriyya al-Tūnusiyya) e sotto la guida dell’allora Presidente a vita Habib Bourguiba, il “Combattente Supremo” (Al Moujahid Al Akbar) – simili o paragonabili “giochini” sono già avvenuti, a diverse riprese. In particolare: nel Gennaio 1969, con decine di morti; nel Gennaio del 1978, con centinaia di morti, e nel Dicembre 1983 / Gennaio 1984, con altre centinaia di morti ugualmente.

Nel primo caso, come era facile immaginarlo, venne fatto saltare il “fusibile” Ahmed Ben Salah (l’allora Primo ministro)… che fu immediatamente sostituito da Bahi Ladgham e, subito dopo, da Hédi Nouira; nel secondo caso, il “fusibile” Hédi Nouira venne quasi subito rimpiazzato dal nuovo Primo ministro Mohamed Mzali; nel terzo caso, il “fusibile” Mohamed Mzali venne dapprima alternato dal Pemier Rachid Sfar e, qualche mese dopo, dal nostro lupus in fabula, Zine el Abidine Ben Ali. Un personaggio quest’ultimo che, da Primo ministro in carica, il 7 Novembre del 1987 – adducendo ufficialmente a pretesto un’avanzata e degenerante senilità dell’allora Presidente Habib Bourguiba, ed aiutato sottobanco dai Servizi segreti italiani, francesi e statunitensi – realizzò un vero e proprio Colpo di palazzo nei confronti del suo predecessore e si impadronì direttamente del potere.

Insomma, per riassumere, ogni volta, in Tunisia, quando il popolo incomincia a ribellarsi, in quanto non riesce più a sopportare le angherie poliziesche o a sbarcare semplicemente il proprio lunario, il Sistema medesimo (quello, cioè, inizialmente strutturato, sperimentato e consolidato dal primo Presidente tunisino, Bourguiba) si inventa un capro espiatorio, lo espone al pubblico ludibrio e – pur di tentare, con qualsiasi espediente, di sopravvivere a se stesso – lo getta pubblicamente ed impietosamente in pasto alla folla e, mettendo in prima fila altri “cavalli” del medesimo “allevamento”, continua a governare il Paese, come prima o peggio di prima, anche se – come di consueto – esclusivamente in nome e per conto di alcune e ben individuate potenze straniere!

E’ ciò che è avvenuto, con lo stesso Presidente Zine el Abidine Ben Ali (o Zayn al-‘Ābidīn bin ‘Alī), il 14 Gennaio scorso, quando – dopo all’incirca un mese di minacciose proteste popolari e di sanguinose ed indiscriminate repressioni (si parla di più di 60 morti e di centinaia di feriti) che avevano preso maggior vigore dopo il 18 Dicembre 2010, a partire dalla pubblica immolazione, con il fuoco, di un giovane abitante della cittadina di Sidi Bouzid – l’attuale Capo di stato maggiore dell’Esercito tunisino, il generale Rachid Ammar (a sua volta, “caldamente incoraggiato” nel suo gesto “umanitario” da alcuni inviati speciali di Washington) avrebbe fraternamente “consigliato” al Presidente tunisino ed alla sua famiglia di andarsi momentaneamente a fare un giretto da qualche altra parte… Preferibilmente, in Arabia Saudita, dove da prima della Seconda guerra mondiale esiste un particolare regime autocratico e nepotista che è praticamente legato mano e piedi agli USA.

In altre parole, è stata la classica e ripetitiva “parata” dei soliti Stati Uniti che, per non essere pubblicamente costretti a spiattellare ai quattro venti le loro turpi ed inconfessabili responsabilità politiche e morali in tutta questa faccenda, hanno preferito – come nel caso di Fulgencio Batista (Cuba) Luis Somoza Debayle (Nicaragua), Mohammed Reza Pahlavi (Iran), Ferdinand Marcos (Filippine), Mobutu Sese Seko (Zaire), Alfredo Stroessner (Paraguay), Alberto Fujimori (Perù), etc. – abbandonare alla sua sorte uno dei loro più fedeli e collaudati maggiordomi. Ed ordinare, per giunta, a due dei principali “cavalli di razza” della suddetta “scuderia”, Mohamed Ghannouchi e Fouad Mbazaa (o Fouad Mebazaâ o Fūad al-Mebaza) di offrire sommariamente in pasto all’opinione pubblica tunisina e mondiale, il solito e proverbiale “coniglio di pezza” da rincorrere ed azzannare: l’ex Presidente Ben Ali, il “cattivo di turno”!

Come è facile immaginarlo, i due principali uomini “nuovi” dell’attuale “nuovo” Governo tunisino, apertamente appoggiati da Washington e dalla maggior parte delle Capitali europee, “nessuno”, nella loro Patria, li conosce…

Il primo, infatti, Mohamed Ghannouchi, dal 27 Ottobre 1987 al Novembre 1999, è stato successivamente – sempre sotto la presidenza Ben Ali – Ministro del Piano, Ministro delle Finanze, Ministro dell’Economia, Ministro della Cooperazione internazionale; e, dulcis in fundo, perfino Primo ministro, dal 17 Novembre 1999 ad oggi. Dal canto suo, il secondo uomo “nuovo” del panorama politico tunisino, Fouad Mbazaa o Fouad Mebazaâ o Fūad al-Mebaza, è stato ininterrottamente, già dall’epoca del Presidente Bourguiba: Sindaco-Governatore di Tunisi dal 1969 al 1973; Ministro della Gioventù e dello Sport dal 30 Novembre 1973 al 1978; Ministro della Sanità dal 13 Settembre 1978 al 1979; Ministro Degli Affari culturali e dell’Informazione dal 7 Novembre 1979 al 1981; Ambasciatore presso le Nazioni Unite di Ginevra dal 1981 al 1986; Ambasciatore in Marocco dal 1986 al 1987; di nuovo, il 27 Ottobre 1987, Ministro della Gioventù e confermato nel medesimo dicastero, il 7 Novembre 1987, dall’appena insediato Presidente Ben Ali, fino alla sua nomina, il 14 Ottobre 1997, a Presidente della Camera dei deputati, nonché, dal 15 Gennaio 2011 ad oggi, Presidente della Repubblica ad interim, in applicazione dell’articolo 57 della Costituzione tunisina; il tutto, ovviamente, senza contare che dal 1969 al 1987 ha fatto parte del Partito Socialista Desturiano (PSD), il partito unico di Bourguiba, e dal 1987 al 18 Gennaio 2011, è stato addirittura membro dell’ufficio politico del Raggruppamento Costituzionale Democratico (RCD), il partito unico di Ben Ali.

Capisco la Casa Bianca e la maggior parte delle Capitali europee… che, oggi – come se il caso tunisino fosse improvvisamente balzato fuori dal cappello di un mago – si affrettino a congelare ovunque gli averi della famiglia Ben Ali e di sua moglie Leïla Trabulsi (quando, invece, li pirateggiavano liberamente nel loro Paese e li versavano copiosamente nei numerosi conti delle diverse banche occidentali, andava benissimo!), avendo aggiuntivamente la faccia tosta di dirsi francamente sorpresi e profondamente scandalizzati dai metodi di governo di un uomo di Stato che – grazie ai loro indicibili ed inconfessati interessi – è stato incessantemente ed impunitamente al potere per ben 23 anni.

Ma figuriamoci – potrebbero ribattermi i miei pseudo “colleghi” della stampa embedded… – se i Governi occidentali potevano saperlo o sospettarlo! Tanto più che nella sua biografia ufficiale, l’ex Presidente tunisino, ora in esilio, tendeva pomposamente a sottolineare: «Liberale per convinzione, oltre che per temperamento, il Presidente Ben Ali fa della Tunisia un paese pioniere in materia di difesa dei diritti dell’Uomo. Una concezione globale che coniuga i diritti economici, sociali e culturali con i diritti civili e politici» [leggere QUI]. E poi, perbacco, non dimentichiamolo: il Presidente Ben Ali, con in concorso dell’UNICEF, aveva solertemente reso obbligatori, in tutte le scuole e le università del suo Paese, i corsi sulla Shoa!

Io, invece, già dal 5 Maggio del 1990, sul Journal de Genève [si veda l'articolo intitolato: Le régime tunisien côté cour, pp. 1 e 2] che cosa osavo scrivere a proposito del suo regime?

«(…) centinaia di prigionieri politici marciscono nelle galere di Sawaff, El-Houareb, Borj Errouni o Tunisi. I partiti politici, a dispetto della loro legalità acquisita, sono sistematicamente impediti a svolgere la loro attività. Ed i loro principali leader, sono costantemente tenuti nel collimatore della polizia…».

E, nel 1991, nell’introduzione di uno dei miei libri (Gli occhi bendati sul Golfo, Jaca Book, Milano, 1991, pp. 12 e 13), così mi permettevo di ribadire: «Nonostante l’eliminazione politica del “Combattente supremo” (l’anziano Habib Bourguiba) nel 1987, la Tunisia ed il regime del Presidente Ben Ali continuano a degenerare. Eppure una promessa di liberalismo politico, mai mantenuta, aveva fatto posto alle «tempeste di sabbia» originate da Bouguiba negli ultimi anni del suo «regno». Poi, quasi immediatamente, Ben Ali si è ricordato che era stato allievo della scuola militare francese di Saint Cyr, che era stato responsabile della polizia tunisina e ministro degli Interni. Il suo regime si è quindi strutturato ad immagine di un sistema poliziesco ed inquisitore. Inutile meravigliarsi dell’assenza di libertà di stampa e d’opinione, nonché della mancanza di elementari garanzie legali e costituzionali. La società tunisina è in effervescenza: i conflitti sociali aumentano d’intensità, la repressione s’intensifica e le prigioni sono piene».


Ora, di due cose l’una: o il sottoscritto, in quel tempo, era (e continua ad esserlo tutt’oggi…) uno sfacciato, incallito e fraudolento ingannatore dell’opinione pubblica, al servizio, magari, di qualche recondita e pericolosissima causa sovversiva mondiale; o gli Stati ed i Governi occidentali che per ben 42 anni (19 durante la presidenza Bourguiba + 23 anni, nel corso di quella di Ben Ali) hanno sistematicamente, proditoriamente ed interessatamente chiuso gli occhi sull’effettiva realtà tunisina, lo hanno fatto, come al solito, per il “bene dell’umanità” o per contrastare il “terrorismo islamico”… Vale a dire, in questo caso, per meglio potersi assicurare: il controllo delle miniere di fosfati e di ferro di quel Paese; il monopolio delle sue forniture militari; la possibilità di installare, nelle sue contrade – a bassissimo costo – la maggior parte delle industrie manufatturie europee; il vantaggio di potere liberamente ed impunemente scaricare sotto le sabbie dei suoi deserti – a prezzi irrisori – innumerevoli e rischiose scorie radioattive ed infinite tonnellate di fastidiosi ed ingombranti cascami biologici e chimici fortemente inquinanti; l’esclusiva fondiaria o commerciale sui numerosi alberghi, residence, casinò, sontuose ville e molteplici ed accoglienti infrastrutture turistiche e balneari; senza contare il comodato d’uso – da parte della VI Flotta USA – dell’ampio e strategico Porto militare di Biserta.

Insomma, in proposito, decida il lettore!

La prova del nove, in ogni caso, l’avremo nelle prossime settimane. Vedremo, allora, se il popolo tunisino continuerà a farsi perennemente turlupinare dai soliti furbacchioni dei Governi occidentali o se, al contrario, memore delle numerose e reiterate fregature già incassate nel corso del suo recente passato, continuerà nella lotta ad oltranza, per potere finalmente riconquistare quella libertà, indipendenza, autodeterminazione e sovranità politica, economica, culturale e militare che, fino ad ora, gli sono state ignominiosamente negate.
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MessaggioTitolo: Re: Crisi libica   Crisi libica Icon_minitimeSab Mar 12 2011, 17:12

Per giorni ho letto questi articoli. Non condivido tutto il disfattismo del professor Mariantoni però l'impressione che ho avuto era la stessa delle rivoluzioni colorate in Ucraina e in Iran.
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