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| che cos'è comunità | |
| | Autore | Messaggio |
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Guidofi
Numero di messaggi : 10 Data d'iscrizione : 06.05.07
| Titolo: che cos'è comunità Mer Giu 20 2007, 10:49 | |
| Voglio tentare qualche riflessione sulla categoria di comunità; se ne discute anche in un'altra sezione di questo forum, ma scrivo in questa perchè cercherò di muovermi in un ambito soltanto filosofico-politico. Eventualmente Admin può spostarmi di là, comunque.
Personalmente ritengo che, mentre il concetto di comunitarismo sia intrinsecamente ideologico (nel senso "cattivo" del termine, usato strumentalmente), quello di comunità mantenga, se adeguatamente articolato, una sua validità a livello antropologico, ma che sia parziale, incontestabilmente generico e bisognoso di completamento, e quindi a sua volta sfruttabile in modo strumentale ed ideologico.
A mio avviso è corretto chiamare comunità la conformazione sociale minima nella quale un individuo può essere detto tale. Non c'è alcun individuo al di fuori della "totalità di connessioni presupposte" (Hegel), ma solo animali o Dei (Aristotele). Individuo e counità sono inseparabili, sebbene sia necessario precisare il senso in cui lo sono. L'individuo è tale perchè il suo ambiente è determinato geo-climaticamente, culturalmente e giuridicamente, e questo costituisce solo una situazione antropologica di base, senza prescrittività di norme etiche o esclusività. Questi ultimi fattori a mio avviso riguardano non la comunità, che è solo una forma, ma proprio il contenuto, in particolare culturale e giuridico, che la determina. La valutazione di questo contenuto richiede razionalità; quello che voglio dire insomma è che la comunità in quanto tale non "incatena" l'individuo, per il fatto che quest'ultimo è libero di utilizzare la propria razionalità per disconoscere il contenuto valoriale o giuridico alla base della comunità (quindi anche di se stesso) oppure riconoscerlo e in tal modo riconoscersi pienamente. La categoria di comunità è insomma parziale perchè richiede di essere integrata con quella di razionalità, richiede un contenuto in base al quale possa avvenire effettivo riconoscimento tra i suoi membri. La mia opinione è che questo contenuto, e quindi la "razionalità", siano nella loro parte essenziale storici, e non naturali. Non sto quindi parlando di comunità come condizione naturale, o prescrittiva di bisogni umani a-storici. | |
| | | Guidofi
Numero di messaggi : 10 Data d'iscrizione : 06.05.07
| Titolo: che cos'è comunità II Mer Giu 20 2007, 12:17 | |
| Nello specifico, l’individuo può diventare libera individualità se il contenuto giuridico-culturale della comunità ha in sé la determinazione storica della libertà della persona. Ma questo non è di per sé sufficiente; occorrono altri contenuti positivi (come ad esempio diritti materiali concreti) che l’individuo possa riconoscere (e quindi riconoscersi), realizzando la coincidenza, nell’essenziale, dei propri interessi con quelli di tutti. Quella di libera individualità è quindi una possibilità antropologica successiva alla rivoluzione francese. Non sono in linea di principio contrario a parlare di comunità anche per quanto riguarda la nazione (in proposito so che Indipendenza preferisce parlare di comunanza culturale), ma solo in un senso ben preciso: se la comunità, di per sé insufficiente, contiene come sua articolazione culturale e valoriale i concetti, in primis, di cittadinanza e sovranità popolare (e non quelli, ad esempio, di esclusività etnica); qui si tratta a mio avviso di qualcosa di più che non una comunanza, bensì di una dimensione fondamentale che viene ad essere il punto di partenza dell’individuo e della possibilità della sua libertà. L’uso strumentale che se ne può fare dipende da questa insufficienza; il pathos della Gemeinschaft nel tradizionalismo teutomane, con i suoi effetti noti, deriva probabilmente dal dibattito sulla rivoluzione francese (addirittura direttamente, secondo una suggestiva ipotesi di D.Losurdo: sarebbe proprio la traduzione fatta da Gentz della categoria di partnership di Edmund Burke); ma proprio presso i giacobini era un termine inflazionato, nella sua forma di “comunità dei virtuosi”. L’esclusività in questo caso (“sii mio fratello o ti uccido”) deriva piuttosto dalla genericità di “virtù” che non da quella di comunità. Quello di comunità, insomma, è un concetto che può dispiegare una grande potenzialità, ma solo se integrato da contenuti nella loro essenza storici ma valutabili razionalmente; la razionalità umana ha in sé la precedenza rispetto alla comunità, che spesso è nient’altro che il suo ambiente genetico. Ma può, ripeto, essere anche altro.
Il distacco dell’individuo dalla comunità, a cui assistiamo, significa dunque anche la crisi dell’individuo. Comunità e individuo non possono essere separati, seppur solo in un senso ben preciso, quello del contenuto alla base della reciproca implicazione. Quello che va determinato nuovamente è il contenuto positivo di questo riconoscimento, mentre insistere sull’importanza della dimensione comunitaria in sé è astratto e tautologico. Ed è proprio questo che fa il comunitarismo (altrimenti che senso ha l’ismo?) che quindi è nient’altro che vuoto. Ma siccome l’assenza di contenuto non è mai fine a se stessa, va quasi da sé che il comunitarismo sia il supporto ideologico di ben altri scopi. Ad esempio una federazione di stati europei, essendo di per sé uno scopo falso, o meglio uno scopo di altri, deve essere resa più coesa, più “intima”, con una integrazione “comunitaria”. | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: che cos'è comunità Gio Giu 21 2007, 03:13 | |
| Mi sembra sia importante la distinzione che fai tra comunità e comunitarismo. Non entro nel merito di quest'ultimo perché lo ritengo una mistificazione concettuale in sé, funzionale come "supporto ideologico di ben altri scopi" (condivido queste tue parole) che non vedo in ultima istanza, quali essi siano, mai positivi. Una sorta di costruzione che idealizza a "dimensione comunitaria" prescrittività o ideologismi che sono frutto ed espressione di chi si pre-pone (nemmeno pro-pone) alla "guida" della comunità. Sono d'accordo con te sul fatto che il concetto di comunità "mantenga, se adeguatamente articolato, una sua validità a livello antropologico, ma che sia parziale, incontestabilmente generico e bisognoso di completamento, e quindi a sua volta sfruttabile in modo strumentale ed ideologico". In tal senso ritengo che una lettura del sociale (poco importa se attuale, di ieri o del futuro immaginario o prevedbile) non possa esaurirsi o ridursi alla polarità contrappositiva o integrativa (a seconda dei punti di vista) di "individuo" e "comunità". La pluralità delle dinamiche sociali comporta una diversità di rapporti che è possibile indicare con una serie di termini diversi.
Nello specifico del concetto di "comunità", che è tra questi, ritengo sia possibile azzardare un ragionamento analitico e teorico d'insieme e di massima, ma che non sia possibile farlo a fondo se questa idea di comunità non la si precisa ulteriomente, non la si circoscrive, non la si definisce. Una comunità locale che si costituisce o si ritrova nella difesa del proprio eco-sistema presenta caratteristiche differenti dal riconoscersi di studiosi di una data disciplina o ambito in una comunità ad esempio detta scientifica. A loro volta queste si differenziano, ben più di quanto la comunanza concettuale di "comunità" possa far pensare, da altri tipi di comunità: dei fedeli, virtuali, di recupero, eccetera.
Sull'associazione dell'idea di "comunità" a quella di "nazione" personalmente apprezzo la sensibilità materialistico ed etica che porti nel riempire di contenuti razionali questa possibile associazione, purtuttavia lo ritengo un accostamento da evitare perché, proprio in termini sociali, è come se proponesse una possibilità di "comunità sociale della nazione" che ritengo sia purtroppo solo un'idealizzazione. Il ricorso all'idea di "comunanza" origina dalla necessità di sfumare una tendenza alla rigidità (anche di matrice idealistica), ad una dinamica di inclusività / esclusività totalizzante che quell'idea determinerebbe in un conseguente concretarsi politico. L'esistenza delle classi (al di là del numero -variabile- e delle fome che assume) la ritengo fondamentalmente consustanziale all'esistenza e condizione umana. Non sono un credente di alcuna religione laica per rassegnarmi ad illusorie convinzioni in un futuro mitopoietico, frutto di grandi narrazioni come l'idea di un mondo senza classi ed intrinsecamente comunitario su scala mondiale. Il ritenere "l'uomo ente naturale generico" può portare a pensare alla possibilità di un ritorno nel futuro ad una sorta di riedizione del primitivismo egualitario idealizzato tra gli uomini portato in condizioni di modernità universale. La storia per me è e sarà lotta di classi in una dimensione non riducibile alla sfera solo economica-produttiva-salariale (chi l'ha creduto e non intende meditare sul significato non solo storico di una sconfitta non ha un futuro politico), ma integrata, compenetrata, in una dimensione anche e non genericamente politica e culturale; in tal senso la dimensione nazionale resta la chiave di volta, architrave e sostanza dell'articolazione di una società in cui, attraverso il portato di istanze nazionalitarie di liberazione, ridurre fortemente la forbice tra le classi e ribaltare rapporti di forza. In questa prospettiva ben vengano, come soggetti reali di un percorso di liberazione, anche certo tipo di comunità. | |
| | | Panagulis
Numero di messaggi : 2 Data d'iscrizione : 13.04.08
| Titolo: Re: che cos'è comunità Dom Apr 13 2008, 04:19 | |
| dal latino commune(m), propr. ‘che compie il suo incarico (munus) insieme con (cum) altri'
l'idea del termine che l'etimo porta con se rimanda alla consapevolezza della funzione del soggetto all'interno di una relazione, ciò che "mette in comune" sembra essere il fine che sosttanzia la stessa relazione. Non sono sicuro, come proposto sopra, che la comunità rimandi all'idea di razionalità. Dico questo nell'idea che le persone possano anche mettersi in relazione condividendo funzioni specifiche da assolvere senza essere coscienti dei fini reciproci che guidano la relazione. Prendiamo ad esempio il vissuto di un credente religioso: è sempre vero che lo si possa considerare razionale? Dico questo proponendo che le categorie comunità e razionalità non sono vicine. Se "sembrano" vicine è a causa di un'intenzionalità, o per rimanere in tema "un fine", di chi le associa. Ritengo pericoloso questo accostamento, è come se si pensasse che le dinamiche sociali o comunitarie, in questo caso è lo stesso, funzionino per logiche razionali. Io penso che un concetto che vada a bracetto con 'comunità' sia invece 'identità', identità quale qualificazione, quindi attribuzione categoriale, di una persona, di un luogo, di una cosa per cui essa è tale e non altra, da parte di un sogetto che la esperisce. Qualificare un oggetto esterno da sé-stessi equivale a proiettare categorie proprie sull'oggetto. Se l'oggetto è un gruppo sociale, e questo non si identifica nella categoria proposta, allora questa qualificazione è un atto di violenza. Se invece la categoria si riferisce ad una qualità che lo stesso soggetto attribuisce a se stesso, quindi ci si riconosce (il 'ri-conoscersi' implica sempre una compagnia), allora ci sono le basi per andare insieme da qualche parte, edefinire reciproci incarichi per fini comuni. Individuo e comunità a mio dire non si possono distaccare, proprio perchè il legame tra il primo e il secondo è proprio l'identità, e questa non va a braccetto con razionalità. Io penso che quello che questo periodo storico sta subendo è una forte crisi del concetto di territorialità legato a quello di identità, crisi riscontrabile anche nel proliferarsi delle identità-comunità virtuali (che aimè tante volte mi sembrano anche troppo virtuali). Più che 'ragionare asseame' (che sembra un pò il fine di mettere insieme comunità e razionalità) penso che per rispondere all'attuale criticità di perdita del senso di comunità territoriale bisognerebbe razionalizzare un pò meno e chiedere invece al vicino 'come si sente', proprio per vedere cosa si ha in comune, per costruire assieme un percorso e una comunità... | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: che cos'è comunità Lun Apr 14 2008, 02:04 | |
| Innanzitutto, Panagulis, benvenuto. Il 'nome' (Alekos) che utilizzo in questo forum richiama proprio quel (l'Alekos) Panagulis che anche tu richiami. Per chi non lo sapesse, fu assassinato nel 1976. Un esempio il suo amore per la libertà, la determinazione a lottare per un dovere di giustizia e di liberazione anche nelle durissime condizioni di detenzione nella Grecia dei Colonnelli e poi l'aver continuato a mettere in gioco la sua esistenza e la sua vita anche quando sembrò che tutto fosse cambiato con la "democrazia". La stima che nutro per la memoria di Alekos Panagulis sta nei suoi atti e nelle pagine, molto belle, che gli ha dedicato, con "Un uomo", quell'Oriana Fallaci di cui non nascondo la mia più profonda disistima politica per certe posizioni di fondo prese negli anni successivi e particolarmente gli ultimi, fino alla sua morte un paio d'anni fa...
Qualche breve considerazione su quanto scrivi. Premesso che ritengo che riferirsi in astratto al concetto di comunità sia fuorviante, o quantomeno predisponga fortemente al rischio di fuorviare per la pluralità possibile di comunità, e quindi perché non si sa bene di cosa si parli, condivido in buona parte l'essenza della definizione che dai nelle primissime righe, anche se, in relazione al "fine" che evochi a sostanza della relazione individuo-altri, esistono comunità che si basano su caratteristiche pre-finalistiche o addirittura a-finalistiche. Possono entrare cioè in gioco sentimenti, affezioni, sentire intimi che si auto-alimentano (in senso lato) senza fine, senza per questo dover essere necessariamente irrazionali. Quanto alla connotazione associabile (a "comunità") di "identità" piuttosto che di "razionalità" (che pure Guidofi non assolutizzava categorialmente, ma sfumava), mi pare che dipenda dal tipo di "comunità" -definita e non genericamente intesa- cui ci si riferisce. Trovo giusto, di buon senso politico, umano, socializzante, aggettiva come meglio ritieni, "chiedere al vicino 'come si sente', proprio per vedere cosa si ha in comune, per costruire assieme un percorso e una comunità". Non pensi però che questo "costruire assieme un percorso e una comunità" non presupponga anche una qualcerta componente di confronto, di discussione, di conoscenza e coscienza del proprio presente, della realtà di cui si è parte? E quando ciò intervenga, non ritieni si tratti anche di razionalità, quand'anche di una criticabile, illusoria, fallace, infondata razionalità? Insomma, saper far interagire razionalità e sentire per rispondere al meglio -o perlomeno tentare di farlo- all'esistere nel proprio tempo? Se condividi, entriamo nel merito. | |
| | | Panagulis
Numero di messaggi : 2 Data d'iscrizione : 13.04.08
| Titolo: Re: che cos'è comunità Lun Apr 14 2008, 04:07 | |
| Certamente con il mio intervento non volevo dare un calcio alla razionalità, bensì solo una leggera deviazione di ottica. Io condivido il tuo pensiero di "far interagire razionalità e sentire per rispondere al meglio -o perlomeno tentare di farlo- all'esistere nel proprio tempo". La sensazione che ho avuto nei messaggi sopra è che fosse dato molto peso all'associazione tra razionalità e comunità. A mio modo di vedere la razionalità è la funzione più alta che abbiamo come esseri umani, ma nelle dinamiche sociali non solo non basta, ma può anche deformare se la si pensa quale unico strumento. Condivido la visione per cui esseri umani e le dinamiche sociali funzionano secondo il principio di economicità, per cui tendono a utilizzare le funzioni meno evolute del nostro cervello, a meno che non ci sia qualcosa che allerta. Tu dici che "esistono comunità che si basano su caratteristiche pre-finalistiche o addirittura a-finalistiche. Possono entrare cioè in gioco sentimenti, affezioni, sentire intimi che si auto-alimentano (in senso lato)senza fine", io concordo con l'idea che esistono comunità in cui giocano dinamiche legate ai sentimenti e alle emozioni, anzi io penso che in tutte le comunità ci siano tali dinamiche e che anche il semplice "far parte" possa essere pensato come un fine, ma legato a logiche inconsce, o meglio, emotive. E' importante secondo me fare un pensiero e cercare di interpretare tali dinamiche perchè la comunicazione razionale non basta. Il rischio è quello di fare la spiegazione, e non c'è peggior sordo di chi non vuo sentire, no? Richiamare la comunità al principio di razionalità come fà Guidofi non è forse legato ad un suo vivere queste dinamiche emotive della comunità e che non voglion sentir ragioni? Almeno a me con quanto scritto sopra arriva un pò l'idea di "bisogna ragionare assieme!", detta a gran voce proprio perchè reclama una mancanza forte di quanto richiesto. Con questo esempio voglio far notare che anche gli scambi e le relazioni che tengono assieme le persone che condividono questo forum sono attraversati anche da dinamiche emozionali, e non per questo razionali o non razionali. Come dire, ragione sentimento possono anche andare a bracetto, è preoccupante invece proprio se si fanno i fatti loro... | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: che cos'è comunità Lun Apr 14 2008, 14:52 | |
| E allora sì, dai, razionalità e sentimenti (o, se si preferisce, sentimenti e razionalità... giusto per non ingaglioffarci in sterili discussioni su chi merita la priorità di posizione...) lasciamoli "andare a braccetto". Mi pare che su questo concordiamo. Condivido davvero la tua preoccupazione in caso l'uno o l'altro si facciano i (e se ne vadano per) "fatti loro".
Ti chiedo una cosa, a questo punto. Stante il legame sociale capitalistico attualmente dominante, come tradurresti quanto ci siamo detti nella realtà di oggi, qui in Italia? Come suggeriresti di muoverti, dando per condivisa (se così è per te...) la necessità di una prospettiva anti- (e quindi a-) capitalistica di liberazione? A risentirti | |
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