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 risposta di Mario Deaglio 11/7/2008

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tadiottof




Numero di messaggi : 621
Data d'iscrizione : 04.08.08

risposta di Mario Deaglio 11/7/2008 Empty
MessaggioTitolo: risposta di Mario Deaglio 11/7/2008   risposta di Mario Deaglio 11/7/2008 Icon_minitimeGio Set 24 2009, 22:19

Gentile Signor Tadiotto,

grazie per la Sua lettera.

Cercherò di chiarire alcuni concetti che di solito si presentano molto aggrovigliati.

La public company è una società per azioni, quotata in Borsa, in cui le azioni sono di proprietà di un pubblico indistinto e quindi non esistono azionisti importanti. La gestione, e quindi il potere giorno per giorno, è affidato ai dirigenti. Il modello della public company cerca di imitare quello della democrazia rappresentativa (i dirigenti sono il "governo" e l'assemblea è il "parlamento".

Esperienze concrete di public company sono frequenti negli Stati Uniti (dove però sono sotto accusa per l'eccessivo potere dei dirigenti) e meno negli altri paesi avanzati.

La golden share è il diritto del potere pubblico (variamente definito) di porre il veto a determinate decisioni aziendali (per esempio, la preponderanza di capitale straniero in un'im presa di interese nazionale). Normalmente implica anche una presenza pubblica nell'azionariato (es. ENI). Il caso dell'ENI è tipico perché, al di là della presenza pubblica non ci sono quote veramente rilevanti; l'ENI pertanto si comporta come una public company con l'eccezione di azioni e decisioni rilevanti per la strategia governativa, la politica estera, ecc.

L'idea che il comunismo (o meglio il "socialismo") trovi qualche corrispondenza nella struttura proprietaria delle società avanzate è stata proposta da diversi studiosi americani; non tanto per quanto riguarda il piccolo azionista individuale, quanto per i fondi pensione e i fondi di investimento che rappresentano migliaia, talora milioni, di risparmiatori, diversificano molto i propri investimenti ma non hanno rinunciato a intervenire, talora in maniera molto incisiva, sulle grandi scelte che sono di competenza dell'assemblea (e che comprendono il licenziamento dei dirigenti). Questa somiglianza è peraltro superficiale e alquanto distante dai presupposti dell'analisi marxiana; i marxisti hanno difficoltà ad accettarla.

Queste tendenze "democratiche" del capitalismo della Borsa sono peraltro state messe in discussione negli ultimi anni dai fondi di private equity che affermano duramente il predominio dell'azionista di maggioranza e spesso mirano a "riprivatizzare" le società e a sottrarle al listino tramite il cosiddetto "delisting".

Spero che questo Le possa essere utile e molto cordialmente La saluto.

At 21.25 06/07/2008, you wrote:

Chiarissimo Dr. Deaglio

Di tanto in tanto le sottopongo mie riflessioni e Lei ha la
bonta' di rispondermi.

Questa volta la interpello in merito alla public company,
(sinonimo di azionariato popolare?).

La public company venne alla ribalta al tempo delle
privatizzazioni: ENEL, FFSS, Telecom, Acquedotti ecc.

La public company era in contrapposizione o in alternativa alla
golden share, se ricordo bene il termine.

L'una privilegiava la parcellizzazione della proprieta', l'altra
concentrava, in un numero limitato di acquirenti, il controllo
delle Imprese.

Non mi dilungo; sono argomenti che Lei conoscera' bene.

La mia riflessione parte dall'osservazione che le Spa tutte:
FIAT, Pirelli, Benetton, Luxottica, ecc. sono governate da una
persona, famiglia o patto di sindacato, che detiene un piccolo
numero di azioni, anche se, in valore assoluto, il capitale e'
cospicuo.

Il resto delle azioni per una percentuale elevata, superiore
alla percentuale detenuta dalla governance, e' nelle mani di
piccoli risparmiatori.

Domanda: non possiamo parlare di una forma capitalista di
"comunismo"?

Mi spiego.

Uno dei principi del marxismo sta nella proprieta' collettiva
dei mezzi di produzione.

L'azionariato popolare, proprieta' delle azioni di un'Impresa,
non e' anche proprieta' collettiva di mezzi di produzione?

E' d'altra parte evidente che in regime di economia di mercato,
non c'e' dittatura del proletariato.

I mezzi di produzione oggi sono molto costosi e sofisticati.

Nel medioevo potevano essere la zappa o l'aratro.

Il potere tuttavia era esercitato dalla nobilta' che non era
certamente disponibile verso la plebe.

In Ebano di Kapuscinskj si legge di una donna che, come mezzo di
produzione, aveva una semplice padella, con la quale preparava
il cibo per i viandanti.

E questa donna puo' trovarsi in un paese comunista o
capitalista.

Ma allora dove sta il confine tra comunismo e capitalismo?

Spero di non averla annoiata, la ringrazio della pazienza .

Franco Tadiotto

Genova 6/7/2008
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risposta di Mario Deaglio 11/7/2008
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