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 Sulle contestazioni a Gheddafi

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alekos18

alekos18


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MessaggioTitolo: Sulle contestazioni a Gheddafi   Sulle contestazioni a Gheddafi Icon_minitimeGio Giu 11 2009, 18:12

Le contestazioni a Gheddafi presentano qualche luce (una) e molte ombre. L'unico elemento di assoluta ed incondizionata condivisione verte, secondo noi, sulla critica alle scelte politiche delle autorità libiche in materia di immigrazione. La chiave di volta per capire l'incomprensibile sta forse in un passaggio: Gheddafi ha sottolineato come anche l'assegnazione di ''un miliardo di euro all'anno sotto il controllo della UE potrà aiutare la Libia a contenere, ad arginare l'immigrazione verso l'Italia e da qui verso la UE", aggiungendo che questa somma "non è sufficiente" se si guarda al fenomeno nel suo insieme. Questo è inaccettabile. Qualunque argomentazione motivasse la prigione per i fuggitivi sociali e politici (anche) dei sud del mondo, il non riconoscimento dello status di rifugiati, le politiche di respingimento in mare delle navi cariche di disperati, ecc., è da respingere. Se avesse poi fondamento un interesse speculativo sulla pelle di disperati, di "dannati della terra", ci sarebbero un disvalore aggiunto di odiosità. Striderebbe proprio pensando al trattamento subito dal popolo libico ad opera del colonialismo giolittiano prima e fascista poi, striderebbe proprio pensando alla memoria e alla stessa storia politica e personale di Gheddafi. Ciò detto, è anche vero che il ruolo della Libia sancito negli accordi siglati con il governo Berlusconi, ma con un lavorio da apripista già avviato con il centrosinistra al governo, è un qualcosa di scellerato che si posiziona lungo la filiera di un dramma che ha cause strutturali ben più ampie.

Contestare Gheddafi su questo terreno è legittimo, purché si sia conseguentemente continuativi con il governo Berlusconi, con le strutture europee, con quegli Stati –USA in primis– che con le loro politiche e guerre d'aggressione infoltiscono di continuo gli esodi di questi "dannati della terra". Qui, però, emerge un punto decisivo: la legittima e (per noi) giusta scelta di schierarsi con questa parte (gli ultimi della terra, appunto) di dominati, se vuole essere credibile non può ignorare i legami di causa/effetto: schierarsi al fianco dei diritti (umani e di cittadinanza) degli immigrati comporta una conseguente e corente assunzione di una posizione chiara, esplicita ed inequivocabile anti-imperialista e di sostegno alle Resistenze che lo contrastano. Vi pare credibile, tanto per fare un esempio, che chi critica Gheddafi e la sua politica sul terreno dei diritti umani, è rimasto e rimane in silenzio sulla mattanza su larga scala di Israele su Gaza o di quelle degli USA ed alleati/subalterni (Italia inclusa) in Afghanistan? Ripetiamo: schierarsi al fianco dei diritti (umani e di cittadinanza) degli immigrati comporta l'assunzione di una chiara, esplicita ed inequivocabile posizione anti-imperialista e di sostegno alle Resistenze che vi si oppongono. Altrimenti, o è aria fritta o è qualcosa di conniventemente peggio...

Ciò detto, e senza commentarle, vediamo le "luci" di questa visita. Innanzitutto comunicative. Parlano da sé e meriterebbero un confrontarcisi su.

Già alla discesa dall'aereo, quella foto sulla divisa di Gheddafi ritraente Omar Al Muktar, noto come il "leone del deserto", simbolo della resistenza libica contro l'invasione di Stato sabauda e fascista. Un gesto simbolico amplificato dalla simbolica presenza dell'ultimo discendente di Al Muktar, ormai ottantenne, sceso dall'aereo subito dopo il leader libico.

Poi, alcune dichiarazioni di Gheddafi, che riportiamo di seguito 'staccandole' l'una dall'altra.

"Se noi chiedessimo a Bin Laden e ai suoi seguaci, 'perche' andate sulle montagne? Perché avete distrutto le vite di tanti civili con l'attentato di New York?', loro potrebbero rispondere, anzi hanno già risposto: 'Ci difendiamo contro le umiliazioni subite, le depredazione delle nostre ricchezze'. Ma questa è una responsabilità dei vostri Stati".

"Non è un atto di terrorismo l'attacco americano nel 1986 [un bombardamento in Libia, voluto dall'amministrazione Reagan, nel quadro di un tentativo di assassinio di Gheddafi, ndr]? Che differenza c'è con le azioni terroristiche di Bin Laden? Se Bin Laden non ha uno Stato ed è un fuorilegge, l'America è uno Stato con regole internazionali. La verità è che bisogna eliminare l'arroganza: tutti siamo creati da Dio uguali sulla terra e non per essere dominati da uno Stato egemone".

"Noi siamo contro tutti gli atti di terrorismo. Lo condanniamo fermamente, ma dobbiamo domandarci quali siano le ragioni che lo provocano: uno deve dialogare anche con il diavolo se ciò porta ad una soluzione".

"Che c'è di male se la Corea del Nord vuole essere comunista? O se l'Afghanistan è in mano ai mullah? Non è forse il Vaticano un rispettabile stato teocratico con rappresentanze in tutto il mondo? Se l'Iraq era una dittatura sotto Saddam, era forse questo un problema degli occidentali? È stata una buona idea far crollare il suo regime spalancando le porte ad al-Qaeda? Non si può valutare il mondo con superficialità".

"Dicono che i governi arabi siano stati fatti da voi [alludendo al peso delle potenze occidentali, ndr]. Quindi, fareste meglio a non ingerire nelle nostre questioni. Lasciateci scegliere i regimi!". "Saddam l'avete accusato di essere un dittatore. Che c'entrate voi? Se il popolo iracheno accetta di votare per un dittatore per quale motivo ingerite? E' un vostro funzionario forse?".

"Dopo la rivoluzione ho cercato di superare lo stato psicologico che condizionava i rapporti fra Libia e Italia. Dico davanti a voi che qualsiasi indennizzo materiale non rappresenta nulla di fronte alle atrocità subite dal colonialismo italiano, le atrocità le umiliazioni subite... Le distruzioni subite dall'ambiente libico... Il popolo libico non richiedeva nulla di materiale, ma un riconoscimento degli errori del colonialismo. Questo poteva avvenire già in passato ma c'era una mancanza di accordo". "L'Italia di oggi è diversa", riconosce Gheddafi. Che poi però ribadisce le colpe del colonialismo italiano in Libia: "Niente può risarcire dal sangue libico versato".

Da questi stralci si potrebbe aprire un confronto. Delle idee, in funzione dell'agire politico.
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sankara

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MessaggioTitolo: Re: Sulle contestazioni a Gheddafi   Sulle contestazioni a Gheddafi Icon_minitimeVen Giu 12 2009, 17:00

Concordo con quanto scrivi, Alekos. Aggiungo che il mancato intervento al Senato di Gheddafi, secondo il senatore radicale Marco Perduca, ha evitato un incidente diplomatico con Washington, che di certo non avrà gradito le esternazioni di Gheddafi che hai riportato. Sicuramente sono quantomeno ipocrite le accuse di violazione dei “diritti umani” da parte di chi non si pone affatto gli stessi interrogativi etici nell'approvare l'invio di uomini e mezzi per operazioni di guerra al servizio delle strategie imperiali del padrone statunitense (l'Afghanistan per citare il caso più recente) o chi non è conseguente nel denunciare le atrocità israeliane in Palestina.

Se Alekos fa bene a criticare aspramente il leader libico per la sua politica sull'immigrazione, voglio comunque soffermarmi sul significato storico della visita di Gheddafi, sicuramente portata avanti dal governo Berlusconi per dotarsi di un alleato nella repressione degli emigranti e soprattutto per ragioni di business: i cinque miliardi in 25 anni stanziati dall'Italia per investimenti in progetti infrastrutturali in Libia verranno riassorbiti tramite commesse dalle aziende italiane, ed il sostegno finanziario di Tripoli risulta pure importante nel puntellare il capitale di gruppi di casa nostra: il Lybian Investment Authority, il fondo sovrano libico, risulta il secondo azionista di Unicredit, e sarebbe disponibile con altri soggetti libici ad entrare anche in altre grandi imprese come l'ENEL. Senza contare le intese sul piano delle forniture di energia. L’Italia importa dalla Libia il 25% del fabbrisogno petrolifero e poco meno del 10% del gas. Tripoli dispone comunque di grandi risorse energetiche non completamente sfruttate per le sanzioni alle quali è stata sottoposta, e l’aumento di produzione che si prospetta andrebbe in primo luogo a favorire Roma.

Il significato storico della visita figurava a bella vista ben appuntata sulla giacca militare del Colonnello libico, quando è atterrato a Ciampino. Quell'immagine in bianco e nero del valoroso Omar-al-Mukhtar, leader della resistenza anti fascista, mentre era circondato dagli italiani che lo avevano scovato dopo anni di azioni di guerriglia. Omar al-Mukhtar inizia a partecipare alla resistenza contro l'Italia di Giolitti già nell'ottobre del 1911, divendendone un leader e organizzando efficaci azioni di guerriglia anti-coloniale. La sua azione venne rallentata dalla strategia attuata a partire dal 1930 dal governatore della Libia, il generale Rodolfo Graziani, che ordinò sequestro di beni, rogo di alcuni villaggi, bombardamento aereo delle oasi, oltre all'avvelenamento e alla chiusura di numerosi pozzi d'acqua potabile. L'11 settembre 1931 l'anziano al-Mukhtar fu catturato, ed il 16 settembre impiccato a Soluch, a 56 chilometri a sud di Bengasi, in Cirenaica, alla presenza di ventimila libici. Il film sulla sua storia, “Il leone del deserto”, è stato vietato per ben 30 anni nelle sale italiane perché “lesivo della reputazione dell'esercito”. Oltre alla foto al petto, Gheddafi non si fa solo notare per la compagnia delle “belle amazzoni” al suo seguito, ma anche per la presenza di 12 nipoti dei partigiani libici anti fascisti, compreso l'ultimo discendente dello stesso al-Mukhtar (fatto che è stato sottolineato dalla stampa araba).

Insomma, per quanto le critiche a Gheddafi di centri sociali e studenti abbiano delle ragioni di verità, mi sembra però che le proteste abbiano impedito una piena evidenziazione degli orrori del colonialismo italiano. La colonizzazione della Libia, avviata nel 1911 da Giolitti, è costata 100mila morti su una popolazione allora di 800mila unità. Non c'è alcuna famiglia in Libia che non abbia avuto un parente od un amico assassinato o deportato. Lo stesso leader libico, all'età di sei anni, ha visto morire due suoi cugini a causa di una mina lasciata dagli italiani, che ha lasciato tra l'altro indelebile sul suo avambraccio destro una lunga cicatrice.

La visita di Gheddafi, dopo la firma del “Trattato di amicizia e cooperazione” lo scorso 30 agosto, costituiva infatti un atto di riconoscimento per la «decisione storica di chiedere scusa» da parte del governo italiano per i danni del colonialismo e quindi di «risarcirlo». «Si è voltata la pagina del passato e si è aperta una nuova pagina di amicizia», ha dichiarato Gheddafi alla Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani. Un atto che tra l'altro giunge senza un effettivo pentimento pubblico sull'infame storia del colonialismo italiano in Africa. In tale contesto, sarebbe stato giusto ed opportuno accogliere il leader libico Gheddafi come il rappresentante di un popolo vessato dall'Italia “liberale” e fascista, dedicando il giusto tributo alla figura di Omar-al-Mukhtar, di cui andrebbe finalmente trasmesso sulla televisione pubblica il film sulla sua vita. A ricordare al popolo italiano che «i martiri libici venivano attaccati da Mussolini solo perché difendevano la loro terra: sono stati commessi molti crimini in quell'era con migliaia di deportati». Mi sembra che in questa occasione sia venuto a mancare un po' di pertinente anti-fascismo.
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