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| I rimorsi dei palestinesi | |
| | Autore | Messaggio |
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Ros
Numero di messaggi : 41 Data d'iscrizione : 05.12.08
| Titolo: I rimorsi dei palestinesi Sab Dic 06 2008, 11:05 | |
| GLI ARABI COMINCIANO A FARE MEA CULPA SULLA QUESTIONE PALESTINESE La morte di Arafat ha permesso per la prima volta un concreto avvicinamento fra Israele e l’Anp. D’altro canto, oggi ci troviamo a fare i conti con l’Iran che a Gaza fomenta Hamas nella destabilizzazione del processo di pace. Due casi emergono in questi giorni a conferma di quanto siano distanti le mire dell’Iran e di Hamas dagli interessi dei palestinesi...
Leggi tutto qui: http://www.loccidentale.it/articolo/gli+arabi+cominciano+a+fare+mea+culpa+sulla+questione+palestinese.0062725 | |
| | | tadiottof
Numero di messaggi : 621 Data d'iscrizione : 04.08.08
| Titolo: rimorsi? Mer Dic 10 2008, 09:46 | |
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| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: I rimorsi dei palestinesi Ven Dic 12 2008, 03:14 | |
| Innanzitutto ben arrivato nel forum. Ho cliccato sul collegamento che segnali ed ho visto riproposto quanto scrivevi nel tuo postato. Non mi è chiaro se siano considerazioni tue (e sia tu quindi l'estensore di quello scritto) o se soltanto lo hai inteso riproporre.
Che dirti. Sono rimasto, come si suol dire, basito. Potrei partire dal fatto che, al di là delle luci e delle ombre che esistono in ogni schieramento o parte politica, vi è sempre una verità di fondo cui si può arrivare. Nel caso in questione, il trattamento che da decenni subiscono i palestinesi ricorda quello degli ebrei sotto il nazismo o quello dei neri sudafricani durante l'apartheid. Attribuire in ultima istanza la responsabilità di questo trattamento ai "paesi arabi" e "dirigenti palestinesi", che pure possono essere criticati per varie ragioni, lo trovo francamente grottesco. Non avere nemmeno il pudore di un limite al rovesciamento di verità storiche e alle manipolazioni di fatti (e manu-fatti) ritengo che faccia perdere credibilità e fa scadere quantomeno nel ridicolo.
Trovo quindi avvilenti e molto poco interessanti, in termini morali e storici, le considerazioni del "columnist saudita" Mash’al Al-Sudairi sulle responsabilità del "mondo arabo" che a suo dire non ha saputo affrontare e, mi par di capire, accettare quella che lo stesso "columnist" definisce "occupazione ebraica di una parte della Palestina". Per inciso trovo molto discutibile l'espressione "mondo arabo" riferita anche solo all'insieme delle classi dirigenti dei paesi arabi, messi in un calderone indistinto e non considerando ad esempio il ruolo di referenza svolto da non poche di quelle per conto e al seguito degli Stati Uniti, alleati dell'imperialismo regionale di Israele. Molto si dovrebbe dire delle ambiguità, anche sulla questione palestinese, di certe classi dirigenti e case regnanti arabe sull'accettazione di fatto e quindi sulla connivenza con chi della tragedia subita dai palestinesi è principale responsabile. Ambiguità legate anche a preoccupazioni di stabilità interna.
Per capire il presente ed immaginare un futuro migliore dell'oggi, indubbiamente non si può prescindere dalla conoscenza di quel che è stato. Ciò vale anche per la Palestina. Al riguardo trovo molto più interessanti le ricostruzioni e gli studi di quei "nuovi storici" israeliani (Simha Flapan, Tom Segev, Avi Schlaim, Ilan Pappé, Benny Morris e tanti altri) nonché di quelle componenti ebraiche anti-sioniste che, pur in una diversità di intenti, di metodo ed anche di opinioni, avvertono la necessità di revisionare i miti della storia ufficiale d'Israele nei passaggi più significativi, a partire dalla guerra del 1948 e dall'esodo/cacciata dei Palestinesi. Trovo più interessanti gli studi di un Zeev Sternhell ("Nascita di Israele", nella versione italiana edita da Baldini&Castoldi) o di un Baruch Kimmerling e di un Gershon Shafir che si sono occupati della storia del sionismo in Palestina dal 1987 al 1947. Analizzando la matrice colonialista di popolamento e statalista del sionismo, hanno demolito il mito dei pionieri e del kibbutz visto non come la realizzazione di un sogno socialista, ma come strumento di persecuzione verso la popolazione araba. Più in generale ritengo che da quel 1948 bisogna partire perché nessuna vera pace potrà scaturire senza il riconoscimento della tragedia vissuta dai palestinesi a partire da quell'anno, una tragedia permanente che è "il peccato originale dello Stato d'Israele", per usare un'espressione ed il titolo di un libro dello storico Dominique Vidal.
Leggo anche, all'inizio dell'articolo che segnali, un riferimento al "processo di pace" (le virgolette sono d'obbligo...) "avviato il 9 settembre 1993 dalla firma con cui il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin aveva riconosciuto l’Olp come legittimo rappresentante del popolo palestinese". Parliamo cioè del primo atto susseguente a quegli Accordi di Oslo, ufficialmente chiamati "Dichiarazione di principi sui progetti di auto-governo interinali" o "Dichiarazione di Principi", conclusi nella capitale norvegese il 20 agosto di quello stesso anno. Ebbene, penso sia significativo ricordare quanto scriveva Meron Benvenisti sul quotidiano israeliano Haaretz il 12 maggio dell'anno seguente, commentando l'accordo sulla Striscia di Gaza e l'area di Gerico firmato 8 giorni prima, al Cairo, tra OLP e Israele, uno dei primi significativi effetti di quegli accordi di Oslo: "Una lettura attenta delle centinaia di pagine dell'accordo non lascia dubbio alcuno su chi sia il vincitore e chi il perdente nel negoziato. Se si sfronda tutta la nobile fraseologia, la deliberata disinformazione, le centinaia di sezioni, sottosezioni, appendici e protocolli da azzeccagarbugli, si vede bene che la vittoria israeliana è assoluta e la sconfitta palestinese degradante". Avrei altre considerazioni di passata su quell'articolo, ma mi fermo qui. A ben ritrovarti. | |
| | | Ros
Numero di messaggi : 41 Data d'iscrizione : 05.12.08
| Titolo: Re: I rimorsi dei palestinesi Ven Dic 12 2008, 18:36 | |
| "A Camp David, nel 2000 la pace era vicina e possibile, Yasser Arafat si è assunto la responsabilità del fallimento. Tornò a casa accolto come un Saladino, e uno scrittore israeliano bandiera del pacifismo, Amos Oz, lo guardò alla tv palestinese, il solito tristo gesto di vittoria fatto con due dita alzate, la divisa grigio oliva di guerra perenne, pianse lacrime amare, e scrisse: ho sempre lottato contro i governi che accusavo di non volere un accordo, ma oggi che avete rifiutato un’offerta che sembrava il manifesto di peace now, oggi che mi è chiaro che non è un vostro Stato, è Israele che volete, sappiate che andrò sulle barricate, sarò uno dei vostri nemici. Non vi è dubbio alcuno sulle responsabilità, eppure nel corso degli ultimi tre anni, a spiegazione giustificatoria del terrorismo, la teoria del complotto, dell’imbroglio ai danni di Arafat, con la complicità del presidente americano, ha preso qualche piede; ha come manifesto una ricostruzione dalla parte palestinese di Robert Malley e Hussein of Books, del quale peraltro si citano solo alcune parti, quelle comode. Ha come prove la presunta mancanza di dichiarazioni nette da parte dei mediatori americani, e il fatto che non c’erano proposte scritte quell’estate a Camp David. Eccone una, ufficiale, di dichiarazione, fatta da Dennis Ross, l’inviato speciale per il Medio Oriente fino agli ultimi giorni dell’ Amministrazione Clinton. “A Camp David nel luglio 2000 noi americani non presentammo un piano complessivo. Mettemmo sul tavolo delle idee relative ai confini e alla questione di Gerusalemme. Arafat non fu in grado di accettare nessuna di queste idee. Per la verità, nel corso di quei quindici giorni di negoziati, Arafat non presentò una sola idea alternativa, alcuni suoi negoziatori lo fecero, lui no”. “Il 23 dicembre il presidente Clinton presentò il nostro piano. Confini: annessione a Israele di un 5 per cento della Cisgiordania e passaggio di un 2 per cento di territorio i palestinesi avrebbero ricevuto il 97 per cento del territorio.Gli israeliani sarebbero usciti completamente da Gaza. E’ falso affermare che in Cisgiordania lo Stato palestinese sarebbe risultato diviso in parti: vi sarebbe stata continuità territoriale. E vi sarebbe stato anche un collegamento diretto fra Gaza e Cisgiordania con un’autostrada e una ferrovia sopraelevate, tali da garantire non solo un passaggio “sicuro” (come previsto dagli accordi di Oslo), ma un vero e proprio passaggio libero. Gerusalemme: i quartieri arabi della parte Est sarebbero diventati capitale dello Stato palestinese. Profughi: vi sarebbe stato diritto al rientro dei profughi nello Stato palestinese, non all’interno di Israele. Inoltre sarebbe stato creato un fondo di 30 miliardi di dollari raccolti a livello internazionale per compensazioni e interventi di rimpatrio, reinserimento e riabilitazione dei profughi. Sicurezza: vi sarebbe stata una presenza internazionale nella Valle del Giordano al posto delle forze israeliane. Il piano non era scritto ma noi lo enunciammo alle parti come se lo dettassimo, accertandoci che ne prendessero nota accuratamente. Non lo mettemmo per iscritto perché, come spiegammo a palestinesi e israeliani, questo era il massimo del nostro sforzo possibile: se non lo avessero accettato, lo avremmo ritirato”. “Il governo israeliano accettò la proposta Clinton il 27 dicembre 2000; Arafat venne alla Casa Bianca il 2 gennaio 2001 e si incontrò con il presidente Clinton nello Studio Ovale. Ero presente all’incontro. Doveva accettare che a Gerusalemme vi fosse una sovranità israeliana sul Muro occidentale che coprisse i luoghi di importanza religiosa per gli ebrei, e la rifiutò. Rifiutò la proposta sui profughi. Rifiutò le idee fondamentali sulla sicurezza. Praticamente respinse tutte le cose che gli avevamo chiesto di accettare. Ancora oggi i palestinesi non hanno detto alla loro gente in cosa consisteva davvero quel piano”. | |
| | | Ros
Numero di messaggi : 41 Data d'iscrizione : 05.12.08
| Titolo: Re: I rimorsi dei palestinesi Ven Dic 12 2008, 18:49 | |
| YASSER Arafat considera l' accordo di pace sottoscritto con Rabin soltanto un tranello per conquistare, quando verrà il momento, Israele. Che, sostiene il leader palestinese, non è mai storicamente esistito come "uno Stato permanente". Queste gravissime dichiarazioni, fatte nello stesso discorso pronunciato il 10 maggio in una moschea di Johannesburg in cui Arafat aveva proclamato la "guerra santa per liberare Gerusalemme", hanno nuovamente messo in subbuglio il mondo politico israeliano e non mancheranno di infliggere un duro colpo al processo di pace. "Questo accordo non rappresenta per me più dell' accordo concluso dal nostro profeta Maometto con i Quraishiti", è il passaggio incriminato del discorso di Arafat. L' accordo risale al lontano anno 628. All' epoca Maometto, dalla sua roccaforte di Medina, si diresse alla Mecca, sua città natale da cui era stato costretto all' esilio, per compiervi un pellegrinaggio. Ma soltanto 1600 dei suoi fedeli accettarono di seguirlo. Di fronte al rifiuto di accoglierlo da parte degli abitanti della Mecca e alla loro superiorità numerica e militare, Maometto accettò un accordo di tregua che lo impegnava a porre fine a tutte le ostilità contro la città in cambio della promessa che l' anno successivo lui e i suoi fedeli avrebbero potuto compiere il pellegrinaggio. Ma nel giro di un anno Maometto consolidò le proprie forze, mentre la Mecca si indebolì a seguito di importanti defezioni tra i suoi leader, che aderirono all' Islam. FU COSI' che nel novembre del 629, dopo una violazione della tregua da parte dei quaraishiti, Maometto denunciò il trattato e nel gennaio del 630 conquistò La Mecca con un esercito di 10 mila uomini. "E' un precedente giuridico islamico a cui fanno riferimento tutti gli accordi tra i musulmani e gli infedeli. In base ad esso è possibile sottoscrivere un accordo con il nemico e infrangerlo successivamente non appena ciò si renda possibile", ha spiegato ieri Moshe Sharon, islamista e professore all' Università ebraica di Gerusalemme. Quasi a confermare la corretta interpretazione del suo riferimento alla pace di Hudaibiya, nello stesso discorso Arafat ha sostenuto che "non è mai esistito uno Stato permanente che si chiama Israele". Sembra così riaffiorare il dubbio sul diritto di Israele all' esistenza e la vecchia tesi massimalista secondo cui Israele, creatura del colonialismo britannico, è destinato ineluttabilmente a scomparire in un mondo arabo che lo lo rifiuta e lo considera alla stregua di un cancro da estirpare. E' certo che le rivelazioni sulle infelici sortite di Arafat non faranno che accentuare l' imbarazzo e le difficoltà interne di Rabin e del governo di sinistra, portando viceversa acqua alla richiesta dell' opposizione di destra di congelare l' accordo di pace in quanto Arafat non è un leader credibile e affidabile. Soltanto pochi giorni fa Rabin aveva ammonito che il proclama di Arafat sulla "Jihad per liberare Gerusalemme" avrebbe potuto bloccare il processo di pace, mentre il ministro degli Esteri Peres l' aveva qualificato come "inaudito e inammissibile". Arafat ha tentato di porre rimedio sostenendo che per "Jihad" non intendeva una "lotta armata" ma bensì una "battaglia pacifica". Tuttavia Rabin ha ritenuto insufficiente questa giustificazione. E ieri il presidente della neonata ' Autorità nazionale palestinese' a Gaza e Gerico ha promesso che ci sarà "uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme" e ha aggiunto che l' autonomia è "un passo" verso questo obiettivo. Il riferimento a Gerusalemme, terza città santa dell' Islam dopo La Mecca e Medina, alla tregua tattica di Maometto, al pari del proclama alla ' Guerra santa islamica' e della tesi sull' infondatezza del diritto di Israele all' esistenza, sembrano essere il prezzo che Arafat ritiene di dover pagare ai suoi oppositori islamici in cambio della tregua inter-palestinese a Gaza e Gerico. Egli stesso ha confessato di temere un "nuovo Afghanistan" nei territori auto-amministrati per la capillare diffusione di armi e la presenza di numerose cellule armate segrete tra le forze che si oppongono all' accordo di pace. E così Arafat si barcamena, come ha sempre fatto, tendendo una mano a Israele e l' altra agli oppositori islamici. Si tratta di una politica assai rischiosa che potrebbe indurre Rabin, di fronte alla crescita del risentimento e della sfiducia degli israeliani, a ritornare sui suoi passi, rafforzando al contempo l' intransigenza e la volontà bellica del fronte palestinese radicale. | |
| | | Ros
Numero di messaggi : 41 Data d'iscrizione : 05.12.08
| Titolo: I cartoni animati dell'odio Sab Dic 13 2008, 11:08 | |
| Mentre i bambini occidentali guardano i cartoon della Disney, Wilcoyote, e gatto Silvestro, i bambini di gran parte del mondo musulmano vengono educati all’odio, all’omicidio, al suicidio, alla guerra, al terrorismo. Come si arriva a tale indottrinamento? Coi programmi scolastici, con la Tv, e anche coi cartoni animati. Ecco quali sono i programmi televisivi e scolastici per l’infanzia in uso in Iran, in Palestina, in Libano...
Leggi tutto qui: http://www.loccidentale.it/articolo/nelle+scuole+del+terrore+giovani+devoti+e+pronti+al+martirio.0063050 | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: I rimorsi dei palestinesi Dom Dic 14 2008, 04:18 | |
| - Ros ha scritto:
- Mentre i bambini occidentali guardano i cartoon della Disney, Wilcoyote, e gatto Silvestro, i bambini di gran parte del mondo musulmano vengono educati all’odio, all’omicidio, al suicidio, alla guerra, al terrorismo. Come si arriva a tale indottrinamento? Coi programmi scolastici, con la Tv, e anche coi cartoni animati. Ecco quali sono i programmi televisivi e scolastici per l’infanzia in uso in Iran, in Palestina, in Libano...
Leggi tutto qui: http://www.loccidentale.it/articolo/nelle+scuole+del+terrore+giovani+devoti+e+pronti+al+martirio.0063050 L'articolo che inviti a leggere è intriso di pregiudizi e manipolazioni di fatti. Da qui è breve il passo alla falsificazione dei termini generali e fondamentali delle ragioni di chi resiste alle umiliazioni, all'arroganza, all'occupazione. Modalità di tale forma di propaganda, rendere ad esempio inquietanti in un contesto (reso) inquietante citazioni che, identiche, in un altro contesto comunicativo, non lo sarebbero affatto, ricorrono diverse volte nel su riferito articolo. Questo a prescindere da errori e posizioni discutibili che possono essere presenti in figure, fazioni e momenti della resistenza largamente intesa. In generale però (è già il secondo articolo che posti di quella rivista) mi sembra che si tratti di scritti che incitano all'odio anti-arabo e quindi anche anti-semita. Lo si fa con eleganza, in modo non insultante e becero, ma tant'è. Resta, a mio avviso, la sgradevolezza per ciò. Ora, se si è animati dall'intento di contrastare ingiustizie e migliorare lo stato di cose esistenti, non ti pare che seminare o concorrere a seminare odio, rimuovere o concorrere a rimuovere radici e conoscenza di una questione, che nella fattispecie si connota in termini di oppressione/occupazione da un lato e resistenza dall'altro, stia a significare che non da quell'intento si è animati, ma da ben altro e quasi scontatamente nient'affatto nobile? Leggendo i due articoli che hai segnalato sopra, il -come dire- 'contributo conoscitivo' che la loro lettura principalmente mi ha portato è l'aver avuto ulteriori riprove della pervasità e dell'accuratezza della campagna di odio anti-araba, anti-semita ed anti-islamica che, conto terzi, si dispiega anche in questo paese, funzionale a manipolare ed indirizzare le coscienze a fini imperialistici di sottomissione, colonizzazione, dominio ed egemonia di ben precisi Stati. Tutto viene messo in un grande calderone, l'avversario è demonizzato, continua è la torsione ad incupire ogni cosa. Il nemico deve essere ucciso nell'immaginario occidentale perché lo si possa poi impunemente uccidere anche fisicamente. Terroristi devono essere quindi anche i bambini che tirano pietre contro gli occupanti israeliani, e non quei militari di uno Stato che in mille modi vìola da decenni il diritto internazionale e spara, uccide, bombarda anche indiscriminatamente ogni palestinese resistente. Leggo (sempre dall'articolo da te segnalato) che il settimanale egiziano Roz Al-Yusuf riferisce di un'intervista a Radio Canada di Na’im Qasim, braccio destro del segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah: « Una nazione con bambini martiri sarà vittoriosa, indipendentemente da quante difficoltà incontrerà sul suo cammino. Israele non può conquistarci né violare i nostri territori perché noi abbiamo figli martiri che purificheranno la terra dalla sozzura sionista. Ciò sarà fatto grazie al sangue dei martiri, finché alla fine conseguiremo i nostri obiettivi». Stante che questa dichiarazione parla di un paese che per circa 20 anni ha conosciuto la brutale occupazione israeliana, massacri, connivenze in massacri (il più noto, in tal senso, è quello di Sabra e Chatila), bombardamenti indiscriminati sulle città e sulle strutture ed infrastrutture del paese, ebbene non ti pare normale, purtroppo normale, che si affermi il diritto di resistenza ad oltranza per una difesa di popolo, giacché è quel popolo, compresi donne, vecchi e bambini, ad essere massacrato? Mi sembra vitale che a tutti i livelli ci si prepari a resistere. Israele, del resto, ha provato, dopo essere stato cacciato nel 2000 (guerra di liberazione libanese 1982-2000), a rioccupare il Libano nell'estate di due anni fa (cfr. " Hezbollah, la Resistenza come dono. Notiziario speciale sulla guerra d’aggressione israeliana in Libano" su www.rivistaindipendenza.org , in "novità del sito"), ricevendo una sonora lezione dalla resistenza nazionale guidata principalmente da Hezbollah. Ininterrottamente, più volte al giorno, per settimane, Israele vinceva nel bombardare porti, villaggi, città, nel massacrare la popolazione e nel distruggere infrastrutture di ogni tipo, approfittando dell'assenza di una difesa nazionale libanese anti-aerea, ma perdeva sul terreno nella lotta villaggio per villaggio, casa per casa, corpo a corpo, dei resistenti di Hezbollah. Quei "terroristi" (per gli occupanti), quei "martiri" (per la stragrande maggioranza della popolazione che li sosteneva) sono stati festeggiati, a conflitto finito, da moltitudini impressionanti per numero, riprese dai media di tutto il mondo. Sono l'oppressione e la volontà di dominio a produrre resistenza e martirio. Quando quelle cause saranno rimosse, gli effetti non avranno più ragion d'essere. E' così difficile da capire? | |
| | | tadiottof
Numero di messaggi : 621 Data d'iscrizione : 04.08.08
| Titolo: incomunicabilia' Dom Dic 14 2008, 23:19 | |
| Ros si e' qualificato. Inutile continuare il dialogo. Ci sono posizioni refrattarie alla forza della ragione. 2000snlp | |
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