Al Cairo la delegazione di Israele chiede il disarmo della resistenza palestinese (non solo di Hamas, quindi), non è interessata a riaprire i valichi per la libera circolazione di persone e merci da quella prigione a cielo aperto che è Gaza, recintata dall’israeliano “muro dell’Apartheid”, pretende di poter smantellare impunemente i tunnel che i palestinesi scavano per poter far arrivare quanto necessario a Gaza. Non è inoltre disposta a pagare i danni di guerra, a risarcire per le migliaia di demolizioni di case effettuate con qualsivoglia pretesto e per la distruzione di uliveti e terreni coltivabili, a riconoscere diritti fondamentali come quelli di pesca (i palestinesi sono stati nel tempo privati dell’accesso all’85% delle loro acque, con lo spazio di navigazione ridotto da 20 a 3 miglia nautiche, eccetera eccetera). Insomma, siamo in piena arroganza ed impunità consentita di fatto, da circa settant’anni, dalla sedicente “comunità internazionale” e dall’ONU.
Israele è forse disposta a rilasciare alcuni prigionieri, che libera e torna a catturare poco dopo. Offre una disponibilità a ‘colloqui di pace’ che da decenni non hanno prodotto altro che continue umiliazioni, perdite di diritti e territori per i palestinesi: parole a fronte di (mis)fatti compiuti.
Con l’evidente sostegno della popolazione, Hamas ed altre organizzazioni della resistenza palestinese non si piegano. Israele riesce (non da oggi e come più volte in Palestina, in Libano) a compiere mattanze tra la popolazione civile con artiglieria e bombardamenti, ma sul terreno si è in questo 2014 trovato di fronte una resistenza molto più attrezzata e preparata del passato. Il tutto in un fazzoletto di terra, la “striscia di Gaza”, di 360kmq con oltre un milione e 8oomila persone, l’area più densamente popolata al mondo.
Il dato politico che emerge allo stato è abbastanza chiaro: a Gaza pare non si sia più disposti ad accettare il genocidio e la pulizia ‘etnica’ che connotano da decenni la politica espansionista ed aggressiva di Israele. Chi è deciso a vivere libero nella propria terra e non in un ghetto, chi non vuole piegarsi all’evidente intendimento israeliano di spingere per l’espulsione, per l’esodo, non ha altra alternativa alla resistenza armata. A Gaza sembra che si sia disposti ad andare fino in fondo, che in assenza di risultati concreti e credibili le armi della Resistenza non taceranno. E che comunque, nel caso, le diverse organizzazioni della Resistenza intendono continuare a rimanere in armi come garanzia. Israele vuole invece la resa e proseguire nel suo espansionismo annessionista di territori con relativa espulsione degli abitanti palestinesi.
E allora, chi cederà per primo? La frusta (Israele) o la schiena (Palestina)?
Anche nei conflitti di liberazione nazionale la Storia insegna che spesso vince chi, prima ancora di infliggere gravi perdite all’oppressore, è disposto ad affrontare grandi sacrifici e grandi sofferenze...