"Obiettivo primario è rinegoziare il Fiscal Compact", dice Ingroia. Possibile che non si prenda atto che il Fiscal Compact non è un accidente casuale, ma un passaggio strutturale, inscritto nella filiera di Trattati che scaturiscono dall'Unione Europea? Gli ultimi Trattati, Fiscal Compact (Patto Fiscale) e MES (o ESM, Meccanismo Europeo di Stabilità), in barba ai fini ufficialmente proclamati, si prefiggono non il “salvataggio”, bensì l’ulteriore dominio sugli Stati membri attraverso una catena del debito strutturalmente destinata ad aggravarsi.
La loro introduzione è parte della progressività dei vincoli stabiliti nei Trattati di Maastricht e Lisbona. Il debito "pubblico", evocato per giustificare sacrifici non solo ingiusti ma del tutto controproducenti, certamente non costituirebbe un problema se non fossimo agganciati al sistema UE-euro, che tra le altre cose ci impedisce di emettere moneta nazionale a sostegno del mondo produttivo e delle necessità sociali. Di fronte a questo disastro, a tutti i paesi in difficoltà vengono imposti ulteriori giri di vite nella spesa pubblica, che hanno già innescato una spirale recessiva. Questa a sua volta farà diminuire il PIL, peggiorando così il suo rapporto con il debito, che fornirà il pretesto per ulteriori strette, fino allo smantellamento completo dello Stato sociale, alla totale privatizzazione di ogni settore pubblico e all'impoverimento di sempre più ampi strati di popolazione, seguendo una parabola simile a quella della Grecia.
Insomma, se non si ha consapevolezza di tutto l'impianto in cui è inscritto il Fiscal Compact, parlare di rinegoziazione rischia davvero di essere un argomento illusorio. Fuorviante.