Crisi indotte, finalità strategiche e Quarto Reich americano
Anche in Italia gira a pieno regime il devastante copione "alla greca" (per restare al ben noto precedente 'europeo' di fase...) da bastone-carota-bastone. Di fondo un artificiale scenario emergenziale chiamato "crisi". Drammatizzazione epocale, senza che si vogliano far capire i "perché", le cause, i vari interessi in gioco, in primis quelli 'a monte'. Assunto come ineludibile questo scenario di crisi, ne deriva la necessità inderogabile ed indiscutibile di manovre e manovre da lacrimogeni e sangue. Dopo il loro varo comunque gli apprezzamenti di rito. Poi, dopo ognuna, l'annuncio della loro insufficienza, della necessità di fare ancora e ancora "uno sforzo". E così, attraverso il combinato politico/finanziario euroatlantico di agenzie di rating USA, di speculatori finanziari, di banche d'affari estere, etc. giù di nuovo a martellare. L'emergenza permane sempre, anzi è un continuo aggravarsi. E via con gli abituali salassi sociali e svuotamenti progressivi di sovranità politiche.
Sembra non bastare mai, come in Grecia appunto. La domanda da porsi è: dove vogliono arrivare? Qual è l'obiettivo d'ultima istanza perseguito?
Per semplificare la matassa di intrecci e di interessi, diciamo che esiste una regìa (geo)politica che persegue finalità strategiche, con un verminaio di profittatori e speculatori al seguito che, anche 'pro domo' propria, in scia di dette finalità, svolgono il loro ruolo parassitario traendo interesse in porzioni di accaparramento di beni, servizi e capitali.
Quali sono queste finalità? Due, principalmente: innanzitutto accelerare i tempi per la costituzione di un'unica area atlantica, a dominio statunitense, e quindi (tramite ad es. privatizzazioni peraltro in odor di svendite), acquisire i "gioielli di famiglia", cioè imprese e ambiti strategici su cui potrebbe poggiare la forza politica ed economica sovrana di uno Stato.
Le crisi indotte per via speculativa e sempre più aggravantesi in diversi paesi europei, con accentuazioni diversificate, servono quindi ad avallare la necessità più rapida possibile di una centralizzazione dei poteri sovrani classici di uno Stato all'interno di un'Unione Europea Federale, l'urgenza del trasferimento di tutti i poteri di sovranità sotto controllo assoluto di un apparato sovranazionale. Ed anche togliere di mezzo le imprese strategiche su cui potrebbe poggiare la forza economica sovrana di uno Stato. Dietro il meccanismo delle loro privatizzazioni, la posta in gioco più significativa ruota attorno alla valenza politico strategica dell'acquisizione del loro controllo, non solo quella 'affaristica' che pure s'accompagna.
L'ideologia europeista passa nelle società come unica risposta per stare (suppostamente meglio) all'interno di quel sistema di processo (imperialista) chiamato "globalizzazione", veicolato falsamente in un involucro immaginifico di modernità, libertà e progresso.
Il rafforzamento dell'Unione Europea viene di continuo rilanciato, a mo' di mantra, quale unica soluzione per affrontare le scorrerie della speculazione, come se questa fosse opera di entità misteriose, aliene al pianeta Terra. L'euro stesso, quindi, vien fatto passare come provvidenziale ("guai se non ci fosse", anatema sia per chi lo mette in discussione). Ma è proprio il "sistema euro" o, in termini più complessivi, il "sistema Europa" a consentire queste scorrerie/ruberie finanziarie, giustificazione per lo scardinamento ulteriore delle sovranità nazionali e per il dispiegamento delle macellerie sociali che l'accompagnano. Non è un caso, infatti, che tutto il sistema pre-euro di protezione finanziario (massimale degli impieghi e vincoli di portafoglio per le banche, ad es.), che sussisteva nell'Italia (pur sempre capitalista) quale baluardo contro operazioni speculative estere, sia stato da subito oggetto di smantellamento. A volerlo, le politiche che, come obblighi, hanno dovuto precedere l'introduzione/imposizione dell'euro.
Questi ed altri aspetti connotano quello scenario di fondo, voluto costruito e predisposto nel tempo che ha reso possibile creare la spirale del debito (estero) su cui far leva per i passaggi di scardinamento e macelleria cui stiamo assistendo, e non solo in Italia.
Il baricentro di queste ambizioni (imperiali) è ancora centrato a Washington e ricorda il 'Rapporto della Casa Rossa', di cui si è venuti a conoscenza nel 2009, un'informativa stilata nel novembre 1944 dai servizi segreti USA (codice EW-Pa 128) che riferiva del progetto del regime nazista, in una prospettiva vittoriosa del conflitto mondiale allora in corso, relativo all'instaurazione di un "Quarto Reich" nelle sembianze di un mercato comune europeo, con una singola valuta comune basata sul marco tedesco e con i principali banchieri e industriali tedeschi a fungere da supporto.
Un progetto analogo, con regìa diversa, previsto e perseguito –da vincitori di quello stesso conflitto– dagli Stati Uniti, con il Comitato Americano per l’Europa Unita (American Committee for United Europe, ACUE), creato nel 1948 in vista della formazione di «un’Unione Europea politica ed economica» connotata da liberalizzazione dei movimenti dei capitali, coordinazione delle politiche di bilancio e del credito, unificazione valutaria (per approfondimenti, cfr. "Indipendenza", n. 19-20).
L'ulteriore declassamento, pochi giorni fa, dell'agenzia di rating USA Standard and Poor's sulla Cassa depositi e prestiti Spa (Cdp) da A+/A-1+ ad A/A-1, con outlook negativo, che faceva seguito al medesimo intervento compiuto dall'agenzia sul rating della Repubblica Italiana il 19 settembre 2011, s'inscrive in questo processo strategico.
Chiudiamo con una considerazione terra-terra: sostanzialmente da svariati anni l'Italia vanta in bilancio un avanzo primario (cioè, al netto della spesa per interessi, le entrate sono maggiori delle spese). L'indebitamento sui mercati avviene quindi non per il finanziamento di investimenti ma solo per il pagamento degli interessi sul debito accumulato, la cui spirale –si veda il record del luglio scorso– s'impenna di continuo verso l'alto.
Ora gli effetti sociali, economici e politici delle manovre euroatlantiche da lacrimogeni e sangue restano, ma sono azzerati nella loro funzione di soddisfare gli appetiti politico/speculativi di chi alimenta, gestisce e si serve del debito estero a fini di dominio permanente.
Non sarà il caso di prenderne atto, di regolarsi politicamente di conseguenza, di discutere ed approntare una strategia di liberazione nazionale e sociale anti-europea ed anti-atlantica?