Grecia, Italia... Che fare?
Intendono polverizzare la sovranità politica e le condizioni sociali di vita della Grecia, in vista di uno status da protettorato. Fitch, agenzia nordamericana di rating, ha in queste ore tagliato di ben quattro «
gradini», portandolo da B+ a CCC la valutazione sul grado di solvibilità debitoria della Grecia. Una valutazione («
rating») che porta il paese sull'orlo della bancarotta («
default») e che arriva dopo due settimane dal varo, il 29 giugno, di un durissimo «piano di austerità» imposto ad Atene dalla "trojka" FMI-BCE-Commissione Europea, inclusivo del mastodontico programma di privatizzazioni di beni e servizi che, da solo, dovrebbe fruttare (alla speculazione transnazionale) 50 miliardi di euro. La Grecia è ora considerata da Fitch "junk", spazzatura. «
Il declassamento», dice in una nota, «
riflette la mancanza di un nuovo programma di sostegno da parte dell'Unione Europea e del FMI che sia credibile e pienamente finanziato». Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), in contemporanea praticamente con il declassamento di Fitch, ha comunicato alla Grecia che le servono 71 miliardi di euro in più, e l'Unione Europea ha subito chiesto ad Atene uno sforzo sui conti maggiore, dopo il rastrellamento deciso solo due settimane fa di 78 miliardi (tra aumento delle tasse, tagli alla spesa e privatizzazioni) che hanno portato il paese alla rivolta e a scontri, ma non ancora all'insurrezione sociale generalizzata. Ora, tutto questo per sbloccare la quinta rata del prestito da 110 miliardi concesso l'anno scorso dall'Unione Europea. La speculazione finanziaria e politica atlantica mostra, quindi, di non avere alcuna intenzione di volersi fermare. Chi gli si oppone, ne prenda atto e conseguenze.
A questo punto, per chi si sta spendendo da mesi lottando per le strade, l'alternativa alla riduzione di un paese all'età della pietra, a condizioni da enclave schiavizzata, sta finalmente (perché anche in Grecia, come in Italia ad es., c'è un ritardo di decenni in tal senso) nell'avvio immediato di una lotta che assuma esplicitamente l'obiettivo intermedio intanto della riconquista dell'indipendenza e della sovranità nazionale. Che passa per la costituzione di un governo che consideri nulle tutte le misure di tagli e privatizzazioni già assunte, rifiuti il pagamento del debito, esca dall'euro e reintroduca la moneta nazionale, la dracma, porti il paese fuori dall'Unione Europea, dalla NATO e da tutti gli altri organismi atlantici, allacci relazioni forti (diplomatiche, commerciali, ecc.) con tutti quei paesi (ad es. Venezuela, Iran, ecc.) che, in maniera più o meno spinta, si pongono criticamente rispetto all'ordine sovranazionale dominante.
Ieri, in Italia, è arrivato il varo della manovra finanziaria "europea", che alla fine è lievitata alla cifra colossale di 70 miliardi dopo gli attacchi non casuali della "solita" speculazione finanziaria di questi giorni. I numeri sono numeri 'greci' ed il contenuto dei provvedimenti è analogo. Con l'aggiunta che il debito estero (perché in gran parte di questo si tratta) italiano è enormemente superiore a quello greco. La direzione è chiara, insomma, e non ci vuole la palla di vetro per capire che prospettiva ci attende.
Questa manovra è passata con una sostanziale e trasversale unanimità politica ed istituzionale. A titolo di cronaca, e come pro memoria: le destre fanno il loro lavoro, come sempre chiaramente, al di là dei loro distinguo. E' da stigmatizzare (non è per noi motivo di stupore, ma sempre pro memoria) l'impareggiabile atteggiamento del centrosinistra che, con acrobazie verbali, ha espresso tutta la sua contrarietà a questa «
macelleria sociale» (Finocchiaro docet!) per poi «
responsabilmente» (semper Finocchiaro docet!)
non opporsi. E' da stigmatizzare l'esposizione in prima persona dello stesso Napolitano, che dopo aver giudicato il bombardamento italiano in Libia come un «
naturale sviluppo del nostro impegno», anche sul piano finanziario si è fatto latore deciso delle direttive euroatlantiche, nella fattispecie dell'asse BCE (Banca Centrale Europea) - FMI (Fondo Monetario Internazionale).
Domanda: è il caso di aspettare che si arrivi ad analoghe condizioni greche? O piuttosto attivarsi. Focalizzare la portata della posta in gioco. Rimasticare concetti perduti (sovranità, indipendenza, liberazione nazionale). Riconquistare una cultura, una mentalità, una consapevolezza del loro contenuto politico e sociale. Interrogarsi collettivamente sugli atti di conseguente intervento politico da assumere. Declinarli sul piano del terreno di lotta scelto, ma avere di vista il comune obiettivo che sta nei suddetti concetti.
Come naturale reazione a questo neofascismo moderno, policentrico sul piano capitalistico, monocentrico (ancora, in questa fase) su quello imperialistico, le proteste e le ribellioni sociali verranno, da sole, inevitabilmente. Rischiano però di essere delle estemporaneità, anche violente e prolungate, ma estemporaneità senza sbocco.
E' negli interessi largamente maggioritari (anche) di questo popolo arrivare ad un ben diverso assetto e a ben diversi rapporti di società rispetto a quelli su cui ci hanno instradato da diversi decenni. Poco a poco finiremo come in Grecia. Lì come qui, come altrove, o si assume come preliminare e decisiva la posta in gioco di una piena sovranità ed indipendenza nazionale e ci si muove di conseguenza, o ci faranno a pezzi.
Indipendenza
15 luglio 2011