Gentile prof. le sottopongo ancora una volta una mia
> riflessione.
>
> L'attuale era post-industriale è un "modo di produzione" nuovo.
> Il Feudalesimo è un modo di produzione, così il Capitalismo e
> così anche la primitiva civiltà agricola.
> Il Capitalismo è costituito dal capitalista e dai dipendenti.
>
> Il Rapporto di produzione, nel Capitalismo, prende in
> considerazione i rapporti di forza tra i datori di lavoro e gli
> stipendiati.
>
> Il Sistema di produzione comprende il modo di produzione e il
> rapporto di produzione.
>
> Nell'era post-industriale il Modo di produzione è caratterizzato
> dalla assenza della manodopera: tutto o quasi tutto, è
> automatizzato.
>
> Cambieranno il rapporto di produzione e il sistema di
> produzione, dove i cittadini potrebbero essere sempre piu' dei
> sudditi?
>
> Commetto qualche errore?
>
> La ringrazio. Cordiali saluti
Risposta del prof.
Concordo con Lei sul fatto che ci troviamo di fronte a un nuovo modo di produzione in senso marxiano e trovo stupefacente che dall'area marxista non sia venuto alcuno studio serio mentre si preferisce continuare nella finzione che sia ancora dominante il modo di produzione industriale.
Trovo invece troppo semplicistico descrivere il modo di produzione industriale come composto dal "capitalista" e dai "dipendenti". In realtà si dimentica così il terzo partner che ha assicurato la normalità nel capitalismo attuale, ossia lo stato come garante di ultima istanza delle imprese (crediti agevolati, salvataggi, ecc.) e dei lavoratori (sistema di sicurezza sociale).
Nel nostro modo di produzione accanto all'assenza (forse il termine è eccessivo) di manodopera c'è una forte necessità di "capitale umano" di impiego variabile che spesso non giustifica un rapporto continuativo di lavoro. Lo stesso lavoro non assume più la forma di un rapporto diretto tra attività umana e prodotto; diventa invece largamente monitoraggio (dei guasti, del funzionamento degli impianti, del sistema bancario da parte di organi di controllo, ecc.) e disponibilità a intervenire al verificari di determinati eventi (il pronto soccorso, il giornalismo).
Il raccordo tra le esigenze produttive e le esigenze umane si trova, a mio avviso in una garanzia di lavoro (nell'area di residenza, confacente alle competenze): si deve difendere non più il "posto" di lavoro ma l'"occasione" di lavoro e garantire su questa base un reddito a tutti i lavoratori attuali o potenziali (questo comporta per il lavoratore l'obbligo ad accettare l'offerta di lavoro che gli viene fatta in un simile modo e eventualmente a seguire corsi di formazione e di aggiornamento).
Nei paesi scandinavi, e specificamente in Danimarca e Svezia, funziona, con successo, un sistema di questo genere. Nel resto d'Europa non sarebbe troppo difficile applicarlo alle nuove generazioni, tenendo conto che per 100 persone che raggiungono in 65 anni ce ne sono soltanto 65-80 che raggiungono i 18. Ma nessuno se ne occupa.
Infine, occorrerebbe facilitare il trasferimento intergenerazionale dei capitali. Oggi un "giovane" eredita dai suoi all'età di 50-60 anni, nel dopoguerra questo avveniva all'età di 25-35. Oggi il trasferimento avviene troppo tardi per influenzare davvero la vita dal "giovane". Lo strumento fiscale favorire l'accelerazione del trasferimento (mediante donazioni e simili) all'interno delle famiglie e nella società in generale (mediante un'imposizione patrimoniale -leggera - che trasferisca una quota di capitale dai più abbienti ai meno abbienti).
Sarebbe opportuno che in sede politica si facessero ragionamenti simili.
Un cordiale saluto
Commento
anche i migliori economisti non sanno che pesci pigliare e propongono soluzioni improbabili.
2000snlp