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| Dietro la crisi del debito greco | |
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+5alekos18 iskra kamo ..... sankara 9 partecipanti | Autore | Messaggio |
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sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Dietro la crisi del debito greco Mer Feb 24 2010, 18:01 | |
| Una crisi per rafforzare l'Europa? È quanto emerge dalla lettura di un articolo presentato da Giovanni Petrosillo sul sito "Conflitti e strategie".
Petrosillo introduce l'articolo asserendo le speculazioni finanziarie in atto hanno lo scopo di togliere ulteriore sovranità agli Stati membri dell'Unione Europea. Significative le parole di George Soros, lo speculatore su lira e sterlina del 1992, in un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore (23 febbraio 2010). Lamentando la mancanza di un'autorità "comune" europea che tassasse i cittadini dei paesi membri lo speculatore, secondo alcuni al soldo della CIA, auspica sistemi istituzionali e di controllo europei più intrusivi verso gli Stati membri e la creazione di un mercato di "eurobond" ben organizzato. Ancora una volta, un esponente di rango dell'establishment USA auspica non l'indebolimento, al contrario il rafforzamento dell'integrazione europea, a scapito delle sovranitá statali.
Di seguito riporto i passi a mio avviso più "convincenti" dell'articolo.
(...) Le vere influenze restano nascoste, e le intenzioni ultime possono soltanto essere difficilmente percepite, quasi mai comprese. La crisi finanziaria permetterà di ricapitalizzare le banche con il denaro pubblico. Oggi sono queste stesse istituzioni che minacciano di distruggere gli Stati che le hanno salvate. Chi può credere un solo istante che queste operazioni di destabilizzazione sarebbero dovute alla sola irrazionalità dei mercati, e che non obbediscano, in primo luogo, ad un ordine del giorno nascosto?
L'agenzia di rating Flitch (...) è stata la prima a degradare la Grecia, nello scorso dicembre. In seguito sono stati i dirigenti della banca centrale europea (BCE) che hanno dato fuoco alle polveri, annunciando che "se prima della fine dell'anno la Grecia non ha ritrovato il livello di rating che aveva prima della crisi, non garantiamo che il debito greco possa essere rifinanziato dalla BCE. Non è del resto un nostro problema, ma della Grecia soltanto". Successivamente, come confermano molte fonti, è una grande banca americana d'investimenti e due hedge funds (fondi di gestione speculativi) che hanno deciso di fare correre il panico sui mercati. Questi "investitori" hanno innanzitutto scommesso sul ribasso del prezzo delle obbligazioni emesse dal tesoro greco, portoghese o spagnolo, quindi, si sono precipitati sui prodotti derivati che permettono di garantirsi contro il rischio di mancato pagamento di uno Stato o di un'impresa, chiamati Credit Default Swap. Prima della riunione del G7, alla fine della settimana scorsa, Dominique Strauss-Kahn, il Direttore generale del FMI, ha creato un nuovo effetto panico annunciando che "la sua istituzione era disponibile per volare in soccorso della Grecia".
(...) In realtà, la destabilizzazione della Grecia non ha per scopo che quello di dare l'illusione che l'UE sia impegnata in una braccio di ferro con gli speculatori, mentre si tratta in realtà "di un'azione concertata", come indicava il primo ministro greco la settimana scorsa. Gli statuti della BCE non permettono di emettere un debito pubblico, ma soltanto di riacquistare questi debiti attraverso gli istituti bancari privati, non sarà dunque possibile per l'UE rifinanziare direttamente la Grecia e gli altri paesi in difficoltà, la cui condizione rovinosa richiederà anche "un piano di salvataggio" nelle settimane o mesi a venire (...) La Grecia sarà dunque costretta a fare altre concessioni rispetto a quelle degli ultimi giorni, per aprire la via alle riforme sociali che, per cominciare, saranno in seguito promulgate in Spagna, in Italia ed in Portogallo. L'idea centrale è di utilizzare questa crisi degli Stati allo scopo di forzare al federalismo economico la maggioranza degli Stati membri che finora lo rifiutava.
Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, aveva evocato nel novembre scorso la creazione di un "governo economico" dei 27 Stati membri, così come l’introduzione di un'imposta europea. Il presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso aveva alcuni giorni più tardi, dinanzi al Parlamento europeo, affermato: "Non sono contro l'idea di un'imposta europea per permettere all'UE di beneficiare di risorse proprie rispetto ai contributi degli stati. Ho l'intenzione di esaminare tutte le questioni della fiscalità nell'Unione europea, dobbiamo passare in rassegna tutte le risorse (finanziarie) dell'UE (…) Il programma sul quale sono stato eletto dice che occorre valutare la possibilità di risorse proprie".
(...) La messa in atto di questo "governo" non avrà lo scopo di salvare la Grecia, la Spagna o il Portogallo, ma di unificare i bilanci degli Stati membri dell'UE per poter disporre delle loro risorse, cioè, per essere più precisi, per porre fine alla loro sovranità economica. Le disposizioni del Trattato di Lisbona, entrate in vigore il 1° dicembre scorso, danno tutto il margine di manovra necessaria per questo (...) Per fare piegare gli Stati e far accettare alle popolazioni europee di essere interamente predominate da Bruxelles, così come tutte le riforme necessarie che saranno imposte sotto il pretesto di rilanciare la zona euro, occorre che la situazione peggiori ancora (...). | |
| | | .....
Numero di messaggi : 236 Data d'iscrizione : 29.05.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Lun Mar 01 2010, 17:10 | |
| George Soros che ultimamente sta facendo una campagna contro l'acquisto di oro, comprandone egli stesso ingenti quantità!
Oltre la questione geopolitica il collasso greco è inevitabile di per sé. Il settore pubblico è troppo vasto e porta al collasso. I parassiti non dovrebbero succhiare troppo altrimenti la fonte di nutrimento si indebolisce troppo e quindi muore.
i protestanti, come ti sbagli , ono composti in gran parte da dipendenti pubblici e privati che vivono delle agevolazioni statuali.
Un amico consiglia di confrontare la spesa militare della grecia e l'ammontare del suo debito pubblico...
ho trovato in giro questa illuminate frase che riporto qui:
"Essendo conscio della moderna lotta di classe (taxpayer vs taxconsumer), se un domani un dittatore illuminato decide di licenziare 2/3 del pubblico impiego (la quantità eccedente, se confrontiamo il rapporto pil/impiegati del settore a quello del privato) e di inviare la polizia a caricare chi protesta in piazza, io sto con lui e non con i manifestanti." | |
| | | kamo
Numero di messaggi : 271 Data d'iscrizione : 10.05.07
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Lun Mar 01 2010, 18:56 | |
| - ..... ha scritto:
- Oltre la questione geopolitica il collasso greco è inevitabile di per sé.
Il settore pubblico è troppo vasto e porta al collasso. I parassiti non dovrebbero succhiare troppo altrimenti la fonte di nutrimento si indebolisce troppo e quindi muore. Non mi sembra che tu abbia chiaro quanto sta accadendo in Grecia. Se all'origine della crisi vi fosse una elefantiasi del settore pubblico, anche i media servili nostrani si sarebbero buttati a sottolineare la necessità, tutta neoliberista, di ridimensionare questo ambito. E invece non è così. Ho letto diverse analisi che fanno pensare ad una mano esterna per provocare in Grecia (e da lì nella fascia debole dei paesi europei) un precedente che giustifichi l'adozione di misure sempre più neoliberiste e rafforzi il controllo delle burocrazie e delle oligarchie europee. In quanto sta accadendo emergono interessi che, come segnalava Sankara, rimandano agli Stati Uniti e ai suoi interessi geopolitici sul continente. Definire poi "parassiti" chi lavora nel pubblico impiego, così, indistintamente, come mi pare tu sostenga, è la classica uscita da qualunquismo di strada che mi sembra sia una musica molto gradita ai veri parassiti che sono le oligarchie grande-imprenditoriali e finanziarie (per riprendere un'espressione che ho letto su "Indipendenza") e che hanno bisogno di mungere lo Stato per interessi propri. - ..... ha scritto:
- i protestanti, come ti sbagli , ono composti in gran parte da dipendenti pubblici e privati che vivono delle agevolazioni statuali.
??? | |
| | | .....
Numero di messaggi : 236 Data d'iscrizione : 29.05.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Lun Mar 01 2010, 20:33 | |
| Kamo io non nego la tua visione, anzi collima esattamente con questa integrazione che indico.
Per quanta riguarda il liberismo o neo-liberismo , la differenza tra destre e sinistre riguarda semplicemente il come. Se le sinistre preferiscono socializzare inglobando all'interno dello stato , i destri preferiscono svendere ai grandi cartelli privatistici che sono protetti dallo stato e pagano le loro tangenti. Laddove è necessario si attua la diversa tecnica e ciò è necessario proprio alla luce di quel che facevi giustamente notare.
Fatto è che il collasso di un sistema può venir indotto o no.
Calcolando che il settore pubblico esiste come settore di servizio sostentato dalle tasse, quando il settore pubblico è troppo vasto è inevitabile il collasso. Ripeto e ribadisco continuamente che , per definizione, il lavoratore pubblico non paga le tasse dirette ( ossia l' IRPEF ). Le ritenute sulla sua busta paga sono del tutto fittizie.
La distinzione di classe dominanti / dominati è invece trasversale ed esula dal concetto di parassitismo, ci tengo a chiarirlo.
E' per questo che, alla luce di una strategia anti-sistemica, sarebbe utile difendere i dipendenti pubblici "di base" contro gli alti burocrati, l'alta classe politicante, l'alta classe giudiziaria. Per far ciò ci vorrebbe un vero sindacato che però mantenga la consapevolezza che il settore pubblico è un settore parassitario, dominanti o dominanti che siano ; difatti quando un sindacato scorda ciò inevitabilmente collabora con il sistema prendendo troppe difese per un settore che non deve che averne nella misura in cui la riduzione dell'ingerenza statuale comporti problei per lavoratori di base poiché ogni volta che lo stato è attaccato si premura di attacre questi ultimi ( vedasi Brunetta ).
Il lasallissmo è per la coercizione.Ugualmente chi attua del corporativismo ( capitalismo ) è per lo stesso obiettivo.
Non contraddice , quanto ho scritto ciò che hai giustamente segnalato. | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Ven Mar 12 2010, 15:31 | |
| - kamo ha scritto:
- Ho letto diverse analisi che fanno pensare ad una mano esterna per provocare in Grecia (e da lì nella fascia debole dei paesi europei) un precedente che giustifichi l'adozione di misure sempre più neoliberiste e rafforzi il controllo delle burocrazie e delle oligarchie europee. In quanto sta accadendo emergono interessi che, come segnalava Sankara, rimandano agli Stati Uniti e ai suoi interessi geopolitici sul continente.
Condivido. La crisi greca nasce dall’incrociarsi inconciliabile di due fattori: 1. il sistema di regole neo-liberiste dell’Unione Europea, sistema voluto dagli Stati Uniti e funzionale ai propri interessi economico-commerciali e politico-militari. La Grecia è entrata nell’Unione Europea ed ha assunto euro e relativi parametri europei per scelta di classi dirigenti subalternizzate agli Stati Uniti. Del resto, il tallone di ferro di Washington ha in Grecia un’origine marchiata nel sangue, che rimanda alla feroce repressione della resistenza antifascista e di liberazione nazionale greca dell’Eam-Elas sul finire del 1944. 2. Pur in una logica capitalista le autorità greche hanno cercare di 'salvare' il sistema sociale (capitalistico) di derivazione keynesiana, vigente da decenni, meno onnivoro e distruttivo di quello neoliberista impresso in modo decisivo da Washington. Pensare di farlo stando nell'Unione ed affidandosi a banche d'affari USA come la Goldman Sachs ha del sorprendente. E l'asse Washington-Bruxelles incassa un bel precedente per accelerare il processo concentrazionario di poteri, a danno di popoli e classi subalterne coattivamente 'europeizzate'.... | |
| | | iskra
Numero di messaggi : 224 Data d'iscrizione : 22.08.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Mer Mar 17 2010, 19:09 | |
| - sankara ha scritto:
- La crisi greca nasce dall’incrociarsi inconciliabile di due fattori:
1. il sistema di regole neo-liberiste dell’Unione Europea, sistema voluto dagli Stati Uniti e funzionale ai propri interessi economico-commerciali e politico-militari. La Grecia è entrata nell’Unione Europea ed ha assunto euro e relativi parametri europei per scelta di classi dirigenti subalternizzate agli Stati Uniti. Del resto, il tallone di ferro di Washington ha in Grecia un’origine marchiata nel sangue, che rimanda alla feroce repressione della resistenza antifascista e di liberazione nazionale greca dell’Eam-Elas sul finire del 1944.
2. Pur in una logica capitalista le autorità greche hanno cercare di 'salvare' il sistema sociale (capitalistico) di derivazione keynesiana, vigente da decenni, meno onnivoro e distruttivo di quello neoliberista impresso in modo decisivo da Washington. Pensare di farlo stando nell'Unione ed affidandosi a banche d'affari USA come la Goldman Sachs ha del sorprendente. E l'asse Washington-Bruxelles incassa un bel precedente per accelerare il processo concentrazionario di poteri, a danno di popoli e classi subalterne coattivamente 'europeizzate'.... In Italia, nella sinistra di classe o comunque in quell'area che si dice anticapitalista si parla (molto) poco di Grecia e meno che meno con i i rilievi ed i collegamenti "euratlantici" che voi di Indipendenza mettete in evidenza. Sarebbe necessario preparare uno scritto, un articolo d'analisi al riguardo da far girare in rete. Mi sembra indispensabile. E anche promuovere incontri sulla "crisi greca"... Che dite? | |
| | | .....
Numero di messaggi : 236 Data d'iscrizione : 29.05.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Ven Mar 19 2010, 14:50 | |
| dal Santaruina.splinder.com
Da diverse settimane, ormai, la Grecia è al centro dell’attenzione mondiale, a causa della grave crisi economica che il paese sta attraversando. Analisi più o meno accurate descrivono la situazione della nazione ellenica dal punto di vista quantitativo, ponendo l’attenzione sull’enorme debito pubblico e sul drammatico rapporto tra l’indebitamento e il prodotto interno lordo. Le altre nazioni appartenenti all’area euro guardano nel frattempo con apprensione la situazione della Grecia, consapevoli che in tale momento di grande incertezza economica nessuno può dirsi immune da questo genere di pericoli.
Nelle scorse settimane, il governo greco, guidato da Yorgos Papandreou*, ha imposto alla popolazione misure decisamente drastiche, come il taglio di parte della tredicesima e della quattordicesima dagli stipendi dei dipendenti pubblici, l'aumento dell’iva dei prodotti in commercio mediamente del 2%, una sovrattassa su sigarette ed alcolici, nonché un considerevole aumento della benzina, passata in breve tempo dal costo di 1,10 euro al litro a punte di 1,50 euro. Come conseguenza, la popolazione ha risposto, come c’era da attendersi, con ondate di scioperi generali che hanno paralizzato il paese per diversi giorni nell’arco dell’ultimo mese. Tali sollevazioni sono viste da alcuni analisti come la reazione di un popolo vessato che non vuole pagare per le colpe degli speculatori e dei “supercapitalisti”. Ma la realtà dei fatti è leggermente più complessa.
Sicuramente la crisi economica che sta attraversando la Grecia rientra perfettamente nel complesso mondiale della grande crisi del 2008, quella definitiva, destinata a cambiare per sempre il modello economico finanziario a cui siamo abituati, ma, oltre a questo innegabile fattore, la crisi in Grecia porta in sé un’altra crisi ancora più profonda, un disastro economico e sociale che ha origini molto lontane, vecchie di secoli, figlie di una cultura che ha assorbito in sé le influenze più distanti.
Per capire a fondo cosa realmente succede in Grecia occorre quindi fare un salto nel lontano passato, gettando uno sguardo su quell’impero che ebbe la sua capitale sulle rive del Bosforo.
L’Impero Bizantino non considerava se stesso il legittimo erede dell’ Impero Romano: l’Impero di Bisanzio era l’Impero Romano stesso. Gli Imperatori di Bisanzio non vedevano nessuna frattura tra l’impero dei cesari ed il loro, e chiamavano se stessi romei, ovvero romani. Gli stessi abitanti della penisola greca, governata da Costantinopoli, si consideravano romani, e col termine ellinas, greco, i cristiani bizantini si riferivano ai loro antenati idolatri, in maniera dispregiativa. Ancora fino agli anni 60 del XX secolo era diffuso l’uso del termine “romiòs”, romano, riferendosi ad un greco “autentico”, nato e cresciuto in Grecia.
Il meson, o tramite.
Fu quindi durante il periodo Bizantino che nacque una prassi destinata a caratterizzare l’organizzazione sociale greca fino ai giorni nostri, ovvero la pratica del “meson”, il “tramite”. L’Impero Bizantino era caratterizzato da un rigido centralismo e da una pesante burocrazia, e gli abitanti delle provincie periferiche avevano grande difficoltà nel far giungere ai funzionari del palazzo le loro richieste e le loro lamentele. Fu così che col tempo prese piede l’abitudine da parte dei sudditi dell’Impero di assegnare alla persona più autorevole della propria comunità il compito di recarsi nella capitale per far presenti le loro richieste; questo rappresentante delegato, il tramite, una volta giunto a Costantinopoli doveva farsi ascoltare a sua volta da altri personaggi influenti che avrebbero avuto il compito di interferire presso i consiglieri dell’Imperatore.
Si formava così una piramide gerarchica che partiva dall’Imperatore e a cui sottostavano gruppi sempre più ampi che facevano pressione a quelli immediatamente superiori. Alla fine, chi si faceva ascoltare era il gruppo che aveva le conoscenze migliori, e poteva vantare il meson più influente. Questo sistema, proseguito per secoli, è giunto pressoché immutato ai giorni nostri, ed ha saputo adattarsi perfettamente ai meccanismi della democrazia rappresentativa moderna.
Il sistema elettivo greco prevede infatti che ogni provincia elegga un certo numero di rappresentanti che andranno a formare la Vulì, il parlamento di Atene, e a differenza di quello che avviene in altri paesi, come ad esempio in Italia, i parlamentari greci hanno un contatto realmente diretto coi loro elettori. A livello politico i Greci sono scarsamente interessati alle diatribe ideologiche, e il loro voto si fonda unicamente sul calcolo dei benefici che l’elezione di un certo parlamentare potrà portare. Così, nel periodo pre-elettorale, ogni greco entra in contatto con l’entourage del politico di turno e intavola delle trattative: chi può garantire l’apporto di una decina di volti, tra moglie, figli, vecchie zie e parenti vari, ad esempio, potrà chiedere in cambio l’assunzione del figlio in un posto pubblico, o altri favori simili. Nel complesso, la quasi totalità dei greci possiede almeno un conoscente che funge da meson, di alto o medio livello, ed in tal modo tutti sono coinvolti nelle vicende politiche del paese in modo diretto.
Al termine delle elezioni, quindi, i parlamentari eletti del partito vincitore sono tenuti a tener fede alle promesse, e questo puntualmente avviene. Si assiste così, inevitabilmente ad ogni cambio di governo, un discreto licenziamento di statali assunti dagli avversari politici a cui si sostituiscono i propri raccomandati. Ancora più frequentemente, vengono creati posti pubblici dal nulla per poter accontentare tutte le promesse elettorali: in questo modo, il numero degli impiegati pubblici in Grecia ha raggiunto una cifra totalmente slegata dalle reali necessità del paese, con la presenza di in media tre/quattro lavoratori che svolgono il compito che potrebbe essere portato a termine da uno solo di loro.
Va da sé che in un simile sistema la corruzione sia la norma, tanto da essere diventata prassi usuale ed accettata a tutti i livelli della società: pagare degli extra per ricevere servizi dalla pubblica amministrazione è ritenuto normale, dagli sportelli del fisco fino alle bustarelle ai medici degli ospedali pubblici (per questi ultimi vi sono anche dei tariffari ufficiosi: 500/600 euro da pagare al chirurgo che compie una operazione, 50 euro all’anestesista, 50/100 euro agli infermieri per essere trattati umanamente). La Grecia di oggi è quindi essenzialmente un paese che produce poco, la cui ricchezza reale giunge dai proventi del turismo e dell’agricoltura, e dove la maggioranza dei lavoratori è assunta in impieghi ottenuti tramite raccomandazioni, lavori spesso senza alcuna utilità creati appositamente per dare una occupazione alla popolazione.
Ma tutto questo rappresenta solo una parte delle origini della situazione greca. Per comprendere ulteriormente la situazione attuale, occorre nuovamente spostarsi nel passato.
Nei primi secoli del II millennio, mentre l’Europa Occidentale conosceva un periodo di lento ma costante sviluppo economico e sociale, le provincie amministrate dall’Impero Bizantino sperimentavano una economia prettamente agricola dal basso rendimento e gravata dall’imposizione delle tasse del governo centrale, il che portava la maggioranza della popolazione a vivere ai limiti della sussistenza. All’incirca dal XII secolo in poi, inoltre, l’Impero Bizantino entrò in una crisi irreversibile, impegnato in una dura lotta per la propria sopravvivenza, una lunga agonia che condurrà alla sua definitiva scomparsa per opera dei turchi ottomani, che entrarono da conquistatori in Costantinopoli nel 1453.
Con la conquista ottomana, quindi, nel medesimo periodo storico in cui l’occidente sperimentava il Rinascimento, la Grecia e i Balcani cadevano sotto un dominio straniero, e i nuovi padroni si dimostrarono ancor più disinteressati rispetto al precedente impero delle sorti e del miglioramento delle condizioni di vita delle genti sottomesse. Nei Balcani il tempo quasi si fermò per quattro secoli, e la Grecia rimase pressoché estranea a tutte le rivoluzioni sociali che nel frattempo si manifestavano nel resto d’Europa. La guerra d’indipendenza greca del 1821 e il successivo formarsi dello stato greco videro quindi l’entrata ufficiale in Europa di una nazione che poco aveva in comune coi suoi vicini occidentali.
I greci avevano mantenuto la propria identità essenzialmente attorno alla propria fede ortodossa, ma culturalmente il popolo greco era un complesso amalgama di tradizioni occidentali ed orientali: i greci erano europei ed asiatici nello stesso tempo, come ancora testimonia la musica popolare, e costituivano una nazione i cui membri nella loro grande maggioranza nulla avevano in comune con la mentalità imprenditoriale – produttiva dell’Europa centrale. La stessa rivoluzione industriale in Grecia non è mai giunta, e il paese si presenta tutt’ora con un settore secondario poco sviluppato.
Da sempre abitanti di una nazione sostanzialmente povera, i greci svilupparono un loro particolare approccio alla vita, fondato essenzialmente sul vivere alla giornata e sul godere dei pochi averi nel presente, in una dimensione temporale che lasciava poco spazio al futuro remoto.
Questa era ancora la Grecia quando arrivò il periodo del grande cambiamento, la reale anticamera della crisi scoppiata oggi. Era la fine degli anni 70, e la Grecia era ancora caratterizzata da una certa povertà diffusa dai tratti dignitosi, dal momento che perlomeno era stata raggiunta l’autosufficienza alimentare. Tutto cambiò nel 1981, con l’entrata della Grecia nella comunità Europea.
La grande festa europea
La Comunità Europea all’epoca era composta da stati economicamente forti, dotati di un settore secondario altamente produttivo e competitivo. La Grecia entrava nella famiglia come il parente povero, bisognoso di sostegno per raggiungere lo status degli altri membri. E gli aiuti arrivarono, assai copiosi, sotto forma di sovvenzioni. Iniziò quindi negli anni ottanta un flusso notevole di fondi europei che giungevano in Grecia per fare in modo che venissero compiuti gli investimenti necessari per l'ammodernamento del paese.
E i Greci, nella grande maggioranza, dai politici più altolocati fino ai dipendenti pubblici e ai contadini, fecero quello che farebbe chiunque non avesse mai avuto soldi tra le mani e si ritrovasse all’improvviso a gestire un certo patrimonio: fecero festa. I soldi delle sovvenzioni , invece che investiti, venivano distribuiti nei diversi livelli della scala gerarchica: i politici altolocati si prendevano la fetta maggiore, e poi via via scendendo fino alle classi più umili. Tutti, però, ebbero la loro fetta.
La Grecia, in questo modo, nel giro di venti anni raggiunse lo status sociale delle altre nazioni europee: si diffusero le automobili, i vestiti di marca, si ammodernarono le città e le abitazioni, e ci si divertiva molto. l settori della ristorazione e dello svago prosperarono. Il tutto, però, veniva fatto con soldi che non riflettevano il vero stato della ricchezza della nazione. Nel frattempo, per sostenere il nuovo status raggiunto, il debito pubblico cresceva in maniera esponenziale, senza sosta e senza ritegno, finché, con lo scoppio della crisi, e il livello del debito totalmente fuori controllo, la realtà ha bussato alla porta della Grecia.
Ecco quindi l’origine della situazione ellenica attuale, una situazione in cui nessuno è a suo modo “innocente”. Ovviamente, le colpe dei governanti, corrotti oltre ogni limite mentalmente immaginabile e totalmente incoscienti nel guidare una intera nazione al baratro, sono in proporzione enormemente maggiori rispetto a quelle del singolo cittadino che semplicemente si è ritrovato dentro un gioioso bengodi. La colpa delle persone comuni, semmai, è stata quella di non aver mai riflettuto sull’origine della propria ricchezza, e di aver accettato senza eccessive rimostranze la pratica di corruzione generale, nonché il sistema di favori diffuso ad ogni livello, considerando normale e socialmente accettabile trovare un lavoro fisso presso un ente pubblico grazie alla raccomandazione del proprio meson, oppure dover pagare bustarelle per poter sbrigare perfino le più piccole pratiche burocratiche. Ed è per questo, ed è un parere di greco sui greci, che non occorre commuoversi troppo alla vista dei manifestanti che ora scendono per strada affinché sia garantito il livello di vita a cui si erano abituati.
La festa è finita, e da veri greci non resterà altro che ri-abituarsi a vivere alla giornata, tornare a coltivare i campi – compito delegato negli ultimi anni esclusivamente a rom ed extracomunitari – e magari prendere in mano il bouzouki e scrivere una bella penià** sui bei tempi che abbiamo passato, dopo esserci divertiti al ritmo del tsifteteli***.
*figlio di Andreas Papandreou, fondatore del partito socialista greco, a sua volta figlio di Yorgos Papandreou, altro storico protagonista della politica greca della prima metà del XX secolo. In Grecia la democrazia garantisce a determinate famiglie la tenuta del potere molto meglio di quanto potè fare la monarchia coi re del XIX e del XX secolo
**canto malinconico in cui si esprime il proprio dolore e ci si lascia andare ad una certa, dignitosa, autocommiserazione.
***diretto discendente della danza del ventre orientale, è il ballo a cui più volentieri si lasciano andare le giovani donne greche nei locali di divertimento. | |
| | | iskra
Numero di messaggi : 224 Data d'iscrizione : 22.08.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Gio Apr 08 2010, 10:52 | |
| - sankara ha scritto:
- kamo ha scritto:
- Ho letto diverse analisi che fanno pensare ad una mano esterna per provocare in Grecia (e da lì nella fascia debole dei paesi europei) un precedente che giustifichi l'adozione di misure sempre più neoliberiste e rafforzi il controllo delle burocrazie e delle oligarchie europee. In quanto sta accadendo emergono interessi che, come segnalava Sankara, rimandano agli Stati Uniti e ai suoi interessi geopolitici sul continente.
Condivido. La crisi greca nasce dall’incrociarsi inconciliabile di due fattori:
1. il sistema di regole neo-liberiste dell’Unione Europea, sistema voluto dagli Stati Uniti e funzionale ai propri interessi economico-commerciali e politico-militari. La Grecia è entrata nell’Unione Europea ed ha assunto euro e relativi parametri europei per scelta di classi dirigenti subalternizzate agli Stati Uniti. Del resto, il tallone di ferro di Washington ha in Grecia un’origine marchiata nel sangue, che rimanda alla feroce repressione della resistenza antifascista e di liberazione nazionale greca dell’Eam-Elas sul finire del 1944.
2. Pur in una logica capitalista le autorità greche hanno cercare di 'salvare' il sistema sociale (capitalistico) di derivazione keynesiana, vigente da decenni, meno onnivoro e distruttivo di quello neoliberista impresso in modo decisivo da Washington. Pensare di farlo stando nell'Unione ed affidandosi a banche d'affari USA come la Goldman Sachs ha del sorprendente. E l'asse Washington-Bruxelles incassa un bel precedente per accelerare il processo concentrazionario di poteri, a danno di popoli e classi subalterne coattivamente 'europeizzate'.... Avete notato sulla cosiddetta "informazione"? Non si parla più di Grecia. Non mi stupisce. Mi preoccupa che altrettanto si faccia a sinistra, tra le sinistre. Come mai? Pochissime le voci dissonanti. Eppure la cosa riguarda anche l'Italia e le classi sociali dominate... | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Mar Mag 04 2010, 18:04 | |
| Grecia, operazione volta alla destabilizzazione dell’euro o piuttosto al rafforzamento delle istituzioni "comunitarie" a scapito delle sovranità statali?
Un equivoco di fondo aleggia nelle cronache di questi giorni sul caso-Grecia. Che le speculazioni a danno del debito pubblico greco non siano volte a destabilizzare l’euro lo ha affermato persino il finanziere USA in odore di CIA George Soros, che tra le righe auspica anzi una centralizzazione della politica economica europea. La speculazione finanziaria made in USA (il citato mercato speculativo dei Credit default Swap è infatti in mano alle grandi banche d’affari USA) colpisce la Grecia, e non Paesi come la Gran Bretagna o gli stessi USA (dove California e Illinois in testa molti sono gli Stati federali sull’orlo del crack), come pressione verso Francia e Germania, i cui sistemi bancari hanno in pancia cospicue percentuali di debito pubblico Greco. La dichiarazione d’intenti dell’Unione Europea, accettata a malincuore da Berlino e Parigi, non ha come scopo finale quello di salvare la Grecia, ma di porre le premesse per una (auspicata da Washington) centralizzazione dei bilanci degli Stati membri dell’UE per poter disporre delle loro risorse e porre fine alla loro sovranità economica. Intanto, dopo l’Irlanda, è il Fondo Monetario Internazionale a dettare dietro le quinte, ora ad Atene, le misure di castramento economico da intraprendere.
Contrariamente a quanto veicola la grancassa massmediatica dominante, non è vero che, tagliando la spesa pubblica sociale ed inasprendo la pressione fiscale non, si risolve il problema dell’alto rapporto debito pubblico/PIL. Così facendo si spremono ulteriormente i cittadini, si riducono i risparmi ed i consumi, quindi il PIL, e si dimezzano le future entrate fiscali. Le misure di “risanamento economico” di oggi sono la premessa delle future crisi di domani. E ciò non riguarda solo la Grecia: il processo potrebbe estendersi innanzitutto a Paesi più deboli come Spagna Portogallo e… Italia. Agitando lo spauracchio dell’insolvenza, che verrà evitata non importa in quale forma, si costringono i cittadini a piegarsi ad ulteriori peggioramenti delle condizioni materiali e sociali di vita. Fino a quando non si prenderà coscienza e non si ribalterà il tavolo da gioco europeo... | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Gio Mag 13 2010, 13:40 | |
| Dichiarazioni e atti politici dei centri di potere 'europei' (Banca Centrale Europea, Commissione Europea) confermano via via che la crisi greca è una crisi indotta e funzionale a disegni euroatlantici. Euro e vincoli comunitari sempre più a tutto campo hanno creato un sistema che produce crisi e disastri sociali. L'obiettivo euroatlantico, come denunciamo da tempo, è quello di spazzar via in senso assoluto le sovranità degli Stati (processo ad uno stadio molto avanzato, ma non ultimato) per ancorare strettamente i popoli 'europei' al carro di Washington.
La Commissione Europea annuncia, infatti, normative di controllo preventivo dell'Unione Europea sulle manovre di bilancio degli Stati e parla della necessità di procedere ad ulteriori riforme strutturali degli Stati membri. La Commissione punta a prendere in toto il controllo economico-fiscale dei paesi membri (rafforzare il "coordinamento delle politiche economiche") e ventila che sia adesso il momento per far passare la "possibilità che sia l'Unione a indicare allo Stato membro come e dove spendere le risorse comunitarie".
Apertamente, dopo la Grecia, si parla di interventi in Spagna, Portogallo, Italia. E poi in Francia e Germania. La crisi greca è servita, serve, a creare un dramma sociale, reale, di enormi dimensioni, per agevolare l'accettazione di questa ulteriore stretta nei meccanismi di dipendenza. Al contempo serve a colpire alcuni paesi che, capitalisticamente, hanno dato qualche piccolo segnale di autonomia, come la Germania. Comunque, gli effetti di questa crisi indotta sono già tanti. Solo per limitarci a queste ore, e non andare un po' più indietro nei giorni, nelle settimane, il governo spagnolo ha annunciato che taglierà gli stipendi dei dipendenti pubblici del 5% nell'anno in corso e li congelerà nel 2011. In Francia, l'Insee comunica che il debito pubblico francese, pari al 78,1% del Pil, secondo i dati diffusi dall'Insee, ha già sforato le stime previste e si parla di tagli e di riforme strutturali da varare. E questo bollettino di guerra euroatlantica potrebbe continuare.
Una considerazione in chiusura su cui riflettere molto attentamente. Qualche dato, prima: il debito greco, voce dello scandalo e all'origine della crisi interna e dell'effetto domino già in atto nelle economie di altri paesi 'europei', corrisponderebbe al 113% del PIL (prodotto interno lordo) nel 2009, con previsione del 130% nel 2010. Il Giappone si trova apparentemente in condizioni ben più gravi. Il suo debito pubblico, nel 2010, è dato al 200% del PIL. Perché la crisi scoppia in Grecia e non in Giappone? Perché il Giappone non si è indebitato con investitori internazionali, cioè con le banche d'affari USA in primis, mentre la Grecia, avviluppata nel vortice monetarista dell'euro, sì. Il Giappone, che pure resta un paese capitalista, si guarda bene dal contrarre debiti con gli "investitori finanziari internazionali" (tutti legati a molteplice filo a Washington) e non ha subordinato, quindi, le sue politiche economiche a diktat esterni, alle logiche d'interesse 'atlantiche'. Lo si vuol capire, sì o no, che la questione dell'indipendenza e della sovranità è una faccenda tremendamente attuale e tremendamente seria? | |
| | | tadiottof
Numero di messaggi : 621 Data d'iscrizione : 04.08.08
| Titolo: la Germania blocca le vendite o gli acquisti allo scoperto Mer Mag 19 2010, 20:55 | |
| la speculazione e' anonima, ma gli speculatori hanno un nome, sia che si tratti di persone fisiche che giuridiche. Sta ai gorverni prendere provvedimenti contro di loro. I governi non agiscono perche' siamo nel libero mercato; se un'industria, greca o spagnola o italiana, si trova in difficolta', un'industria concorrente, in Europa o in America, sara' avvantaggiata. Per tutti pagheranno i dipendenti. 2000snlp | |
| | | grazfois
Numero di messaggi : 2 Data d'iscrizione : 06.05.07
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Ven Mag 28 2010, 01:07 | |
| Scusate, ho avuto notizia che il debito greco è in mano a società finanziarie legate alle banche tedesche e francesi? Ne sapete qualcosa? Perché se la voce è confermata, si capisce ancora meglio l'ansia d'intervento dei tedeschi. | |
| | | amaryllide
Numero di messaggi : 7 Data d'iscrizione : 20.06.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Ven Mag 28 2010, 18:06 | |
| - grazfois ha scritto:
- Scusate, ho avuto notizia che il debito greco è in mano a società finanziarie legate alle banche tedesche e francesi? Ne sapete qualcosa? Perché se la voce è confermata, si capisce ancora meglio l'ansia d'intervento dei tedeschi.
non posso citare la fonte perchè non me la ricordo, mentre ricordo benissimo il dato, che diceva che il 20% del debito pubblico greco è in mano a banche tedesche, e quindi per la Germania garantirlo con soldi statali è di fatto l'ennesimo aiuto di stato alle proprie banche incapaci. Mente l'altro dato che ricordo bene è che a livello di PIGS (Portogallo-Spagna-Italia-Grecia), che sarebbero crollati a catena dietro la Grecia, l'esposizione è di 900 miliardi di euro (pari a quasi la metà del PIL!) e di 800 miliardi di euro per la Germania (oltre un quarto del PIL). QUando sentiamo questi briganti vantarsi dei loro conto in ordine contro quelli sfasciati dei fancazzisti mediterranei, sarebbe da chiedere a questi razzisti perchè hanno investito tutti quei soldi da cicale dissipatrici come noi. | |
| | | amaryllide
Numero di messaggi : 7 Data d'iscrizione : 20.06.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Ven Mag 28 2010, 18:07 | |
| - amaryllide ha scritto:
- l'esposizione è di 900 miliardi di euro (pari a quasi la metà del PIL!).
ehm...mi è rimasto nella tastiera lo stato esposto così pesantemente: la Francia | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Gio Giu 03 2010, 20:00 | |
| Segnalo questo articolo
Mitologia europea
di Jorge Cadima su Avante del 21/05/2010
“Avante”, 20 maggio 2010
Traduzione a cura di l’Ernesto online
Avante è il settimanale del Partito Comunista Portoghese
Negli ultimi due anni molti miti sono crollati. E’ risultato chiaro che, come nel 1929, il capitalismo, funzionando in accordo con le sue leggi, ha generato una gigantesca crisi mondiale. E che si sta facendo di tutto per salvare il grande capitale finanziario, responsabile delle enormi proporzioni della crisi. In quanto ai lavoratori, ad essi toccherà loro la disoccupazione, In quanto agli stati nazionali (a conferma di chi sono al servizio) ad essi toccheranno i danni, i debiti, i “titoli tossici” e i rischi. Senza esigere nulla in cambio, senza alterare le “regole del gioco”, senza limitare il potere e i profitti del grande capitale. Ora affermano che la situazione finanziaria degli stati è insostenibile. Ma ciò è il risultato diretto del salvataggio del grande capitale finanziario. E così non solo in Grecia o in Portogallo, ma in numerosi paesi, a cominciare dagli Stati Uniti e l’Inghilterra.
Ma oggi anche altri miti si sfaldano. E’ ovvio che non stiamo “uscendo dalla crisi”. Chi accreditava che “l’Europa con noi” e l’Euro erano un “porto sicuro” nel cui nome si doveva sacrificare la sovranità nazionale, si trova di fronte la realtà di mercati speculatori. A coloro che credevano nel “modello sociale europeo” o nella “solidarietà dei nostri partner europei”, è la Commissione Europea che impone l’abbassamento dei salari, il taglio delle pensioni, il licenziamento di migliaia di impiegati pubblici, l’abbattimento dei servizi sociali. Nulla viene fatto per “aiutare” i paesi in difficoltà nel pagamento del debito, ma si aiutano le banche creditrici, che sono soprattutto francesi e tedesche. Per coloro che affermano che l’UE e l’Euro sono “inevitabili” e “irreversibili”, ecco la notizia di El Pais (14.5.10): secondo Zapatero, Sarkozy avrebbe minacciato (con un pugno sul tavolo) l’abbandono dell’Euro da parte della Francia, nel caso in cui la Germania non dia via libera al più recente pacchetto di misure. O le dichiarazioni di Angela Merkel, secondo le quali alcuni paesi potrebbero essere esclusi dall’Euro. Il che abbatte un altro mito, quello della “sovranità condivisa”. La “sovranità” nell’UE è delle grandi potenze. E’ quello che si è visto quando è toccato a Germania e Francia di essere multate per avere superato il limite del 3% del deficit di bilancio: hanno deciso di sospendere le regole. E’ proprio il caso di dire che alcuni sono più eguali di altri.
E’ oggi evidente che la lotta di classe, lungi dall’essere una cosa del passato, è la parola d’ordine della Commissione Europea e dei suoi referenti in ogni paese. Sta approfittando della crisi per accelerare quelle misure di classe che già si era deciso di adottare e per nuovi salti di qualità nella sempre più tirannica “integrazione europea” al servizio del grande capitale delle grandi potenze. Il capitalismo senile dei nostri giorni, lungi dall’essere un sistema “efficiente”, “dinamico”, che “crea ricchezza e che la “distribuisce dall’alto verso il basso”, è un gigantesco aspiratore che succhia tutta la ricchezza del pianeta ed, esattamente come la piaga delle cavallette, distrugge tutto quello che incontra sulla sua strada: industrie, regioni, paesi, continenti. Nessun popolo è immune da questa piaga, né nei paesi della periferia né in quelli del centro del sistema. Che nessuno si lasci ingannare dal mito secondo cui “tutti dobbiamo fare sacrifici per uscire dalla crisi”. Non ci saranno sacrifici del grande capitale. E neppure ci sarà l’uscita dalla crisi. Le misure ora assunte non sazieranno gli appetiti del mostro. E’ già ovvio che il pacchetto di 750 mila milioni di Euro dell’UE e del FMI, approvato per “tranquillizzare i mercati” (che alla vigilia erano “speculatori”) non risolverà nulla (Martin Wolf, Financial Times, 12.5.10). Se il problema è l’eccesso del debito, un ancor maggiore indebitamento, accompagnato dalla contrazione dell’attività economica, aumenterà solo le dimensioni del problema.
Chi ha venduto l’UE ai portoghesi, ha venduto l’illusione che ci saremmo potuti trasformare in una piccola Germania. La verità è che ci stiamo trasformando in una piccola Argentina. Invece della produzione nazionale, ci troviamo a fare i conti con i debiti. Al posto della sovranità, ci troviamo i controllori dell’UE che sostituiscono l’Assemblea della Repubblica. E’ venuto il tempo di respingere i miti e di affrontare la realtà. I popoli hanno solo una strada: resistere, lottare, sollevarsi.
Fonte: www.lernesto.it Link: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=19440 | |
| | | tadiottof
Numero di messaggi : 621 Data d'iscrizione : 04.08.08
| Titolo: reazioni scomposte Gio Giu 03 2010, 20:42 | |
| la gente prima vota Berlusconi o compari del suo calibro e poi si lamenta che lo stipendio e' basso oppure che non trova lavoro. La gente va in chiesa e poi si accorge che il Vaticano e' ricco. Viviamo nelle contraddizioni. Basterebbe votare le persone, se non rivoluzionarie, almeno oneste e non ci sarebbe bisogno di "rivoluzione". La rivoluzione con questa gente e' un'avventura! Magari si affideranno ai fascisti scambiandoli per comunisti. L'euro era una buona soluzione, ma non in mano ai reazionari. 2000snlp | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Ven Giu 04 2010, 20:01 | |
| - tadiottof ha scritto:
- la gente prima vota Berlusconi o compari del suo calibro e poi si lamenta che lo stipendio e' basso oppure che non trova lavoro.
La gente va in chiesa e poi si accorge che il Vaticano e' ricco. Viviamo nelle contraddizioni. Basterebbe votare le persone, se non rivoluzionarie, almeno oneste e non ci sarebbe bisogno di "rivoluzione". La rivoluzione con questa gente e' un'avventura! Magari si affideranno ai fascisti scambiandoli per comunisti. L'euro era una buona soluzione, ma non in mano ai reazionari. 2000snlp Allora tadiottof, ricapitoliamo: l'euro per te è una buona cosa, l'Unione Europea anche suppongo, l'egemonia imperiale USA pure, o comunque non ha senso metterla in discussione... In altre parole per te il problema non è mai di sistema, dipende solo dal fatto che al potere ci siano i "disonesti" (centro-destra, cattolici) o gli "onesti" (centro-sinistra, scienziati, tecnici). Allo stesso tempo però parli di comunismo, sostenendo tra l'altro che per comprendere la realtà contemporanea bisognerebbe leggere Engels e Rosselli ("Mazzini e Bakunin"). Dunque, chi sarebbero oggi per te i comunisti (visto che gli altri li confondono con i fascisti)? Obama? Prodi? Di Pietro? Bersani? Veronesi? Chi? | |
| | | tadiottof
Numero di messaggi : 621 Data d'iscrizione : 04.08.08
| Titolo: speranze Mar Giu 08 2010, 21:25 | |
| No, Di Pietro non e' comunista e tanto meno gli altri. 2000snlp PS puoi senz'altro leggere "Mazzini e Bakunin" che non e' un testo comunista, pero' non e' una lettura leggera; senza dubbio istruttiva. | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Mer Giu 09 2010, 11:29 | |
| - tadiottof ha scritto:
- No, Di Pietro non e' comunista e tanto meno gli altri.
2000snlp PS puoi senz'altro leggere "Mazzini e Bakunin" che non e' un testo comunista, pero' non e' una lettura leggera; senza dubbio istruttiva. Non metto in dubbio che sia una lettura istruttiva, fa sorridere la supponenza con cui assumi toni da maestrino che impartisce la sua lezioncina. Soprattutto perché le tue analisi non sono mai motivate (sono semplicemente delle affermazioni) e perché sono di una banalità sconcertante. Torno a ribadire: per te i problemi non sono mai di natura sistemica (capitalismo, imperialismo statunitense, atlantismo, UE, euro ecc. ecc.), il tutto si riduce a governanti onesti vs. governanti disonesti. | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Dietro la crisi del debito greco Gio Lug 08 2010, 11:51 | |
| Per dire "no alla speculazione finanziaria", "no al protettorato atlantico" Oggi, in Grecia, sesto sciopero generale dall'inizio della crisi determinata dall'attacco della finanza USA per finalità (geo)politiche: innanzitutto superare certe resistenze e/o ritardi nel processo di integrazione e centralizzazione della "governance" europea dei bilanci e delle finanze, quindi economica, in vista della piena formazione del "mercato unico transatlantico" che gli Stati Uniti perseguono dal loro insediamento in Europa post seconda guerra mondiale. Della serie: colpirne uno per educarne Ventisette! Oggi, per 24 ore, la Grecia si ferma per protestare, nello specifico, contro la riforma pensionistica. Chiusi uffici pubblici, dogane, tribunali, banche, esercizi commerciali, ospedali (salvo emergenze); paralisi quasi totale dei trasporti aerei, marittimi e terrestri, sia ferroviari che urbani; black out informativo per lo sciopero dei giornalisti. Con la Grecia che resiste!!! Per il sistema di regole neo-liberiste dell’Unione Europea, ogni paese 'europeo' è a rischio, ed alcuni sono più a rischio degli altri. Il bubbone speculativo-politico che ha colpito la Grecia mette a rischio anche l'Italia, stante l'analogia di condizioni. I contratti derivati (nella fattispecie il giochino finanziario chiamato Swap) offerti dalle banche d'affari USA Goldman Sachs e JP Morgan Chase per mascherare i conti pubblici, il reale rapporto deficit/PIL, e fatti esplodere 'a tempo', sono analoghi a quelli sottoscritti con il governo Prodi nel 1996 (New York Times 13 febbraio 2010 e Financial Times, 5 novembre 2001, “I trucchi dell’Italia per entrare nell’euro”). E' assolutamente importante capire quanto sta accadendo in Grecia. Nella 'filiera dei perché' consentirebbe di capire in che condizioni di servitù è ridotta (anche) l'Italia e pensare a come regolarsi politicamente di conseguenza... | |
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