I- RIMODULAZIONE SCAGLIONI ED ALIQUOTE IRPEF.
Una riduzione dell’Irpef, sia pur necessaria (specie in una fase di generale impoverimento delle classi sociali medie, di perdita di potere d’acquisto delle famiglie e di crollo dei consumi), non può che avvenire:
a- nel rispetto del principio di “progressività dell’imposta”
b- e nel quadro di una lotta senza campo contro l’evasione fiscale.
Stante le limitate risorse finanziarie di cui dispone attualmente lo Stato:
- se è improponibile una “riduzione generalizzata” delle imposte per tutti
- è, di contro, auspicabile una rimodulazione del carico fiscale su lavoratori, pensionati e famiglie in modo da alleviare il carico fiscale specificatamente:
a- sui percettori di “redditi minori”
b- e sulle “famiglie numerose” (l’introduzione del quoziente familiare, benché richieda uno notevole sforzo riformatore, dovrebbe divenire il principale obiettivo di qualsiasi riforma fiscale).
Sarebbe allora opportuna una progressiva riduzione:
a- sia degli scaglioni di reddito
b- che delle aliquote Irpef
Un nuovo possibile schema impositivo Irpef potrebbe essere il seguente:
I- fino a 20 mila euro di reddito, riduzione dell’aliquota Irpef al 15%
II- fino a 40 mila euro, riduzione dell’aliquota al 25%
III- fino a 60 mila euro, riduzione del’aliquota al 35%
IV- oltre gli 80 mila euro, riduzione dell’aliquota al 40%.
II- RIDUZIONE DEL “CUNEO FISCALE”.
Necessita una riduzione del “cuneo fiscale” al fine:
a- sia di ridurre il costo del lavoro (facilitando le assunzioni)
b- sia di aumentare la “retribuzione effettiva” dei lavoratori dipendenti (ossia la differenza tra quanto si guadagna e quanto si percepisce al netto delle tasse).
III- INTRODUZIONE DI UNA “TASSA PATRIMONIALE” SUI GRANDI PATRIMONI.
Data l’elevata incidenza della patrimonializzazione nella formazione della ricchezza in Italia, sarebbe auspicabile l’introduzione di una tassazione patrimoniale (dall’aliquota bassa ma crescente al crescere del valore del patrimonio) sui complessi patrimoniali di valore stimato superiore a “1 milione di euro”.
Si tratterebbe di una “imposta di solidarietà sociale” che garantirebbe un nuovo gettito fiscale in grado di:
a- in parte, compensare la riduzione del gettito Irpef
b- in altra parte, incentivare le fasce sociali più ricche a spendere i propri redditi (alimentando il mercato) piuttosto che accumularli parassitariamente.
IV- AUMENTO DELLA TASSAZIONE SULLE “RENDITE FINANZIARIE”.
In Italia l’aliquota sulle rendite finanziarie è del 12,5%. Ciò significa che:
- mentre chi lavora paga l’Irpef dal 23 al 43%
- mentre chi fa impresa paga fino al 50% di tasse
- mentre chi consuma paga l’Iva dal 4 fino al 20%
- chi dispone semplicemente di rendite finanziarie (dunque guadagna sul capitale investito) paga solo il 12,5% di tasse!
Ragioni di “equità fiscale” (di redistribuzione del carico fiscale tra i redditi da lavoro e d’impresa e le rendite da capitale) impongono di portare la tassazione delle rendite ad un livello più adeguato, comparabile con quello europeo.
Sarebbe auspicabile, allora, il raddoppio dell’imposta dal 12,5 al 25%.
V- AUMENTO DELL’IVA SUI “BENI DI LUSSO”.
E’ auspicabile spostare l’imposizione fiscale sempre più dal reddito ai consumi, ossia tassare la ricchezza:
- piuttosto che quando prodotta
- quando viene spesa.
Questo si giustifica sulla base della constatazione che la capacità di consumo (salvo che per i beni primari) cresce all’aumentare del reddito: l’imposta sui consumi di beni “di lusso”, dunque, è l’imposta progressiva per eccellenza!
In Italia, per fare quale esempio, si paga:
- un’aliquota Iva del 4% su beni primari come il pane e la pasta
- un’aliquota del 10% su beni come la pizza o il pesce
- ed un’aliquota del 20% su beni come i detersivi ed i profumi.
Sarebbe opportuno portare al 25% l’aliquota Iva sui beni di lusso (come auto di grossa cilindrata, barche di grosse dimensioni, ville, piscine…).
Ogni punto percentuale in più di aliquota Iva equivale a circa 6 miliardi di euro di gettito in più a favore dell’erario.
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