"Nazionalizzare" le banche o "socializzarne le perdite"? Per la spesa sociale i fondi mancherebbero, ma per salvare le banche c'è chi invoca pure...
gli "eurobond" (titoli obbligazionari emessi dall’Unione Europea). Ma chi pagherà tutto questo? Per taluni, si scrive "nazionalizzazione" e si legge "socializzazione delle perdite" di istituti finanziari speculatori e parassiti di famiglie e piccole imprese.
No, grazie, meglio lasciare giudicare queste banche ed i loro manager dalle tanto osannate "regole del mercato" e solo dopo nazionalizzare nell’ottica di tutelare il risparmio nazionale e garantire una sua destinazione per investimenti a fini sociali, e non per speculazioni sui "derivati", nei fatti permessi dalle direttive europee sulle banche che le classificano come imprese votate al massimo profitto.
Occorrerebbe a questo punto ragionare sull’organizzazione del sistema complessivo del credito, sulla sua specializzazione territoriale e dimensionale, sulle partecipazioni nelle imprese, insomma sul suo assetto attuale disegnato dalle direttive europee e pernicioso per gli interessi popolari. Non basta la semplice veste statale per difendersi da politiche predatorie di speculatori (anche) finanziari. Intanto poniamo un nodo di autodeterminazione politica, di democrazia sociale effettiva, una rivendicazione insomma nazionalitaria. Su come affrontare questi nodi commisuriamo le risposte alla forza che si saprà acquisire, preguntando caminar...