|
| Comunitarismo contro Nazionalitarismo | |
|
+4kamo Admin Sandinista alekos18 8 partecipanti | Autore | Messaggio |
---|
alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Mar Mag 22 2007, 01:32 | |
| Kamo: Mi sembra poi di capire che "nazionalitario" e "comunitarismo" siano termini in irriducibile contrapposizione fra loro. Per Alekos la logica "comunitarista" è sinonimo di "frantumazione". Faccio però notare che anche l'Unione Europea si definisce una comunità, e che in questo caso non vedo una logica di "frantumazione" (va da sè che sull'impostazione di base neoliberista di questa "Unione" ci sarebbe da discutere....).
Alekos: Sì, per me lo sono. Anche per chi si riconosce nelle posizioni di "Indipendenza". "Nazionalitarismo" e "comunitarismo", a ben vedere, hanno niente in comune e si muovono in direzioni diverse, se non antitetiche. L'idea comunitarista la vedo in netta contrapposizione con quella nazionalitaria, per ambito, impostazione, mentalità, prospettiva. L'idea nazionalitaria attiene ad una sfera culturale che per sua natura non è integralista, ma plurale. Si è, ad es., nazionalitariamente italiani potendo trovarsi su posizioni politiche e/o culturali anche opposte. L'idea comunitaria attiene ad una sfera filosofica e per sua natura si materializza in un esito organicista dell'essere parte della comunità. E' incorporato, in altri termini, un principio integralista. In una nazione coesistono individui, associazioni, comunità. In un'ottica comunitarista si è fuori o si è dentro una comunità. Pensare ad un fondamento integralista in una qualsivoglia società mi pare sempre pericoloso. I principi, i valori sono decisivi in un assetto di società, ma non devono essere prescrittivi, autoritari. Devono essere laicamente acquisiti, sentiti come propri. Non è facile, perché questo investe le dinamiche stesse dell'educazione e della trasmissione di detti valori. Non è facile, perché l'autoritarismo, le modalità da caserma, predispongono all'obbedienza, per pigrizia mentale o per timore, ma non ad una libertà consapevole. C'è più forza, più motivazione, più radicamento nella flessibilità di una dialettica consapevole che non nella rigidità di una prescrizione. Il comunitarismo è di per sé prescrittivo ed escludente. Presuppone un'entità omogenea, cui riferire in esclusiva l’interpretazione di ciò che è bene e di ciò che è male, subordinando gli individui all’interno di questo stesso gruppo, con clausole più o meno rigide di esclusione e di inclusione. L'essenza di ogni comunitarismo è tutta qui. Nulla a che vedere con legittime istanze di comunità che ad es. può essere attenta a questioni di interesse comune (ad esempio, la difesa del proprio ecosistema), senza ricercare dai suoi membri una dimensione integralista. Il comunitarismo è il grimaldello ideologico per scardinare indipendenze e sovranità nazionali. Oggi la valenza rivoluzionaria, liberatoria, dell'idea di nazione è sotto attacco. Lo è per ragioni geopolitiche. Imperiali. Questa interessata logica alla "frantumazione" della nazione, che richiamavo nel post cui ti riferisci, può avere direttrici comunitariste verso l'alto (es. Unione Europea) o verso il basso (Iraq). Operare più laicamente secondo una concezione nazionale rimanda per sua natura ad una costante rilettura e rielaborazione critica, nelle generazioni, di idee e valori. L'idea nazionalitaria è un fatto innanzitutto culturale, che attiene alla natura dell'uomo. Non si nasce avulsi da una cultura, da una lingua, da una mentalità che si concreta inevitabilmente in un territorio. Una nazionalità di per sé è in grado di farsi società globale, per l’insieme di caratteristiche culturali e quindi linguistiche, storiche, socioeconomiche che la connotano, in una risultante di relazioni sociali che è sempre dinamica. La consapevolezza di questi fattori specifici, se assunta coscientemente nei suoi membri, può quindi legittimamente concretarsi in una volontà di organizzazione autonoma del proprio spazio politico, culturale e perfino amministrativo. Questa volontà, sul presupposto legittimo quindi di condizioni e ragioni valide in linea di principio senza distinzioni di luogo e di tempo, si origina così su uno sfondo di quantomeno larghissimo consenso sociale, costituendo, per le sue connotazioni, un quadro di riferimento assolutamente democratico. Nessun altro parametro, individuabile storicamente con analoga fondatezza politico/culturale, ha sinora mai rivestito una tale estensione e legittimità di carattere intrinsecamente universale. Il fatto nazionale è quindi un fondamento, il più esteso e significativo storicamente esistito, e politicamente pensabile, di legittimità politica della sovranità. Circoscrive uno spazio territoriale sul quale esercitare sovranità, ma non per questo fa scaturire una data prescrizione, automatica, di quale debba essere l’organizzazione politica e sociale che si dà una nazionalità. Non può farlo per sua natura, proprio perché quella stessa cultura, ogni cultura nazionale, è frutto di relazioni sociali, e non un modello fissato nei cieli da assumere ed applicare. Certo, una proiezione politica, frutto di una condivisione sociale estesa, incorpora fattivamente degli elementi di socialismo che non si possono ignorare, pena l’affermazione, nella nazione, di interessi di parte, di classe appunto. Una comunanza culturale pone in altri termini dei nodi precisi, relativi ai beni collettivi nazionalmente condivisi, che potrebbero essere definiti res communes omnium, beni cioè di proprietà collettiva il cui diritto è nella nazione incarnata nella trasmissione da una generazione all’altra di detti beni. Un esempio? I beni ambientali, in tutta la loro vasta gamma. Il discorso, allargabile ad altri ambiti, andrebbe ulteriormente sviluppato e lo si farà. Ma ora si fuoriuscirebbe dal tema in oggetto.
La questione nazionalitaria, insomma, non è solo un fattore culturale ma, sia pure in maniera dialettica, investe il campo politico. Il dato nazionale non è confondibile come una sorta di comunitarismo nazionale. Un conto è la comunanza di fattori culturali, un altro è volerne estendere la valenza nella proiezione di un’idea di comunitarismo dai connotati destinati ad evolvere in forme e contenuti totalitari e prescrittivi. La realtà di una nazionalità (per sua natura non integralista, non organicistica, non statica) scaturisce e si costituisce da un insieme relazionale di fatti e di atti di individualità e gruppi sociali. In questo ambito, l’esistenza di –peraltro molteplici e differenti per natura– comunità costituisce con individui, associazioni, cooperative, partiti e varietà sociali le più diverse, un insieme legittimo di forme di aggregazione e partecipazione sociale che concorrono alla dialettica e costruzione nazionale. La comunanza nazionale, di alcuni fattori quindi, con l’elasticità di accezione sopra indicata, non comporta quindi alcun automatismo comunitario di proiezione ideale o progettuale politica. Il concetto di nazione / nazionalità è il modo più radicato, democratico, dalle premesse e dagli effetti nient’affatto trascurabili, per declinare progetti di società liberabili. Che è insufficiente (e a ben vedere discriminatorio) considerare se non interagisse con il concetto di cittadinanza. A mio avviso questo è il fattore integrativo del concretarsi sociale di un progetto di liberazione nazionalitario e di sovranità popolare effettiva: chiunque decida di vivere e di condividere il proprio futuro in un quadro politico e culturale differente da quello d’origine, o anche sia costretto a farlo per condizioni esterne alla sua volontà, deve vedersi riconosciuta la titolarità di soggetto politico con pari diritti e pari doveri. Non c'è liberazione, senza libertà.
Ciao e scusa il ritardo nel risponderti. | |
| | | Sandinista
Numero di messaggi : 6 Data d'iscrizione : 29.05.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Mar Mag 29 2007, 15:59 | |
| Francamente non vedo in questo lungo paneggirico nessun nesso ad una contrapposizione tra comunitarismo e nazionalitarismo, soprattutto dato che in maniera molto poco scientifica (volendo dire marxista magari) i due termini vengono usati secondo l'interpretazione personale che ne viene data ed adattati a speculazioni che girano molto sul senso semantico ma assolutamente lasciano da parte qualsiasi reale contrapposizione dal punto di vista realmente antropologico e sociologico e quindi senza mai entrare nell'ambito delle scienze sociali. Credo quindi che prima di lanciarsi verso discussioni che non hanno una premessa reale di definizione si dovrebbe stabilire un punto di partenza condivisibile e chiaro altrimenti posso anche dimostrare che madre Teresa di Calcutta fosse una fascista.
Ah prima di salutare mi presento. SOno all'interno del comitato di redazione della rivista Comunità e Resistenza, ovvero la rivista laboratorio marxista al cui interno gravitano i comunisti nazionalitari. Politicamente dunque sono interno al Campo Antimperialista. Il gruppo che ruota attorno alla rivista Indipendenza sa chi siamo e a quanto ne so alcuni di Indipendenza sono attenti lettori del nostro sito e del nostro forum di discussione.
Confido che se questa discussione debba andare avanti vi sia dunque prima una chiara definizione che viene data di comunitarismo e di nazionalitarismo per poi eventualmente esporre le nostre definizioni ed i nostri punti di partenza per poi a quel punto poter pensare di parlare seriamente del rapporto che vi sarebbe tra comunitarismo e nazionalitarismo. Credo che senza questa conditio sine qua non non possa esserci alcuna discussione reale che non preveda il metodo del "ce la cantiamo e ce la suoniamo contenti e beati". | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Ven Giu 01 2007, 01:58 | |
| Innanzitutto saluto il tuo ingresso al forum. Ogni tanto ce ne scordiamo con i nuovi iscritti, ma la forma, per noi che tendiamo talvolta ad essere troppo sostanzialisti e diretti, ha anche la sua importanza. Parlo innanzitutto a me stesso. Dividerò la risposta al tuo scritto in due parti: una relativa alla tua presentazione (per chiarezza nei tuoi confronti e dei forumisti), l'altra sulla contrapposizione tra comunitarismo e nazionalitarismo.
Andiamo al primo punto. Ti sei presentato -prendi il termine per come viene- da testimonial e mi sembra giusto puntualizzare molto all'ingrosso qualcosina. Ringraziandoti dell'opportunità che offri, e che davvero spero continuerai ad offrirci, per chiarire posizioni e prevenire indebite confusioni che la comunanza d'uso (su cui abbiamo molto da dire e ci si arriverà) della parola "nazionalitario" potrebbe ingenerare ad occhi e orecchie esterni. Fai parte di un gruppo per cui "Indipendenza" nutre una lontananza politica che definirei, per non esagerare troppo nei termini, siderale. Per il merito delle istanze, innanzitutto, e per dove queste vanno a parare. Oltre a ciò, lo dico telegraficamente, ci sono (uso una parola misuratissima...) delle perplessità sul modo -diciamo così- di procedere del tuo gruppo. Scrivi: "Il gruppo che ruota attorno alla rivista Indipendenza sa chi siamo e a quanto ne so alcuni di Indipendenza sono attenti lettori del nostro sito e del nostro forum di discussione". Integro con due precisazioni: 1. "Indipendenza", per caratteristiche che si porta dalla sua costituzione ufficiale (1986... sì 1986), ha uno spirito di osservazione, di ascolto, di ricerca. Cerchiamo, insomma, di intervenire sul piano politico e culturale con cognizione di causa, e, per dirne una banalmente, c'informiamo, discutiamo tra noi, prima di prendere posizione o anche affermare tesi. Il tutto sotto la spada di Damocle dei limiti delle nostre capacità e forze, beninteso. Anche i nostri scritti (sito e rivista cartacea) stanno lì a dimostrarlo. Poi, legittimamente, ma è banale dirlo, si può dissentire. Meno banale auspicare sempre altrettanta cognizione di causa e, come dire, onestà intellettuale, per usare un'espressione che non mi piace granché ma avvicina all'idea che strada facendo vedremo di far emergere. 2. Del gruppo di cui sei da non molto parte (siamo attenti lettori del vostro forum, appunto), sappiamo dai tempi in cui i promotori erano sempre comunitaristi come area interna alla formazione di estrema destra, Fronte Nazionale, di Adriano Tilgher (ex Avanguardia Nazionale e braccio destro di Stefano Delle Chiaie), prima di "uscirne" ed innestare via via altre provenienze da formazioni di estrema destra come Fiamma Tricolore o Comunità Politica d'Avanguardia. Ma qui siamo ai giorni tuoi. Certo, a onor di cronaca tu, nel vostro forum, hai affermato di non avere esperienza politica attiva; hai rivendicato un retroterra di sinistra, senza alcuna esperienza di militanza attiva. La provincia ha questo di bello, talvolta, di non soffrire del fervore e del turbinio di città 'calde', e simpaticamente stressanti, come Roma o Milano ad esempio. Non che, dalle tue parti, in Umbria non ci sia del turbinio... con la presenza in loco del discusso e discutibile Campo Anti-imperialista. Giusto perché lo citi, ti dico subito che ci accomuna solo la posizione di principio sulla legittimità delle resistenze -anzi, scusa, delle Resistenze- (inter-)nazionali ad ogni tipo d'occupazione, imperialista e non. Dopodiché sul come e cosa dire/fare e con chi...
A pochi mesi fa risale l'ultimo cambio nome della rivista di cui sei parte. In un pugno di anni, poco più poco meno, ora Comunità e Resistenza, ieri Comunitarismo, prima ancora Rosso è Nero, in un affastellarsi di ex altre sigle che affiorano e scompaiono (Unione dei Comunisti Nazionalitari, Socialismo e Liberazione, non so se ne scordo qualcuna) e di siti che si aprono, si chiudono, si riaprono... perché? Perché? Ce lo potresti spiegare tu? Vi fate fautori del Comunitarismo. Bene (per noi male, vabbé...). In che consiste questo Comunitarismo? Che vuol dire in Italia? Come si lega il vostro definirvi “comunitaristi” ed anche “comunisti” e “nazionalitari”? Per noi è un mistero (diciamo così...). In una moltitudine di siti e in movimenti della destra radicale e affini ricorre sempre quest'idea del Comunitarismo. Questi poi la relazionano con un'idea forte di Europa, che i più chiamano Eurasia; il gruppo di cui sei parte, euroasiatico in modo esplicito per un certo periodo anche fuori dal Fronte Nazionale, all'improvviso ne ha preso le distanze ed ha sostituito l'Eurasia con l'idea della Federazione degli Stati socialisti d'Europa. Abbiamo certe idee in merito, ma, va bene, passiamo la palla e chiedo a te illuminazioni al riguardo.
Prima di proseguire -a te piacendo- in questo scambio di idee, che auspico sereno anche se dovesse accendersi, replico al tuo esordio con un cortese invito di osservanza metodologica. Passi per la sottile acrimonia, per i toni un po' piccati dovuti -desumo- ad un disagio d'ambientazione / presentazione al forum che ti sarà stato trasmesso dal tuo, diciamo cosi, entourage. Comprendo, perché colgo e collego una serie di cose. Passi quello, ma niente piedistalli e niente nascondersi dietro un dito. Quando lamenti la "maniera molto poco scientifica (volendo dire marxista magari)" di quello che sprezzantemente e impropriamente definisci "lungo panegirico" (il panegirico è uno scritto / discorso celebrativo; il testo cui ti riferisci non celebra alcunché, ma focalizza dei primissimi punti di differenziazione di concetti in funzione della precisazione, dal nostro punto di vista, di indirizzi politici e culturali), ho avvertito un retrogusto professorale e, soprattutto, un'interessata valenza da mettiamo / metto-le-mani-avanti, cioè il porsi come un bacchettatore dall'alto di una presunta metodologia marxista doc (che sottende poi ad una sorta di autoinvestitura a giudicare chi è marxista e chi no) per esorcizzare legittime diffidenze derivanti anche dalle ancora approssimative cose di cui sopra. Mi ha poi strappato un sorriso (del che ti ringrazio perché sorridere è una sorta di ginnastica dell'anima) il tuo definire "Comunità e Resistenza" una "rivista laboratorio marxista" (?!? scusa se mi permetto, mi sono scappate...) e il tuo successivo planare su un "politicamente dunque sono interno al Campo Antimperialista". Sorrido perché mi sa della miniserie: "arrivano i compagni cazzuti!!". Scusa, certe volte prende il sopravvento il mio spirito buontempone. Sciò, via!! Comunque bellissimo il "politicamente dunque". Mi riprendo un po' e al prossimo postato la risposta al merito della contrapposizione tra comunitarismo e nazionalitarismo. | |
| | | Sandinista
Numero di messaggi : 6 Data d'iscrizione : 29.05.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Sab Giu 02 2007, 00:34 | |
| Innanzitutto grazie per la risposta articolata. Ed ora senza stare a perdere troppo tempo entriamo nel merito. Diciamo per prima cosa che se io ho messo le mani avanti direi che tu hai voluto rilanciare e direi che se si dovesse continuare a seguire questa linea potremmo tranquillamente nel giro di tre o quattro post cominciare pure a rilanciare anatemi di purezza marxista nel pieno stile del ridicolo settario. Possiamo anche farlo ma ridicolo rimarrebbe. Sarà un atteggiamento da professorino anche questo ma la realtà questa è. E credo che lo si sappia entrambi. Vorrei prima di risponderti farti notare che nella lunga e articolata risposta forse per sbaglio hai dimenticato di rispondermi direttamente alle domande poste, ovvero spiegarmi cosa voi intendiate per comunitarismo (e in verità ancora meglio sarebbe se prima parlassimo della vostra concezione di comunità) e quindi come intendiate teoricamente (la parola ideologia e gli aggettivi e avverbi che ne conseguono li lascio volentieri ad idealisti e teorizzatori de "la fine della storia"). Dunque spero che tu o gli altri che animano la rivista Indipendenza possano darmi questa risposta.
Avrei dunque preferito dire cosa noi si intenda per comunitarismo e per comunità e quindi per nazionalitarismo dopo. E ti dico subito che il motivo è puramente tattico. L'impressione che si stia aprendo una sorta di partita a scacchi teorica in questo momento è molto forte e quindi preferisco almeno lasciarmi qualche cartuccia per le prossime risposte. Una notazione, facendo subito i nomi per evitare di girare attorno alle parole con fare carbonaro diciamo subito che la storia ed il percorso politco di Maurizio Neri è ben noto a chiunque abbia un minimo di interesse politico non generalista. Sì era nel fronte anni fa, esattamente come Curcio era nella Giovane Europa prima di fondare il CPM, Sinistra Proletaria, la Brigata Rossa Pirelli e poi il resto lo sappiamo tutti, come possiamo parlare di Joe Baxter prima fedelissimo del Tacuara e poi dirigente dell'ERP argentino, oppure potremmo parlare di tutti quei militanti di PN diventati poi marxisti. Ma noi sappiamo bene anche che nell'area extraparlamentare in genere non è così strano vedere neofascisti entrare poi in formazioni di estrema sinistra o il contrario. Mi risulta anche che alcuni di voi di Indipendenza veniate proprio dallo stesso gruppo politico di Neri. Dunque perchè cominciare una discussione politica con i metodi non politici da consumati dirigenti piccisti o giornalisti de l'Unità cercando subito di porre l'accento sui percorsi politici di alcune persone. Vorrei avere l'idea che chi mi si pone qui dentro come interlocutore vada oltre le logiche da "rivelazione esclusiva" alla Flamigni o alla Ferrari.
Sul Campo non ho nulla da dire, la portata dell'operato di Pasquinelli, Mazzei, Ardizzone e tutti gli altri direi che potrebbe essere riassunta da una parte con i motivi che hanno portato alcuni suoi dirigenti ad affrontare processi giudiziari con imputazioni pesanti per aver portato un aiuto attivo e fattivo alle resistenze (la lettera grande non la metto per cercare di evitare le solite percezioni di retorica dei sempre presenti maliziosi) e dall'altra con la conferenza di Chianciano che ha portato qui in Italia la voce reale e diretta proprio delle resistenze di cui parliamo entrambi. Dunque direi (mettendomi fuori da tutto questo visto che il mio essere interno al Campo Antimperialista si concretizza attraverso la mia presenza all'interno di COmunità e Resistenza) che se si parla di Campo Antimperialista davvero possiamo dire "arrivano i compagni cazzuti", con cognizione reale di causa.
Sul nome della rivista: i nomi cambiano man mano che si modificano le visioni teoriche e politiche del gruppo che vi ruota intorno proprio perchè consideriamo come gruppo la rivista un laboratorio marxista (sperando che ti strappi una seconda risata che allunga sempre la vita). Eviterei però per i motivi sopracitati di mettere in continuità con le altre testate anche Rosso è Nero. Non giochiamo contando sul fatto che non tutti abbiano una percezione ed una conoscenza reale e non basata sul "ho letto o mi hanno detto" dei fatti. Cerchiamo di mantenere una onestà prima di tutto etica e poi politica conseguente.
Io tra l'altro ho affermato di non avere esperienza di politica attiva all'interno di un gruppo politico essendo sempre stato piuttosto restio a legarmi ad una identità definita (si rischia sempre poi di trovarsi di fronte a fenomeni di bizzarria interna che vanno dall'adorazione del capo spirituale in puro stile fascistoide-piccista sino all'alterazione interna stessa della realtà più banale come ad esempio ricreare situazioni di segretezza interna più simili alla massoneria ottocentesca che alla pratica politica reale contemporanea). Questo per una completezza su di me.
Sulla parola "comunitarismo" ripeto quanto detto sopra. Prima vorrei sapere la vostra definizione di comunitarismo e non quella di gruppi della destra radicale (Thiriart tanto per continuare ad essere espliciti) o di Eurasia. Ti faccio anche presente che comunitarismo è una parola e non un marchio e che dunque nè noi nè altri possediamo il copyright sul suo utilizzo e sui significati filosofici prima e politici di conseguenza che noi come gruppo ne diamo. Mi sembra ad esempio che anche la parola socialismo venga utilizzata da tante realtà politiche che vanno dal comunismo extraparlamentare sino alla destra radicale neofascista e neonazista. Dunque anche in questo caso non ha senso portare esempi internettiani di utilizzo di una parola senza specificare il significato che se ne da.
Ed il punto ritorna sempre all'inizio su in alto, al mio primo intervento. Ora che abbiamo chiarito la superficie (o meglio io ritengo di averla chiarita) vorrei sapere metodologicamente (oltre che marxista ho una formazione di studi universitari totalmente scientifica naturale) cosa intendete voi per comunitarismo, comunità e nazionalitarismo. E come ultima domanda che potrà sembrare bizzarra ma in parte serve ad introdurre e facilitare una mia successiva risposta vorrei chiedervi anche: voi come rivista Indipendenza vi ritenete leninisticamente una avanguardia? Se sì potreste definirmi la base di questa avanguardia? | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Dom Giu 10 2007, 02:18 | |
| Mi obblighi ad ulteriori chiarimenti, ma non c'è problema. E' bene farlo prima di procedere. E qui abbiamo molta pazienza. Inoltre, se leggi attentamente, nel mio post non ho dimenticato di risponderti, ho solo precisato che mi limitavo innanzitutto a puntualizzare certe premesse e che in un successivo sarei entrato nel merito. Vado per punti:
1) Paventi una spirale da "rilancio di anatemi di purezza marxista". Non so a cosa ti riferisca. È assolutamente mal indirizzata a me o, comunque, a compagni di "Indipendenza". Sai bene che nel post cui ti riferisci non ho "rilanciato" alcunché. Ti ho semplicemente esortato a non fare la parte di chi sale in cattedra e presume di bacchettare in nome di una presunta autorevolezza metodologica marxista. Immagino tu sia un attento lettore del nostro sito e della nostra rivista e sai che non indulgiamo né ci attardiamo su nessuna purezza teorico/ideologica da affermare o tutelare. Figurarsi se lanciamo "anatemi di purezza marxista". Anzi, evitiamo -in senso pressoché assoluto- di ricorrere a qualunque tipo di definizione tradizionale (comunista, socialista, anarchico, libertario, estrema sinistra, sinistra radicale, eccetera). Sottolineo questo anche per trasmettere un senso a questa stucchevole nota polemica da me non cercata, per dire che, se "Indipendenza" si sottrae a ciò, è per evitare quel che ci pare una tendenza sempre più diffusa: l'eludere e il surrogare -con concetti e formulari per molti divenuti para-religiosi, identitariamente vuoti, rassicuranti, per taluni altri addirittura d'uso ambiguo (quanto a finalità) ed inquietante (quanto a modalità)- il faticoso compito dell'analizzare, del ragionare, dell'articolare idee e progettualità.
2) Ti sei presentato nel forum come testimonial di un gruppo che è molto discusso, e discutibile -secondo me- non solo e non tanto, riduttivamente, per storie di gossip di second'ordine. Noi siamo abituati ad osservare comportamenti politici, a leggere e ad ascoltare, a ragionare, appunto, con la nostra testa. E non ci limitiamo a questo. Fai il nome del tuo "direttore politico", ma il punto non è personale o individuale, anche perché, se vuoi dirla tutta, dovresti allora proseguire con l'elenco degli altri nomi, recenti e passati, che sempre all'estrema destra riconducono, e non fermarti ad un singolo, come se si stesse parlando di un caso umano. Non nascondiamoci dietro un dito. Ma, ripeto, non è questo il cuore del problema. E non lo risolve certo, scusa, il giochino che fai, per cui citi nomi e gruppi altri (e te li voglio dare per buoni, anche se avrei qualche notazione da fare, adesso del tutto irrilevante) per concludere che, estensivamente, chissà perché, se son buoni quelli, la stessa cosa vale come "garanzia" per Neri & affini. Qui si risponde in sé e in termini di modalità, comportamenti e finalità politiche. Non farlo significa buttarla in caciara e alimentare il gossip su cui poi, convintamente o meno, si irride. La provenienza, ogni provenienza, non è discriminante, ma nemmeno irrilevante. Il punto centrale è di cosa ci si fa portatori e per quali finalità, nonché il come questo avviene e le modalità di comportamento politico, e altro ancora che non è forumizzabile. Pensi basti dirsi "comunisti" perché tutto stia a posto?
3) Vedi, è legittimo cambiare idea. Converrai che -al riguardo- il cambiare idea è generico e confonde, inglobandole, una pluralità di situazioni. Inquietanti e non. C'è chi cambia idea perché ha maturato un diverso modo di vedere le cose e può anche decidere di collocarsi altrimenti sul piano, ad es., politico rispetto al suo passato. C'è però anche chi cambia idea per opportunismo o convenienza, oppure cambia, come nel Gattopardo di Lampedusa, senza aver cambiato niente, e ad esempio lo può fare per veicolare istanze posizionandosi in diversificate aree (qui ci sarebbe molto da dire, ma per ora è bene non allungare troppo). Da solo, dunque, cambiare idea non ci dice niente, fuorché il constatare che il gruppo di cui sei parte ha mostrato una leggiadra mutevolezza nel farlo, con un vorticoso cambiare di sigle e siglette che è avvenuto e avviene senza alcuna 'problematicità' teorica e/o ideologica (per me ideologia non è affatto una brutta parola, in quanto "studio delle idee" o anche "discussione di idee", "sulle idee"). Tutto è assorbito come una spugna e ci si adatta a chi ti avvicina e/o ti accetta.
4) Particolarmente significativo trovo un passaggio, per il sottinteso che incorpora. Mi riferisco a quel tuo: "mi risulta anche che alcuni di voi di Indipendenza veniate proprio dallo stesso gruppo politico di Neri". A parte che ti risulta male, è vero che, proprio all'atto di fondazione di "Indipendenza" (21 anni fa circa), c'erano persone che avevano rotto politicamente alcuni anni prima con il gruppo di estrema destra in cui militavano. Una di queste, da qualche suo ex camerata si è visto scaricare, un annetto dopo la nascita di "Indipendenza", cinque proiettili (tre alle gambe e due, conficcati nello schienale all'interno di una birreria ad altezza petto, andati a vuoto per il repentino gettarsi di lato del compagno alla vista dell'avvicinarsi di un tipo, casco in testa e pistola in pugno). Non accomunare persone e situazioni estremamente, radicalmente, diverse. Quantomeno chiedi di essere informato bene. "Indipendenza" nasce con una sua –e la sottolineo– chiarezza di posizioni dopo una serie di numeri zero ("in attesa di autorizzazione") che funsero da scrematura politica di idee, di posizioni politiche e quindi di persone. Quando la rivista viene registrata nel settembre 1986, le sue posizioni sono ben definite nei suoi assi fondanti, in una continuità di metodo e di contenuto che è nella storia anche solo cartacea, cioè di numeri della rivista. "Indipendenza" non ha mai dato vita a giri di valzer nominalistici, di sigle, non ha mai cercato sponsor o garanti politici, non ha mai ostentato possibili "nomi" di grido da esibire per accreditarsi. Lo dico per chiarezza e non per spocchia, nomi ne abbiamo avuto e ne avremmo, ma, per un principio interno vigente dalle origini da noi, non ci sono né prime donne, né nomi-copertura, né nomi-testimonial, né leader, né niente che surclassi la dinamica e la dialettica del collettivo che si riconosce nelle posizioni di "Indipendenza". I nostri scritti sono lì a dimostrarlo, come le iniziative promosse in proprio o in collaborazione.
5) Quando nasce quel salsiccione metamorfico di sigle e siglette che per comodità di indicazione sintetizzo in "Comunitarismo" (spiace per te, ma "Rosso è Nero" -bellissima quella è- ne è parte), lascio a te immaginare come percepivamo (e percepiamo) l'operazione che vide assumere lo stesso termine nazionalitario usato da "Indipendenza", telefonare e ricercare le collaborazioni di chi scriveva su "Indipendenza" (tutti meno uno, poverino, chissà perché trascurato, forse perché è un cafone del sud...), riprendere (anche) articoli di "Indipendenza" senza autorizzazione per far vedere ad occhi esterni rapporti inesistenti, riadattare articoli di compagni (cambiando inizio e fine e firmando in altro modo, o anche suntarli), e mischiare poi il tutto in un calderone di riferimenti politico/teorici della destra radicale (da Evola all'Eurasia passando per il "diciannovismo" dei primi fasci ed altro di ineffabile) con Marcos, Che Guevara e Stalin, Trotsky, Lenin, Bucharin, Gramsci e via elencando, tutti assoldati indistintamente (picconatori e picconati, e affini) in una melassa di presuntivo riferimento ideologico. Tutto questo è evidente anche ad una superficiale lettura dei numeri di “Comunitarismo”. Forse ribatterai che questo è il (recente) passato, e che con “Comunità e Resistenza” si intenda voltare pagina. Abbiamo seri dubbi in proposito. Tu hai affermato che i nomi della rivista “cambiano man mano che si modificano le visioni teoriche e politiche del gruppo che vi ruota intorno”. Converrai però che il troppo stroppia, soprattutto quando tale turbinio di sigle, in un lasso di tempo molto breve, si accompagna ad un’assoluta assenza di problematicità teorica e politica, ad una disinvoltura nell'abbandonare siti e testate. Già questi dati presi di per sé trasmettono, nel migliore dei casi, approssimazione politica, idee poco chiare. E poi, concorderai che, sempre nella migliore delle ipotesi, è ben difficile discutere di cose affermate oggi, smentite domani, rimodificate il giorno dopo, riviste quello successivo...
6) Ma a ben vedere, caro Sandinista, ad un’attenta analisi del percorso del gruppo di cui ti fai testimonial, non sussiste una reale “modifica di visione teorica e politica”. Tra “Rosso è Nero” e “Comunità e Resistenza”, seppur con toni e forme diverse, i concetti politici base sono identici: il comunitarismo e l’Europa. Cosa significa ad esempio auspicare una fantomatica “Federazione degli Stati socialisti europei”? Lasciamo stare gli effetti e le complicazioni non di poco conto nel perseguire tale prospettiva che rigettiamo con forza. Ci sembra un obiettivo buttato lì per indorare la pillola dell'idea di un mega-blocco geopolitico europeo di potenza, di fatto convergente con l’obiettivo di un'Europa comunitarista (c'è chi la definisce senza problemi "imperiale") perseguita dal mondo della destra radicale più o meno esplicitamente tale. Sono queste le idee base veicolate dal tuo gruppo di riferimento. Tutto questo sullo sfondo, ripeto, di una per noi evidente, spasmodica ricerca, di collocarsi a sinistra "mettendosi in scia di Indipendenza", di assomigliarle, suvvia, di clonarla. E qui, per ora, mi fermo in quella -come dici tu- partita a scacchi in cui, mi par di capire, siamo solo alle prime mosse. Sorrido, ovviamente, riprendendo la tua metafora. Morale allo stato dell'arte: se vuoi discutiamo di idee, giacché è anche questa la funzione di un forum, ma nessuna operazione, diciamo così, confusionaria. Altrimenti ci troveremo sempre in una spirale di puntualizzazioni e chiarimenti che non ci spaventano e non ci faranno tirare indietro e che, comunque, alla fin fine, delle cose interessanti su cui riflettere le fa emergere, non trovi?
7) Telegrafico sul Campo anti-imperialista. Diamo e abbiamo una lettura differente di certe cose. Molto. Anche qui ci sarebbe da discutere, ma basti dire che è noto che noi non abbiamo e non intendiamo avere alcun tipo di relazione politica.
8 ) Sul perché ritengo distinti e distanti "comunitarismo" e "nazionalitarismo", qualcosina di telegrafico: innanzitutto rivediti il primo postato. C’è un'essenza costitutiva fortemente identitaria, prescrittiva, integralista nel concetto di comunitarismo in quanto tale, con buona pace di ogni possibile definizione presunta scientifica. Nella sua semplicità sta qui la distinzione di fondo con un'idea altra, dal ben diverso fondamento e più aperta, che noi condensiamo nel termine "nazionalitario". Sostenevo sopra l’importanza di non intendere una nazionalità come comunità, ma al più come comunanza, proprio perché i tratti culturali non determinano automaticamente prescrittività, perché non si elude un'analisi dell'articolazione sociale, di classe, con conseguente prassi, e perché non si è avulsi da un fondamento territoriale nazionalmente precisato appunto. Sul piano politico, il concetto intimistico di comunità (una delle forme legittime di aggregazione anche interne ad una nazione) non vale a legittimare un comunitarismo, comunque inteso, che finisce per definizione con il prescrivere il presunto "bene comune" della comunità. Ti rinvio quindi anche allo scritto steso da un compagno (in realtà frutto di un confronto a più voci) sul sito (www.rivistaindipendenza.org). Il titolo è "Comunità contro comunitarismo", che immagino tu conosca molto bene. Insomma, leggiti questi scritti e dì che ne pensi. E poi, giacché a definirti comunitarista sei tu, perché non ci spieghi che intendi? | |
| | | Sandinista
Numero di messaggi : 6 Data d'iscrizione : 29.05.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Dom Giu 10 2007, 12:52 | |
| Lo sai cosa leggo io in questa risposta? Politicamente non aggiungi nulla di quanto detto precedentemente, ma ci rigiri intorno continuando esponenzialmente a calcare la mano sul mio ruolo qui dentro (testimonial?) e sulle origini non della rivista attuale ma su quella di chi vi sta dentro. Vogliamo dire da dove provenga Labonia? Vogliamo dire che alcuni ex collaboratori di Neri sono poi passati con voi? E soprattutto questo dovrebbe inficiare la genuinità delle vostre visioni? Io credo che questo gioco non vi serva a nulla, anche perchè diciamolo noi siamo pochi ma voi siete un gruppo atomico, noi siamo nati come rivista da un anno ma voi da 21, noi comunque entrando nel Campo Antimperialista abbiamo avuto la possibilità di farci conoscere come gruppo politico e non come singoli in tutta l'area della sinistra extraparlamentare e infatti ieri (comunque la si rappresenti e la si consideri) eravamo a Roma al corteo e c'eravamo dopo aver preso accordi per uno striscione comune di condivisione politica con i Carc. Voi dove eravate? Dove siete nel movimento? Non credete che ci sia un errore di impostazione? E che questo errore di impostazione non possa essere corretto semplicemente mirando a cercare di gettare ombre di genuinità su quelle parti politiche che vedete come concorrenti?
Posso sapere dove trovi negli articoli della rivista e anche sul nostro sito (che non sto a pubblicizzare perchè non sono testimonial di nulla) articoli su Evola o riferimenti a questo o Eurasia o quello che ti pare, o dove sia la storia della concezione della federazione europea? Hai la possibilità di farlo qui con me, portami gli articoli di cui parli. Non ti permetto tra l'altro di parlare di maquillage articolistico per quanto riguarda noi, non mi pare assolutamente giusto e soprattutto vero, altrimenti mi costringi poi a farti notare che per dare lustro alla vostra rivista andate a prendere gli articoli di La Grassa che trovate su internet, gli date una sistematina e poi li mettete in rivista. Con il particolare che La GRassa a voi non vi ha mai passato alcun articolo direttamente, ovvero non ha mai scritto per voi.
Sai perchè parli di articoli nostri assolutamente fantomatici su Evola, confuso con Trockij o Lenin o di nostri articoli su thiriartiane federazioni europee che non esistono? Perchè le informazioni su di noi voi le prendete da internet. SOlo internet e niente altro e questa prassi è tale anche per il resto del vostro lavoro politico, vi siete isolati in un mondo a metà fra la CIA e una comunità stilita alla San Simeone e a quel punto non potete avere altro confronto che con internet dove si può leggere tutto ed il suo contrario. E bada che quello che ti sto scrivendo non è detto nè con acrimonia nè con spirito da testimonial per la mia rivista o per il Campo, non credo che ci sia bisogno di fare simili operazioni in un forum come questo con una frequentazione ancora così modesta. Non abbiamo nè noi come rivista nè noi come Campo Antimpeiralista mire di proselitismo e di catechismo, tra l'altro io ho una particolare avversione a questo genere di cose. Io non ho tirato in ballo Neri, tu l'hai fatto e quindi a quel punto mi costringi a scendere su questo terreno. O smetti tu o continuo io. Io vorrei ancora sapere quale è la vostra concezione di comunitarismo (ripeto la vostra, non la critica a quella di Thiriart o alla nostra che ribadisco non centrano nulla tra loro o a quella di chi ti pare), quale sia la vostra concezione di comunità. E su questo insisito perchè io sarò pure il comunista nazionalitario-comunitarista ma voi siete quelli che hanno aperto una discussione intitolata : "Comunitarismo contro nazionalitarismo". Ti chiedo come ultima cosa (e di nuovo la domanda è politica da parte mia) di sapere se vi considerate avanguardia politica in senso leninista e se sì a quale base voi facciate riferimento. La domanda non è fine a sè stessa ma serve per la tanto sospirata risposta che anche tu chiedi a me.
Una ultima precisazione sulla questione di me come testimonial, personalmente credevo fosse giusto nei vostri confronti semplicemente presentarmi con chiarezza in modo che come per me con voi, anche voi poteste avere la stessa possibilità di sapere esattamente con chi stavate parlando. Non a caso ho scelto lo stesso nikname che utilizzo per il nostro forum. | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Dom Giu 17 2007, 15:27 | |
| Sandinista, mi sembra che tu voglia buttarla in caciara spargendo inesattezze e falsità, confondendo le carte ed eludendo le questioni politiche, in primis che cos'è per te il "comunitarismo" di cui ti dici fautore. L'impostazione originaria, come da titolo della voce di questo argomento, intendeva affrontare la questione in termini politico-culturali generali, tenendo conto della funzionalità che si attribuisce all'idea di comunitarismo negli Stati Uniti ed in realtà statuali, geopolitiche, non fondate su basi nazionali (Unione Europea) o comunque aventi velleità imperiali, ergo non nazionali, od anche in Stati in cui si prova ad enfatizzare e contrapporre il concetto di comunità a quello di nazione (dall’Iraq al Libano). La nostra critica al comunitarismo ha questa prospettiva, e solo di riflesso si cura di quella del gruppo di cui sei parte che infatti non veniva affatto menzionato. Sei piombato ostentando saccenza metodologica marxista che non hai nemmeno mostrato, hai parlato di "partita a scacchi" per non dire, banalmente, cosa per te vuol dire essere "comunitarista" e chiedendo a noi, che non lo siamo, di fornire una definizione. La distinzione tra il concetto di "comunitarismo" e di "nazionalitarismo", a partire dai termini, che non sono un optional nel definire i concetti, te li ho dati a due riprese nelle linee generali proprie di un forum e ti ho anche rinviato ad uno scritto più articolato che è frutto di un lavoro più che individuale. Non hai preso nulla in considerazione e men che meno hai detto qualcosa di sensato e di propositivo in merito. Con un astio ed un'aggressività che trasuda dalle parole del tuo ultimo scritto, ti sei messo a propalare falsità, inesattezze e furbate. Te lo dico in anticipo: se continui in questo modo, se è così che tu vuoi discutere, te la suoni e te la canti da solo perché il discorso con me si va a chiudere qui. Non ha senso proseguire e non mi interessa questo tipo di confronto. La tua acrimonia peraltro non mi sorprende: non a caso immaginavo dove si sarebbe andato a parare. Tu pensa che, ad apertura forum (non argomento...), sapevamo (paventavamo...) che, attirati da questo o quel tema, prima o poi saresti spuntato proprio (o per primo...) tu di quell'area, perché eri quello più presentabile, un retroterra "di sinistra" anche se senza storie di militanza alle spalle. Ma le finalità del forum sono ben più importanti e... va bene, accettiamo onori ed oneri. Fino a un certo punto, però. Perché ad esempio qui non si ha nessuna intenzione di interloquire con altri personaggi della tua "comunità" per ragioni che leggerai più avanti. Ora puoi capire perché, se rileggi bene la mia prima risposta, auspicavo non a caso (anche) in questo confronto «cognizione di causa e, come dire, onestà intellettuale, per usare un’espressione che non mi piace granché ma avvicina all’idea che strada facendo vedremo di far emergere». Vale quindi, per quel che mi riguarda, l'avvertimento di cui sopra: datti una regolata altrimenti (s)parlerai da solo. Ora entrerò nel merito di quanto dici (non te ne lascerò passare una), ma un suggerimento te lo voglio dare subito: chiediti, alla fine, tra te e te, se quello che hai detto è frutto di tue supposizioni, congetture e/o invenzioni. Con un minimo di coscienza sapresti alla fine con chi prendertela. Ma se ti sono state suggerite, allora non solo sapresti con chi prendertela, ma dovresti interrogarti, oltre che su quello che ti passa la tua “comunità”, anche su altro.
Partiamo soft. Scrivi: "Non ti permetto (...) di parlare di maquillage articolistico per quanto riguarda noi, non mi pare assolutamente giusto e soprattutto vero, altrimenti mi costringi poi a farti notare che per dare lustro alla vostra rivista andate a prendere gli articoli di La Grassa che trovate su internet, gli date una sistematina e poi li mettete in rivista. Con il particolare che La Grassa a voi non vi ha mai passato alcun articolo direttamente, ovvero non ha mai scritto per voi". La Grassa scrive articoli per "Indipendenza" dal 2000. La tua falsità nel dire che ci appropriamo indebitamente di suoi scritti è smentibile sia vedendo i vecchi numeri della rivista cartacea sia... sentendo l'interessato. E' vero che da alcuni numeri abbiamo impostato diversamente (e non solo con lui) il lavoro di collaborazione. Vedi, a noi non interessa pubblicare articoli purchessia. Noi non abbiamo mai sparato firme per accreditarci o farci lustro. Più che le firme a noi interessano i contenuti e come questi possano interagire con il punto di vista nazionalitario, anti-imperialista ed anti-capitalista che sosteniamo. Questo ci caratterizza da sempre. Non ci piace infatti la faciloneria nell'intervenire sul piano politico e culturale. Con i limiti umani che ci caratterizzano, cerchiamo di muoverci con la miglior cognizione di causa -e di buon senso- possibile. Ora, data la notoria prolificità editoriale di La Grassa, certi articoli rischiavano a nostro avviso di essere ripetitivi, pur con aggiunte, appendici, parti che meglio chiarivano concetti e situazioni. Volendo far emergere ciò che di interessante leggevamo (ad es., sul marxismo o su aspetti di analisi di fase) e non condividendo certe posizioni ad esempio di geopolitica, abbiamo sì, al tempo, reso pubblico e dissentito su quelle sue posizioni, ma ci è interessato privilegiare dei nodi di interesse analitico e teorico sui quali riteniamo importanti le sue riflessioni. Abbiamo cercato di farlo operando, laddove fosse possibile, degli assemblaggi integrativi e delle sintesi. Il tutto sottoposto sempre ad una revisione ed autorizzazione finale dell'autore, ovviamente accogliendo alla fine le modifiche che di volta in volta apportava all'ossatura tematica da noi proposta. Piccola chiosa finale sul punto: non abbiamo bisogno di cercare gli scritti di La Grassa su internet, perché li manda sempre in redazione appena ultimati. Ti ringraziamo comunque dell’opportunità che ci hai dato per precisare aspetti del nostro stile editoriale, ma resta uno sconcertante interrogativo: perché racconti una falsità così bella e buona, dal respiro più che cortissimo, e lo fai con una sicumera degna di miglior causa?
Scrivi: "Posso sapere dove trovi negli articoli della rivista e anche sul nostro sito (...) articoli su Evola o riferimenti a questo o Eurasia o quello che ti pare, o dove sia la storia della concezione della federazione europea?". Su "Comunitarismo" (marzo/aprile 2001), "mensile comunista nazionalitario" (come da sotto titolo), a firma della redazione, un illuminante "Nazione europea: di che cosa parliamo" con, a mo' di catenaccio, "per una federazione degli Stati socialisti", precisando alla fine che "è la sola via praticabile per evitare processi di balcanizzazione dell'Europa e della Russia (cioè, aumma aumma: Eurasia, ndr)". Pagine dopo, sullo stesso numero, a scanso di equivoci, campeggia un altro scritto delirante "Eurasia per la liberazione nazionale". Sull'Eurasia si torna anche nei numeri successivi. Nel numero di giugno-luglio 2001, ad esempio, in "Eurasia contro la globalizzazione", si esordisce così: "La nuova geopolitica euroasiatica è parte essenziale dell'elaborazione politico-culturale dei comunisti nazionalitari". Attenzione: dovrà passare qualche anno prima che, da un numero all'altro, sull'Eurasia si arrivi al ribaltone con "Eurasia, un mito da sfatare". Manco a dirlo, su "Indipendenza" è un fuoco di fila contro l'idea d'Europa, dalla sua declinazione servile (tra l'altro area di smercio del made in USA) alle velleità di potenza a 360° (anche nella versione euroasiatica). Ma in questo numero di "Comunitarismo" invitiamo a prestare attenzione a una cosa molto curiosa. Si scrive: "L'Eurasia intesa come Federazione di repubbliche socialiste" è bla bla bla. Quando, nel marzo 2004, improvvisamente spunta un articolo "Eurasia: un mito da sfatare", dopo tanto battage a sostegno, ebbene, da questo momento in poi all'Eurasia viene contrapposta proprio quella "Federazione di repubbliche socialiste" che era l'esplicazione dell'idea di Eurasia. Nel marzo 2003 è la volta dei 10 punti "Proposte per un progetto comunitarista". Per quel che interessa qui, a parte altro di ameno che si potrebbe osservare, vedi il punto 9: "(Il comunitarismo) è per una Europa federale su base socialista che unisca il Continente europeo" con relativo indoramento sinistrorso della pillola. In "Comunitarismo" (gennaio-aprile 2002), leggiti "Gentile, Evola e Marcuse. Tre idee alternative a confronto". Nove pagine per perorare "con tutte le doverose distinzioni, (...) tre forme, parimenti efficaci, di contestazione dell'esistente, di ideale rivolta, di vocazione rivoluzionaria". Ma dovresti leggere l'articolo e non ci vuole una grande mente per capire dove vuole andare a parare. Sull'Europa si torna ancora nell'editoriale di "Comunitarismo" (agosto 2005): "Se l’analisi è che in Europa sulla base delle premesse culturali che ci vengono dall’eredità greca, illuministica e socialista si può fondare un soggetto politico inclusivo sulla base della nuova dicotomia Usa–antiUsa allora si proceda senza dare troppo ascolto alle prefiche di turno, ma sapendo che sia le forme organizzative che comunicazionali che culturali devono essere quelle adatte allo scopo senza concessioni al passato più o meno prossimo". Ma guarda, sfogliando i numeri (pressoché tutti) che abbiamo, non mancano gli scritti su cui discutere. Dimenticavo. Chiedi del maquillage articolistico di "Comunitarismo"? Subito. Dicembre 2003, dal titolo "Rifondazione di male...in peggio", a firma del tuo direttore politico, Maurizio Neri, parafrasa e clona, cambiando inizio e chiusura, "Centrosinistra e Rifondazione Comunista. Prove tecniche di alleanza: nuove formule, stessa musica" (6 settembre 2003), che puoi trovare sul sito di "Indipendenza". Non è l'unico articolo di "Indipendenza" preso a schema e parafrasato. Di questo si è arrivati a copiare interi stralci. Per altri è stata seguita un'operazione di sola parafrasi. Anche sulla tematica nazionalitaria. Mi scuso con i lettori per il livello terra-terra della questione, ma si doveva replicare. La chiudo qui perché sul punto mi sono rotto i coglioni.
Arriviamo al nome di Neri. Dici: "Io non ho tirato in ballo Neri, tu l'hai fatto e quindi a quel punto mi costringi a scendere su questo terreno. O smetti tu o continuo io". Se clicchi in alto a sinistra sulla barra degli strumenti alla voce “modifica” spunta "trova". Digita il nome Neri, e, sorpresa, si scopre che chi ha fatto per prima il suo nome sei tu e lì lo rivendichi pure. Io mi ero limitato a essere corretto parlando di gruppo e non buttandola immotivamente, e riduttivamente peraltro, sul personale. Capisco la tua virulenza polemica, ma... Tra l'altro, giacché ti sei presentato a nome di un gruppo per il quale, per essere sempre soft, ti ripeto che nutriamo la più assoluta disistima politica, dopo quella necessaria premessa, avevo aperto i nodi politici di contenuto sul perché del nostro sentirci distinti e distanti dal portato politico del tuo gruppo, nonostante l'uso -a nostro avviso improprio- che fate del termine "nazionalitario". Il tuo tirare in ballo Neri ti serve per buttare in mezzo il nome di un compagno di "Indipendenza", Labonia, e cercare di creare strane analogie. E' un'uscita che mira a con / fondere, ad occhi esterni, due realtà che non hanno niente a che spartire sotto tutti i punti di vista. Questa dell'attacco personale al compagno, peraltro, per motivi che nel collettivo non capiamo bene da tempo, non ci giunge affatto nuova. Indipendenza ha 21 anni di vita, e Labonia vi scrive da circa 20. La vita politica di Labonia è strettamente intrecciata con quella di "Indipendenza" e la tua uscita adombrante sospetti, o chissà che, è senza fondamenti; ti sfido a dimostrare il contrario!
Parli poi di "collaboratori di Neri" passati con noi. Non sappiamo a chi ti riferisci e tantomeno il senso di quel punto interrogativo, alla domanda che segue, sull' "inficiare la genuinità" di nostre presunte "visioni" (sic). Una premessa: noi non poniamo, forse non l'hai capito, un problema -come dire- di purezza ideologica delle origini. Replico comunque alle due possibili letture di quel "collaboratori" per sgombrare il campo dall'inciucio, tra le righe, che vorresti far passare. Per la chiarezza.
1. Se per "collaboratori di Neri" ti riferisci a chi, proveniente dal radicalismo di destra, prese parte ad “Indipendenza” dalle origini, come fu detto allora, molto chiaramente, si trattava per lo più di persone poco più che ventenni che avevano rotto i rapporti con il gruppo di provenienza 3-4 anni prima della nascita (1986) di "Indipendenza". Per la cronaca della storia di oltre 25 anni fa, quelle persone non avevano, per ricorrere ad un parlare soft, nulla a che fare con Neri (che faceva parte di "Costruiamo l'azione"), figurarsi essere suoi “collaboratori”. Il tuo "direttore politico" nell'estrema destra ci rimane alquanto di più, sino alle soglie del Duemila, uscendo da quel Fronte Sociale Nazionale di Tilgher (braccio destro di un certo Stefano Delle Chiaie), un impasto -consenticelo- inquietante di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale da far accapponare la pelle sotto tutti i punti di vista, anche per le tantissime pagine -diciamo così- oscure della storia di questo paese, di collusioni ed operazioni sporche dentro e fuori l'Italia. Che c’è stato a fare tutto questo tempo in certi ambienti? Che ci sono stati a fare quelli che hanno poi dato vita a quel salsiccione metamorfico di sigle e siglette che sintetizziamo in "Comunitarismo"? E mi limito ai fondatori di "Comunitarismo".
2. Se per "collaboratori di Neri" ti riferisci a persone entrate per qualche mese in "Comunitarismo" (il che non ne fa comunque automaticamente dei "collaboratori di Neri", ma dovrebbe farne componenti di un progetto politico, a meno che la tua affermazione non sottenda una concezione leaderistica che viga da voi, un’ascendenza che rimanda culturalmente in modo forte, anche se non esclusivo, a destra), è vero, "Indipendenza" conosce persone che a diverso titolo hanno avuto a che fare con Comunitarismo e se ne sono allontanate, apportandoci tra l’altro –diciamo così– interessanti informazioni e spaccati dall'interno che, per esser chiari, non hanno attenuato la nostra considerazione sul gruppo di cui fai parte. Anzi. Con taluno si è anche collaborato, ma devi sapere che questo è avvenuto dopo una -ti assicuro- convinta rottura politica con quell'impostazione, nella sua essenza, oltre che nei suoi annessi e connessi (continua). | |
| | | alekos18
Numero di messaggi : 1117 Data d'iscrizione : 04.04.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Dom Giu 17 2007, 15:39 | |
| (prosegue) Qualche ulteriore chiosa.
Scrivi: "noi (Comunità e Resistenza, ndr) siamo nati come rivista da un anno ma voi da 21, noi comunque entrando nel Campo Antimperialista abbiamo avuto la possibilità di farci conoscere come gruppo politico e non come singoli in tutta l'area della sinistra extraparlamentare". E' un modo, lo dico con molta educazione, quantomeno curioso di presentarsi. Per chiarezza: se in quel "come singoli" ti riferisci ai compagni di "Indipendenza", sappi che, da soli o in compagnia, a seconda delle circostanze, quando ci si relaziona in iniziative o con altri gruppi / realtà, sempre come "Indipendenza" ci si presenta. Il tuo riferimento al Campo Antimperialista -che garantirebbe cosa, poi?- non intendiamo al momento affrontarlo, perché sposterebbe il piano della discussione. Al Campo, anche per quel che vi concerne, abbiamo critiche da muovere, ma, ripeto, non è adesso interessante. Detto ciò arriviamo al tuo spacchiosissimo "noi siamo nati come rivista da un anno". Intanto rileviamo che questa “precisazione” è in stridente contraddizione con il tuo sottolineare l’entrata del vostro gruppo nel Campo Antimperialista, che notoriamente avviene anni fa sotto l’insegna di “Comunitarismo”, anche se lì l'adesione si concreta con un'altra sigla, "Socialismo e Liberazione". Ma accantoniamo pure questo passaggio e le relative modalità, perché è bene circoscrivere, per ora, l'ambito di discussione. L'ultima sigla che vi connota, cui fai riferimento, ha esordito effettivamente nel dicembre 2006 (numero zero in attesa di autorizzazione), e vi vede ora come "Comunità e Resistenza" (di cui è uscito un solo numero, al momento). Fino a pochi mesi prima, e per anni, l'intestazione era appunto "Comunitarismo", con -in corso d'opera- una repentina apparizione di una rivista cartacea chiamata "Socialismo e Liberazione" e ancora prima (ben più di una apparizione) "Rosso è Nero". Ora, sì, l'ultimo cambio nome risale a meno di un anno fa. Se uno in politica cambia nome, però, dovrebbe essere segno -quale che sia la valutazione di merito- di un qualcosa di significativamente diverso rispetto al passato. Tu stesso hai affermato questo. Bene, nel vostro caso nulla di tutto ciò, nulla cioè di sostanziale. Si sono puliti link, contenuti di articoli ed altro di collegabile con settori della destra radicale (poco importa che gruppi come Rinascita o Eurasia accettino o meno quella definizione, giacché il retroterra culturale e certe prospettive ad un certo mondo ammodernato rimandano). E, bada, diciamo questo perché leggiamo "Comunitarismo" (per intenderci) su carta e su internet (siti e forum), non limitandoci affatto alle tantissime diffidenze e critiche (non sempre pertinenti e debitamente pungenti, c'è da dire) che vi accompagnano nei vostri nominalistici valzer. Gli assi fondanti, attorno cui ruota(va) "Comunitarismo", sono sempre tre:
1. dirsi comunisti. Tu non sarai informato, ma per alcuni anni, e per un po', furono acquisite tutte le figure del marxismo classico (tutte in modo, come dire, allegro) sulla scia, forse, del mitico ed insuperato monologo "Qualcuno era comunista" di Giorgio Gaber (sono un estimatore del compianto...) perché più di questo che si vuole? Bada bene che il definirsi "comunisti" risale a "Rosso è Nero" (il titolo, te lo ripeto, è splendido per quella voce verbale), dove la definizione, per la precisione è, ohibò, "nazionalcomunisti". Tu sai che esistono gruppi della destra radicale (non solo italiana come Orion) che si definiscono nazional-comunisti o nazional-bolscevichi. Ahinoi, che succede? Da nazional-comunista si diventa, cambiando l’ordine dei fattori, comunisti nazionalitari (sic!) e il risultato... Geniale (doppio sic)! Ma poi, comunisti in che senso, di cosa? Sarebbe interessantissimo discutere in merito.
2. dirsi nazionalitari. Qui si entra nella psico-politica. Nella per noi evidente, spasmodica ricerca, di collocarsi a sinistra, il gruppo fondatore di “Comunitarismo” decide di “mettersi in scia di Indipendenza", di assomigliarle, suvvia, di clonarla. Si percepiva / percepisce "Indipendenza" come una realtà pulita, non mestatoria per intenderci, che, nonostante gossip delle prime ore (anni...) caduti miseramente -avremmo chicche in merito belle grosse da raccontare-, può, forse, vedere ancora l'ostinazione cieca di qualche incallito falsificatore/calunniatore (interessato) di professione, ma nulla più. Insomma "Indipendenza" si può legittimamente criticare per le sue tesi, ma non è una realtà ambigua e mestatoria. Ergo, che succede? Si contatta "Indipendenza" (vedi più avanti), che però non ci vuole, e allora la cloniamo e vediamo un po' se la spuntiamo. Un'espressa richiesta di ingresso/collaborazione in “Indipendenza” era stata fatta dal tuo "direttore politico" per sé ed altre persone interessate che ci avrebbe fatto conoscere, e, di fatto, gentilmente declinata. Ci contattò come "lettore di Indipendenza, conosciuta a Feltrinelli", telefonando alla segreteria dell'associazione ambientalista, presso la quale avevamo una stanza in affitto, per fissare un incontro. Se un "lettore" vuole parlarti, vai a sentire che dice, giusto? Mettiamola così, Sandinista: quell'incontro non piacque ai tre compagni che si erano recati all'appuntamento (e loro ne conservano buona memoria) e nemmeno a chi ne fu messo poi al corrente. Poi, all'indirizzo postale che gli avevamo lasciato, ci arrivarono dei numeri di "Rosso è Nero" e, leggendo, il quadro fu più (non ancora del tutto) completo. Pessima l'operazione, pessimo il prosieguo. Per ragioni politiche (non personali!!) non accettiamo certe collaborazioni ed ingressi, e continuiamo a fare la nostra attività, a studiare, informarci, fare iniziative, collaborare a quelle di altri quando noi lo si ritenga valido, eccetera. Ma non perdiamo di vista certe strane dinamiche. Leggiamo, c'informiamo, seguiamo. Tu attribuisci a noi "gettare ombre di genuinità su quelle parti politiche che vedete come concorrenti", con implicito (ed esclusivo) riferimento a "Comunitarismo", è ovvio. Non ti sono proprio chiari i termini della questione. "Concorrenti" di che? Quando impazzava l'Eurasia, in modo esplicito, su "Comunitarismo", disinvolte amenità su come intendere il termine "nazionalitario" le abbiamo lette. Ad es. (e non solo) nel numero di marzo/aprile 2001 sulla questione nazionalitaria, di fatto derubricata in termini di "piccole patrie" (sic! non si è nazionalitari con la discriminante demografica), si parla di "Nazione Europa socialista" ["(.... che) verrebbe a cancellare le piccole patrie che peraltro nel processo di globalizzazione si inseriscono benissimo"] e più avanti, sullo stesso numero, si rigetta "ogni Europa (sic) delle piccole patrie o dei popoli (...)" per non "frazionare su base etnica un'unità che per noi è geopolitica, multiculturale e multietnica". Ai giorni nostri ci capita di leggere sul vostro forum di "comunitaristi comunisti nazionalitari", a più riprese, discorsi addirittura all’insegna della criminalizzazione della questione nazionale basca (con una disinvoltura di termini e di contenuti sconcertante di taluno, e di silenzio-assenso di altri... ad Aznar gli fate un baffo...), per sorvolare sull'assoluta inesistenza di come articolare e quale senso dare ad una lotta in senso nazionalitario nelle realtà degli Stati esistenti, ad es. l'Italia, al di là -e non a prescindere, ovviamente- delle legittime rivendicazioni delle nazioni negate. Ma di quale nazionalitarismo cianciate? Ribadisco: "concorrenti" di che? A parte, poi, che magari prolifichino gruppi, organismi, movimenti nazionalitari che si muovano, in Italia ad es., in ogni ambito, un po' come avviene nei Paesi Baschi, in Irlanda, in Corsica, in Palestina, in Libano, in Venezuela, eccetera.
3. dirsi comunitaristi. Il concetto è molto legato (anche) all'idea di Europa / Eurasia. Questa mitizzata entità geopolitica, come tutte le realtà imperiali / imperialiste, non avendo un fondamento nazionale condiviso ha bisogno di essere pensata con un qualche fondamento politico, e l'idea di comunitarismo diventa un collante evocativamente caldo, seducente (non a caso vi è l'improprio richiamo al concetto di comunità) e fattivamente prescrittivo in un quadro di dominanza ideocratica e politica senza radici. Tu forse non lo sai, ma gli "anziani" della tua "comunità" sono molto attenti ad "Indipendenza" e anche alle cose che vengono scritte. Tieni presente la nostra convinzione, per diecimila ragioni e riscontri di cui qui nei vari postati è stato dato qualche assaggio, sul fatto che l'operazione "Comunitarismo" nasce all'origine e si snoda per diversi anni come un mettersi in scia di "Indipendenza". Ne consegue che, siccome è notorio (al di là dei giudizi di merito da affrontare in altra sede) che noi siamo fermamente critici di qualunque idea geopolitica di Europa, il collocare l'Eurasia tra le varianti di questa mitica idea di Europa-potenza ha indotto "Comunitarismo" a passare, improvvisamente, da un battage continuo e celebrativo sull'Eurasia, a "sfatarlo come mito", a rimuoverlo oggi, a sostituirlo con l'idea -espressivamente corretta per palati "comunisti"- di Federazione degli Stati Socialisti d'Europa e comunque a metterla molto in ombra. Così, all'improvviso, da un numero all'altro della rivista cartacea. Resta l'idea di "Comunitarismo" sulla quale qualcosa di strano sta accadendo -potresti spiegarcelo tu- giacché sparisce come esplicitazione del titolo della vostra rivista e viene edulcorato nel più soft e accattivante "Comunità e Resistenza", anche se questa sparizione non c'è (ancora?) nell'intestazione del vostro sito e men che meno nella definizione "comunitaristi" che continuate ad usare (ad es. nel vostro forum). Perché questo ennesimo cambio nome? Sai, non mancano i maliziosi (noi tra questi...) che pensano che, nel togliere il nome dal titolo, e continuando a rifarsi per il resto, si sia in presenza di una sorta di gioco delle tre carte. Sono anni che vediamo questo nel vostro gruppo (mi riferisco a scritti, a siti che si aprono, si chiudono e si riaprono ripuliti, ecc.). Se siete convinti della bontà della vostra idea, semanticamente (e non casualmente, per noi) consonante a quella di un Thiriart (e filiazioni varie, ad esempio) perché non difendete e argomentate le vostre idee? Io continuo a chiedere a te (e te lo chiedo sorridendo...) di dirci, spiegarci, cosa voglia dire essere comunitaristi, in cosa consista il vostro comunitarismo giacché a questa idea continuate a richiamarvi. Avete elaborato qualcosa di teorico -dai, ti aiuto- che so, articoli o anche qualche libro? Perché, dacché hai iniziato i tuoi interventi su questo argomento che, come detto sopra, non al tuo gruppo faceva esplicita menzione, ci stai continuando a privare dell'onore di illuminarci in merito? Non sarebbe questa una strada molto più politica ed interessante -per tutti- per capire e ragionare? Sarebbe insomma simpatico che tu sintetizzassi tutto ciò chiaramente per punti. Non trovi?
In telegrafica chiusura su forum e avanguardia. "Un forum come questo con una frequentazione ancora così modesta". Stante il "gruppo atomico" che siamo, come hai ben smascherato, abbiamo deciso di procedere molto per gradi. Le cose politiche da portare avanti non sono affatto poche e per questo l'esistenza del forum non è stata pubblicizzata nemmeno sul sito né è stata portata a conoscenza di tutto l'indirizzario elettronico che abbiamo acquisito negli anni. Abbiamo mandato conoscenza ad un ristrettissimo gruppo di nominativi presi casualmente nell'ordine che abbiamo. A poco a poco -si spera- cresceremo. Volando bassi e con umiltà. Le idee non ci mancano e la voglia di fare nemmeno. Da sempre. E siamo intenzionati a valorizzare le tante simpatie, diciamo così, che il nostro lavoro politico-culturale riceve. Dacci tempo, su. Abbiamo poco più di un mese di vita. Il nostro impegno politico (e la vita di ognuno di noi in generale) non si esaurisce nel forum. Sull'avanguardia. Chiedi se ci consideriamo avanguardia politica in senso leninista e se sì a quale base facciamo riferimento. Oddea, oddea!! Così mi / ci metti in crisi, quantomeno a disagio. In genere sussistenza e vettovagliamenti vengono allocati più indietro ancora della retroguardia. Nelle retrovie. Che dirti: va bene lo spirito di scopritore, il gusto dell'avanscoperta stile boy scout, quel bisogno di eccentricità che può portare ad uscire, anche per le ragioni più nobili, dal gruppo o dalla massa. Ma i profumini delle retrovie dove li mettiamo? Per non parlare delle ali. Ricordo da adolescente le mie sgroppate a pallone. Il sapore della libertà nel saltare l'avversario e puntare alla porta o mirare ad un bel cross. Vedi, della CIA non sappiamo che dirti e sulla comunità stilita alla San Simeone hai colto tutti noi impreparati. Appena edotti della cosa, abbiamo trovato scomoda e sconfortante la cosa. Pare, a beneficio di chi legge, che questi stiliti, monaci cristiani solitari, trascorressero la propria vita di preghiera e penitenza su una piattaforma posta in cima ad una colonna, rimanendoci per molti anni e spesso sino alla morte. Ti richiami a tutto ciò per dirci che "ci siamo isolati". Ti rassicuro subito e lo dico commosso, a nome della confraternita, per la premura e le preoccupazioni che colgo dalle tue parole. A noi piace stare ovunque. Anche quando si tratta di stare dentro il movimento, nel quale non ci pare esistano staccatori di biglietti d'ingresso. A voi piace mettervi in fondo, scansati dal resto, in quattro gatti (qualcuno di noi ha avuto modo di vedervi al corteo del 9 giugno, anonimi come comunitaristi), a noi dei nuclei nazionalitari atomici piace spaziare, chiacchierare qua e là, sempre in cerca (possibilmente) di vettovaglie, di sgroppate sulle ali e di una "base (umana e politica)" piacevole (A.A.A. cercasi&offresi...) che ci faccia compagnia. Stiamo bene così, Sandinista. | |
| | | Admin Admin
Numero di messaggi : 438 Data d'iscrizione : 21.03.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Dom Giu 17 2007, 15:41 | |
| Anzitutto grazie, Alekos, per esserti preso la briga di articolare questa risposta. Nel merito -lo precisiamo per chi legge- è stata frutto di un confronto ponderato e documentato tra alcuni compagni di "Indipendenza". Alekos, poi, è stato troppo gentile e circostanziato come al suo solito. Però rispetto a certe calunnie ed infamità non si può transigere, né accettare che in questo forum, pensato per ben altro, si debba perdere tempo a rispondere a certa roba. Questo valga al di là del caso congiunturale. Nel caso di Sandinista, ad es., è accettabile il suo modo di porsi nella discussione su "Anti-americanismo o anti-imperialismo?", mentre fin troppa pazienza abbiamo mostrato per non pochi dei contenuti che ha espresso in questa sede. Valga quindi per tutti e sotto tutti i punti di vista. Davanti ad insulti, calunnie ed infamità, i compagni che hanno l'accesso al forum come Admin provvederanno a rimuovere le parti o l'intero messaggio in questione, a meno che una valutazione condivisa nel collettivo veda in via eccezionale un'opportunità per rispondere e affrontare certi temi. | |
| | | kamo
Numero di messaggi : 271 Data d'iscrizione : 10.05.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Dom Giu 17 2007, 17:01 | |
| Resto colpito da questa discussione. Dopo il primo scritto di Alekos, mi sembrava che l’argomento si fosse instradato nei classici “scontri” tra gruppi. Per me questa, che mi sembrava una polemica sterile e stucchevole, mi si è andata chiarendo dopo la lettura di quest’ultimo articolo e mi sto rendendo conto effettivamente che esistono delle differenze tra “comunitarismo” e “nazionalitarismo”, anche se ne vorrei sapere ancora di più. Ad esempio mi piacerebbe che Alekos chiarisse meglio quei riferimenti sul “comunitarismo” che vede sul piano internazionale e geopolitico, e che Sandinista spiegasse cos’é effettivamente per lui il “comunitarismo”. Settimane fa, incuriosito, digitavo su google la parola “comunitarismo” e l’ho trovata spesso associata alla cultura di destra. | |
| | | Sandinista
Numero di messaggi : 6 Data d'iscrizione : 29.05.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Lun Giu 18 2007, 01:13 | |
| Per favore non facciamo le vittime delle calunnie ed infamità che fortunatamente non sono sceso ieri dall'albero delle pere. Avete voluto aprire questa discussione con un intento ben preciso e francamente fino ad ora l'intento denigratorio non è mai partito da me ma mi sono limitato a far notare delle palesi contraddizioni di coerenza nel vostro modo di agire che davvero è diffamatorio e calunniatorino aggravato dal fatto che vi siete fatti i vostri lavoretti qui dentro dove avevate una buona possibilità di non essere osservati, mai che vi abbia visto però sul nostro forum, forse perchè di visite ne riceve una media di 20 all'ora e avreste rischiato di mettervi davvero a confronto. Tanto peggio, chi vuole andare avanti con una prassi di lotta puramente teorica campa centa'anni ma non fa nulla. Allora preferisco sentirmi le nenie da Peppone di Scuderi e del PMLi, se non altro loro poi in piazza e per le strade ci scendono. Ve lo dico chiaramente, non è certo un problema se volete continuare su questo tono di lettura, non è certo questo forum semideserto che possa preoccuparmi nè in sè il mezzo internet stesso. Fortunatamente per noi non siamo caduti nella trappola del crearsi la biosfera perfetta nella rete rinunciando alla prassi di strada e di contatto reale quotidiano. Detto questo con molta serenità vi lascio volentieri a continuare questa discussione da soli. Andrete daccordo, tutti e tre. Se volete potete rispondere nell'altra discussione. Magari un giorno ci si vede in piazza, magari.
Ah ringrazio alekos per le risposte. Mi spiace averti fatto spendere tante parole pe risponderti solamente che il concetto filosofico di comunità e l'ismo che ne segue (ismo che tra l'altro politicamente non cerchiamo= non ha proprio nulla a che vedere con qualsiasi realtà geografica (come l'Europa) o da fantapolitica di Risiko come quella grande cagata che è l'Eurasia. Detto questo non credo debba aggiungere nulla. Il resto è la riedizione di ciò che hai scritto precedentemente. | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Lun Giu 18 2007, 03:16 | |
| Resto esterrefatto, Sandinista. Parto dalla fine. Sul comunitarismo continui a non dire niente. Cos’è poi questo concetto filosofico di comunità di cui parli? Mistero della fede. Scrivi che “politicamente non cerchiamo” il comunitarismo, se ho capito bene. Ma se continuate a definirvi (anche) comunitaristi? Il vostro sito non si chiama pure “Comunitarismo”? Ma che cercate politicamente? Con che faccia tosta vieni poi a parlare di calunnie, di infamità e di intenti denigratori? Con tutto quel che hai detto e quel che ti è stato ribattuto, circostanze alla mano, quantomeno non dico chiedere scusa ma almeno un po' di umiltà. Ma, va bene, se a te sta bene così, contento tu, contenti tutti. | |
| | | Razumichin
Numero di messaggi : 67 Data d'iscrizione : 05.05.07
| Titolo: costanzo preve Mer Giu 27 2007, 02:00 | |
| Ho notato che sulla rivista cartacea, anche vedendo i "sommari estesi" segnalati sul vostro sito, è da un po' che si è interrotta la collaborazione con Preve. Navigando in rete ho trovato suoi scritti, recensioni, interviste per Eurasia, Comunitarismo e riviste riconducibili all'estrema destra. È forse per questo che su "Indipendenza" non scrive più? E' stata una decisione presa di comune accordo? Ho trovato, inoltre, che Costanzo Preve viene considerato l'ideologo del comunitarismo; se è vero, è una deriva cui è giunto recentemente? Preve viene dal marxismo. Ho notato, sempre ricercando su internet, che Preve ha collaborato (non so bene se collabori ancora) anche con riviste considerabili, per intenderci, di “sinistra”, di “estrema sinistra”. Certo, più consistente mi sembra da un po' di tempo il numero di riviste di “destra” e di “estrema destra” su cui scrive. Da qui scaturisce quest'altra domanda: come valutate il fatto che un intellettuale si esprima con tale disinvoltura in qualsivoglia tribuna? Come valutate certo tipo di collaborazioni? Dal mio punto di vista, scusate la franchezza, penso che con i neofascisti, i para-neofascisti, i cripto-neofascisti, i post-neofascisti che si ripresentano sotto altre sembianze ed anche con frasari di sinistra, ma poi certe finalità richiamano, ebbene penso che non ci debba essere nessuna intesa e nessuna collaborazione a nessun livello. Vi ringrazierei per una risposta esauriente. | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Preve ed Eurasia Sab Giu 30 2007, 04:00 | |
| Sulla scia di quanto scrivi, Razumichin, anch’io mi sono messo su Google a spulciare qua e là. Premetto che di Preve apprezzo l’impegno intellettuale e i lavori storici e teorici svolti sul "comunismo storico novecentesco", ma non condivido nel modo più assoluto gli approdi politici degli ultimi anni sul "comunitarismo" e l’"eurasiatismo", sia pure con quei distinguo (per me molto relativamente significativi) che lui stesso rivendica. Mi sono imbattuto nella recensione al libro "Filosofia e geopolitica" di Costanzo Preve (Edizioni all’Insegna del Veltro, Parma, 2005) fatta da Maurizio Neri, "direttore politico" di "Comunitarismo" (da fine 2006 mutata ancora di nome in "Comunità e Resistenza"). Segnalo la cosa perché mi sembra molto significativa, sia perché introduce alla questione di Preve che sollevi (sulla quale tornerò in un successivo post), sia perché è un ulteriore tassello alle affermazioni di Alekos di cui sopra. Entro nel merito. Il libro è edito nel 2005, non casualmente (per le tesi sostenute) da una casa editrice di "estrema destra" legata a Claudio Mutti ed al progetto eurasiatico. Già questo rimpolpa le ragioni dei nostri dissidi politici con Costanzo Preve. È però curiosa (diciamo così) la recensione fatta da Maurizio Neri, nella seconda metà del 2005, che rappresenta un capovolgimento di quanto lo stesso sosteneva, nel marzo 2004, su "Comunitarismo", in un articolo intitolato "Eurasia: un mito da sfatare" che mirava a far vedere una rottura improvvisa (autentica folgorazione sulla via di Damasco) con le tesi eurasiatiste sostenute sino a quel momento. Ebbene, nella seconda metà del 2005, nuovo capovolgimento e ritorno a quell’eurasiatismo che Alekos metteva in luce come istanza sostenuta dal gruppo già nell'estrema destra e riproposta, per anni, a partire dalla "fase comunista" (dal 2000-2001).
Mi limito a postare, con mie considerazioni interne in parentesi quadra, alcuni passaggi della recensione. Chi vuole leggerla per intero può farlo collegandosi su www.comunitarismo.it/recensione_preve_2.htm o, nel caso venisse da lì rimossa, su www.librad.com/c_content/recensione/EEuyAFpFFuxQEBYukW.shtml.
Scrive il recensore: "In realtà l’eurasiatismo di Preve ci sembra essere il riconoscimento della necessità storica di un’unione libera delle nazioni europee con la Russia, la Cina, l’India e altre, su base paritaria e cooperativa [roba nemmeno da risiko, ndr] (…) Questa unione necessita di molte concause per determinarsi nella realtà: necessita che l’Unione Europea si rafforzi sull’asse franco-tedesco [come dire: il processo di "costruzione" europea, quantunque proceda sotto supervisione USA, è comunque positivo perché almeno fa nascere l’Europa, una posizione esplicitamente sostenuta dagli eurasiatisti, dal Fronte sociale Nazionale di Tilgher e in altro di facente parte della "destra radicale", ndr] sia che le nuove nazioni dell’est che sono entrate a far parte dell’Unione Europea si affranchino dalla tutela degli USA, che l’Inghilterra e l’Italia, ahimè, scelgano l’Europa e non il ruolo di «agenti provocatori» degli USA. Molti sono i tasselli che devono essere rimessi al loro posto, ma il panorama non è totalmente negativo [il recensore a questo punto sciorina "due fatti di portata storica" in chiave di auspicio eurasiatista, ndr]". A conclusione della recensione, significativo "l’augurio" [proprio così, "l'augurio", ndr] "che si avvii una seria e profonda analisi di quali contenuti debba possedere una concezione eurasiatica odierna in un’ottica socialista [?!? – concetto ormai talmente annacquato da essere in voga, e non da oggi, in svariate realtà della "destra radicale", ndr] e nazionalitaria [sic!, ndr] che funga da anticorpo verso ogni deriva reazionaria che porti a nuovi disastrosi imperialismi suicidi in primo luogo per l’Europa".
Chiudo con qualche osservazione sull’ "imperialismo suicida per l’Europa" che ci riporta al discorso su "Eurasia" con la quale Preve collabora. Nella cosiddetta "destra radicale" di impostazione eurasiatica, si è soliti fare una distinzione teorica tra "Impero" ed "Imperialismo". Tiberio Graziani (4 marzo 2006, presentazione a Torino della rivista "Eurasia") definisce l’Impero "la più alta sintesi geopolitica, organizzata su una gerarchia di poteri (…) Questo presuppone un’attenta gestione dello spazio e delle sue periferie: ogni area con la sua funzione. L’Impero si basa quindi sulla funzionalità dei propri spazi, di pari valore ma non uguali". Insomma, si tratta delle solite concezioni di società organica e gerarchica tipica dell’estrema destra. Sul punto è ancor più esplicito il principale teorico attuale dell’eurasiatismo, Alexandr Dughin ("l’Isola del tramonto", Nazione Eurasia, n. 5, 2004), secondo cui "bisogna opporre all’americanismo la dottrina euroasiatica, l’idea del Grande Impero Euroasiatico, quello della Tradizione e della sacralità gerarchica, armonica, organica, l’Impero delle grandi razze euroasiatiche, radicate nel suolo di questo continente attraverso legami naturali e diretti".
L'ossessione dell'Impero in Eurasia è fondante ed i richiami sono continui. Citiamo, tra i tanti, Daniele Scalea ("Una ideologia per il nuovo secolo: l’eurasiatismo", Nazione Eurasia, n. 8, 2004): "L’Eurasiatismo giunge così ad opporre all’imperialismo capitalista l’antichissimo concetto di Impero universale. Esso è presente in tutte le maggiori forme di sapienza e tradizione antica. In Cina troviamo l'Impero celeste, o Impero del mezzo, in India la figura del cakravartin, "imperatore universale", in Europa prima gli imperi di Alessandro Magno e di Roma, poi il germanico Sacro Romano Impero e il Ghibellinismo. Dal punto di vista metafisico, l’Impero ha una funzione cosmico-ordinatrice, dovendo ricreare sulla Terra l’ordine universale. Al di là di questo, l’Impero spezza gli iniqui limiti delle nazioni, delle patrie o, peggio, degli Stati, e riunisce a sé le entità affini che si riconoscono in una comune Tradizione e in un comune Destino". O Martin Schwarz ("Eurasia ed Islam, il Reich del futuro" [fantastico, si fa per dire, quel richiamo al Reich, ndr], Nazione Eurasia, n. 10, 2004): "Il solo punto di partenza possibile per una ricostruzione ideologica dell’Europa Occidentale, essendo i paesi che la compongono non ortodossi, può essere la Reichsidee, l’idea dell'Imperium nella forma di evoluzione organica della storia europea. Come "Reich" può essere qui considerata un’unità sovranazionale che non imponga una struttura omogenea a genti, religioni e tradizioni, ma piuttosto le componga sotto una comune idea o meta. Ovviamente non è necessario utilizzare il termine "Reich" per avere un simile ordinamento. La sostanza è quel che conta. L'idea del Reich, un'eredità dell'Impero Romano e ancor di più una reminiscenza iperborea, è già una sintesi in opposizione al concetto occidentale di Stato-nazione totalitario e democrazia liberale, i quali si sposarono con gli interessi dell’imperialista "impero" britannico ed ora con l'impero americano del mercato e del materialismo della globalizzazione atlantista". Esilarante -sempre per modo di dire- Francesco Boco ("La discriminante popolo nella dimensione eurasiatica", Nazione Eurasia, n. 3, 2005): "Il potere di un Imperium, quindi di un'organizzazione statale di tipo tradizionale-spirituale, non viene legittimato dalle masse e neppure dalla componente umana, non è una creazione degli uomini il giusto governo. Bensì esso si legittima da sé, è in sé giusto perché sacro. L’imperatore è la figura eminente che governa per investitura sacra, messaggero della divinità, il pontifex".
Insomma, l'Impero -di cui sopra- come alternativa all'Imperialismo?! Ogni commento mi sembra superfluo. | |
| | | sankara
Numero di messaggi : 416 Data d'iscrizione : 14.04.07
| Titolo: Preve ed Eurasia Ven Lug 13 2007, 02:27 | |
| Arrivo al dunque della collaborazione di "Indipendenza" con Costanzo Preve a cui facevi accenno, Razumichin. Preve ha collaborato costantemente alla rivista per diversi anni, a partire dal 1997. Questa collaborazione si è interrotta anni fa per l'inconciliabilità dell'indirizzo politico della rivista con le sue prese di posizione comunitariste ed eurasiatiste.
Costanzo Preve, in Italia, collabora con "Comunitarismo", "Eurasia", e in generale scrive articoli e pubblica libri prevalentemente, in questi ultimi tempi in Italia, per una serie di riviste e case editrici della "destra radicale". Rivendica questo come una scelta di libertà per l'espressione delle sue idee a prescindere dai luoghi e che queste idee, quindi, debbano essere valutate in sé. Tutto questo è legittimo sostenerlo, ma rimuove, a nostro avviso, un importante non detto . Quando realtà molto caratterizzate politicamente e culturalmente, qualunque esse siano, aprono a delle collaborazioni e quando case editrici, altrettanto caratterizzate politicamente e culturalmente, qualunque esse siano, decidono di spendere soldi per editare qualcosa, non avviene per compiacere la libera espressività creativa di un Costanzo Preve qualsiasi, ma per l'ovvia ragione che si individuano dei motivi di interesse e/o di ritorno politici e/o di affinità in questo. Questo spiega perché certuni pubblicano alcune cose e mai pubblicherebbero altro. Cambiando i soggetti editanti, cambiano le logiche, ma non l'approccio. Se poi, per meglio rendersi conto, si passa alla lettura di ciò che Preve scrive, in estrema sintesi non si può fare a meno di notare una evidente accoglienza da parte di Preve di assunti concettuali di fondo dei luoghi ove viene pubblicato, sia pur con distinguo che data la provenienza marxista dell'autore non sono motivo frenante ma anzi ben accetti e avvaloranti. Ci sono dall'altra parte, in queste realtà di fatto della destra radicale (di gruppi cioè che o si definiscono così senza problemi o ne respingono la definizione salvo riproporne le idee), una serie di possibili ricadute di ordine politico che queste intendono spendere e già spendono a modo loro.
A completezza di questo discorso, anche quando si dissente fortemente, ci preme precisare che riteniamo sbagliato culturalmente, proprio come fatto di mentalità, demonizzare chicchessia. Il fatto che Preve si trovi in sintonia, con distinguo che evidentemente non sono così decisivi né per lui né per i suoi interlocutori, con un pluriverso di realtà che noi definiamo, per le idee e le concezioni di fondo meta-culturali e meta-politiche, di "destra radicale" (anche se comprendiamo i perché formali di rigetto di questa definizione da parte di alcune di queste realtà collocabili e definibili in questi termini) non deve, a nostro avviso, significare che tutto ciò che ha scritto Costanzo Preve debba essere messo all'indice e inficiarne una sorta di sottile filo oscuro dalle antiche radici e che quindi, resosi ora manifesto, sarebbe approdato a quanto è visibile in questa fase. Non è consigliabile confondere le idee con le persone, né le diverse idee, anche in contrasto tra loro, che una persona può produrre nella sua vita e liquidarle come sostanzialmente irrilevanti.
Ti annuncio comunque che sul prossimo numero sarà pubblicata un'intervista a Preve sui temi del Comunitarismo e dell'Eurasia accompagnata da un (molto critico) commento redazionale. | |
| | | IndividuoLiberato
Numero di messaggi : 28 Data d'iscrizione : 10.10.07
| Titolo: Boicottaggio di Preve Dom Mar 16 2008, 23:34 | |
| Cosa ne pensate degli ultimi fatti torinesi, in merito al boicottaggio di Costanzo Preve da parte degli anarchici? | |
| | | Admin Admin
Numero di messaggi : 438 Data d'iscrizione : 21.03.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Lun Mar 17 2008, 01:08 | |
| - IndividuoLiberato ha scritto:
- Cosa ne pensate degli ultimi fatti torinesi, in merito al boicottaggio di Costanzo Preve da parte degli anarchici?
Abbiamo sentito qualcosa in merito alla mobilitazione di protesta degli anarchici della FAI, e più in generale degli antifascisti torinesi, indignati per la presentazione alla Libreria Comunardi del libro di Costanzo Preve (edito dalla casa editrice della destra radicale Settimo Sigillo) su Alain De Benoist, pensatore (veramente "ex" come sostiene?) della Nuova Destra francese. Questa protesta ha portato all'annullamento del previsto incontro. Abbiamo sentito, ma alla fin fine non è che la cosa ci appassioni (al pari della portata tematica del libro, peraltro...). Si raccoglie ciò che si semina, con i "compagni" di strada che ci si ritrova. La discutibilità (molta) del modo di procedere di Preve non fa quindi eccezione. La sostanza di ciò che possiamo pensare al riguardo, soprattutto sul suo operato negli ultimi anni, mi sembra che tu la possa comunque ricavare dagli ultimi postati di sopra. Ed anche dall'intervista a Preve sui temi del Comunitarismo e dell'Eurasia, intervista pubblicata sul n. 22 della rivista "Indipendenza" ed accompagnata da un molto critico commento redazionale. Saluti | |
| | | IndividuoLiberato
Numero di messaggi : 28 Data d'iscrizione : 10.10.07
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Mar Mar 18 2008, 01:17 | |
| Ho capito. In sostanza, oltre alle critiche politiche e culturali, vi accodate all'isterìa dei 6 anarchici di Torino della FAT/FAI? | |
| | | Razumichin
Numero di messaggi : 67 Data d'iscrizione : 05.05.07
| Titolo: Anarchici, Preve, Indipendenza Mar Mar 25 2008, 22:03 | |
| E' talmente chiaro, dal tono e dal contenuto della risposta che ti ha dato Admin, nel rimandarti alla polemica dei postati precedenti con Sandinista ed anche -su "Indipendenza"- all'intervista a Preve, con commento redazionale (commento da me letto, apprezzato e condiviso), che quanto ti scrive rinvia ad argomentazioni -che io peraltro condivido- sviluppate in modo razionale e pacato, ancorché opinabili (ci mancherebbe). Non capisco proprio dove tu veda "accodamenti" a peraltro per me poco chiare (perchè non so a cosa ti riferisca) "isterie" che richiami. E' difficile capire dove tu abbia trovato lo spunto per un'affermazione del genere. A suo tempo, presentandoti, dicesti di essere "un ragazzo di vent'anni, assiduo lettore di Indipendenza e 'previano' ormai da alcuni anni". Sei giovanissimo ed il tuo punto di riferimento è Costanzo Preve, quindi capisco che ci possa essere il rischio di giudicare in modo acritico scritti e atti di chi si assume come 'maestro'. Senza fare della psicologia da due soldi, è un comportamento spesso (non sempre) connaturato all'età e lo dico senza ironia o polemica. Saper cogliere il senso di ciò che dice un interlocutore, non alterandolo per spirito di polemica o per propria pregiudizialità di pensiero, è già un passo importante. Per tutti, poi, quale che sia l'età. Non può che scaturirne positività, penso. Salutando te e gli altri forumisti, colgo questa occasione per rinnovare il mio apprezzamento al lavoro di "Indipendenza". E' sentito davvero. | |
| | | gorritxo
Numero di messaggi : 148 Data d'iscrizione : 15.10.09
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo Ven Ott 15 2010, 14:36 | |
| - aposkinhead ha scritto:
- allora diciamo...... in senso nazionalitarista e comunista (??)....ma anche con questo termine ci si infogna in un ginepraio senza via d'uscita accomunandoci con altra robaccia mistificante, deviata o peggio settarista-isolazionista. Mi spiego, il sottoscritto è assolutamente contro ogni forma di imperialismo, eurasiatismo, rossobrunismo ecc ma il connubio di patria proletariato anticapitalismo socialismo vanno rivisti riletti e riamalgamati. Poi il sottoscritto parla e riflette con chiunque, dalle mie personali convinzioni perché oramai i termini sono sterco fossilizzato e non mi piace nascondermi dietro etichette, demagogia ecc.
Per il resto il fenomeno Lega, che non va CERTO difeso dal sottoscritto che ha pagato di persona, 5 contro 2 (da infami) a mani nude, la loro ignoranza, il loro razzismo ecc se viene affrontato al grido Lombardi maiali ecc rileva una assoluta impreparazione e deformazione sul tema. La Lega, meno parla più prende voti, perché vista dal popolo come altro (a torto), ma è su questo che si fanno battaglie non con le risposte rancorose, razziste e violente tipo quella sopra descritta. Poi scusate ma la Lega che io conosco qui è piena di "terroni" e anche di immigrati di 2a generazione che non solo la votano, ma sono loro attivisti addirittura. Lo sapete, penso. Quindi almeno qui bando alla demagogia del dalli al razzista, al limite loro sono putridi schiavisti, che è peggio in quanto nelle loro fabbrichette fanno lavorare solo sfruttati del 2-3 mondo, e sono razzisti contro gli italiani perché non li assumono. Prego, il termine comunitarismo per me nulla ha a che vedere con il movimento-i, e gruppi teorico-filosofici, ma riprende il termine antico ma semplice di società che rifiuta l'individualismo. Le beghe tra sedicenti movimenti comunitaristi, in-fra e coi nazionalitaristi non mi interessano alquanto. Chiuso il discorso e spero chiarito. Ciao Apo, vorrei riprendere il contenuto di questo tuo postato per dire la mia (anche se sono certo di poter parlare anche a nome degli altri compagni di Indipendenza) sull'argomento, che si presta a facili fraintendimenti, primo fra tutti quello della diatriba settario-gruppettara. Cercherò di schematizzare il discorso per punti, sperando di essere il più chiaro possibile. - Il fatto che -come tu giustamente sottolinei- il termine comunista presenti problemi non è ignorato da nessuno, tant'è vero che Indipendenza non si è mai definita comunista. Questo perché se da un lato consideriamo il comunismo come l'unico tentativo coerente di superare il capitalismo, è altrettanto vero che tale tentativo ha subito nel secolo appena trascorso una sconfitta storica. Sconfitta che non può essere imputata esclusivamente a motivazioni esterne o al fatto che "tizio ha tradito la causa" e cose del genere. C'erano (ci sono) evidentemente delle falle anche sul piano teorico, ragion per cui da lì si parte, ma per andare oltre. - E qui veniamo a un punto fondamentale: superare il comunismo storico novecentesco, superare l'ortodossia marxista, non solo non significa cercare convergenze con il neofascismo, ma nemmeno con chi dal neofascismo parte col proposito di superarlo. Questo perché i due "superamenti" (il nostro e il loro), hanno presupposti diversi, si poggiano su idee-forza diverse e vanno in direzioni completamente diverse. - Il rifiuto è sui contenuti (teorici e pratici): non si basa quindi sul pedigree delle singole persone. Indipendenza parla con chiunque, legge di tutto senza pregiudizi. Ciò però non vuol dire che non si abbia la capacità di cogliere gli assi fondanti delle varie proposte e ragionare di conseguenza. In altre parole: leggiamo tranquillamente Eurasia, Diorama o Rinascita, e talvolta possiamo anche trovare interessanti alcuni singoli passaggi, limitati però alla critica del sistema attuale. L'impianto politico-culturale complessivo al contrario non lo condividiamo, né condividiamo le finalità e le prospettive. Di conseguenza non ci interessa avere rapporti politici con queste realtà. - E veniamo al perché il concetto di comunitarismo è assolutamente incompatibile con la proposta politico-culturale di Indipendenza. Partiamo da un'ovvietà: comunque lo si voglia declinare, dietro al termine comunitarismo vi è l'ambizione di dar vita a una teoria (politica, filosofica, sociale) facente perno sul concetto di comunità. Ora, il concetto di comunità può essere interpretato in vari modi, ma in ogni caso risulta inservibile allo scopo. Da un lato può essere denso, troppo denso, nel senso che può evocare tutta una serie di rapporti fortemente prescrittivi, e soprattutto raramente riscontrabili nella realtà. Forme di comunità pure possono essere quelle monastiche, ma si può pensare di farne l’esempio su cui modellare una società comunista? Evidentemente no. Dall’altra parte il concetto di comunità risulta troppo vago, applicabile a una serie di situazioni talmente disparate e talmente "contaminate" da non costituire assolutamente un fondamento minimamente credibile su cui costruire una teoria politica o filosofica. Si può parlare di comunità di parentela, di vicinato, di amicizia; di comunità locali (comunità rurali, comunità di quartiere nell’ambito delle grandi metropoli); di comunità legate alla sfera dell’economia informale o alla piccola impresa nei distretti industriali, ecc. ecc. Rimanendo quindi nella realtà, i comunitarismi realmente esistiti storicamente sono stati di due tipi. Innanzitutto il comunitarismo di destra: razzista, organicista, da fascio-bucolici, come diceva Sankara. Ed è inutile dire che tutto questo con noi non ha niente a che fare. Poi ci sono stati i tentativi di hippies e anarchici di dar vita a comunità libertarie. Inutile sottolineare il fallimento di queste esperienze, dovuto al loro carattere velleitario e fondamentalmente impolitico. Velleitario perché non hanno tenuto conto che le relazioni di tipo comunitario nascono alla luce di tutta una serie condizioni storiche e culturali, non si possono costruire artificialmente da zero. Impolitico perché sognando scenari bucolici, “liberati” da Stati e gerarchie, hanno dimostrato di non comprendere minimamente la necessità della sfera politica nei rapporti umani. Inoltre questi tentativi si sono spesso fondati su un’ideologia fondamentalmente individualista, e come tale incapace di pensare realmente la comunità. Ora, so benissimo che oggi c'è chi –come il filosofo torinese Costanzo Preve– tenta di coniugare comunitarismo e comunismo. Un comunitarismo quindi che sarebbe diverso da quelli storicamente esistiti. Il problema però è che né lui né altri hanno mai concretizzato, sul piano politico, ragionamenti che sino ad ora restano alquanto astratti e vaghi. Non basta presentare il comunitarismo come un'alternativa all'individualismo, e per due ragioni: innanzitutto perché non basta dire cosa non si è, ma occorre anche dire cosa si è; in secondo luogo perché, se per individualismo si intende un'ideologia incentrata esclusivamente sulla dimensione individuale, il comunitarismo non sarebbe altro che l'estremizzazione opposta e speculare. Occorre invece pensare al corretto equilibrio tra individuo e comunità, tra individuo e società. Né ce la si può cavare dicendo che questo pensiero comunitarista è ancora da costruire… ma come? Se una teoria non esiste come si può affermare la necessità di ricorrere ad essa? Tra il Preve che sosteneva la necessità di superare comunismo e marxismo, che definiva illusoria la contrapposizione individualismo-comunitarismo, e che considerava il pensiero di Marx un episodio dell’individualismo radicale, e il Preve che definisce Marx il primo pensatore comunitarista e che tenta di ripensarlo in chiave idealista (oltre che comunitarista), c’è per me un abisso. E tutto a favore del primo. - Riassumendo, la questione è in due parole questa: oggi, in ambito comunista, ci sono soggetti (individuali e collettivi) che si stanno rendendo conto della necessità di superare anche sul piano teorico l’esperienza novecentesca. Il problema è che dall’altra parte (fascista) ci sono arrivati prima, dal momento che la loro sconfitta storica si è consumata nel 1945 (anziché nel 1989), e sono quindi “più avanti” su questa strada. Ciò però non deve farci essere tentati dalla scorciatoia del rossobrunismo (sia pure in modo non esplicito, come nel caso del concetto di comunitarismo, che però laddove riempito di contenuti si dimostra irrimediabilmente riconducibile al patrimonio culturale della destra radicale), ma ci deve far essere consapevoli che così come fascismo e comunismo sono stati incompatibili, altrettanto lo saranno il post-fascismo e il post-comunismo. E questo perché i fondamenti teorici, i nuclei concettuali, le prospettive, sono agli antipodi. L’idea che "il nemico del mio nemico è mio amico" è da noi assolutamente rigettata. O meglio, è rigettata come giustificazione per stabilire connubi sul piano politico e teorico. Sul piano della contingenza poi è vero ad esempio che Mao a un certo punto si alleò momentaneamente con Chiang Kai-shek. Ma quello è tutto un altro discorso. In questa fase, in cui si cerca di ricostruire (sul piano teorico e pratico) un’alternativa credibile al capitalismo e all’imperialismo, occorre la massima consapevolezza della posta in gioco. | |
| | | Contenuto sponsorizzato
| Titolo: Re: Comunitarismo contro Nazionalitarismo | |
| |
| | | | Comunitarismo contro Nazionalitarismo | |
|
Argomenti simili | |
|
| Permessi in questa sezione del forum: | Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
| |
| |
| |