Sovranisti costituzionali italiani… allo stesso tempo spinelliani/europei?
Affermare l'incompatibilità tra la Costituzione italiana ed i Trattati dell'Unione Europea, chiedere il voto “in nome dell'unità nazionale”, rivendicare il ripristino della sovranità nazionale, dirsi favorevoli ad una “rinegoziazione” (come se la Storia, la Grecia, il realismo politico non insegnassero alcunché...) dei Trattati stessi e “se impraticabile” affermare la volontà del “recesso unilaterale dai Trattati europei che violano la Costituzione”, è una filiera di intenti e di rivendicazione politica un po' zigzagante (passaggio sulla “rinegoziazione”) che taluno potrebbe anche giustificare in nome di una necessità tattica. Non condividiamo, ma… sia!
Cosa c'entra però tutto questo con il progetto europeista vagheggiato da Altiero Spinelli, principale estensore del Manifesto di Ventotene?
A scorrere il programma elettorale della “Lista del Popolo per la Costituzione”, guidata da Giulietto Chiesa e Antonio Ingroia, nel paragrafo intitolato "L'Europa dei Popoli", dopo il solito sciorinamento (largamente diffuso tra i partiti) del mantra “politicamente corretto” di fede (e rassicurazione...) europeista, al punto 2, si legge: "
Occorre una nuova Costituzione europea, redatta da una Assemblea Costituente (Padri Costituzionali eletti dai cittadini europei) (...) da sottoporre mediante referendum popolari all’approvazione dei cittadini (...)".
Pari pari quel che sosteneva Spinelli. Per decenni, in ogni dove, questi l'ha reiterato in classico stile formulare. Un numero incalcolabile di volte. Ad esempio in "Europa federata" (ottobre 1954): “
Che fare? I federalisti devono chiedere che un'Assemblea Costituente europea sia eletta direttamente dai liberi popoli europei, e che la Costituzione che questa voterà sia ratificata da referendum popolari”. Spinelli spesso aggiungeva che i federalisti europei erano consapevoli che nessun governo era disposto ad accettare questa procedura, ma “
essi [i federalisti, ndr]
la formulano per sottolineare il loro totale rifiuto di fiducia agli stati nazionali” (ibidem).
Spinelli, per la cronaca, superò poi questa posizione costituzionalista 'pura', constatando l'impraticabilità politica. Ritenne più opportuno inscriverla nella prospettiva d'approdo della più pragmatica linea funzionalista emersa, in modo più deciso del passato, dopo l'istituzione della CEE/MEC (1957): l'obiettivo dell'Unione Europa mostrava di procedere fattivamente meglio per via funzionalista, con il pragmatismo dei “piani inclinati” pensati e determinati dall'alto per essere di volta in volta irreversibili.
Rimanendo al punto: perché lamentare da un lato l'inattuazione della Costituzione, l'essere contraddetta nei suoi princìpi ispiratori e violata in molti articoli fondamentali, e dall'altro rivendicare la necessità di (“
Occorre”, si legge nel programma) una nuova Costituzione europea, in spinelliana osservanza, che sancirebbe il superamento politico delle sovranità nazionali e degli Stati con relativo loro derubricamento di ruolo?
Il 'nodo' della UE e dell'euro –lo sosteniamo da sempre– è dirimente. La liberazione dal sistema vincolistico euro-atlantico (che è soprattutto –ma non solo– economico-finanziario) è il passaggio preliminare e decisivo ('principale') per poter costruire progetti di società (punto 'fondamentale') alternativi allo stato di cose dominante. Altrimenti si rimane sempre nel quadro del neoliberismo imperante. Questo 'nodo' non lo si scioglie vagheggiando altre Europe (im)possibili e men che meno –a seguire– sbizzarrendosi in un vademecum da 'libro dei sogni' di punti più o meno socialmente avanzati e accattivanti senza 'prendere di petto' –e sciogliere– quel 'nodo' principale.