sul caso DJ Fabo, molto semplicemente dico che occorre concedere il diritto di morire a chi coscientemente lo invoca. DJ Fabo non era depresso o stressato, viveva cieco e condannato all'immobilita' totale soffrendo di un dolore anche fisico oltre a quello, intollerabile, psicologico. E le aveva provate tutte prima di arrendersi all'inevitabile.
Non applicherei, in questo caso e in quelli simili, il paradigma del sistema capitalista che trae profitto perfino dalla morte e piu' efficienza e meno costi diretti ed indiretti con l'eliminazione dei vecchi e dei malati.
Mi fermerei al rispetto della scelta di chi vuole morire perche' vive una vita che, se tale vogliamo definirla, e' solo sofferenza senza via d'uscita. Vorrei che fosse possibile anche in Italia, in modo che non si renda necessaria la presenza de 'il commesso viaggiatore della morte', definizione che trovo irrispettosa per chi compie un gesto di umana pieta' rischiando di persona.
Non sto, ovviamente, dicendo che il 'diritto' di morire debba essere garantito alla stregua di concessioni di carattere sociale, e' tutt'altro campo e richiede altri tipi di valutazione ed analisi, ma, ribadisco, ci sono casi che vanno affrontati e risolti con il buon senso e sopratutto il rispetto della persona e della sua dignita'.
“Ero DJ Fabo...fatemi uscire da questa gabbia”. Non l'abbiamo fatto uscire, facciamo in modo che altri possano farlo.