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 I Lakota rifiutano la cittadinanza USA

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alessandro c.




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MessaggioTitolo: I Lakota rifiutano la cittadinanza USA   I Lakota rifiutano la cittadinanza USA Icon_minitimeVen Dic 28 2007, 13:19

Salve a tutti,
qualche giorno fa ho trovato in rete questa splendida notizia (a cui pochi, in verità hanno dato risalto; non che la cosa mi stupisca, anzi...). Mi sembra un argomento meritevole di approfondimento e discussione. Che ne pensate?
P.S. Intanto qua in Sardegna i soliti "paraculi" cercano di cavalcare l'onda...
Di seguito vi posto entrambi gli articoli.
saluti Alessandro
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http://www.carta.org/campagne/dal+mondo/12352
«Non siamo più negli Usa». La protesta dei lakota
Enzo Mangini
[20 Dicembre 2007]
Sepolti negli archivi della Rai ci sono ancora i filmati dell’occupazione di Wounded Knee, nel 1973. Si vede un uomo, evidentemente indigeno, che incrocia due pipe di guerra. Attorno a lui, minacciosi e stupiti, i veicoli blindati e i carri armati della guardia nazionale statunitense. Quell’uomo, Russel Means, era uno dei fondatori dell’American indian movement, storica organizzazione dei «natives», gli indigeni del nordamerica. Means fa parte oggi della Freedom delegation che il popolo lakota, noto anche con il nome dispregiativo di Sioux, ha mandato a Washington a consegnare un messaggio storico: i lakota hanno deciso di considerare i trattati firmati con i washichu [i bianchi] esattamente come i bianchi li hanno considerati finora, carta straccia. «Non siamo più cittadini degli Stati uniti», ha annunciato Means in una nota il 13 dicembre scorso. «Siamo i lakota delle riserve indiane Sioux del Montana, del Nebraska, del Nord e Sud Dakota, territori dove abbiamo sofferto il genocidio causato dal regime di apartheid nel quale siamo stati costretti a vivere – scrive la Freedom delegation – siamo a Washington per ritirarci dai trattati costituzionali e tornare a essere una nazione libera e indipendente. Avvertiamo la famiglia delle Nazioni che abbiamo ripreso la nostra indipendenza e la nostra libertà in base alle leggi naturali, internazionali e a quelle degli Stati uniti».
I trattati in questione sono quelli firmati tra il governo degli Stati uniti e il popolo lakota a partire dal 1865, anno del trattato di Fort Laramie. Non hanno mai protetto i lakota dalla fame di terra dei coloni bianchi e le continue violazioni commesse dai bianchi sono state all’origine delle guerre combattute tra i lakota e il loro alleati indigeni contro le truppe federali. La più famosa tra le battaglie delle «guerre Sioux» è quella vinta dai guerrieri indigeni a Little Big Horn, nel 1876, quando il settimo reggimento cavalleria del generale Custer venne completamente accerchiato a distrutto dai guerrieri di Cavallo Pazzo, uno dei grandi capi di guerra lakota.
Lontanissimi dalle gesta dei grandi capi storici come Tatanka Yotanka [Toro seduto, anche se sarebbe meglio tradurre «Bisonte seduto»] e Nuvola Rossa, i lakota di oggi vivono in condizioni miserrime: il 97 per cento di loro vive sotto la soglia di povertà e con un’attesa di vita di appena 44 anni, più bassa perfino di quella dell’Afghanistan; la disoccupazione è all’85 per cento e l’incidenza della tubercolosi 800 volte più alta della media statunitense. Il tasso di suicidi tra i giovani del 150 per cento più alto della media statunitense ed è probabilmente il segnale più evidente [assieme all’alcolismo cronico e diffusissimo] del disfacimento sociale del popolo lakota. Dal 1974, dopo l’occupazione di Wounded Knee [luogo del massacro di un clan lakota nel 1890, simbolicamente assunto come data finale delle «guerre indiane»], i lakota diffusero la «dichiarazione di indipendenza continua» che, dicono oggi i membri della delegazione, è stata l’inizio della rinascita del popolo.
L’azione di Russell Means e degli altri membri della delegazione inviata a Washington è una provocazione estrema, ma non ha nulla di folkloristico, anche se le due pipe di guerra incrociate tornano nel simbolo scelto dal popolo lakota. Means annuncia che la nuova «nazione» emetterà propri passaporti e propri documenti di identità per chi tra gli abitanti dei cinque stati delle Grandi pianure [Nord Dakota, Sud Dakota, Nebraska, Wyoming e Montana] sceglierà di aderire, rinunciando alla cittadinanza statunitense. L’invito è rivolto agli altri popoli indigeni che vivono nella stessa area, ma è soprattutto un modo per sollecitare i popoli indigeni di altre zone degli Stati uniti a contestare la sovranità statunitense sui propri territori.
Nel 1973 a fermare la protesta dei lakota la Casa bianca inviò soldati e carri armati. Potrebbe farlo anche oggi, isolando Pine Ridge e le altre riserve come se fossero Falluja o Baquba.

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I Lakota rinunciano alla cittadinanza USA. iRS si attiva per rapporti diplomatici bilaterali.
Gli indiani Lakota, conosciuti anche come Sioux, hanno annunciato in queste ore di ritenere decaduti tutti i trattati firmati poco più di 150 anni fa con gli Stati Uniti d’America. In una conferenza stampa uno dei leader Lakota, Russel Means, ha annunciato che la comunità autoctona rinuncia alla cittadinanza statunitense.

Verranno emessi nuovi passaporti e patenti di guida. L’accusa esplicita nei confronti degli USA è di non aver rispettato nessuno dei trattati sottoscritti, definiti come “parole senza valore su carta senza valore”, e di aver agito continuamente per privare i Lakota della loro cultura, delle loro usanze e della loro terra che si estende su ben cinque stati americani: Nebraska, Sud Dakota, Nord Dakota, Montana e Wyoming.

Alcuni dei capi Lakota si stanno recando in queste settimane presso le ambasciate di Bolivia, Cile, Sudafrica e Venezuela e intraprenderanno missioni diplomatiche in vari Stati del mondo.

iRS, per bocca di Franciscu Pala, membro dell’Esecutivo Nazionale del Movimento, offre la sua completa disponibilità ad ospitare e ricevere ufficialmente i rappresentanti politici Lakota al fine di instaurare costanti rapporti con la nazione sarda.

“Che il movimento indipendentista sardo si attivi in questo senso – dice Pala – è scontato, è d’obbligo. Proporrò all’Assemblea Nazionale di iRS di intraprendere iniziative diplomatiche tempestive che possano portare in breve tempo alla pubblicizzazione in Europa della tragica situazione politica, culturale e sociale dei cosiddetti indiani d’America”.

Gli indiani Lakota furono gli unici ad infliggere una sconfitta all’esercito statunitense. Nella battaglia di Little Big Horn, nel 1876, i guerrieri guidati da Toro Seduto sbaragliarono il generale Custer. Oggi la realtà degli indigeni superstiti è triste e preoccupante. La media dei suicidi è 150 volte superiore a quella degli USA, la disoccupazione è insostenibile, il tasso di alcolismo e la mortalità infantile sono a livelli preoccupanti.

“Sardi e indiani d’America – continua Pala – sono legati da qualcosa di sottile e forte. Come non ricordare l’insegnamento politico e poetico di Fabrizio De Andrè che nell’affrontare il tema del potere e della violenza nella sopraffazione accomunava le sorti e l’esistenza dei sardi e degli indiani? De Andrè diceva che entrambi i popoli conoscono la libertà e conseguentemente conoscono anche la violenza della repressione di chi quella libertà vuole negare assieme alla loro diversità che, se sopravvive, viene relegata in un ambito folklorico”.

iRS sostiene e incoraggia la lotta nonviolenta del popolo Lakota e spera di poter presto ospitare sul territorio nazionale sardo una loro delegazione ufficiale.

Redazione iRS.sr
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kamo

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MessaggioTitolo: Re: I Lakota rifiutano la cittadinanza USA   I Lakota rifiutano la cittadinanza USA Icon_minitimeVen Dic 28 2007, 20:16

alessandro c. ha scritto:
Salve a tutti,
qualche giorno fa ho trovato in rete questa splendida notizia (a cui pochi, in verità hanno dato risalto; non che la cosa mi stupisca, anzi...). Mi sembra un argomento meritevole di approfondimento e discussione. Che ne pensate?
P.S. Intanto qua in Sardegna i soliti "paraculi" cercano di cavalcare l'onda...
Di seguito vi posto entrambi gli articoli.
saluti Alessandro

Vedo che è il tuo primo messaggio e quindi, da forumista a forumista, ti dò il benvenuto. Ho appena finito di leggere l'articolo che hai proposto e ti dico che per ora, più che delle riflessioni, mi sono sorti una serie di interrogativi. Mi chiedo cosa accadrà adesso. Mi chiedo come procederanno i Lakota e come reagiranno le autorità degli Stati Uniti. Mi chiedo inoltre quale sia l'essenza degli Stati Uniti. A pensarci mi sembra che siano uno Stato senza una nazione fondativa o comunque una di riferimento. Cos'è che tiene insieme chi ci vive? Tu mi sapresti dire secondo te? Forse è una domanda impropria. Che intendi, poi, quando scrivi dei soliti "paraculi" che cercano di cavalcare l'onda in Sardegna? Scusa l'ignoranza (è da poco che seguo queste tematiche nazionalitarie e "Indipendenza"), ma che è l'iRS? Dalla firma finale è una rivista? Ti riferisci a loro? E perché li chiami "paraculi"? Ciao e grazie
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MessaggioTitolo: Re: I Lakota rifiutano la cittadinanza USA   I Lakota rifiutano la cittadinanza USA Icon_minitimeSab Dic 29 2007, 00:04

Ben arrivato Alessandro C. e ben ritrovato Kamo. Per il nodo che poni, Kamo, sugli Stati Uniti, qualche elemento utile (anche in relazione alla riflessione che propone Alessandro C.) lo si può ritrovare in "Comunità contro Comunitarismo", uno scritto che trovi su www.rivistaindipendenza.org alla voce "Contributi per una teoria nazionalitaria". Presta attenzione particolarmente alla seconda parte dell'articolo. A te, Alessandro C., che ha dato da pensare quella notizia che hai postato? A presto
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MessaggioTitolo: parafrasi   I Lakota rifiutano la cittadinanza USA Icon_minitimeVen Set 05 2008, 08:38

"Siamo tutti Berlinesi" cosi' grido' J. F. Kennedy in visita a Berlino al di qua del muro.
Oggi possiamo dirci tutti Americani, cosi' come 2 mila anni fa erano tutti cittadini Romani, e Paolo di Tarso lo disse contro i suoi rapitori, in segno di sfida, anche se era un dissidente.
Siamo tutti Americani perche' i nostri governanti ne' Berlusconi, ne' Prodi, ne' Sarkosi, ne' Sakaasvili non comandano su nulla in politica estera: sono solo amministratori del loro condominio.
Ecco! dovremo costringere i nostri governanti a dirlo "coram populo" (davanti al popolo) alla radio e in televisioni a reti unificate perche' tutti capiscano che, se l'economia va male localmente (sprechi, disservizi, burocrazia, speculazione edilizia con ingorghi del traffico in citta' e sulla strada delle vacanze, raccolta della spazzatura, disinformazione sui giornali, organizzazione dell'istruzione ecc. ecc. eccc. ecccc., la colpa e' soltanto loro e non della congiuntura internazionale.
2000snlp
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