Ieri manifestazione dei precari della scuola, a Roma, contro i provvedimenti annunciati dal ministero dell'Istruzione. "No" alla scuola-azienda; ritiro del concorso voluto dal ministro Profumo e rispetto delle graduatorie per le immissioni in ruolo; restituzione alla scuola delle risorse sottratte con i tagli della Gelmini e un serio piano di rifinanziamento dell'istruzione pubblica; assunzioni a tempo indeterminato degli insegnanti precari in graduatoria, su tutti i posti vacanti e disponibili; ritiro immediato del ddl 953 (ex Aprea) e di qualsiasi progetto di trasformazione della scuola pubblica in scuola azienda.
Rivendicazioni tutte condivisibili, senza dimenticare che vi sono problemi non meno gravi e non meno devastanti come la progressiva, devastante riforma dei cicli scolastici, con materie disciplinari 'violentate' (tramite riduzioni d'orario o cancellazioni) e discutibilissime ridefinizioni dei contenuti e delle modalità di verifica degli apprendimenti, cui non è estranea la messa a regime progressiva dell'Invalsi. Dequalificare la scuola, ridimensionarne la valenza formativa culturale, concorre in modo decisivo allo status di colonia cui, sempre più a tutto campo, è sospinta l'Italia.
C'è, in tal senso, un'ulteriore considerazione da fare. Lo sfascio della scuola italiana ha sicuramente responsabilità politiche interne, anche se si tratta di servili, compiacenti, anche interessate ricezioni di direttive riformistiche di matrice esterna. Ma, appunto, oltre ai personaggi-simbolo chiamati in causa nel corso della manifestazione, è mancata una forte presa di posizione contro l'Unione Europea ed i suoi Trattati. Rivendicare più risorse per la scuola, ad esempio, solo per restare al piano dei tagli e alla "spending review" d'ispirazione fondomentarista, è solo un aspetto che rimanda alle logiche di dominio dell'asse UE-BCE-FMI, alla dipendenza cui è sottoposto (anche) il nostro Paese.
E' necessario marcare status e natura di questa dipendenza. Perché cresca nelle coscienze la comprensione della materialità delle dinamiche di dominio vigenti. Perché la rivendicazione della sovranità e dell'indipendenza nazionale siano la linfa delle istanze plurali di libertà e di giustizia sociali, da collegare in un movimento collettivo che lotti per la costruzione di assetti e rapporti di società ben diversi da quelli dominanti.