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 Il problema della sovranità e dell'indipendenza

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sankara

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MessaggioTitolo: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeVen Set 07 2007, 23:14

alekos18 ha scritto:
(...) Esiste una percezione diffusa che l'Italia sia priva di sovranità e si trovi in uno stato di effettiva colonizzazione. Non penso solo ai casi in cui, per un qualche evidente evento, è capitato di sentire ammissioni su questa subalternità o comunque sentir posto il problema, pur senza troppa convinzione e ovviamente conseguenzialità politica, addirittura da personaggi impresentabili ed inaspettati, anche in ambiti politici-parlamentari-istituzionali. Penso anche nel piccolo. Già solo nel mio circondario, fatto anche di persone non particolarmente informate e preparate dal punto di vista politico, o nel corso di situazioni pubbliche casuali, mi è capitato di sentire affermazioni di questo tipo sull'onda di eventi seguiti in televisione o anche per accadimenti del proprio vissuto quotidiano o lavorativo (...).

Ci sarebbe tanto da dire e da circostanziare. Esordirei dicendo che la bistrattata, misconosciuta e anche manipolata idea di nazione, e quindi l'idea di un'indipendenza e di una sovranità nazionali, sono parte del problema della dipendenza, nella fattispecie della colonizzazione culturale di questo paese. In secondo luogo ritengo che ancora non siano chiusi i conti e di conseguenza gli equivoci con la torsione ideologica che dell'idea di nazione ha fatto il fascismo. In terzo luogo i partiti -e relativi eredi e diramazioni- che maggiormente hanno segnato la vita politica e culturale di questo paese per decenni, la Democrazia Cristiana ed il Partito Comunista Italiano, hanno accettato la subalternità all'alterità ideologica ovest / est - USA / URSS, abdicando ad un'idea di sovranismo di questo paese. Il PCI espresse, all'indomani del secondo conflitto mondiale, istanze esplicite di "indipendenza nazionale" ma solo per una breve fase, mai conseguentemente fino in fondo, e fattivamente in funzione e sull'onda di una condivisione ideologica della politica estera sovietica. Le destre poi, ritenute -chissà perché- suppostamente ed infondatamente più attente alla questione nazionale, nel nostro paese si sono ritrovate sino ai giorni nostri ad assolvere ad una funzione costantemente anti-nazionale. Per limitarci alla fase susseguente il secondo conflitto mondiale, si sono poste come forze di complemento filo-atlantiste, cioè fattivamente dei lacché dell'imperialismo statunitense e quindi anti-nazionali. Anche a sinistra, includendo il suo versante radicale (parlamentare ed extra parlamentare), ritengo che, in parte per pregiudizio, in parte per una distorsione ideologica e teorica (ed anche in controtendenza con teorici marxisti, come Lenin ad esempio, che in tema hanno scritto pagine fondamentali e assunto posizioni conseguenti), la questione nazionale non sia adeguatamente considerata. Non è raro sentirne parlare come un fattore che svia la lotta di classe e non piuttosto, come invece sarebbe, quale concretazione anche dell'emancipazione delle classi sfruttate. Ritengo che sia molto grave -e direi provinciale nell'accezione deteriore del termine (cioè avendo insufficiente cultura e lettura di quanto avviene nel mondo)- la sottovalutazione della dirompenza rivoluzionaria dell'istanza nazionalitaria. Infine pesa l'assenza, sullo scenario politico di questo paese, di un qualche partito o formazione politica che dal nodo della dipendenza faccia scaturire una lettura critica ed un indirizzo politico anti-capitalista ed anti-imperialista, con una progettualità a tutto campo conseguentemente radicale ed emancipativa. Questo è per me all'ingrosso, rispondendo alla tua domanda, lo stato dell'arte.

Sviscerare il tema della dipendenza ha in sé una valenza innanzitutto critica nel saper andare al fondo delle problematiche della presente epoca, consente una chiave di lettura del perché di una serie di questioni e problematiche economiche, sociali, culturali, ambientali, eccetera, altrimenti inspiegabili o poco chiare, e di riflesso è in grado di indicare indirizzi altri, di dispiegare potenzialità propositive notevoli. Il lavoro politico/culturale di "Indipendenza", che purtroppo si staglia solitaria nel muoversi in questa direzione, è allo stato insufficiente a rispondere alla portata del problema, nonostante i meriti che le si possono riconoscere. Alzare il livello qualitativo è la sfida che abbiamo di fronte. Ciao
Ripropongo qui gran parte dell'intervento di Alekos tratto da "In Italia la base dei 'velivoli senza pilota' USA?" (in "Politica italiana"; https://indipendenza.forumattivo.it/politica-italiana-f2/in-italia-la-base-dei-velivoli-senza-pilota-usa-t33.htm?sid=af1562345d8069a2e51bfc9e306a052d). Innanzitutto perché mi sembra che i punti, interessanti, meritino di essere evidenziati e ancora sviluppati. E poi perché pensavo alla campagna sulla Sovranità alimentare e il NO agli OGM che è partita proprio in questi giorni, per iniziativa di circa una trentina di realtà grandi e piccole del panorama sociale, politico e produttivo di questo paese. Mi sembra che anche nelle campagne e sulle mense si stia prendendo coscienza dell'esistenza di un problema, di cui le su indicate iniziative sono solo un sintomo ed uno spaccato, quantunque significativo. Se a questo ci aggiungiamo le lotte in corso dei comitati No TAV, No Dal Molin, No Ponte, No Triv, No inceneritori, No rigassificatori, No elettrosmog, eccetera, buona parte dei quali hanno anche deciso di nazionalizzare il portato delle loro lotte proprio per la posta in gioco, insomma, sembra che la questione nazionale stia sempre più emergendo di fatto. Che ne pensate?
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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeDom Gen 17 2010, 05:51

L'unica Sovranità \è/ la sovranità Unica.
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noname

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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeLun Gen 18 2010, 16:39

Ciao a tutti.
La Sovranità e l'Indipendenza....
Più Mele su di un albero decretano l'albero essere un Melo,più Arance su di un albero decretano l'albero essere un Arancio e cosi di seguito.
Prima della Sovranità Nazionale dunque e dell'indipendenza Nazionale bisognerebbe vedere quanto gl'individui che compongono una Nazione sono dediti alla sovranità di se stessi sul circostante ed indipendenti da ogni forma di facilitazioni sul gia tracciato o "..cosi si fa".
Io so di perdere la mia sovranità sul presente e la mia indipendenza, ogni volta di più che uso strutturarmi aiutandomi di\da terzi.
Viceversa mi sento nel pieno della mia indipendenza e sovranità ogni qualvolta mi baso solo sulle mie forze.
Essendo oggi definitivamente tutto l'Occidente legato nel bene e nel male a delle pratiche,logiche comuni,ecco che la sovranità e l'indipendenza sono relative al mantenimento di tali pratiche e non più all'idea originale di differenziazione generata dalla sovranità e dall'indipendenza.
Poi esiste un qualcosa di perverso nella nostra società che è tutto un ridere.
Ci sono molti Stati in uno Stato ma quelli che più si fronteggiano,si sfidano e si canzonano,sono lo Stato nella sua più alta rappresentanza e lo Stato popolo.
L'Italia per esempio è due distinte cose,una è l'Italia che lo Stato vuole rappresentare e l'altra è quella che l'Italia è.
Lo Stato che si vuole rappresentare dice,propone,inpone una cosa,l'Italia popolo puntalmente cerca sempre di trovare vie parallele per soggicare i voleri imposti dallo Stato.
Cosi è anche a livello globale,tutti gli Stati che si autorappresentano firmano trattati di unione come l'Europa per esempio,mentre i popoli delle varie Nazioni che formano l'Europa in realtà hanno riscoperto se stessi chiudendosi a riccio sempre di più.
Chi vincerà alla fine ???
noname
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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeLun Gen 18 2010, 16:52

anti capitalismo sì
anti imperialismo sì

l'oppressione sistemica può darsì anche senza queste due categorie.

In secondo luogo sovranità su un territorio è per definizione privatizzare il territorio.
Ora la privatizzazione delle cose, per quanto i sinistri si credano intelligenti o dall'animo buono, è una scontatezza ed un'ovvietà dell'esistere.

L'albero è privato del resto per essere sé, come io so me privato del resto per essermi in quanto tale. Di conseguenza ciò si traspone ad ogni bene, se si ritiene l'uomo centrale nel cosmo ( sennò potremmo fare i primitivisti...fare solchi sulla terra è peccato! ). Essendo così , il problema è la sovranità.

Non dico che non debba esserci, ma non prendete in giro dicendo : è libertà sociale.

Ed inoltre, visto che si vorrebbe porre in un imprecisato e democraticamente inteso quadro politico, sarebbe meno funzionale rispetto ad una sovranità di pocchi che escludesse la massa che per definizione non può avere cognizione di molte eventualità, ed anzi, proprio per il suo essersi formata ( chissà perché esiste... ) gli uomini in essa si uniformano ( secondo la ben nota psicologia delle folle ) e divengono incapaci.

Pochi, uno, tutti, non combia la natura del problema. L'aderenza ai Principi ; guarda caso il sistema democratico odierno non permette per definizione una aderenza tale.
Guarda caso...ben strano...molto strano...che si blateri ancora appresso a tali suggestioni.

Indipendenza manifesta molta conformità ai Principi, per questo le speranze ci sono, ma rimangono sempre tali poiché i Principi , nell'universalità del loro intenderli come attributi di quel che è Unico sull' "in-piano" trascendente o si accettano in toto o si rifiutano in toto.

Ecco perché la Sovranità è Unica, ed Unica è la Sovranità. Categoria dialettica molto utile dacché , si può ben dire, chi non ha chiaro...il...tutto... è per definizione traditore.

Non che sia un giudizio morale questo notare l'evidenza, in questa categoria siamo tutti appunto, atti pensieri parole ed omissioni.

I miei difetti mi impogono in quest'ora di sfregiare però ogni relatività che si tras-pone come universale il ché è contraddittorio ed indegno ( giudizio morale ).
Trascresce qui, semmai, l'illusione che si pospone come al solito nel futuro...

Che dire. Esiste il passato? Esiste il futuro? Ma certo che no, è impossibile che siano...presenti.
Già da questo si dovrebbe comprendere l'illusorietà di posporre che condanna indelebilmente per definizione, è ovvio.

Inoltre l' utilizzare lo stesso piano per attaccare il sistema è alimentarlo.Se si avesse a mente la questione del cancolo contraddittoriamente chiamato infinitesimale - più propriamente indefinitesimale - si capirebbe che non si può risolvere la questione oppressione/ sistema rimanendovi all'interno esternato oserei dire ( a ingarbugliare il quadro , ma credo mi si carpisca ), ossia sul suo stesso piano, co i suoi mezzi.

Oltre agli errori teorici, i baschi, i corsi, gli irlandesi da chi comprano le armi ad esempio?

Non è in discussione il coraggio, né il sacrificio, non parlo di resistenza, io non valgo un'unghia di chi combatte resistendo ai nemici per davvero.

Da chi comprano le armi?
Usarle è capitalismo, e si và contro il capitalismo. Non notano il grottesco di tale farsa?

Chiedo solo non si prenda per culo, non ci si prenda per il culo farloccamente.Non si può più neanche insegnare, né studiare se ci si prende per culo, perché si è come gli altri.
Da che pulpito?
Quello della propria erudizione? Quello della propria linea di condotta? Meritevoli, onorevoli, da stimare. Dipende a cosa servono e da cosa partono.
Onestà, il fegato a mio dire ne potrebbe giovare, per tutti.

Non ci si s-cordi che se si fosse tali, le proprie parole sarebbero più forti.
Non che si avrebbe successo come magicamente, magari si può venir uccisi nel mentre le carte vengono abilmente mischiate come ogni volta.

Omnia vincit veritas.

Ed è "in-oltramente" proprio così, poiché intra leggendo, anche la verità viene sconfitta...ecco perché c'è la sofferenza nel mondo.

Perché cazzo volete sempre fare i buoni non si capisce, quando l'essere buoni evidentemente è più proficuo ed ha il pregio di avere altro piano quindi risolvere.
Le baggianate solidaristiche hanno la violenza dentro, sia dell'ignoranza sia di un fare scostato dall'essenza della bontà.

La pensione statale è positiva! La sanità pubblica ugualmente!

Resistiamo, va bene, reagiamo, va bene. Io stesso scrivo che tali cose debbono rimanere, perché ci dicono:

- ora vi togliamo quel poco che vi abbiamo dato !per rendervi automi! ; finalmente così il quadro è completo.

dico che dobbiamo difenderle.Aumentarle addirittura. Ma la presa per culo e le speranze false puzzano sempre, non serve avere soldi da, non serve avere un mandante dei .
o debbo pensare che sia una auto-consolazione?

Si blatera di clericalismo e di religione ( deformata da questo ) alle volte e seppur con gli atei sono d'accordo - in sé - su molte questioni tipo non esistenza di Dio, non immortalità dell'anima, non eternità di inferno e paradiso , ci si crede capaci di chissà quale razionalità , tacciando di superstizione ogni credente, alla luce di un'altra religiosità che non ha ( e ciò è veramente il colmo dell'insipienza e dell'insolenza ) da dare e assicurare che altre illusioni spacciate per "effettivizzabbili".

Com'è sta storia?
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gorritxo

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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeLun Gen 18 2010, 19:52

..... ha scritto:

In secondo luogo sovranità su un territorio è per definizione privatizzare il territorio.
Secondo me è invece l'esatto contrario.
Certo, a meno che tu non consideri la nazione come una semplice somma di individualità, e lo stato come un ente privato per definizione.
Ora, a me sembra -te lo dico senza giri di parole- che nelle tue analisi si avverta chiaramente tanto di quel dogmatismo intrinseco a certo pensiero libertario (dogmatismo che porta a queste conclusioni).
Come scrissi già in un altro intervento per me l'uomo è un animale sociale. Su questo punto aveva cioè sostanzialmente ragione Aristotele, e avevano torto Hobbes, Locke, Kant e con essi buona parte della filosofia moderna. Da questa presa di posizione preliminare poi deriva tutto il resto. Ti rimando a tale proposito allo scritto "La religione, tra individuo e società" che puoi trovare sul sito di Indipendenza nella sezione Cultura antagonista.
Tornando al concetto di sovranità, esso è secondo me strettamente relazionato a quello di bene collettivo. Occorre però non confondere (come spesso invece si tende a fare) tra nazione e stato.

..... ha scritto:

L'albero è privato del resto per essere sé, come io so me privato del resto per essermi in quanto tale. Di conseguenza ciò si traspone ad ogni bene, se si ritiene l'uomo centrale nel cosmo ( sennò potremmo fare i primitivisti...fare solchi sulla terra è peccato! ). Essendo così , il problema è la sovranità.

Non dico che non debba esserci, ma non prendete in giro dicendo : è libertà sociale.

Ed inoltre, visto che si vorrebbe porre in un imprecisato e democraticamente inteso quadro politico, sarebbe meno funzionale rispetto ad una sovranità di pocchi che escludesse la massa che per definizione non può avere cognizione di molte eventualità, ed anzi, proprio per il suo essersi formata ( chissà perché esiste... ) gli uomini in essa si uniformano ( secondo la ben nota psicologia delle folle ) e divengono incapaci.

Pochi, uno, tutti, non combia la natura del problema. L'aderenza ai Principi ; guarda caso il sistema democratico odierno non permette per definizione una aderenza tale.
Guarda caso...ben strano...molto strano...che si blateri ancora appresso a tali suggestioni.

Indipendenza manifesta molta conformità ai Principi, per questo le speranze ci sono, ma rimangono sempre tali poiché i Principi , nell'universalità del loro intenderli come attributi di quel che è Unico sull' "in-piano" trascendente o si accettano in toto o si rifiutano in toto.

Ecco perché la Sovranità è Unica, ed Unica è la Sovranità. Categoria dialettica molto utile dacché , si può ben dire, chi non ha chiaro...il...tutto... è per definizione traditore.

Non che sia un giudizio morale questo notare l'evidenza, in questa categoria siamo tutti appunto, atti pensieri parole ed omissioni.

I miei difetti mi impogono in quest'ora di sfregiare però ogni relatività che si tras-pone come universale il ché è contraddittorio ed indegno ( giudizio morale ).
Trascresce qui, semmai, l'illusione che si pospone come al solito nel futuro...

Che dire. Esiste il passato? Esiste il futuro? Ma certo che no, è impossibile che siano...presenti.
Già da questo si dovrebbe comprendere l'illusorietà di posporre che condanna indelebilmente per definizione, è ovvio.

Inoltre l' utilizzare lo stesso piano per attaccare il sistema è alimentarlo.Se si avesse a mente la questione del cancolo contraddittoriamente chiamato infinitesimale - più propriamente indefinitesimale - si capirebbe che non si può risolvere la questione oppressione/ sistema rimanendovi all'interno esternato oserei dire ( a ingarbugliare il quadro , ma credo mi si carpisca ), ossia sul suo stesso piano, co i suoi mezzi.

Oltre agli errori teorici, i baschi, i corsi, gli irlandesi da chi comprano le armi ad esempio?

Non è in discussione il coraggio, né il sacrificio, non parlo di resistenza, io non valgo un'unghia di chi combatte resistendo ai nemici per davvero.

Da chi comprano le armi?
Usarle è capitalismo, e si và contro il capitalismo. Non notano il grottesco di tale farsa?

Chiedo solo non si prenda per culo, non ci si prenda per il culo farloccamente.Non si può più neanche insegnare, né studiare se ci si prende per culo, perché si è come gli altri.
Da che pulpito?
Quello della propria erudizione? Quello della propria linea di condotta? Meritevoli, onorevoli, da stimare. Dipende a cosa servono e da cosa partono.
Onestà, il fegato a mio dire ne potrebbe giovare, per tutti.

Non ci si s-cordi che se si fosse tali, le proprie parole sarebbero più forti.
Non che si avrebbe successo come magicamente, magari si può venir uccisi nel mentre le carte vengono abilmente mischiate come ogni volta.

Omnia vincit veritas.

Ed è "in-oltramente" proprio così, poiché intra leggendo, anche la verità viene sconfitta...ecco perché c'è la sofferenza nel mondo.

Perché cazzo volete sempre fare i buoni non si capisce, quando l'essere buoni evidentemente è più proficuo ed ha il pregio di avere altro piano quindi risolvere.
Le baggianate solidaristiche hanno la violenza dentro, sia dell'ignoranza sia di un fare scostato dall'essenza della bontà.

La pensione statale è positiva! La sanità pubblica ugualmente!

Resistiamo, va bene, reagiamo, va bene. Io stesso scrivo che tali cose debbono rimanere, perché ci dicono:

- ora vi togliamo quel poco che vi abbiamo dato !per rendervi automi! ; finalmente così il quadro è completo.

dico che dobbiamo difenderle.Aumentarle addirittura. Ma la presa per culo e le speranze false puzzano sempre, non serve avere soldi da, non serve avere un mandante dei .
o debbo pensare che sia una auto-consolazione?

Si blatera di clericalismo e di religione ( deformata da questo ) alle volte e seppur con gli atei sono d'accordo - in sé - su molte questioni tipo non esistenza di Dio, non immortalità dell'anima, non eternità di inferno e paradiso , ci si crede capaci di chissà quale razionalità , tacciando di superstizione ogni credente, alla luce di un'altra religiosità che non ha ( e ciò è veramente il colmo dell'insipienza e dell'insolenza ) da dare e assicurare che altre illusioni spacciate per "effettivizzabbili".

Com'è sta storia?
Parli di Principi (quali, tra l'altro?), di Unico ecc. e poi sollevi la questione che sostanzialmente non vi sia una coerenza tra questi e il pensiero e l'azione politica.
Ecco, per me sta tutto qui il punto essenziale che ci divide: personalmente ritengo l'uomo un essere imperfetto e come tale strutturalmente incapace di dar vita a un paradiso in terra o giungere alla fine della storia. Ragion per cui qualsiasi forma di ideologia politica che postuli questo (ovvero la fine di ogni conflitto e contraddizione) è fallace nel suo intimo, oltre a presentare caratteri totalitari abbastanza evidenti. L'utopia libertaria dei vari Rothbard, Von Hayek, Von Mises ecc. a mio modo di vedere non fa eccezione.
Per come la vedo io almeno, quando invece si parla di indipendenza, sovranità nazionale, democrazia (con tutta la problematicità che il concetto comporta) ecc. si tratta molto più prosaicamente di tendere verso un modello (comunisticamente inteso, e quindi definibile come socialista), consapevoli che la dimensione del conflitto (tra classi o gruppi sociali, tra popoli) non può essere eliminata in senso assoluto, perché è parte della natura umana. Ciò non vuol dire peraltro che non si debba pensare e agire con lo scopo di limitarla, governarla, canalizzarla. Anche perché dicendo questo non voglio affatto sostenere la teoria dell'homo homini lupus, tanto cara al pensiero liberal-capitalista. L'uomo è un essere aperto, bisognoso di autonomia così come di appartenenza, di cooperazione così come di competizione, ecc. ecc.
Il problema sta quindi nella capacità di pensare un bene comune e di agire in termini politici e culturali conseguenti. Consapevoli comunque che non si può cambiare la natura umana.
Di conseguenza non è possibile dar vita a un sistema politico, sociale, culturale in sé perfetto, né a una forma di azione in se stessa completamente coerente. Questa è una visione messianica (oltre che dogmatica), che peraltro -apro questa piccola parentesi- per me ha poco a che vedere con una concezione della vita aperta alla dimensione metafisica. La prima e principale consapevolezza che essa dovrebbe essere in grado di trasmettere è quella inerente le potenzialità e i limiti dell'uomo. Niente a che vedere quindi né con le mortificazioni del bigottismo cattolico, né con le illusioni para-religiose del pensiero scientista o delle utopie politiche otto-novecentesche (sia quelle tutte materialistiche e immanenti, sia quelle pregne di misticismo tradizionalista). Né con l'utopia dell'uomo individualista e competitivo, né con quella dell'uomo intrinsecamente "buono" e cooperativo. Né con lo stato assoluto, né con l'idea di eliminare il potere.
L'uomo è capace di costruire grandi edifici teorici (a volte tanto complessi quanto senza fondamenta), ma la realtà poi lo costringe anche a scelte sofferte e contraddittorie (mi riferisco agli esempi da te citati di baschi, corsi, irlandesi), altrimenti le teorie rimarranno per sempre tali. Se queste poi sono utopistiche (finalizzate cioè come dicevo prima a creare paradisi terrestri o ad arrivare alla "fine della storia" ecc.) rimarranno tali comunque, a prescindere dalle modalità con cui verranno perseguite.

La dimensione del politico è comunque umana, e quindi non ha senso pensare che possa essere perfettamente coerente con i Principi, l'Unico e la Verità, concetti che hai tirato in ballo in questo e altri interventi. Forse l'unico modo di trovare tale perfetta coerenza è la vita ascetica del monaco contemplativo. E difatti il monaco contemplativo è estraneo alla dimensione del politico.
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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeLun Gen 18 2010, 22:59

Si. Lo stato è per definizione privato.

No, la nazione non è una somma di individualità.La vedo per com'è ; ringrazio Indipendenza al riguardo.

Mi parli di dogma. Diamo ad esempio le verità dogmatiche della Santa Chiesa.
Se il dogma è opinione non sono dogmi, giacché sono verità ; ma se sono verità sono ugualmente dogmi perché la verità è indicibile in sé nella sua realtà.
Quindi concordo con la Santa Chiesa quando ha reputato di dire che le sue verità erano dogmi, ossia verità relative.
Il problema è stato diverso, ossia la stupidità di chi non comprende i dogmi e l'imposizione di una lettura univoca di tali dogmi oppure l'esclusione arbitraria di altri.
Ma dovremmo fare storia e metafisica al contempo per verificare nello specifico.

L'uomo è un animale socievole, è diverso, non farmi il comunitarista.

La sovranità nazionale è una contraddizione in termini. La libertà di una nazione è quando ogni prerogativa affinché essa sia libera sia presa e mantenuta.
Ma è una frase populistica perché la libertà di una nazione è un'insensatezza logica, come la parola demo-crazia, sono artifici retorici.

Nei fatti quindi ,nella nostra retorica liberazione sociale di una nazione, la sovranità nazionale non equivale ad alcuna sovranità correntemente intesa, a meno di intendere una sovranità altra che per quel che intendiamo in media dovremmo chiamare in-sovranità.
L'in non è causale 'daltronde, ma mi focalizzavo più sulla negazione.

Quali Principi? Beh , in realtà si usa il plurale per indicare gli attributi del Principio.
Se volessimo affrontare questo discorso, dovremmo prima parlare dell'In-Principio.Alché vi accenno solo perché, sinceramente , gli anarchici sono falsi.
An-Arché.
Nessuno è An-arché, Nulla è an-arché.
Dio ad esempio è Arché.
Dio è il Principio.
Il problema è che quando si usa questa parola vedi gente che se ne va schifata, altri in cui si accende il biasimo sulla faccia, altri fomentati integralisti, altri ancora se lo tengono per sé e del resto se ne sbattono e vada alla malora.

Non ho mai visto un anarchico in vita mia, è impossibile; come non ho problemi ad usare il termine di D'io.
Se si sapesse cos'è l' Universale, e si usasse la logica, non dovrebbe risultare difficile.

Von Hayek e Von Mises non erano libertari, ma liberali.
Ti basti sapere che anche io reputo Rothbard un illuso ed impreparato poiché ha ignorato la natura dei beni comuni.
L'unica analisi corretta del sistema, economicamente e giuridicamente, è comunque loro.
Per mille altri fattori peccano. Anche qui si pecca d'altronde.

Io non credo nell'idillio.
Distinguiamo infatti tra lotte di classe orizzontale e verticale dove la prima è la vita , non potendo evirare la malvagità o l'ingiustizia dacché è sempre possibile, ma la seconda è la sistematizzazione di quese la sistematizzazione.

A me non piace usare il termine perfetto.
Come può esserci perfezione nell'imperfezione o imperfezione nella perfezione?
Come d'altronde anche la problematicità del bene e del male.
Si risolve di solito ignorando il tutto.
Il ché , è quello che qui proponete.
Abbiamo però due problemi che derivano da questo ignorare che porta ignoranza.
a) l'ignoranza darà violenza per definizione
b) si vuole fare politica

Non che si debba fare i monaci, ma che senso ha fare politica se il fine di questa oltre a non poter essere ottenuto è anche - per il fatto stesso di non dare soluzione a tali domande - combattuto da sé stessi cascando in contraddizione?
Io ho stima per i veri patrioti baschi, corsi, irlandesi ecc. Ma non lottano per alcuna liberazione sociale.
Lottano per diminuire l'oppresione sociale, lottano per resistere, e ciò gli fa onore.

Se dovessimo fare Conoscenza, dovremmo pena mentire e farci collaborazionisti della mentalità capitalistico-sistemica declinare la parola Libertà affianco a qualcosa che la determini.
La vera Libertà è l'In-Principio stesso poiché non ha neanche un Principio a limitarlo.
Quindi in fin dei conti , quando si attacca Dio, non si fa tanto torto
Wink


La problematicità è volersi credere quel che non si è, come voler proporre insensatezze o cose irrealizzabili, ed applicarvici.
Davanti alla verità del non uccidere l'innocente biblico chi ha ucciso per sbaglio o per sadica voluttà ha prodotto lo stesso effetto.
La colpa , la responsabilità è di certo diversa e quindi conseguiranno conseguenze diverse.
L'errore però è irreparabile.
Abbiamo il vataggio di interessarci a questioni teoriche che sono reversibili poiché la mente è a-spaziale.
Ma agiamo, quindi potremmo sbagliare.
Ebbene, la verità discrimina da sé, qualunque cosa si creda al riguardo, indipendentemente.
E lo sbaglio è sbaglio, sempre, senza dare giuridizi morali poiché la costatazione della morte non implica il giudizio di valore sul perché.
Ritenere la verità umana è, ad esempio, mentire.
La Verità è universale, quindi non umana.
Basta questa alla fine, sia per lo zotico che per il premio nobel, ed anzi, capita che lo zotico sia meglio del nobel proprio perché meglio poco ma buono...

Per me pregare è politica.Diveersamente boicottare certi tipi di prodotti ad esempio è pregare.
Ti faccio una domanda:
Un monaco conteplativo è estraneo all'azione o all'attività?
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gorritxo

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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeMar Gen 19 2010, 16:04

..... ha scritto:
Si. Lo stato è per definizione privato.
Dunque può essere alienato? Può essere comprato e venduto? E chi è il proprietario?

..... ha scritto:
Mi parli di dogma. Diamo ad esempio le verità dogmatiche della Santa Chiesa.
Se il dogma è opinione non sono dogmi, giacché sono verità ; ma se sono verità sono ugualmente dogmi perché la verità è indicibile in sé nella sua realtà.
Quindi concordo con la Santa Chiesa quando ha reputato di dire che le sue verità erano dogmi, ossia verità relative.
Il problema è stato diverso, ossia la stupidità di chi non comprende i dogmi e l'imposizione di una lettura univoca di tali dogmi oppure l'esclusione arbitraria di altri.
Ma dovremmo fare storia e metafisica al contempo per verificare nello specifico.
Ho utilizzato l'aggettivo dogmatico per evidenziare quanto sia a mio parere insensato pensare di tradurre la Verità in un pensiero politico.

..... ha scritto:
L'uomo è un animale socievole, è diverso, non farmi il comunitarista.
Con l'espressione animale sociale si vuol dire che la dimensione propria dell'uomo è quella della relazione con l'altro, ovvero della socialità. Le relazioni sociali poi possono essere solidali o conflittuali, cooperative e competitive, per cui non vedo cosa c'entri il comunitarismo. Pensare l'uomo come animale sociale non significa certo ignorare specificità e bisogni individuali.
D'altra parte Aristotele è un comunitarista? E Indipendenza, che nel 2002 pubblicava lo scritto di Preve al quale ti rimandavo (molto prima che egli sposasse posizioni politico-ideologiche assai discutibili) e che tuttora lo mantiene nel sito, è comunitarista anch'essa?

..... ha scritto:
La sovranità nazionale è una contraddizione in termini. La libertà di una nazione è quando ogni prerogativa affinché essa sia libera sia presa e mantenuta.
Ma è una frase populistica perché la libertà di una nazione è un'insensatezza logica, come la parola demo-crazia, sono artifici retorici.
Mi potresti spiegare perché la sovranità è una contraddizione in termini e la libertà di una nazione è un'insensatezza logica?

..... ha scritto:
Von Hayek e Von Mises non erano libertari, ma liberali.
Ti basti sapere che anche io reputo Rothbard un illuso ed impreparato poiché ha ignorato la natura dei beni comuni.
L'unica analisi corretta del sistema, economicamente e giuridicamente, è comunque loro.
Per mille altri fattori peccano. Anche qui si pecca d'altronde.
Erano liberali ma le loro tesi sono state assunte del pensiero libertario.

"L'unica analisi corretta del sistema, economicamente e giuridicamente, è comunque loro"?
Mah, tanto per cominciare penso che qualsiasi sistema di pensiero poggi su premesse inconfessabili, arbitrarie e per così dire fideistiche. Una volta messe in discussione queste l'intero edificio crolla.
Ora, rispetto a un nodo preliminare fondamentale (homo homini lupus vs. uomo animale sociale) mi pongo sul versante opposto a quello della scuola austriaca. Inoltre personalmente ritengo che qualsiasi pensiero che preveda un modello unico valido universalmente, senza tenere nella dovuta considerazione le diversità culturali (concepite solo come sintomo di di un'arretratezza da superare) abbia poco o nulla di valido. Liberali e libertari si situano in un contesto storico e culturale ben preciso, ma hanno l'ambizione di proporre un modello universale. Modello che però può essere coerente solo alla luce di quelle premesse individualistiche costitutive del pensiero occidentale moderno, che sono invece estranee ad altre tradizioni culturali, nonché ad altri filoni dello stesso pensiero cosiddetto occidentale.
Al contrario, a mio modo di vedere, coniugare indipendenza nazionale e liberazione sociale è un progetto politico che in primo luogo tiene conto delle differenze storiche culturali, politiche, sociali, geografiche (nazionali). Inoltre l'approccio nazionalitario è distante anni luce da una concezione messianica del socialismo (non il paradiso in terra o la fine della storia) e para-religiosa del marxismo. È la tensione al socialismo a essere universale, non le modalità con cui esso viene perseguito e costruito, né i risultati che ci si prefissa conseguire.

..... ha scritto:
Io non credo nell'idillio.
Distinguiamo infatti tra lotte di classe orizzontale e verticale dove la prima è la vita , non potendo evirare la malvagità o l'ingiustizia dacché è sempre possibile, ma la seconda è la sistematizzazione di quese la sistematizzazione.

A me non piace usare il termine perfetto.
Come può esserci perfezione nell'imperfezione o imperfezione nella perfezione?
Come d'altronde anche la problematicità del bene e del male.
Si risolve di solito ignorando il tutto.
Il ché , è quello che qui proponete.
Io non credo che qui si ignori nulla. Semplicemente non si considera possibile dar vita a un sistema che sia l'incarnazione del bene. Allo stesso tempo ciò non comporta rinunciare a porsi degli obiettivi politici e culturali. Tra l'integralismo e il relativismo assoluto ci sono un mare di possibilità, per cui vale la pena pensare e agire. Non vedere il mondo in bianco e nero non significa certo rinunciare a schierarsi.

..... ha scritto:
Non che si debba fare i monaci, ma che senso ha fare politica se il fine di questa oltre a non poter essere ottenuto è anche - per il fatto stesso di non dare soluzione a tali domande - combattuto da sé stessi cascando in contraddizione?
Beh, se per te lo scopo della politica è la costruzione della Città di Dio in terra (non mi riferisco in particolare a quella agostiniana, è solo per rendere l'idea) allora capisco l'obiezione. Il punto però è che le finalità della politica sono in realtà meno ambiziose (a tale proposito mi viene in mente l'hybris dei greci, un concetto che meriterebbe di essere riscoperto), ma non per questo meno nobili o prive di senso.

..... ha scritto:
La problematicità è volersi credere quel che non si è, come voler proporre insensatezze o cose irrealizzabili, ed applicarvici.
Davanti alla verità del non uccidere l'innocente biblico chi ha ucciso per sbaglio o per sadica voluttà ha prodotto lo stesso effetto.
La colpa , la responsabilità è di certo diversa e quindi conseguiranno conseguenze diverse.
L'errore però è irreparabile.
Abbiamo il vataggio di interessarci a questioni teoriche che sono reversibili poiché la mente è a-spaziale.
Ma agiamo, quindi potremmo sbagliare.
Ebbene, la verità discrimina da sé, qualunque cosa si creda al riguardo, indipendentemente.
E lo sbaglio è sbaglio, sempre, senza dare giuridizi morali poiché la costatazione della morte non implica il giudizio di valore sul perché.
Ritenere la verità umana è, ad esempio, mentire.
La Verità è universale, quindi non umana.
Basta questa alla fine, sia per lo zotico che per il premio nobel, ed anzi, capita che lo zotico sia meglio del nobel proprio perché meglio poco ma buono...

Per me pregare è politica.Diveersamente boicottare certi tipi di prodotti ad esempio è pregare.
Ti faccio una domanda:
Un monaco conteplativo è estraneo all'azione o all'attività?
Concordo su gran parte di ciò che hai scritto, chiarisco solo un punto.
Per come la vedo io, la condizione umana fa sì che si possa aspirare a essere nella Verità, non certo a possederla, in quanto essa trascende l'uomo, è -come dici tu- universale.
È per questo che nelle varie tradizioni religiose e filosofiche spesso la via della virtù e della ricerca della perfezione è associata alle "uscite dal mondo" (monachesimo, eremitaggio ecc.), al non-agire.
Ora, comunque ci si rapporti all'idea di Verità, all'esperienza metafisica o anche religiosa, non vi è dubbio che questa è però una strada riservata a pochi, per noi comuni mortali c'è altro. È questo che intendo quando dico che il monaco contemplativo è estraneo alla dimensione del politico.
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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeMar Gen 19 2010, 18:10

gorritxo ha scritto:
Dunque può essere alienato? Può essere comprato e venduto? E chi è il proprietario?
Stai semplificando. E' privato perché un monopolio è per forza privato, come un terreno è per forza privato.
Intendo privato al modo di personale. I proprietari sono i capitalisti ed i gestori dell'ingranaggio statuale e chi da trae agevolazioni.

gorritxo ha scritto:

Con l'espressione animale sociale si vuol dire che la dimensione propria dell'uomo è quella della relazione con l'altro, ovvero della socialità. Le relazioni sociali poi possono essere solidali o conflittuali, cooperative e competitive, per cui non vedo cosa c'entri il comunitarismo. Pensare l'uomo come animale sociale non significa certo ignorare specificità e bisogni individuali.
D'altra parte Aristotele è un comunitarista? E Indipendenza, che nel 2002 pubblicava lo scritto di Preve al quale ti rimandavo (molto prima che egli sposasse posizioni politico-ideologiche assai discutibili) e che tuttora lo mantiene nel sito, è comunitarista anch'essa?
La traduzione ideale è socievole. Per quanto riguarda Aristotele permettimi di giudicare la sua visione politica almeno onesta.
Il sistema serve, sia il migliore.
Qui si dice che il sistema non serve. Il brutto è che il 99% di quelli che lo dicono sono servi inconsapevoli.
Per dirti l'antifascismo non è antifascista manco per niente, è solo retorica e strumentalità del meccanismo impersonale.
Si può a rigore dire che finché non si è la verità a sé stessi si è in qualche misura fascisti.
Se questa fosse la nostra consapevolezza la ri-voluzione non sarebbe poi così distante. Vi sono stati molte sommosse e rivolte, solo i borghesi hanno portato la rivoluzione al prezzo dell'infalsamento di ogni cosa, della stupidità generale, della bestialità endemica, dell'invasione burocratica della vita, della morte per fame indotta e non più dovuta a calamità del resto del globo.
Diritto all'istruzione? L'istruzione fu la prima arma in mano al sistema come si può dire una cosa del genere? Come si può dire che essa sia un diritto, se è contradditorio in termini?
Come si può consigliarare l'istruzione a chi non si conosce, dacché non tutti rispondono allo stesso modo alle stesse influenze, ed anzi, è molto meglio che alcuni quste influenze non le ricevano, e possiamo aprire il quadro in ogni tipo di argomentazione od ambito.

gorritxo ha scritto:
Mi potresti spiegare perché la sovranità è una contraddizione in termini e la libertà di una nazione è un'insensatezza logica?
quando avrai davanti il golem nazione, ciò avrà un senso. Tale mia critica ha valenza se presupponiamo non ci sia il sistema.
si può avere una sovranità nazionale ad esempio con un sistema nazionale, ma è oppressione, lieve o terribile, tutto sommato buona o crudele per estemizzare.
la liberazione nazionale ha senso solo negativo.La nazione non ha libertà, è un concetto, è una realtà composta.
Prosopera nella Libertà e si mantiene allora fedele e solidale, su questo non c'è dubbio.

gorritxo ha scritto:

Mah, tanto per cominciare penso che qualsiasi sistema di pensiero poggi su premesse inconfessabili, arbitrarie e per così dire fideistiche. Una volta messe in discussione queste l'intero edificio crolla.
Ora, rispetto a un nodo preliminare fondamentale (homo homini lupus vs. uomo animale sociale) mi pongo sul versante opposto a quello della scuola austriaca. Inoltre personalmente ritengo che qualsiasi pensiero che preveda un modello unico valido universalmente, senza tenere nella dovuta considerazione le diversità culturali (concepite solo come sintomo di di un'arretratezza da superare) abbia poco o nulla di valido. Liberali e libertari si situano in un contesto storico e culturale ben preciso, ma hanno l'ambizione di proporre un modello universale. Modello che però può essere coerente solo alla luce di quelle premesse individualistiche costitutive del pensiero occidentale moderno, che sono invece estranee ad altre tradizioni culturali, nonché ad altri filoni dello stesso pensiero cosiddetto occidentale.
Concordo anche io. Fatto è che se si vuol far scienza economica si seguire la scuola austriaca. Sul piano giuridico-etico ci si basa tra di questi molto sulla scolastica. E' stata traviata comunque nel suo renderla monolitica.
Ciò è evidente. Purtroppo bisognerebbe studiare e seguire il vero.
Non sono in grado di dirimere i nodi etici di oggi che spettacolarmente coinvolgono le fazioni clericaliste a quelle laicistiche , falsi problemi con risoluzioni e proponimenti ugualmente strumentali alla propria ingoranza ergo proprio tronaconto.
Bizzarro che ormai la sinistra sia appresso tutti questi , per l'appunto, diritti.
Io concordavo e mi basavo solo su un elogio di questi due aspetti. Ho avuto modo di conoscere individualmente "seguaci" di questo filone e sono tarati.
La tua interpretazione dell'homo homini lupus , sui libertari, è comunque errata, poiché semmai loro reputano l'uomo più o meno buono che in una anarchia capitalistica si andrebbe abbastanza d'accordo e la lotta di classe sarebbe solo orizzontale (quello che spera Indipendenza ossia il male c'è ma non è sistemico e verticalista/classista... rivoluzione permanente).
L'universalimo così desiderato è certamente erroeno perché ignora ad esempio i fattori che nomini.
Ma Indipendenza ignora la scienza economica austriaca ad esempio.
Quante cose poi si possono ignorare?
Ah beh, troppe, il probema è la Verità, come sempre. Le materie su cui applicare i Principi sono innumerevoli ed è il bello della creatività umana, basterebbe mantenere fedeltà all'oggettivo onesto per tutti affinché non si sballi.
Io non ho nessuna tenzione al socialismo. L'ideologia della solidarietà non mi tange.
Io ho una tensione al vero, che è molto più ovvia d'altronde, come alla giustizia, alla felicità, alla bellezza, in poche parole all'universale.
L'universale è a-spaziale ed a-temporale.
se interra ci fosse pace e giustizia effettive, l'idillio del praradiso terrestre, tale condizione non sarebbe affatto universale per tutta l'umanità, ma generale per tutta l'umanità.
L'universale è indeclinabile formalmente ( in senso di figura, non di forma alla maniera scolastica )

gorritxo ha scritto:
Io non credo che qui si ignori nulla. Semplicemente non si considera possibile dar vita a un sistema che sia l'incarnazione del bene. Allo stesso tempo ciò non comporta rinunciare a porsi degli obiettivi politici e culturali. Tra l'integralismo e il relativismo assoluto ci sono un mare di possibilità, per cui vale la pena pensare e agire. Non vedere il mondo in bianco e nero non significa certo rinunciare a schierarsi.
E' quello che dico io. Usare il termine assoluto è improprio qui perché ciò che è radicalmente sciolto non può aver tendenza integralista o relativista, perde di senso.
Io scrivo questo per disciplina, che non è che ci cavi chissà quale soddisfazione a farmi anche rodere il fegato o mettere gli occhi davanti al calcolatore.
Mi dici: obiettivi politici e culturali. Con-cordo, ed ugualmente sullo schierarsi.
Ugualmente servono i Principi per non divenire pedine inconsapevoli del sistema. Non ho mai auspicato il non schierarsi.
Quale fandonia poi il dire...vedi le cose solo nere o solo bianche. Beh io sì, sicuramente, dacché non posseggo il vero; ma se ti servi della verità ha senso una domanda del genere?

gorritxo ha scritto:
Beh, se per te lo scopo della politica è la costruzione della Città di Dio in terra (non mi riferisco in particolare a quella agostiniana, è solo per rendere l'idea) allora capisco l'obiezione. Il punto però è che le finalità della politica sono in realtà meno ambiziose (a tale proposito mi viene in mente l'hybris dei greci, un concetto che meriterebbe di essere riscoperto), ma non per questo meno nobili o prive di senso.
Aspetta. Mi interessava la coerenza delle aspettative.
Ri-voluzione uguale non sistema. Il ché non è per forza di cose la città di Dio anche se tale caso è l'apice. Organizzarsi è legittimo, auspico sempre vi sia una situazione migliore a quella peggiore anche se ognuno reagisce come sà. Il problema è la presa per il culo.
Un sistema migliore non è affatto una ri-voluzione. Solo questo, quantunque ciò sia tutto da provare, ed anzi, come spiegavo, la democrazia parlamentare è proprio l'anticamera del baratro non certo della giustizia.Quindi su cosa costruire?

Hybris dei greci non mi sembra diversa dal peccato originale.Il riferimento temporale è del tutto diverso , ma il succo mi pare simile, a conferma del fatto che le stesse cose vengono dette in modo diverso, in posti diversi ma anche con necessità diverse.
Ecco che se non si coglie ciò si hanno i faziosismi.

gorritxo ha scritto:
Concordo su gran parte di ciò che hai scritto, chiarisco solo un punto.
Per come la vedo io, la condizione umana fa sì che si possa aspirare a essere nella Verità, non certo a possederla, in quanto essa trascende l'uomo, è -come dici tu- universale.
È per questo che nelle varie tradizioni religiose e filosofiche spesso la via della virtù e della ricerca della perfezione è associata alle "uscite dal mondo" (monachesimo, eremitaggio ecc.), al non-agire.
Ora, comunque ci si rapporti all'idea di Verità, all'esperienza metafisica o anche religiosa, non vi è dubbio che questa è però una strada riservata a pochi, per noi comuni mortali c'è altro. È questo che intendo quando dico che il monaco contemplativo è estraneo alla dimensione del politico.
Difatti il wu-wei è il pieno dell'attività , che implica l'azione dacché lo Yogi esiste, seppur nella contemplazione il vero monaco ha reso tutto tempio ed il "suo" "IO" è oltre.
Ecco un motivo perché spingo sulla questione religiosa anche, perché amo la religione non la religiosità, amo la verità non le fotocopie ed i traviamenti.
Di certo per noi c'è altro, ma alla luce di cosa sappiamo che è altro?
E come sapere che è giusto?
Materialisticamente?

Ognuno di noi ha la sua via. La nostra anima non è immortale manco per niente. Dobbiamo morire tutti, poi cosa rimane?
La giustizia sociale, l'impegno nella virtù, una linea di condotta verace modificano il mondo e sono la miglior, per me, preparazione alla morte.
Non declino l'impegno affatto quindi ed ho moltissimi motivi per stimare e prendere come esempio chi combatte realmente e non se ne sta al caldino davanti al calcolatore su una tastiera come me ora.

Ma non è questo il punto.
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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeMer Gen 20 2010, 16:04

..... ha scritto:
gorritxo ha scritto:
Dunque può essere alienato? Può essere comprato e venduto? E chi è il proprietario?
Stai semplificando. E' privato perché un monopolio è per forza privato, come un terreno è per forza privato.
Intendo privato al modo di personale. I proprietari sono i capitalisti ed i gestori dell'ingranaggio statuale e chi da trae agevolazioni.
Scusami, ma quando dici che lo stato è IN SÉ privato mi sembra che sia tu quello che semplifica. Un monopolio è per forza privato? Dove starebbe scritto, scusa?
I proprietari sono i capitalisti? E in uno stato -che so- come il Venezuela o la Bolivia attuali sono i capitalisti a essere proprietari dello stato?
"Chi ne trae agevolazioni": poniamo uno stato porta avanti politiche sociali, mantiene pubblici i beni comuni e nazionalizza risorse naturali e industrie strategiche, portando benefici a tutta la popolazione. Si potrebbe in questo caso affermare che proprietaria dello stato è la nazione nel suo complesso?

..... ha scritto:
La traduzione ideale è socievole.
Il termine socievole rimanda all'idea di possibilità, il che non mi trova concorde. L'uomo è sociale per sua natura. A meno di ritenere sociali solamente le relazioni di natura solidale, cooperativa ecc. e non quelle di natura conflittuale, competitiva ecc.
Mi viene in mente una cosa interessante che scrivesti tempo fa a proposito dell'individualismo nel comunismo e viceversa.
Occorre uscire dall'individualismo, ma ciò non lo si può fare se si mantiene una concezione fondamentalmente individualista dell'uomo.

..... ha scritto:
La tua interpretazione dell'homo homini lupus , sui libertari, è comunque errata, poiché semmai loro reputano l'uomo più o meno buono che in una anarchia capitalistica si andrebbe abbastanza d'accordo e la lotta di classe sarebbe solo orizzontale (quello che spera Indipendenza ossia il male c'è ma non è sistemico e verticalista/classista... rivoluzione permanente).
Sì, in effetti ho sbagliato la dicotomia. Sarebbe stato più corretto dire uomo fondamentalmente individualista vs. uomo animale sociale. All'interno poi della concezione individualista dell'uomo vi può essere una variante per così dire ottimista (quella ad esempio di anarchici e libertari) e una pessimista (l'homo homini lupus). La sostanza però non cambia, nel senso che è una concezione che considero errata, qualunque sia la versione.
Non ho capito poi il passaggio su Indipendenza e la rivoluzione permanente. Sono incappato in un gruppo trozkista senza saperlo? Very Happy

..... ha scritto:
Io non ho nessuna tenzione al socialismo. L'ideologia della solidarietà non mi tange.
Io ho una tensione al vero, che è molto più ovvia d'altronde, come alla giustizia, alla felicità, alla bellezza, in poche parole all'universale.

Vedi, il problema sta nel tradurre la tensione all'universale sul piano politico. La sfera del politico ha una sua autonomia in quanto prettamente umana. L'uomo al vero può solo tendere, mai pensare di raggiungerlo. Se non forse attraverso quelle "uscite dal mondo" che di per sé nulla hanno a che vedere con la dimensione del politico.

..... ha scritto:
quale fandonia poi il dire...vedi le cose solo nere o solo bianche. Beh io sì, sicuramente, dacché non posseggo il vero; ma se ti servi della verità ha senso una domanda del genere?

Vedi, se perché tu possa decidere di schierarti e agire c'è bisogno che la prospettiva sia la perfetta coincidenza tra la Verità e i Principi con il pensiero e l'azione politica, la rigorosa coerenza tra mezzi e fini, ha certamente senso dire che vedi le cose in bianco e nero.

..... ha scritto:
Ri-voluzione uguale non sistema. Il ché non è per forza di cose la città di Dio anche se tale caso è l'apice. Organizzarsi è legittimo, auspico sempre vi sia una situazione migliore a quella peggiore anche se ognuno reagisce come sà. Il problema è la presa per il culo.
Un sistema migliore non è affatto una ri-voluzione.
Per come la vedo io, il concetto di rivoluzione non ha alcun valore (positivo o negativo) intrinseco, analogamente a reazione, progresso, conservazione.
Inoltre non credo possa essere realistico parlare di non-sistema. Dove c'è organizzazione c'è sempre una qualche forma di gerarchia. Il problema è fare in modo tale da ridurre al minimo i potenziali effetti negativi.

..... ha scritto:
Di certo per noi c'è altro, ma alla luce di cosa sappiamo che è altro?
E come sapere che è giusto?
Materialisticamente?

Magari tanto per cominciare un po' di sano empirismo... mi riferisco all'approccio generale, non alla corrente filosofica.
Poi, ripeto quello che per me è il concetto fondamentale: la tensione al Vero, all'Universale non può trovare nel pensiero e nella pratica politica una traduzione fedele e perfettamente coerente. Perché il Vero e l'Universale trascendono l'uomo, la politica no.

Tra i rischi insiti nel tuo approccio ne vedo due in particolare, opposti:
- Preoccuparsi di mettere in discussione qualsiasi tentativo di elaborazione teorica e di pratica politica, in quanto non coincidente con il Vero, l'Universale. E difatti mi sembra che, oltre a tentare di smontare sistematicamente i concetti-cardine della sua elaborazione politca, tu auspicheresti che Indipendenza si guardasse bene dal fare pratica politica.
- Dar vita a una vera e propria forma di ideocrazia, a prescindere dai contenuti della stessa (non mi riferisco al tuo caso, però è secondo me un esito possibile di questo tipo di approccio)

Inoltre tutta questa acribia si sposa (per me inspiegabilmente) con l'adesione a un'ideologia economica (quella degli austriaci) che, oltre a essere criticabilissima per il suo schematismo e per le premesse individualistiche su cui poggia, non vedo quale coincidenza possa avere con il Vero, l'Universale ecc. Scusami se semplifico o banalizzo, ma è per rendere chiaro il concetto.
Mi preme infine sottolineare che ho parlato non a caso di IDEOLOGIA economica. La moderna "scienza economica" è tutta interna alla logica del capitalismo, nel senso che la si studia dando per scontati i presupposti teorici del capitalismo stesso. Motivo in più secondo me per ridimensionare Von Mises e soci.

Saluti
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MessaggioTitolo: Re: Il problema della sovranità e dell'indipendenza   Il problema della sovranità e dell'indipendenza Icon_minitimeMer Gen 20 2010, 19:11

Ao m'hai fatto imparà ad usà le citazioni diggitali!!!! grazie Very Happy

Specifico sempre, io non sono di Indipendenza.

gorritxo ha scritto:

Scusami, ma quando dici che lo stato è IN SÉ privato mi sembra che sia tu quello che semplifica. Un monopolio è per forza privato? Dove starebbe scritto, scusa?
I proprietari sono i capitalisti? E in uno stato -che so- come il Venezuela o la Bolivia attuali sono i capitalisti a essere proprietari dello stato?
"Chi ne trae agevolazioni": poniamo uno stato porta avanti politiche sociali, mantiene pubblici i beni comuni e nazionalizza risorse naturali e industrie strategiche, portando benefici a tutta la popolazione. Si potrebbe in questo caso affermare che proprietaria dello stato è la nazione nel suo complesso?
Non per forza capitalisti. Tu ritieni Chavez positivo, anche io per determinate questioni. Ma non vado a dire che è un bravo ragazzo. E' un dittatore ed un parassita, come ogni potere.
Che sia necessario sia così ora, avere un sistema, lo riconosco ma questo lo metto indubbio poiché è la logica che può demolire tale necessità.
e' chiaro che dovremmo avre condizioni diverse, e , per me, indubitabilmente interiori per quanto i faziosismi di sinistra ancora vadano appresso alle ombre.
Ad ogni modo, nel regno del capitalismo, chiunque comandi è capitalista. er estensione anche Chavez lo è, capitalismo di stato, lassallismo.
Può esser positivo, seguendo La Grassa, su di un piano strategico e di indipendenza dall'imperialismo straniero.
In sé, se non si avessero di tali problemi esterni, il capitalismo di stato è un obbrobbrio.
Tanto meglio la monarchia pre-assolutistica.

gorritxo ha scritto:

Il termine socievole rimanda all'idea di possibilità, il che non mi trova concorde. L'uomo è sociale per sua natura. A meno di ritenere sociali solamente le relazioni di natura solidale, cooperativa ecc. e non quelle di natura conflittuale, competitiva ecc.
Mi viene in mente una cosa interessante che scrivesti tempo fa a proposito dell'individualismo nel comunismo e viceversa.
Occorre uscire dall'individualismo, ma ciò non lo si può fare se si mantiene una concezione fondamentalmente individualista dell'uomo.
Certo che deve rimanere sulla possibilità. Perché intendi la possibilità come evadibile. Il possibile è obbligante, questa concezione modernistica è derivabile dalla pseudo scienza statistica che fa associare la possibilità alla probabilità.
Quel che è possibile deve essere. Quindi dov'è il pericolo? Anzi proprio perché si usa il termine socievole si lascia libertà a chiunque di isolarsi.
L'eremitaggio, se l'uomo fosse un uomo sociale, sarebbe anti-umano, mentre è umanissimo ed, anzi, è la sublimazione dell'uomo che tenta di superare i suoi limiti, e capita ci riesca.
Il povero Nietzsche ha proposto un super Io non un super uomo, dacché l'oltrepassare l'uomo è negare i limiti dell'uomo per accedere ad un insieme più grande di realtà interiori, non esteriori come purtroppo ha pensato il baffo.
La destra, come si sa, parla di spiritualità a sproposito. Farisei ingannatori che impediscono a chi vuole assapore il regno di entrarvi.

Per me, deve esservi individualismo nel comunismo, non comunismo nell'individualismo.
Fare un uniformismo comunitarista è individualismo; fare un atomismo capitalistico è individualismo.
Scrivo individualismo nel comunismo, ma cosa è allora questo vero comunismo?
Se esteriormente possiamo tecnicamente e correttamente parlare dei beni comuni ossia la natura, per trasposizione metaforica è la verità stessa il comunismo, l'egalitarismo, la giustizia.
Non a caso abbiamo l'universale che è Uno ed in tutti, dacché tutti sono e stanno nell'Uno.
Allora il comunismo può avere un senso, non nelle bramosie o le consolazioni fallaci di chi pretende di elevare un parere razionale a giudice del resto dell'umanità.
Ma di solito l'umanità ha chiamato i principi e la tensione a questi spiritualità. Il comunismo combatte la spiritualità spesso.
Per molti versi non fa male, perché combatte la parodia dello spirituale, od un clericalismo che storpia. Mettendo però tutto nel calderone il comunismo si manifesta come figlio di questi tempi, ossia una macchina sistemica alquanto efficace.
Questa è meta-fisica.
Incontraddicibile, sforzati se vuoi, non potrai.

(scusa il mio dilungamento, ora sarò più breve)

gorritxo ha scritto:

Sì, in effetti ho sbagliato la dicotomia. Sarebbe stato più corretto dire uomo fondamentalmente individualista vs. uomo animale sociale. All'interno poi della concezione individualista dell'uomo vi può essere una variante per così dire ottimista (quella ad esempio di anarchici e libertari) e una pessimista (l'homo homini lupus). La sostanza però non cambia, nel senso che è una concezione che considero errata, qualunque sia la versione.
Non ho capito poi il passaggio su Indipendenza e la rivoluzione permanente. Sono incappato in un gruppo trozkista senza saperlo? Very Happy
La penso anche io così. Su Indipendenza no, intendevamo che essendo anche in una società sistemica ottimale o non sistemica (qui non ci siamo mai capiti) la criminalità umana non sparirebbe del tutto.
Al che, per far prosperare una mafia, basta non combattere la criminalità di qualche bacucco. In questo senso la permanenza della vigilanza e dell'attenzione perché le condizioni del male sono esterne ma prima interne.

gorritxo ha scritto:

Vedi, il problema sta nel tradurre la tensione all'universale sul piano politico. La sfera del politico ha una sua autonomia in quanto prettamente umana. L'uomo al vero può solo tendere, mai pensare di raggiungerlo. Se non forse attraverso quelle "uscite dal mondo" che di per sé nulla hanno a che vedere con la dimensione del politico.

Certo. Ma tendere al socialismo vuol dire implicitamente dimenticare la verità ultima. Se cambi punto d'origine degli assi fai un macello. Puoi riassettarti e far riquadrare i calcoli. Ma questi calcoli allora saranno di certo subordinati allo spostamento fatto. Non c'è nulla di male.
Non ti scordare mai però che l'origine è altra...questo è un problemone dacché ce lo siamo scordati infatti.

gorritxo ha scritto:
Vedi, se perché tu possa decidere di schierarti e agire c'è bisogno che la prospettiva sia la perfetta coincidenza tra la Verità e i Principi con il pensiero e l'azione politica, la rigorosa coerenza tra mezzi e fini, ha certamente senso dire che vedi le cose in bianco e nero.

Beh, io mi schiero quando credo e quando le situazioni mi impongono di farlo. Manifestare oggi mi sembra idiota. Occupare magari no, dipende.
Non parlo però di liberazioni , perchè ciò è falso.
Io parlo molto di sistema, sembra sia lontano, quando mi ha allevato e mi ha impostato. Credo sia realmente complicato.
L'intransigenza aiuta nella purificazione, ma adattarsi è d'obbligo. Il problema rimane sempre e solo la consapevolezza della reale origine, seppur si è voluto cambiare disposizione degli assi per questioni "adattive".
Altrimenti no adattamenti ma compromessi.
E ne siamo veramente pieni, o no?

gorritxo ha scritto:
Per come la vedo io, il concetto di rivoluzione non ha alcun valore (positivo o negativo) intrinseco, analogamente a reazione, progresso, conservazione.
Inoltre non credo possa essere realistico parlare di non-sistema. Dove c'è organizzazione c'è sempre una qualche forma di gerarchia. Il problema è fare in modo tale da ridurre al minimo i potenziali effetti negativi.
Se la gerarchia è giusta non può esservi sistema poiché l'egualitarismo è possibile solo oltre la quantità e la qualità, poiché esse impongono differenze. Dio è Uno, l'Esseità uguale.
L'egualitarismo sociale è assurdo. Semmai dovremmo esigere l'equità di trattamento, il giusto applicare.
La miglior forma di gerarchia è la gerarchia autodisposta. Quando hai uno Stato invece, per me, inizi il processo di autoritarismo per le proprietà che ha lo Stato in sé.

gorritxo ha scritto:
Magari tanto per cominciare un po' di sano empirismo... mi riferisco all'approccio generale, non alla corrente filosofica.
Poi, ripeto quello che per me è il concetto fondamentale: la tensione al Vero, all'Universale non può trovare nel pensiero e nella pratica politica una traduzione fedele e perfettamente coerente. Perché il Vero e l'Universale trascendono l'uomo, la politica no.

Tra i rischi insiti nel tuo approccio ne vedo due in particolare, opposti:
- Preoccuparsi di mettere in discussione qualsiasi tentativo di elaborazione teorica e di pratica politica, in quanto non coincidente con il Vero, l'Universale. E difatti mi sembra che, oltre a tentare di smontare sistematicamente i concetti-cardine della sua elaborazione politica, tu auspicheresti che Indipendenza si guardasse bene dal fare pratica politica.
- Dar vita a una vera e propria forma di ideocrazia, a prescindere dai contenuti della stessa (non mi riferisco al tuo caso, però è secondo me un esito possibile di questo tipo di approccio)

Inoltre tutta questa acribia si sposa (per me inspiegabilmente) con l'adesione a un'ideologia economica (quella degli austriaci) che, oltre a essere criticabilissima per il suo schematismo e per le premesse individualistiche su cui poggia, non vedo quale coincidenza possa avere con il Vero, l'Universale ecc. Scusami se semplifico o banalizzo, ma è per rendere chiaro il concetto.
Mi preme infine sottolineare che ho parlato non a caso di IDEOLOGIA economica. La moderna "scienza economica" è tutta interna alla logica del capitalismo, nel senso che la si studia dando per scontati i presupposti teorici del capitalismo stesso. Motivo in più secondo me per ridimensionare Von Mises e soci.

Calcola che la verità è universale in sé ma è vera nell'esistere. Trascendenza ed immanenza sono due facce di una medesima medaglia.
Il problema è che la sperimentazione non può provare da sé nulla se non l'evento stesso che è accaduto. Innanzitutto perché per verificare la verità di un accadimento sperimentale lo si dovrebbe provare all'infinito il che è impossibile.
In secondo luogo vi sono più motivi per un diverso fatto; ecco l'impossibilità di sancire un giudizio univoco.
Le scienze antiche difatti erano usate più come illustrazione delle realtà superiori che per fini sociali o pratici, anche questi necessari ma di poco conto; non certo per giungere a quelle utilità pratiche che hanno portato il mondo sull'orlo dell'invivibilità ed alla spremazia della tecnica che in sé, oltre all'oppressione e la scia di sangue che si porta dietro, non fa che attestare il grado di stupidità raggiunto nella nostra epoca, checché ne possano pensare gli apologeti odierni.
Come sempre, qual è l'origine ergo l'obiettivo? A furia di volere la libertà politica abbiamo creato un mondo sempre più irrealtato.
Abbiamo sbagliato. Ciò non ci esime dal condannare l'ingiustizia e reagire.
Io dico di non illudersi e dire il vero.
I baschi, gli irlandesi, i corsi, resistono eroicamente. Ma hanno in mente la liberazione. Se accadesse si renderebbero conto che si opprimeranno da soli.
Un sistema può esser meglio di un altro, ma sempre tale è: quindi si faccia pratica politica. Io non dico no. Dico che se si vuole scrivere ri-voluzione ciò che si propone è falso.
Dico che se si vuole realmente ri-voluzionare, l'esteriorità va di pari passi con l'interiorità della questione.
Altrimenti si sta verso il margine del recinto sistemico ma sempre dentro.
Inoltre solo chi è fuori dalle barbarie migliora, in base alle contingenze, la situazione.
Chi vi è dentro collabora, è sintomatico. Potrei esagerare scrivendo che corsi, baschi e irlandesi collaborano con il sistema. Ciò è piuttosto probabile.

Mises e soci fanno scienza economica perché si basano sull'apriorismo.
Se lo stato impone il salario minimo per tutelare chi lavora di meno, non fa che creare disoccupazione.
Se lo stato mette fuori legge la droga inevitabilmente i drogati aumentano e con ciò anche i crimini legati al fatto che coloro che sono dipendenti debbano in fretta procurarsi soldi per la dose. In più si regala tale mercato alle organizzazioni clandestine della criminalità.
Il problema è il lavoro salariato in sé, come la droga in sé. E' alla radice.
La scienza economica parla qualitativamente, ciò va preso, non il resto con cui mi trovo d'accordo con te.

Ideocrazia in che senso? L'unica crazia asupicabile è dell'universale. E' una crazia che appartiene ad ognuno di noi. Qui sì che si potrebbe parlare di "democrazia" se avesse senso.
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