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 Contro l'occupazione militare USA del territorio italiano

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sankara

sankara


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Contro l'occupazione militare USA del territorio italiano Empty
MessaggioTitolo: Contro l'occupazione militare USA del territorio italiano   Contro l'occupazione militare USA del territorio italiano Icon_minitimeGio Lug 16 2009, 15:39

Dipendenza, asservimento, colonizzazione. Capire il significato politico, oltre che militare, della presenza di decine e decine di basi USA sul territorio italiano (il che vale per qualunque altro paese si trovi in analoghe condizioni): pressione politica; penetrazione economica; schieramento avanzato per successive proiezioni di forza. Come viene rilevato nell'intervista che segue [N.B.: non si tratta della versione integrale. Alla fine c'è comunque il collegamento elettronico. Non sono nostri gli errori di sintassi, ma sono presenti nel testo originario].

Obama confermerà le basi militari in Italia e in Europa
di Azzurra Carpo, a colloquio con il generale Fabio Mini
Sono 113 le basi USA in Italia. L’importanza della sicurezza giustifica l’ impressionante dispiegarsi di potenza militare con capacità nucleare? O risponde al vecchio detto " finchè c’è guerra, c’è speranza"? Chiediamo al generale Fabio Mini, ex capo di Stato Maggiore del comando NATO delle forze alleate Sud Europa e al Vertice della Kfor in Kossovo, che ci aiuti a capire.

"Il generale Mini é uno degli esperti autorevoli in materia di basi militari, essendo stato Tenente Generale e Ispettore del Reclutamento dell’Esercito Italiano, Capo di Stato Maggiore del Comando NATO delle Forze Alleate del Sud Europa e comandante per un anno, della Forza Internazionale di Sicurezza in Kosovo (KFOR). E’ autore, inoltre, di numerose pubblicazioni fra cui e (Franco Angeli, 1998), frutto della sua esperienza triennale di Addetto militare, aeronautico per la difesa in Cina. Con la casa editrice Einaudi ha pubblicato (2003) e (2008). Collabora con il quotidiano e con la rivista italiana di geopolitica .

Generale, perché tanta gente ha interiorizzato il discorso della "sicurezza" da non porsi domande o nutrire dubbi sull’eterna permanenza del militare-strategico?
R: C’è sempre qualcuno che, con il pretesto della sicurezza, intende maneggiare e riattivare i processi di paura. Questo paradosso è reso possibile da un teorema ormai divenuto un dogma: dobbiamo aver paura di tutto perché tutto è possibile, e possiamo difenderci solo con le armi.

Quali sono queste paure e come vengono manipolate?
R: La prima paura, inoculata e abilmente strumentalizzata, è quella relativa alla proliferazione della armi nucleari. Al riguardo, alcune informazioni vengono enfatizzate, altre sono tenute nascoste. Si fa circolare il timore che un qualche ordigno nucleare finisca in mano di qualche pazzo o che ne venga in possesso un paese islamico considerato potenzialmente aggressore, come l’Iran. Si tace, invece, su Israele, che ha già un centinaio di testate atomiche procurate in barba a tutte le raccomandazioni e le convenzioni sulla non proliferazione. A livello internazionale, ci si gira dall’altra parte se l’India è una potenza atomica e se il Pakistan è diventato un proliferatore e contrabbandiere di tecnologia nucleare con la connivenza complice degli Stati Uniti, Europa, Russia, Cina.

In quale modo reagiscono gli stati egemoni di fronte a queste e ad altre paure?
R: Le paure nascono dalla vulnerabilità delle linee di comunicazione, dai conflitti, dal bisogno di petrolio e gas, dall’incubo del terrorismo islamico e dal diffondersi dei traffici illeciti di droga da parte della malavita organizzata. Infine, esiste la constatazione che alcuni Stati non riescono a superare le loro difficoltà, e che ne potremmo subire le conseguenze con migrazioni massive e violente. Tutti questi elementi vengono sommati irrazionalmente, in modo che non inducano ad interrogarsi sulle origini dei problemi e sui modi pacifici per risolverli, ma che tendano ad esasperali dando la percezione di vivere in un mondo pieno di drammatiche minacce alla civiltà, al nostro stile di vita e alla stessa sopravvivenza umana.
Per ora gli stati egemoni sfruttano queste paure, perchè la loro sovrapposizione ingrassa i poteri economici forti e diluisce la responsabilità degli stati. A lungo andare dovranno però affrontare il problema della perdita di potere statuale nei riguardi di una concorrenza privatistica e criminale che sarà sempre più forte. La stessa crisi economica non vede gli stati attori principali del recupero ma semplici prestatori d’opera nei riguardi delle banche, delle imprese forti e della stessa criminalità. Pensi soltanto agli enormi interessi delle varie mafie (non solo italiane) nei piani infrastrutturali. La crisi durerà ancora un paio d’anni. Nessuna opera sarà mai completata in questo periodo, ma intanto gli appalti e subappalti ricevono enormi risorse (o promesse di risorse che dovranno essere comunque allocate dopo la crisi per molti anni ancora). Lo schieramento militare ha una grande importanza perchè consente che un settore enorme di profitto privato continui a prosperare mentre quello pubblico (industrie, politicanti e ammiragli) non perdono nè potere nè posti di lavoro.

La sua analisi la permanenza delle basi militari Usa come questa di Vicenza, oltre che rappresentare il passato, sono funzionali soltanto alla manutenzione della paura? O considera vi siano sintomi di cambio nella politica di Washington adesso Obama è presidente?
R. Più che sintomi ci sono per ora delle intenzioni dichiarate che vanno verso il superamento del paradigma paura=potere. Il presidente Obama ha annunciato che a causa della crisi dovrà tagliare i fondi alla difesa. Inoltre ha assunto toni distensivi con l’Iran. Tuttavia ha confermato l’invio di altre truppe in Afghanistan e i suoi consiglieri si stanno preparando ad un approccio più aggressivo con il Pakistan. Anche la questione Iraq è ancora aperta. Ci sarà senz’altro una riduzione di truppe, ma non è detto che questo coincida con la chiusura di alcune basi. Anzi, io credo che proprio il ritiro di truppe costituirà il movente per trasformare alcune basi transitorie in basi permanenti, in pratica da semplici "camps" a vere e proprie Basi. La questione con la Corea del Nord si fa ancora una volta complessa e i rapporti con la Cina, ancorchè utili dal punto di vista economico in questa particolare congiuntura, non sono ancora strategicamente stabilizzati. Forse la molla della paura potrà essere superata, ma non credo che il presidente riesca a moderare i desideri di potenza (con relativi interessi) che lo schieramento delle basi soddisfa. Un altro elemento riguarda le persone. Con questa amministrazione godono di largo credito dei personaggi non proprio restii all’esercizio del potere militare nel mondo. I Clinton, Albright, Holbrook, Hill sono gli stessi che hanno fatto le guerre e stabilito il principio della formazione di nuovi stati su base etnica. Ora s’interessano di questioni mondiali e Holbrook è responsabile addirittura per Afghanistan e Pakistan mentre Hill sarà ambasciatore in Iraq. Se applicano gli stessi principi applicati ai Balcani e al Caucaso saremo costretti ad affrontare nuove crisi.

Quali sono stati finora i fondamenti della strategia delle basi statunitensi in Europa? Sono ancora validi attualmente (progressivo ritiro dall’Irak, Afghanistan, apertura all’Iran, ridiscusso lo scudo USA in Polonia, timido disgelo con Putin su Cecenia-Georgia)?
R- Ho indicato i fondamenti della strategia delle basi in 1) presenza sul territorio, 2) pressione politica, 3) penetrazione economica, 4) schieramento avanzato per successive proiezioni di forza. Secondo me tutti questi elementi (ed altri) non hanno più senso in Europa, ma sono fondamentali nella mentalità americana in altre parti del mondo. Tra scegliere di chiudere basi sicure e aprirne di insicure io penso che purtroppo la soluzione sarà quella di mescolare le due cose. Le basi sicure in Europa non saranno chiuse mentre quelle in Africa, Caucaso, Asia ecc. saranno aperte contando sul sostegno delle prime.

Con Obama si avvertono o si prospettano variazioni sul numero e la dislocazione delle basi militari statunitensi nel mondo?
R. Non credo e comunque piccoli aggiustamenti non significativi ai fini della politica generale che rimane quella di presenza attiva americana nel mondo. Semmai cambierà l’atteggiamento verso i partners. Saranno chiamati a dare maggiore sostegno proprio perchè gli USA non sono in grado e non vogliono più fare tutto da soli.

Intervento completo videoregistrato del Gen. Mini, 19/09/08, Teatro Astra, Vicenza.
http://www.coordinamentocomitati.it/Convegno_080919.aspx
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tadiottof




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MessaggioTitolo: il mondo   Contro l'occupazione militare USA del territorio italiano Icon_minitimeLun Lug 27 2009, 08:37

Non ci sono piu' due potenze contrapposte, USA e URSS. ma solo gli USA.
E chiaro che devono controllare il mondo intero, come un Sindaco che deve controllare il territorio di una citta'.
Le basi americane ci saranno in tutto il mondo anche con la partecipazione di Russia e Cina e Giappone e Germania e Italia e India ecc.
Certo che la proleferazione delle armi nucledari e' una balla per gli ingenui, perche' nessun Paese oggi, nemmeno la Russia o la Cina, e' in grado di lanciare missili contro gli Stati Uniti, mentre gli Stati Uniti possono arrivare in ogni angolo del pianeta.
Quindi non opponiamoci agli Stati Uniti, ma ai governanti locali: Berlusconi, D'Alema, Prodi, Mastella, Sarkozy, Merkel ecc. Pretendiamo onesta' e capacita' di governo per affrontare la crisi.
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